cartoni animati
Tecnica cinematografica e forma d'arte: uno spettacolo per tutti
I cartoni animati propongono storie e personaggi che divertono i bambini, ma a volte anche gli adulti, offrendo loro non soltanto uno svago piacevole e magari istruttivo, ma anche una sorta di ritorno all'infanzia, a un mondo in cui fantasia e irrealtà hanno, o possono avere, uno spazio privilegiato. Come i fumetti, infatti, anche i cartoni animati prescindono dalla riproduzione fotografica della realtà (a differenza del cinema cosiddetto 'dal vero') e vivono in una dimensione in cui il disegno (o la pittura) può creare una vera e propria realtà nuova, libera dalle leggi della natura
Normalmente si usa l'espressione 'cartone animato' per indicare ogni tipo di film d'animazione, cioè realizzato con una particolare tecnica cinematografica. L'espressione stessa, però, è impropria, e non soltanto perché dovrebbe essere usata solo per i cosiddetti 'disegni animati'. Infatti è la scorretta traduzione italiana dell'inglese animated cartoon, che non è un 'cartone' che si anima, ma un disegno, un'illustrazione, una vignetta, un fumetto. In italiano è appunto un 'disegno', animato nel senso che è riprodotto sulla pellicola centinaia di volte in fasi diverse in modo da formare una successione di momenti che si animano sullo schermo e sul piccolo schermo.
Non è però, solo il disegno, ricavato o meno da un precedente fumetto, a costituire la materia prima del cartone animato (per adoperare il termine abituale). Possono essere usati pupazzi, oggetti, cartoncini, materia plastica, figure ritagliate che anch'essi si animeranno sullo schermo. Per questo motivo è meglio impiegare un'altra espressione, cioè 'cinema d'animazione', che comprende sia i disegni animati sia i film di oggetti animati. In tal modo è possibile definire una particolare tecnica cinematografica che include ogni tipo di animazione, bidimensionale, tridimensionale, mista, sino a certi effetti speciali ottenuti con le nuove tecniche digitali e computerizzate.
Per cinema d'animazione s'intende pertanto quel particolare cinema che viene realizzato non attraverso la riproduzione fotografica della realtà, ma producendo una nuova realtà inventata, ottenuta dalla scomposizione e dalla ricomposizione del movimento delle figure. Per esempio, disegniamo un gatto, poi riproduciamo il disegno su tanti fogli ogni volta modificandone qualche parte (una zampa, un orecchio, un baffo, o altro) in modo da ottenere un'intera serie che ne riproduca un possibile movimento; infine fotografiamo con una cinecamera o una telecamera ogni singolo disegno in successione. In questo modo otterremo sulla pellicola una serie di quadri (detti 'fotogrammi') che, una volta proiettati sullo schermo, ci daranno il movimento del gatto. In altre parole, anziché riprendere con la cinecamera il movimento reale di un gatto reale, abbiamo 'creato' il movimento immaginato di un gatto immaginario. Il risultato è a tutti gli effetti un disegno animato. Se poi questa sequenza di immagini la moltiplichiamo per dieci, cento o mille, avremo un vero e proprio film, con uno o più personaggi, una storia, un ambiente. Si tratta, come si è detto, di un disegno animato (o cartone animato, per usare la scorretta ma diffusa denominazione).
Ma esistono altre forme di animazione. Possiamo scegliere un pupazzo, per esempio un burattino come Pinocchio, e farlo muovere come ci piace. Ogni più piccolo movimento sarà ripreso dalla cinecamera in successione temporale. Alla fine della ripresa (e del movimento di Pinocchio) ci troveremo un film che riproduce Pinocchio in azione, come fosse un personaggio in carne e ossa. In questo caso non si tratta di un disegno animato, ma di un film di pupazzi animati, non di un'opera bidimensionale, ma tridimensionale: ma è pur sempre cinema d'animazione.
Ciò vale anche quando si animano, con la medesima tecnica, oggetti della più varia natura: un fiore, un libro, una statuetta, un paio di scarpe e altro. Avremo in questo caso un film, non di disegni o di pupazzi, ma di oggetti animati.
Infine c'è il caso del film d'animazione realizzato addirittura senza cinepresa, disegnando ogni singolo fotogramma in successione, in modo da ottenere il movimento (di un eventuale piccolo personaggio, ma anche di linee, forme, colori di tipo astratto o geometrico). È il cinema cosiddetto 'senza macchina da presa', che sfrutta la tecnica cinematografica della successione dei fotogrammi nel tempo, non nella fase della ripresa, ma in quella della proiezione del film sullo schermo.
Come si è visto, varie sono le possibilità tecniche ed espressive che il cinema d'animazione può offrire, ben al di là del disegno animato, alle quali si deve aggiungere, in una versione tecnologica più ampia e aggiornata, il cinema digitale e computerizzato. Con esso, che si basa sostanzialmente sul medesimo principio del cinema d'animazione, cioè della ripresa (o della realizzazione) fotogramma per fotogramma, si possono ottenere effetti sorprendenti, inimmaginabili sino a qualche anno fa. La realtà virtuale che viene così ottenuta e poi mostrata sullo schermo, a volte tanto è così simile a quella reale che riesce difficile riconoscerla ed è talmente ampia da superare tutte le possibilità del cinema d'animazione tradizionale.
Il nuovo cinema digitale utilizza una strumentazione tecnica altamente sofisticata e un lavoro d'équipe meticoloso e dispendioso; il cinema d'animazione tradizionale, nelle sue diverse applicazioni, è invece molto più artigianale, ma richiede anche tempi molto più lunghi. Per comprendere quanto tempo e fatica ci vogliono per realizzare un film d'animazione basta pensare che lo scorrimento della pellicola nella macchina da ripresa e in quella da proiezione è mediamente di 24 fotogrammi al secondo, e quindi ci vogliono ben 1.440 pose (o disegni) per un minuto di film, e addirittura 115.200 per un film di 80 minuti (la durata media di un lungometraggio d'animazione).
Le grandi case di produzione dispongono di speciali dipartimenti dedicati all'animazione con decine e centinaia di dipendenti; altre utilizzano un'animazione meno precisa e accurata, che si basa non su 24 pose al secondo, ma su 12 o su 8, riducendone della metà o di due terzi il numero complessivo; altre, infine, fanno grande uso della tecnica digitale e computerizzata, che accelera i tempi.
Ma esistono anche gli artigiani, che spesso lavorano con pochi collaboratori o addirittura da soli. Se è difficile che essi riescano a realizzare un lungometraggio, è invece facile e normale che lavorino sui tempi brevi, realizzando film di pochi minuti, in certi casi di pochi secondi, spesso con risultati artistici di grande valore. Ci sono poi gli artisti che prediligono, non soltanto per ragioni tecniche e finanziarie, il disegno diretto su pellicola, cioè il cinema d'animazione senza macchina da presa. In questo caso, come dimostrano le opere straordinarie di un autore classico del genere, lo scozzese-canadese Norman McLaren, o i film gustosi e divertenti dell'italiano Vincenzo Gioanola, bastano pochi strumenti: la pellicola in 35 millimetri (quella in 16 è troppo piccola), un po' di colori (se li si vuole utilizzare), un pennello o un raschietto. Con un po' di tempo e molta pazienza, ognuno è in grado di farsi il proprio film d'animazione!
Il cinema d'animazione in generale, il disegno animato in particolare, nasce di fatto agli inizi del Novecento, quando già da alcuni anni il cinema, o meglio il Cinématographe (l'apparecchio che permetteva la proiezione di immagini in movimento inventato dai fratelli Lumière e presentato a Parigi nel 1895), aveva conquistato un suo pubblico e si era diffuso non solo in Francia, ma nella maggior parte dei paesi europei (compresa l'Italia) e in America. Con i primi disegni animati di Émile Cohl, realizzati a partire dal 1909, e con i film di oggetti animati dello spagnolo Segundo de Chomón e dell'americano Stuart Blackton, realizzati ancor prima, esso si andò affermando a poco a poco, soprattutto nel decennio seguente, quando a Hollywood e altrove si cominciarono a produrre disegni animati di serie, spesso tratti dai fumetti.
A ben guardare, ripercorrendo la storia delle invenzioni ottiche che precedettero il cinematografo, si deve dire che fu il disegno animato a nascere per primo. Infatti se, come abbiamo detto, è possibile realizzare un film d'animazione anche senza l'uso di una cinecamera, disegnando direttamente sulla pellicola segni, forme e colori, ne consegue che l'essenza stessa del cinema d'animazione, cioè il mezzo tecnico su cui si basa, non è la cinecamera quanto piuttosto la pellicola, con la quale, scorrendo fotogramma per fotogramma, si crea il movimento, reale o immaginario.
Non è dai fratelli Lumière e dalla loro invenzione, dunque, che bisogna partire per ricostruire la storia del cinema d'animazione, ma dai giocattoli ottici che nel corso dell'Ottocento furono inventati e diffusi presso un vasto pubblico di bambini e di adulti. Essi si basano spesso proprio sulla suddivisione del movimento in fasi statiche, che, fatte scorrere su particolari supporti e viste in un determinato modo (per esempio, attraverso una fessura), danno l'illusione della continuità del movimento. Così nacquero apparecchi-giocattolo dai nomi strani, dal Taumatropio (1825) al Fenachistoscopio (1832) sino al Prassinoscopio (1877), inventato da Émile Reynaud. E sarà proprio Reynaud a creare nel 1892, col suo Teatro ottico, che era una variazione e un miglioramento del Prassinoscopio, i primi disegni animati, che chiamò Pantomimes lumineuses ("pantomine luminose") piccole storie divertenti con personaggi della vita quotidiana o della commedia dell'arte, come Pierrot, Arlecchino, Colombina.
Il cinema d'animazione nacque dunque tre anni prima del cinema cosiddetto 'dal vero' e i disegni animati precedettero i film documentari dei Lumière. Fu proprio il Cinématographe a far fallire Reynaud, dato che il pubblico a poco a poco disertò i suoi spettacoli per correre a vedere i film che consentivano la riproduzione fotografica del movimento e i disegni animati che si produssero in seguito furono realizzati con la cinepresa. Tuttavia, dobbiamo riconoscere a Reynaud, al di là del valore poetico delle sue brevi pantomime, il titolo di inventore del disegno animato, di vero precursore del cinema d'animazione.
Poiché si è parlato della possibilità di farsi da soli un proprio film d'animazione, addirittura senza usare la cinepresa, disegnando sulla pellicola ciò che si vuole, dobbiamo ora parlare anche di quella che dovremmo definire animazione sperimentale e d'avanguardia. Con questa espressione indichiamo l'opera di alcuni pittori che, nel corso degli anni Venti del Novecento e in seguito, vollero utilizzare il cinema per dare movimento ai loro quadri per lo più astratti. Si trattava, in poche parole, di riprendere con la cinepresa varie fasi statiche della loro pittura e poi proiettarle, in modo da ottenere un vero e proprio film astratto, in cui linee, forme, colori si muovevano sullo schermo. Si realizzava così una sorta di pittura dinamica, che bene rientrava in quelle correnti dell'avanguardia artistica che stavano avendo in quegli anni un grande sviluppo, dal futurismo al dadaismo, dall'astrattismo al surrealismo. Pittori come Léopold Survage, Hans Richter, Viking Eggeling, Walther Ruttmann, Oskar Fischinger e altri realizzarono film d'animazione che ancor oggi si vedono con ammirazione, per il fascino che quelle linee, quelle forme, quei segni suscitano in chi guarda, soprattutto quando i film sono accompagnati dalla musica. E la musica per il cinema d'animazione è spesso determinante, essendoci uno stretto legame fra il ritmo dei suoni e quello delle immagini.
La sperimentazione, però, non riguarda soltanto i pittori o gli artisti dell'avanguardia. Sebbene il disegno animato si sia sviluppato, come vedremo, soprattutto attraverso i film di serie o quelli di Walt Disney, la ricerca sperimentale di tali artisti ha avuto un'influenza non secondaria nella riuscita spettacolare dei film d'animazione tradizionali. Basti ricordare Fantasia (1940) di Disney, che si servì anche della collaborazione di Fischinger (poi ripudiata): un film in cui la lezione dell'avanguardia si fa sentire quasi in ogni episodio.
Se il cinema d'animazione ha avuto una storia complessa e articolata, con molte sperimentazioni tecniche e formali, non v'è dubbio che il disegno animato si è sviluppato invece in maniera sostanzialmente lineare. Dai primi cartoni animati americani tratti dai fumetti, alle serie degli anni Venti e Trenta realizzate da Walt Disney, dai fratelli Max e Dave Fleischer e da molti altri si è passati ai lungo
metraggi spettacolari, a partire
da Biancaneve e i sette nani (1937) di Disney per arrivare sino ai giorni nostri, ai moltissimi brevi film prodotti e trasmessi dalle televisioni, soprattutto americane e giapponesi.
È un unico cammino, lungo un secolo, con molte diramazioni ma con uno stesso fine: divertire i grandi e i piccini con personaggi disegnati, le cui avventure, di film in film, sono ricche di sorprese comiche, grottesche, umoristiche, ma anche drammatiche.
Spesso il pubblico si entusiasma per questi piccoli personaggi bidimensionali (simili a quelli dei fumetti): si diverte a vederli agire sul grande e sul piccolo schermo, ne attende ogni singolo episodio con piacere. Si crea una sorta di consuetudine, quasi di bisogno quotidiano, come ogni bambino e adolescente ha potuto sperimentare da sé. E se negli anni Trenta il pubblico si entusiasmava per le avventure di Topolino (di Disney) o di Braccio di ferro (dei Fleischer), dieci anni dopo faceva il tifo per i nuovi personaggi simpaticamente aggressivi di Tom e Jerry, di Silvestro e Gonzales, del Coyote e di mille altri.
Poi venne la volta dell'orso Yogi, degli Antenati e dei Pronipoti, tutti di produzione americana, mentre i Giapponesi, con i loro personaggi più schematici, cominciavano a invadere anche le televisioni occidentali. Insomma, nel volgere di pochi decenni, il disegno animato seriale si è imposto in tutto il mondo, prima affiancandosi al fumetto, poi sostituendolo a poco a poco. Un disegno che è divenuto sempre più semplice, per ragioni soprattutto commerciali (risparmio di tempo e quindi di denaro), ma anche perché basato soprattutto sulle situazioni comiche o grottesche. Come i Peanuts dei fumetti si erano affermati per la loro semplicità grafica e il sottile umorismo, così i Simpsons dei disegni animati hanno a lungo primeggiato fra i nuovi e numerosi personaggi creati negli ultimi vent'anni. Senza contare i lungometraggi che, a partire da Biancaneve e i sette nani, sono stati prodotti non solo negli Stati Uniti, ma in altri paesi, fra cui la Francia, l'Italia e il Giappone.
Oggi, dopo più di mezzo secolo, non c'è stagione cinematografica che non proponga, per un pubblico infantile, ma anche adulto, almeno una decina di lungometraggi animati.
Se un tempo i soggetti erano tratti per lo più dalla letteratura per l'infanzia e dalla favolistica mondiale, rivolgendosi soprattutto ai bambini e alle famiglie, oggi il campo d'azione è più vasto, dall'avventura alla fantascienza, con puntate nell'horror e nel drammatico, in una mescolanza di generi e di modi della rappresentazione che testimonia la vitalità e le possibilità espressive del cinema d'animazione. Inoltre, con lo sviluppo della computer animation, cioè dell'animazione ottenuta con le nuove tecnologie computerizzate, il disegno animato s'è andato arricchendo di una vasta serie di possibilità spettacolari, tanto da competere con il cinema degli effetti speciali, spesso realizzati proprio con il computer.
A partire da Toy story (1995), prodotto dalla Pixar, è un susseguirsi di film pieni di fantasia, in cui i personaggi si muovono come attori in carne e ossa, tridimensionali e 'realistici'. E se la Disney prosegue sulla sua strada tradizionale, da Il re Leone (1994) al Libro della giungla 2 (2003), la Pixar e altre nuove case di produzione si cimentano con storie e personaggi più moderni. Basti pensare a Monsters & Co (2000), a Galline in fuga (2000), a Shrek (2001) e a Shrek 2 (2004); esempi molto belli d'un cinema d'animazione che si è affrancato dai vecchi temi e dalle favole d'un tempo per trattare in maniera nuova e suggestiva il mondo fantastico che ci circonda.