capre, pecore, bufali e gazzelle
Ruminanti con corna appuntite
Il bue, il bufalo, la capra e la pecora figurano tra le specie della famiglia dei Bovidi che appartiene all'ordine degli Artiodattili e, in particolare, al sottordine dei Ruminanti. Esistono Bovidi in quasi tutti i continenti e in tutti i tipi di habitat. I Bovidi hanno dato origine agli animali domestici più importanti nell'economia umana e hanno accompagnato la vita dell'uomo fin dall'antichità. Alcune specie di Bovidi si sono estinte a causa dell'uomo, altre (stambecchi, camosci, bisonti) hanno rischiato l'estinzione e sono state salvate grazie a interventi di protezione rigorosa
I possenti bufali e le esili gazzelle, i giganteschi bisonti e i minuti dik-dik, gli agili camosci e gli alteri stambecchi fanno tutti parte della grande famiglia dei Bovidi. Anche le razze domestiche ovine, caprine e bovine, che derivano rispettivamente dal muflone, dalla capra selvatica e dall'uro, appartengono alla medesima famiglia. Che cosa hanno in comune tutti questi animali? Innanzitutto, sono Artiodattili, ovvero possiedono arti anteriori che poggiano sulla punta di due sole dita, il terzo e il quarto, cosicché lo zoccolo si presenta anteriormente diviso. Le impronte che gli Artiodattili lasciano sul terreno sono molto simili in tutte le specie e si riconoscono immediatamente da quelle degli altri Mammiferi. Inoltre, i Bovidi sono Ruminanti (come i Cervidi e i Giraffidi), poiché possiedono lo stomaco ripartito in quattro cavità dove il cibo viene digerito con un processo lungo e laborioso.
Essendo erbivori, questi animali ricavano energia prevalentemente dalla cellulosa che è la principale componente dei tessuti vegetali. Questa è difficilmente digeribile e la sua assimilazione richiede la collaborazione chimica di batteri che vivono in simbiosi all'interno dello stomaco. Quando una pecora o una gazzella mangiano, iniziano a masticare grossolanamente l'erba per poi accumularla all'interno della prima cavità dello stomaco, il rumine, dove alloggiano i batteri. Da qui, la massa di cibo ridotta in poltiglia passa nella seconda cavità, detta reticolo, che è più piccola. Contrazioni muscolari dell'esofago rimandano il cibo dal reticolo alla bocca dove viene nuovamente masticato e amalgamato con la saliva. Successivamente, la poltiglia viene inviata alla terza e alla quarta cavità, chiamate rispettivamente omaso e abomaso. Solo nell'abomaso sono presenti i succhi gastrici che demoliscono il cibo predigerito prima che questo arrivi nell'intestino.
Nell'attività alimentare dei Ruminanti possiamo individuare due fasi distinte. La prima consiste nel brucare le foglie e nell'immagazzinarle nel rumine, la seconda nel rimasticare lentamente il cibo elaborato dai batteri. La prima fase si svolge mentre l'animale passa da una pianta all'altra; la seconda avviene quando riposa, in piedi o accovacciato. Ciò consente di ridurre il rischio di predazione a cui è sottoposto quando si trova a pascolare con il muso tuffato nell'erba ed è quindi meno vigile. Osservate una gazzella mentre mangia: ogni pochi secondi l'animale solleva il capo per sorvegliare i dintorni. La vita di un erbivoro è costantemente in allerta, poiché l'animale deve essere sempre pronto a percepire il minimo segnale di pericolo. Ma l'odore dell'erba e il rumore della masticazione rendono difficile la concentrazione anche per la più vigile delle gazzelle. Molte perdono la vita proprio durante la prima fase dell'alimentazione, anche a causa della scaltrezza con cui i predatori riescono ad avvicinarsi senza farsi scoprire. Per questo motivo, i ruminanti cercano di compiere rapidamente la fase di raccolta del cibo e svolgono la fase della ruminazione in posizioni favorevoli, da cui hanno il controllo della situazione.
Si possono distinguere due categorie di Bovidi: alcuni si nutrono principalmente delle piante erbacee (pascolatori), mentre altri strappano foglie e germogli dagli arbusti (brucatori). All'interno di queste categorie principali, si distinguono ulteriori 'specializzazioni' (erbe basse ed erbe alte, prati umidi e asciutti, arbusti bassi o alti, spinosi e non). Ciò garantisce la ripartizione delle risorse vegetali fra tante specie di erbivori che si trovano a convivere in uno stesso ecosistema.
Altri tratti distintivi dei Bovidi riguardano il cranio, in particolare la dentatura e le corna. Incisivi e canini, adatti a tagliare l'erba o le foglie degli arbusti, si trovano sulla parte anteriore della mandibola ma sono assenti sulla mascella. Premolari e molari sono molto robusti e adatti a macinare i tessuti vegetali. Inoltre, sulla sommità del cranio si trovano due spuntoni ossei avvolti da due astucci cornei permanenti più o meno sviluppati e di forma assai variabile. Sono le corna, presenti solo nel maschio in alcune specie e in entrambi i sessi in molte altre. Nei maschi, tuttavia, le corna sono quasi sempre più lunghe e robuste. La funzione delle corna riguarda sia la difesa dai predatori sia i combattimenti territoriali tra maschi.
In quasi tutte le specie di Bovidi vige la poligamia, ovvero i maschi cercano di accoppiarsi con un numero più o meno grande di femmine. In molte specie, un maschio adulto controlla un gruppo numeroso di femmine (harem) e cerca in tutti i modi di impedire che altri maschi si facciano avanti per accoppiarsi. Questi, a loro volta, vivono in gruppi di scapoli organizzati gerarchicamente e attendono la morte o l'indebolimento del maschio dominante. Appena ciò avviene, il maschio 'primo della lista' rimpiazza il vecchio dominante. In altre specie, invece, maschi e femmine vivono in gruppi separati e si incontrano solo durante la stagione riproduttiva.
Non tutte le specie vivono in branco: nelle foreste tropicali esistono antilopi solitarie che marcano il proprio territorio sia con l'urina sia con ghiandole poste sul capo o sugli arti che emettono sostanze odorose. Tutti i Bovidi partoriscono un solo piccolo (raramente due), che si alza in piedi dopo pochi minuti dalla nascita ed è già in grado di correre seguendo la madre.
Capre e pecore sono gli animali domestici più antichi, dopo il cane. Entrambe le specie si trovano al seguito dell'uomo da almeno 10.000 anni e sono originarie del Medio Oriente. Nei secoli passati, diverse specie di capre selvatiche vivevano sulle montagne dell'Asia occidentale e centrale. Molte popolazioni esistono ancora, altre sono state sterminate dall'uomo. Da una di queste specie, Capra aegagrus, hanno avuto origine le razze domestiche, caratterizzate da variazioni di colore, lunghezza del pelo e forma delle corna. In tempi molto antichi, l'uomo iniziò a portare le capre con sé durante i viaggi, come riserve viventi di cibo. Fenici e Greci trasportavano sulle navi capre, pecore, asini, testuggini, conigli e spesso li abbandonavano sulle isole. Qui gli animali si riproducevano e formavano popolazioni semiselvatiche che i navigatori potevano sfruttare quando vi facevano tappa. A Creta, a Montecristo e in altre isole esistono ancora popolazioni di capre che hanno recuperato i caratteri selvatici originari. Tra le numerose razze domestiche, ricordiamo le caprette tibetane, molto amate dai bambini, che non superano i 60 cm di altezza.
Gli stambecchi sono capre selvatiche di montagna, adattate a muoversi agilmente sulle rocce e nei pressi dei ghiacciai. Lo stambecco delle Alpi (Capra ibex) è diffuso su tutto l'arco alpino, fino a oltre 3.500 m di altezza. Possiede corna grandi e ricurve, più piccole nella femmina, con anelli di accrescimento molto ravvicinati. D'inverno, i branchi scendono di quota, trovando rifugio nelle foreste di conifere. Durante i mesi estivi, i maschi si battono per misurare le loro forze e stabilire l'ordine gerarchico in vista degli accoppiamenti, che avvengono tra dicembre e gennaio. Si sollevano sulle zampe posteriori e si urtano reciprocamente con le corna in ripetuti scontri frontali. Invece, nel periodo degli amori, generalmente si evitano, al fine di ridurre gli scontri: probabilmente cercano di consumare meno energia durante il periodo invernale in cui la crisi alimentare è massima.
Nel 19° secolo lo stambecco era ormai quasi scomparso dalle Alpi, sterminato dalle armi da fuoco. Nel 1836, il territorio del Gran Paradiso, tra Piemonte e Val d'Aosta, divenne riserva di caccia e poi Parco Nazionale per proteggere gli ultimi 100 stambecchi che erano sopravvissuti. Successivamente, grazie a diversi progetti di reintroduzione, lo stambecco è ritornato a dominare le vette in tutto l'arco alpino.
La storia della pecora non è molto diversa da quella della capra. La specie selvatica da cui la pecora deriva è il muflone (Ovis aries), anch'esso originario del Medio Oriente. Il famoso mito greco del vello d'oro ricercato dagli Argonauti nella Colchide si riferisce probabilmente all'uso che gli antichi facevano della pelle di questi animali, lasciandola immersa nei torrenti per estrarre la polvere d'oro dall'acqua. Come è avvenuto per la capra, in tempi remoti, quando ancora la selezione artificiale operata dall'uomo era agli inizi, mufloni già domestici vennero introdotti nei paesi del Mediterraneo. I mufloni sardi sono quindi i discendenti di individui introdotti da navigatori fenici o greci.
I maschi del muflone e della pecora (detti montoni o arieti) possiedono corna grandi e ricurve, mentre le femmine ne sono spesso prive. Il colore del mantello del muflone è bruno-rossiccio con una macchia scapolare bianca non sempre presente. Le pecore, invece, presentano grandi variazioni nel colore, nella lunghezza e nella consistenza del pelo. Maschi e femmine di muflone formano gruppi separati e si incontrano durante la stagione degli amori. Le femmine diventano fertili all'inizio dell'autunno e partoriscono dopo circa 150 giorni, dando alla luce uno o due agnellini, a primavera inoltrata.
Né capre né pecore, i camosci sono animali assai caratteristici originari del continente europeo, adattati a vivere sulle montagne. Le corna hanno una tipica conformazione uncinata e sono presenti in entrambi i sessi. Esistono soltanto due specie: il camoscio delle Alpi (Rupicapra rupicapra) e il camoscio dei Pirenei (Rupicapra pyrenaica). Il primo è diffuso sulle Alpi e sui Carpazi, fino al Caucaso. Il secondo si divide in due sottospecie: una vive sui Pirenei (Rupicapra pyrenaica pyrenaica) e l'altra nell'Appennino centrale (Rupicapra pyrenaica ornata). Entrambe le sottospecie sono assai vulnerabili perché presentano un areale di distribuzione assai ristretto. La sottospecie appenninica, detta anche camoscio d'Abruzzo, vive in poche aree protette e si compone di circa 800 esemplari.
I più grandi Bovidi viventi sono i bufali e i bisonti. Nel continente africano vive il bufalo cafro (Syncerus caffer), che presenta popolazioni di savana, formate da individui grandi e quasi neri, e popolazioni di foresta, con individui nani dal pelo bruno-rossastro. Vive in branchi ed è un animale assai pericoloso per le improvvise reazioni difensive che può avere quando si sente in pericolo. Nell'Asia meridionale si trova il bufalo indiano (Bubalus arnee) o bufalo d'acqua il quale, come dice il nome, ama restare immerso nei fiumi e negli acquitrini, nutrendosi di piante palustri. Caratteristici sono gli zoccoli larghi per non affondare nel fango e le sue lunghe corna arcuate. Da questa specie, in tempi antichi (forse 6.000 anni fa), è stato selezionato il bufalo domestico che, introdotto in Europa, è diventato famoso per la produzione delle mozzarelle.
Oltre 8.000 anni fa, nel Vicino Oriente e probabilmente in Anatolia, veniva addomesticato il più importante degli animali domestici, il capostipite delle razze bovine. I paleontologi ritengono che l'antenato del bue sia stato l'uro (Bos primigenius) e che questo sia sopravvissuto fino a tempi storici in Europa. Di fatto, Giulio Cesare nel suo libro De bello gallico ‒ nel quale racconta la conquista romana della Gallia ‒ descrive un grande bovide selvatico che viveva nelle foreste abitate dai Germani e che dunque è esistito fino ad almeno 2.000 anni fa.
L'importanza del bue nell'evoluzione culturale dell'uomo è immensa. Basti pensare all'enorme consumo di carne bovina nel mondo, all'epopea del Far West e dei cowboy, all'economia di sussistenza dei popoli pastori dell'Africa orientale e del Sahel, alle tradizioni argentine dei gauchos e delle grandi estancias ("fattorie"), al ruolo di animale sacro svolto dalle vacche nella religione induista. Se poi pensiamo al ruolo del bovino nei tempi antichi, i riferimenti sono tantissimi: i Cretesi crearono il mito del Minotauro, gli Egizi ne fecero il simbolo di Osiride e gli Ebrei furono puniti da Dio per averlo adorato, durante l'esodo.
Sulle montagne dell'Himalaya e del Tibet, fra i 3.000 e i 5.500 m, vive invece lo yak (Bos grunniensis), specie adattata a vivere alle alte quote, nutrendosi anche di muschi e licheni. La pelliccia folta permette a questo animale di sopravvivere a temperature record per un mammifero e l'elevato contenuto di emoglobina nel sangue gli consente di respirare l'aria povera di ossigeno delle alte quote. L'economia di molti popoli tibetani è fondata su questo animale, usato come mezzo di trasporto ma anche come produttore di lana, carne e latte. I suoi escrementi sono usati come combustibile.
Il bisonte americano (Bison bison) e il bisonte europeo (Bison bonasus) sono molto affini tra loro e discendono da un antenato comune che ha attraversato lo stretto di Bering alcune migliaia di anni fa, colonizzando il Vecchio Continente partendo dal Nord dell'America. Il bisonte americano era ancora assai comune nel 19°secolo, grazie ad antichi equilibri che si erano conservati fra gli Indiani d'America e il loro ambiente. Il suo declino iniziò con la colonizzazione del West da parte degli Europei: la costruzione delle ferrovie richiedeva grandi quantità di carne per gli operai e, inoltre, le mandrie di bisonti intralciavano la circolazione dei treni. Così furono ingaggiati numerosi cacciatori, per sterminare questi animali. Nello stesso tempo, intensificandosi la guerra di resistenza degli Indiani, il governo federale degli Stati Uniti decise di accelerare l'eliminazione dei bisonti, che erano la loro principale risorsa alimentare. Gli allevatori di bestiame decisero che i bisonti consumavano l'erba destinata alle loro mandrie e parteciparono anch'essi attivamente alla strage. Oggi la specie sopravvive solo in alcuni parchi nazionali. Anche il bisonte europeo ha rischiato l'estinzione e ora si trova solo in alcune riserve della Polonia e della Russia.
La maggiore diversità dei Ruminanti si osserva negli ecosistemi tropicali, dove vive un insieme assai eterogeneo di specie (circa 90) che vengono assegnate alle categorie delle antilopi e delle gazzelle. Con la parola antilopi si indica un insieme di erbivori grandi e piccoli, diffusi soprattutto nelle savane e nelle foreste dell'Africa e dell'Asia meridionale. Le loro dimensioni variano da quelle di una mucca a quelle di un coniglio. In linea di massima, le forme di grande taglia (elano, kudu e altri) vivono nelle savane e nelle boscaglie, mentre quelle nane (cefalofi e antilopi pigmee) si trovano nelle foreste e rappresentano l'alimentazione quotidiana delle popolazioni rurali del Camerun, del Gabon e del Congo. Invece, i piccoli dik-dik si nascondono nelle savane arbustive e nelle boscaglie. Esistono poi antilopi legate ad ambienti acquatici e palustri, come il sitatunga e molti cobi. Queste specie presentano adattamenti per camminare su suoli fangosi, in particolare zoccoli allungati e sottili con tendenza a divaricarsi. Le specie più veloci rientrano nella categoria delle gazzelle (genere Gazella), che superano gli 80 km orari. Sono ruminanti di taglia piccola, corporatura esile, gambe e collo lunghi. Esistono circa 15 specie di gazzelle, la maggior parte delle quali si trova nei deserti e nelle savane del continente africano.