Famiglia fiorentina, nota dalla metà del sec. 13º; alla fine dello stesso secolo, da Bonamico, più volte ambasciatore a Bonifacio VIII, si staccarono cinque rami, i quali, destreggiandosi tra le varie fazioni in lotta, si arricchirono con la mercatura e con le banche, create, oltre che a Firenze, a Milano, a Lodi, in Romagna e a Lione. Presero parte alla vita politica dopo la cacciata del duca d'Atene (1343), difendendo gli Ordinamenti di giustizia contro i tentativi magnatizî. Nella lotta tra Albizzi e Ricci parteggiarono per i primi, tenendosi poi più riservati quando subentrarono i Medici, coi quali finirono però con l'accordarsi. Nel periodo dell'incerta fortuna di casa Medici tra il 1494 e il 1530, si tennero, in genere, in disparte; non però Agostino (n. 1471), che, implicato in una congiura antimedicea con P. P. Boscoli, finì decapitato (1513), né Niccolò (v.), così come durante il principato alcuni dei C. furono implicati nella congiura di Orazio Pucci contro Francesco I (1575). Il ceppo fiorentino, illustratosi, oltre che nel campo politico (con Gino di Neri, Neri di Gino, e Piero: v. le singole voci), nel servizio della Chiesa con Luigi (1583-1659), cardinale e (dal 1649) prefetto della Biblioteca Vaticana, e nelle lettere con Vincenzo (1605-1688), che costituì la biblioteca che poi si chiamò Riccardiana (perché unita, alla sua morte, a quella del genero F. Riccardi), e soprattutto con lo storico e pedagogista Gino (v.), continua tuttora. Un ramo, discendente da Lorenzo di Cappone (1512-72), si stabilì a Lione ed ebbe in Francia terre e titolo baronale; dai figli di Lorenzo Carlo e Alessandro ebbero origine due linee: la prima si estinse nel 1797 con il sacerdote Gilberto Enrico, esule dalla Francia durante la Rivoluzione e morto suicida a Firenze, mentre l'altra confluì, per matrimonio, nella famiglia de Charpin-Feugerolles, che ne ereditò beni e titoli e inquartò nel suo lo stemma dei Capponi.