Vedi CASA dell'anno: 1959 - 1994
CASA (v. vol. Il, p. 379)
Preistoria europea. - I numerosissimi ritrovamenti di c. preistoriche in Europa hanno favorito lo sviluppo di una serie di studi incentrati sia sull’aspetto tipologico sia sulla strutturazione sociale degli abitati.
Gli insediamenti del Paleolitico Medio e Superiore sono situati per lo più nei pressi di grandi corsi d’acqua; le c. di questo periodo, rinvenute in Europa e in Siberia, sono caratterizzate, nelle regioni a clima glaciale, da un piano di frequentazione profondamente infossato nel terreno con pareti e tetto di legno (Timonovka in Ucraina); in Europa centrale si conoscono c. a pianta ovale e rettangolare, con piano affossato o superficiale, a volte con copertura a forma di tenda. A Molodova, nella Russia meridionale, si è rinvenuta un’abitazione del Paleolitico Medio, a pianta ovale, caratterizzata da un’assisa di ossa di mammut, erette anche internamente con una probabile funzione di suddivisione dello spazio; le pareti erano di materiale vegetale ricoperto di pelli.
La tecnica costruttiva e la planimetria delle abitazioni neolitiche ed eneolitiche, per lo più a pianta rettangolare con articolazione interna degli spazi (culture della Bandkeramik, di Brześć-Kujawski, di Tripolje), insieme alla stratificazione del deposito archeologico consentono una ricostruzione dei vari ambienti interni e delle loro destinazioni. Nell’Europa sud-orientale ricerche approfondite hanno interessato l’abitato di Karanovo (Bulgaria): le c., a pianta rettangolare, si componevano di più ambienti e i vani minori erano destinati alle attività produttive, testimoniate da un forno, da una macina e da vasi per derrate. Un ambiente presentava dei banchi in argilla interpretati come letti. Le pareti erano formate da filari di pali di legno intonacati di argilla, a volte dipinte. Motivi geometrici rossi su fondo bianco sono stati rinvenuti a Karanovo, a Sultan e nelle abitazioni della cultura di Gumelniţa (Romania). Il pavimento era in argilla battuta o realizzato con assi ricoperte di argilla.
Nell’Europa alpina e subalpina si diffonde, dal Neolitico sino a tutta l’Età del Bronzo, un tipo di abitazione su palafitte, legato a esigenze di sussistenza e di difesa. Le abitazioni poggiano su un impalcato aereo oppure su una travatura con funzione isolante.
Un caso di adattamento a un ambiente freddo e ventoso è rappresentato dalle abitazioni delle isole Orcadi (Gran Bretagna), dove le c., realizzate completamente in pietra locale, si addossano le une alle altre e sono collegate da passaggi coperti. Anche l’arredamento interno è realizzato in pietra e si compone di un focolare centrale, letti a banco lungo le pareti e dispense. Numerosi studi di carattere etnoarcheologico e comparativo contribuiscono alla comprensione dell’organizzazione sociale della struttura familiare, variamente estesa, rappresentata dalla casa.
Bibl.: In generale: H. Müller-Karpe, Handbuch der Vorgeschichte-, I. Altsteinzeit, Monaco 1966; II. Jungsteinzeit, Monaco 1968; III. Kupferzeit, Monaco 1974; IV. Bronzezeit, Monaco 1980; с. Musson, House-Plans and Prehistory, in Current Archaeology, XXI, 1970, pp. 267-273; R Tringham, Hunters, Fishers and Farmers of Eastern Europe, 6000-3000 B.C., Londra 1971; J. Coles, Experiments in Prehistory, in Festschrift R. Pittioni, I, Vienna 1976, pp. 7-22; F. C. Lipp, Hallstatt-Blokhaus und Dachstein-Almhütten, ibid., pp. 611-633; W. Startin, Linear Pottery Houses: Reconstruction and Manpower, in ProcPrHistSoc, XLIV, 1978, pp. 143-159; O. Buchsenschutz (ed.), Les structures d'habitat à l'Age du Fer en Europe tempérée. L'évolution de l'habitat en Barry. Actes du Colloque de Châteauroux, Bouges-le-Château, Levroux 1978, Parigi 1981; F. Braemer, L'architecture domestique du Levant à l'âge du fer, Parigi 1982; A. F. Harding, Soziale Beziehungen und die Siedlungsform in der europäischen Bronzezeit, in Palast und Hütte. Bauen und Wohnen im Altertum, Magonza 1982, pp. 173-183; о. Buchsenschutz, Structures d'habitats protohistoriques en Europe de l'Ouest et rapports sociaux, in Archéologie et rapports sociaux en Gaule, Parigi 1984, pp. 39-46; P. Arcelin, O. Buchsenschutz, Le donneés de la protohistoire, in Architectures de terre et de bois. L'habitat privé des provinces occidentales du monde romain. Antécédents et prolongements: Protohistoire, Moyen Age et quelques expériences contemporaines. Actes du II. congrès archéologique de la Gaule méridionale, Lyon 1983, Parigi 1985, pp. 15-28, con ampia bibl. prec. suddivisa per nazioni moderne; A. Masuch, K. H. Ziessow, Reconstruing Linear Culture Houses. Theoretical and Practical Contributions, in Helinium, XXV, 1985, pp. 58-93 (sulle abitazioni neolitiche); K. D. Schick, Stone Ages Sites in the Making. Experiments in the Formations and Trasformation of Archaeological Occurences, Oxford 1986; A. Cazzella, Manuale di archeologia. Le società della preistoria, Bari 1989, pp. 150-160; AA. VV., L'età del rame in Europa. Congresso internazionale, Viareggio 1987 (RassAPiomb, VII, 1988), Firenze 1989, con interventi relativi a ogni paese con ampia bibl. prec.; F. Audoze, O. Buchsenschutz, Villes, villages et campagnes de l'Europe celtique. Du début du II. millénaire à la fin du I. siècle av. J.C., Parigi 1989; AA.VV., Interpretazione funzionale dei «fondi di capanna» di età preistorica. Atti del seminario di archeologia sperimentale, Milano 1989, Genova 1990.
Francia: Oltre a p. Arcelin, o. Buchsenschutz, art. cit., con bibl. prec., vedi: F. Passard, Architectures de la fin du néolithique en Franche-Comté et en Suisse occidentale. Contexte culturel et social, in DialHistAnc, IX, 1983, pp. 7-64; J. Gasco, Les installations du quotidien. Structures domestiques en Languedoc du mésolithique à l'âge du bronze d'après l'étude des abris de Font-Juvenal et du Roc-de-Dourgne, Parigi 1985.
Svizzera: D. Paumer, La Suisse, in Architectures de terre et de bois..., cit., pp. 113-126, con bibl. prec.
Germania: AA.W., Ausgrabungen in Deutschland 1950-75,1, Magonza 1975; H. Fehr, L. Fielder, Becherzeitliche Häuser in der Gemarkung Ochtendung, Kreis Mayen-Koblenz, in BJb, CLXXVIII, 1978, pp. 93-110; D. v. Brandt, Fortschritte im Hausbau. Ein neues Modell in der urgeschichtlichen Abteilung, Haus der Rössener Kultur, in RheinMusBonn, 1986, pp. 87-90.
Gran Bretagna: D. D. Α. Simpson, Beaker Houses and Settlements in Britain, in Economy and Settlement in Neolithic and Early Bronze Age Britain and Europe, Leicester 1971, pp. 131-152; I. Β. M. Ralston, Quelques notes sur l'évolution de l'habitat protohistorique dans к nord de la Grande Bretagne, in Les structures d'habitat à l'âge du fer en Europe tempéré. L'évolution de l'habitat en Berry..., cit., pp. 53-60; B. Arnold, The Architectural Wood Work of the Late Bronze Age Village Auvenir-Nord, in Woodworking Techniques before A.D. 1500. Paper Presented to a Symposium at Greenwich 1980, Oxford 1982, pp. 111-128; T. Darvill, Prehistoric Britain, Londra 1987; M. Taylor, F. Pryor, Bronze Age Building Techniques at Flag Fen, Peterborough, England, in WorldA, XXI, 1989-90, pp. 425-434.
Europa dell'Est: B. Brukner, Ein Beitrag zur Formierung der neolithischen und äneolitischen Siedlungen in jugoslawischen Donaugebiet, in Palast und Hütte..., cit., pp. 141-151; Z. Bukowski, Offene Siedlung und Burgen nördlich der Karpaten und Sudeten an der Wende der Bronzezur frühen Eisenzeit, ibid., pp. 153-171; K. J. Narr, Wohnbauten des Jungpaläolithikums in Osteuropa, ibid., pp. 3-19; E. Comşa, L'évolution des types d'habitation du territoire de la Roumanie (depuis l'énéolitique jusq'à la fin de l âge du bronze), in Dritter Internationaler Thrakologischer Kongress, Wien 1980, Sofia 1984, pp. 121-136; P. Patay, Über die Bauten des Neolithikums und der Kupferzeit im Karpatengebiet, in Studi di paletnologia in onore di S.M. Puglisi, Roma 1985, pp. 547-553.
Protostoria italiana. - Gli scavi degli ultimi decenni ampliano considerevolmente le conoscenze relative alla tipologia dell’insediamento della media e tarda Età del Bronzo e della prima Età del Ferro, arricchendo la documentazione relativa alle forme di abitazione; non sembra comunque più opportuno contrapporre sistematicamente il termine capanna a quello di c., non solo per la riconosciuta gradualità delle forme intermedie ma per l’inconsistenza delle differenziazioni tecniche e concettuali. Dal punto di vista planimetrico la c. presenta un’estesa gamma di soluzioni comprese tra la forma circolare e quella rettangolare, comune alle coeve abitazioni di ambito mediterraneo, esemplificate dalle c. circolari della Grecia settentrionale e da quelle rettangolari a mègaron diffuse in tutta la Grecia continentale e microasiatica. La struttura portante viene di norma realizzata con tronchi infissi nel terreno, le pareti e il tetto sono di materiale vegetale, il focolare poggia su una pavimentazione di argilla battuta. La varietà tipologica che arricchisce nelle sue singole realizzazioni lo schema-base della c. protostorica ne consiglia una trattazione più puntuale, articolata per regioni.
Italia meridionale e isole. - Le ricerche hanno riportato alla luce porzioni di villaggi dell’Età del Bronzo Medio e Recente: Scoglio del Tonno e Porto Perone (Taranto), Coppa Nevigata (Foggia), Broglio di Trebisacce (Cosenza), Tufariello di Buccino (Salerno), isola di Pantelleria (Trapani), Metapiccola a Lentini (Siracusa), isola di Vivara, località Punta Mezzogiorno (Napoli). In questi centri un notevole contributo alla conoscenza sociale ed economica del periodo è data, oltre che dai resti della cultura materiale, dalle unità abitative e dall’impianto generale del villaggio. Le c. sono generalmente a pianta curvilinea con pavimentazione in argilla cruda, in alcuni casi con sistema di drenaggio e impermeabilizzazione realizzato con cocciame o ciottoli al disotto del livello pavimentale; l’alzato, ricostruibile dai fori da palo conservati nel terreno e da frammenti di parete, era per lo più costituito da elementi lignei portanti con gli spazi intermedi tamponati da pareti di intonaco di argilla con scheletro in canne o piccoli rami. Il tetto aveva una copertura a doppio spiovente o conica. Lo scarto dimensionale che a volte si riscontra all’interno dello stesso villaggio, come nel caso dell’abitato di Scoglio del Tonno dove, accanto a c. minori di 40 m2 coesistono abitazioni maggiori di 100 m2, sembra essere una costante diffusa negli abitati di questo periodo.
Nelle isole Eolie la continuità insediativa è attestata senza soluzione dal Neolitico all’età storica; sull’acropoli di Lipari in particolare, le c. della facies di Capo Graziano (Bronzo Antico e inizio Bronzo Medio, XVIII-XVI sec.) e della seguente fase del Milazzese (XV-XIV sec. a.C.) presentano planimetrie ovali allungate di esigue dimensioni con interno talora incassato e pavimentazione in terra battuta o ghiaietto; fondazione e pareti in pietra sono realizzate, durante la fase del Milazzese, con blocchetti poligonali accuratamente disposti in filari. Non sono state riscontrate tracce di porte ed è probabile pertanto che l’ingresso si trovasse a un piano più alto rispetto all’alzato conservato e che l’accesso avvenisse tramite scale in materiale deperibile.
A queste c. si sovrappongono quelle delle successive fasi dell’Ausonio I e II (XIII-X sec. a.C.), durante le quali la pianta si sviluppa aumentando notevolmente la superficie interna, a volte con pavimentazione lastricata. Anche la tecnica costruttiva, nell’Ausonio II, cambia a favore di una struttura portante in legno con montanti infissi nel terreno e inseriti nella muratura con funzione di tamponamento. Si distingue per le notevoli proporzioni una c. a pianta rettangolare (7,20 x 15,10 m) e fondo infossato, con i lati lunghi costituiti da montanti incorporati nella muratura e probabile copertura a doppio spiovente. Nel villaggio di Capo Milazzese a Panarea si colgono i caratteri essenziali di un tessuto abitativo della media Età del Bronzo. Le c. sono a pianta ovale, spesso inglobate in un rettangolo in pietrame con angoli arrotondati; la muratura è costituita da blocchetti e ciottoli smussati disposti regolarmente e con accuratezza, rincalzati con fango e sassi di minori dimensioni; il tetto, probabilmente, era in travi, ricoperte di strame. Sono per lo più costituite da un ambiente principale al quale a volte se ne possono aggiungere altri, in forma di piccoli annessi o vestiboli; la pavimentazione, dove conservata, è formata da lastre irregolari di pietra. Anche qui, come a Lipari, l’ingresso non è chiaramente riconoscibile se non nelle porte che mettono in comunicazione i singoli ambienti all’interno della casa. Talvolta si trovano gruppi di c., di cui una di maggiori dimensioni, che racchiudono un cortile centrale, forse attribuibili a gruppi familiari a carattere patriarcale. L’addossarsi delle abitazioni le une alle altre intendeva forse ostacolare la circolazione interna all’abitato, privilegiando un percorso esterno a esso. Si distingue una c. rettangolare racchiusa entro un muro perimetrale; anche per la sua posizione isolata potrebbe aver avuto una diversa funzione, come già riscontrato in coeve e analoghe strutture dell’Italia meridionale e centrale.
L’insediamento di Thapsos (Siracusa), in cui si riscontra una notevole continuità abitativa dalla fine del XV al IX sec. a.C., si è sviluppato grazie a una perdurante funzione emporica svolta nell’ambito dei traffici mercantili mediterranei: gli stretti contatti con il mondo egeo trovano riscontro anche nel modello abitativo. A una prima fase con c. circolari collegate da piccole strade subentrano, nel XIII-XII sec. a.C., abitazioni disposte razionalmente in complessi a pianta rettangolare ed edifici che ripropongono in alcuni casi la soluzione di tradizione micenea mègaron-corte lastricata. I vari isolati sono raccordati da strade realizzate secondo uno schema di chiara concezione urbanistica corrispondente a nuove esigenze funzionali e abitative.
Italia centrale. - Le «c. lunghe» di Luni sul Mignone (Blera, provincia di Viterbo), fondate nel Bronzo Medio iniziale (non dopo il XVI sec.), restano in uso sino al Bronzo Recente; il basamento è ricavato nella roccia, la pianta rettangolare è alquanto stretta e l’alzato probabilmente in muratura di pietre. Nel Bronzo Finale c. a pianta quasi circolare non più infossate nel tufo si trovano accanto a una struttura rettangolare (17,5 x 9 m) incassata profondamente (6 m) nella roccia, per la quale sono state ipotizzate funzioni di «magione gentilizia», magazzino o luogo di culto. Una soluzione strutturalmente analoga era già stata adottata nella precedente fase del Bronzo Recente nell’abitato di Monte Rovello ad Allumiere (Roma) con un edificio rettangolare di simili proporzioni analogamente incassato nella roccia di base.
Le dimensioni maggiori di alcune c., alle quali talvolta sembra ricollegabile l’affermazione della forma rettangolare, permettono di ipotizzarne la destinazione sia come abitazioni di gruppi socialmente differenziati e preminenti sia come edifici con funzioni comuni nell’ambito del villaggio o del suo territorio.
Una funzione diversificata delle strutture architettoniche è testimoniata dal villaggio del X sec. del Castellaccio delle Sorgenti della Nova a Farnese (Viterbo). Qui le c. sono a pianta ellittica incavata nella roccia naturale con accesso a scalini e sistema di chiusura a porta lignea e palo trasversale confermato dai fori relativi ai montanti, che richiama le raffigurazioni delle coeve urne a capanna; le funzioni relative alla cottura dei cibi sembrano invece attestate in piccole grotte artificiali contigue. Queste sono a pianta poligonale, in alcuni casi con abside nella parete di fondo e tracce di sistemazioni interne, con una notevole concentrazione di focolari. A Scarceta (Manciano, Grosseto) le abitazioni del Bronzo Finale sono a pianta quasi ellittica con muretto perimetrale a secco; anche qui una c. si distingue dalle altre per le maggiori dimensioni (11,6 x 9,9 m).
Abitazioni a pianta ellittica e canaletto perimetrale di fondazione caratterizzano, nell’XI-X sec., l’abitato di San Giovenale (Blera, Viterbo). All’interno i fori per l’alloggiamento dei pali si dispongono su due file parallele; la copertura corrispondente era probabilmente a doppio spiovente, come può ricostruirsi dalle coeve raffigurazioni dell’askòs Bruschi e dell’urna cineraria di Allumiere. Lo scarto dimensionale tra c. non è qui particolarmente sensibile.
Passando alla prima Età del Ferro, lungo la costa tirrenica gli abitati di Torre Valdaliga e Mattonara (Roma, IX sec.) hanno restituito scarsi resti di c. ellittiche seminterrate con alzato in muratura a secco e pareti rivestite di argilla, cui erano annessi canali di scolo e pozzetti d’uso domestico. Al Calvario dei Monterozzi di Tarquinia sono state scavate circa venti abitazioni di diversa planimetria: a pianta mistilinea (pseudo-ellisse), di maggiori dimensioni, con canaletto perimetrale, grondaia, suddivisione interna e, a volte, doppio ingresso; a pianta rettangolare con buchi di palo entro i canaletti di fondazione e partizioni dello spazio interno del tipo della c. a mègaron, da ricollegarsi probabilmente a contatti con il mondo greco avvenuti durante la fase «precoloniale». La copertura delle c. si deduce dal coperchio delle urne cinerarie a capanna che compaiono nell’uso funerario dell’area medio-tirrenica dall’Età del Bronzo Finale: si tratta per lo più di un tetto testudinato o displuviato con falda di raccordo parimenti spiovente sul fronte e sul retro, realizzato con coppie di pali - corrispondenti alla travatura interna - incrociantisi al colmo e linea di gronda accentuàta; sotto la testata del columen si trova un’apertura circolare per l’aerazione dell’ambiente e il tiraggio del focolare. Riguardo alla copertura delle c. a pianta rettangolare, un modellino da Sala Consilina, località Sant’Antonio, ne rappresenta una con tetto a doppio spiovente con acroteri e due uccelli sul colmo e piccola finestra sulla parete sinistra (fine IX-inizi VIII sec. a.C.).
Anche nel Latium Vetus le urne sono altrettanto fondamentali per la ricostruzione degli alzati e le eventuali decorazioni esterne. Abitazioni a pianta quasi circolare ed ellittica sono presenti a Veio; a Ficana e Cures Sabini (databili all’VIlI-VII sec. a.C.) sono attestate c. a pianta rettangolare e circolare. Non è da escludersi, laddove si riscontra la presenza di c. di maggiori dimensioni, una destinazione sacrale; luoghi di culto perduranti in età storica sembrerebbero testimoniati dai templi di Pratica di Mare, Ardea, Velletri, Satricum, Gabi eretti su edifici protostorici, analogamente a santuari greci con precedenti in età geometrica.
Nell’insediamento protostorico di Fidene, sito sulla sponda tiberina e separato da Roma dal solo territorio di Antemnae (ove sono presenti c. a pianta circolare e quadrangolare della fine dell’VIli sec. a.C.), si è rinvenuta una struttura abitativa di VIII sec. a.C., la quale si caratterizza per la buona conservazione dei particolari tecnici e strutturali. La pianta è rettangolare (c.a 30 m2) con buche di palo ricavate nel banco tufaceo e piccolo portico-corridoio sulla fronte costituito da due pareti parallele di argilla; l’alzato è realizzato in pisé (argilla pressata tra due tavole di legno). Il tetto a doppio spiovente e in materiale vegetale doveva avere le grondaie sporgenti e poggianti su pali esterni alle pareti che venivano a formare una sorta di veranda. All’interno, sono evidenti tracce di focolare e doli usati per la conservazione di derrate.
Infine a Roma le abitazioni dell’Vili sec. a.C. rinvenute sul Palatino, tra cui la c.d. Capanna di Romolo, sono a base incassata nel banco tufaceo e pianta all’incirca rettangolare ad angoli arrotondati. L’alzato, in materiale vegetale ricoperto da uno strato di argilla, era connesso da pali di legno di cui rimangono i fori di alloggiamento; una c. ha al centro un foro leggermente più incassato per il palo di sostegno del tetto che, come si desume dalle coeve urne a capanna provenienti dai Colli Albani, doveva avere una forma testudinata e un’apertura per la fuoriuscita del fumo del focolare che si trovava all’interno. La porta, preceduta da un portichetto, si apriva su uno dei due lati corti, mentre sembra attestata una finestra laterale con probabile telaio ligneo, come confermano le urne a capanna con la rappresentazione di una finestra, dove questa è incorniciata da cordoni multipli alludenti all’infisso.
L’esame delle fasi costruttive precedenti la Regia di età repubblicana, situata nella valle del Foro, ha evidenziato la presenza di almeno una c. rettangolare della fine dell’VIII sec. a.C., distrutta nel VII sec. a.C. per la costruzione di un edificio in muratura in evidente continuità topografica con la fase precedente.
Italia settentrionale. - Una comunità padana del Bronzo Medio è rappresentata dall’abitato di Monte Castellaccio presso Imola, dove si sovrappongono due fasi edilizie comprendenti complessivamente una trentina di c. a pianta circolare (in media 20 m2) con perimetro segnato dai buchi di palo, pavimento in argilla battuta, focolare circolare e pozzetto di discarica. A queste si sovrappongono, in una fase più recente del Bronzo Medio, due o tre c. a pianta rettangolare.
Coevo è l’abitato di Fiavè-Carera (TN) incentrato su un’isoletta entro un bacino lacustre e delimitato da una palizzata lignea racchiudente c. rettangolari con focolare interno; per quanto riguarda la problematica relativa alla esistenza di strutture palafitticole in Italia, questo è uno dei primi casi in cui si sono raccolte prove sull’esistenza dell’assito ligneo sospeso.
Bibl.: Per la Sicilia, relativamente all'Età del Bronzo e alla prima Età del Ferro: L. Bernabò Brea, La Sicilia prima dei Greci, Milano 1958; S. Tusa, La Sicilia nella preistoria, Palermo 1983; G. Voza, I contatti precoloniali con il mondo greco, in Sikane. Storia e civiltà della Sicilia greca, Milano 1985, pp. 549-560 (Thapsos). - Isole Eolie: L. Bernabò Brea, Mģ Cavalier, Meligunìs Lipara, III-IV, Palermo 1980; R. Peroni, Protostoria dell'Italia continentale. La penisola italiana nelle età del bronzo e del ferro, in Popoli e civiltà dell'Italia antica, IX, Roma 1989, con bibl. prec.
Italia centrale: C. E. Östenberg, Luni sul Mignone e problemi della protosto- ria italiana, Lund 1967, pp. 96-109; F. Prayon, Fruhetruskische Grab- und Hausarchitektur, Heidelberg 1975, pp. 116-128; F. di Gennaro, Contributo alla conoscenza del territorio etrusco meridionale alla fine dell'età del bronzo, in Atti della XXI Riunione Scientifica dell'Istituto Italiano di Preistoria e Proto- storia, Firenze 1977, Firenze 1979, p. 270 (per l'askòs da Tarquinia con raffi- gurazione di c.); G. Bartoloni, F. Вuгапеlli, V. D'Atri, A. De Santis, Le urne a capanna rinvenute in Italia, Roma 1987, pp. 135-143; N. Negroni Catacchio, L. Domanico, I modelli abitativi dell'Etruria protostorica, in XI Convegno Archeologico Benacense. Simposio Internazionale 1986, Brescia 1988, pp. 1-71, con bibl. prec. - Per la c. di Fidene: A. M. Bietti Sestieri, J. De Grossi Mazzorin, A. De Santis, Fidene: la struttura dell'età del ferro, in Archeologia Laziale X (QuadAEI, 19), Roma 1990, pp. 115-120. - Sulle c. rinvenute nel Lazio e per ipotesi ricostruttive: AA.VV., Problematiche di scavo delle strutture abitative dell'età del ferro (Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Lazio, 1), Roma 1988.
Continuità di edifici sacri su strutture protostoriche: A. Guidi, Luoghi di culto dell'età del Bronzo Finale e della prima età del Ferro nel Lazio Meridionale, in Archeologia Laziale VIII (QuadAEI, 8), Roma 1980, pp. 148-155.
Un'impostazione generale sulle problematiche interessanti l'Italia protostorica relativamente anche all'aspetto abitativo è in R. Peroni, Presenze micenee e forme socio-economiche nell'Italia protostorica, in Magna Grecia e mondo miceneo. Atti XXII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1982, Napoli 1983, pp. 211-283, in part·pp. 271-274.
Etruria. - Il panorama della c. in Etruria, finora scarso e limitato per lo più a esempi della fine del VI-inizi del V sec. a.C., è stato notevolmente ampliato dagli scavi in corso dal 1960; si è potuta così colmare almeno in parte la lacuna relativa all’abitazione di età orientalizzante, cogliendone i collegamenti con le strutture abitative che la hanno preceduta e seguita. La relativa abbondanza di dati attualmente disponibile sulla c. nel suo complesso consente di rivedere il concetto sostanzialmente evoluzionista, analogo a quello riguardante le manifestazioni artistiche, secondo cui gli sviluppi più antichi tenderebbero quasi al raggiungimento di un modello compiuto solo a ridosso dell’età classica.
Intorno alla metà del VII sec. si evidenzia uno sviluppo nella tipologia abitativa - basata essenzialmente sulla planimetria ad angolo retto - legato a quell’accelerato processo evolutivo in atto dal IX sec. che porterà l’Etruria ad alti gradi di ricchezza e potere, e che trova riscontro a livello sociale in una cultura materiale e abitativa fortemente differenziata.
L’abitato di San Giovenale (Blera, Viterbo), con presenze insediative già nell’Età del Bronzo, esemplifica la c. dell’Orientalizzante Medio (prima metà del VII sec. a.C.). Le fondazioni, incassate nel banco tufaceo, conservano i tagli relativi all’inserimento dei blocchi di tufo. La planimetria di base, riconducibile al tipo di c. a òikos di ambito greco, si compone di due vani rettangolari disposti longitudinalmente e collegati da una porta; l’ingresso si trova di norma sul lato corto. L’alzato è realizzato a telaio ligneo tamponato con pietrame, o in mattoni crudi o, nel VI sec., in blocchi di tufo, mentre la pavimentazione è formata da uno strato di argilla pressata con scagliette di tufo. Il tetto, infine, è in tegole di terracotta. Nelle c. I e III la pavimentazione della stanza più interna è caratterizzata da una banchina disposta lungo le pareti e realizzata con ciottoli fluviali, da interpretarsi come luogo destinato al riposo e/o al banchetto; questo particolare trova preciso riscontro nella gentilizia e coeva Tomba della Capanna a Cerveteri. In Grecia la banchina come elemento caratterizzante la sfera abitativa maschile è presente sin dai primi tipi di c. a pastàs della fine dell’VIlI sec. a.C. Nel centro di Roselle, della metà del VII sec. a.C., alla mancanza di materiale litico facilmente lavorabile viene ovviato con l’uso di mattoni crudi e graticcio di rami e fango. Le c. si compongono di due piccoli vani affiancati; soltanto una struttura, con probabile funzione pubblica o sacrale, si distacca da questa tipologia per la planimetria e la suddivisione interna.
Nell’Orientalizzante Recente (seconda metà del VII sec. a.C.) si generalizza l’adozione di tegole a decorazione fittile, uso al quale si ricollega la notizia di Plinio (Nat. hist., XXXV, 152) relativa all’introduzione e trasmissione di modelli greci nella coroplastica architettonica in Italia avvenuta a opera degli artisti giunti in Etruria al seguito di Demarato di Corinto (657 a.C.). L’insediamento di Acquarossa presso Viterbo, della metà del VII sec. a.C., ha restituito, in una fase precedente, un gran numero di c. a base ortogonale con diverse planimetrie. Le abitazioni, con fondazioni scavate nel tufo e con blocchi di rinforzo dello stesso materiale, si articolano, nella forma più semplice, in un grande vano rettangolare allungato con ingresso laterale e vestibolo; quest’ultimo accoglie il focolare mentre l’altro ambiente, a volte con pavimentazione a quota più bassa, è il thàlamos. Un esempio più articolato è dato dalla c. A della zona B, formata da tre ambienti non comunicanti raccordati da un vestibolo d’ingresso che richiama la coeva pastàs di ambiente greco e siciliano. Nella camera N si riconosce il vano di pertinenza femminile caratterizzato dal focolare e dal telaio, nell’ambiente centrale probabilmente la sala del banchetto e nell’ultimo il thàlamos. Una nicchia a grotticella scavata nella roccia della stanza meridionale forse con funzione di dispensa o piccolo deposito, aumenta lo spazio interno a disposizione degli abitanti. L’alzato era realizzato in blocchi squadrati di tufo, raramente in mattoni crudi, più spesso nella tecnica a pisé o a graticcio con intonacatura esterna. Un’orditura lignea sorreggeva il tetto disposto secondo il sistema laconico-corinzio di tegole e coppi alternati sormontati da kalyptères, in alcuni casi figurati. Il sistema decorativo dei tetti era completato da lastre di rivestimento dipinte e acroteri a ritaglio, connessi al coppo di colmo, raffiguranti animali e motivi vegetali stilizzati. Le simili figurazioni acroteriali delle urnette cinerarie a forma di c. provenienti da Cerveteri e quelle in pietra delle tombe a edicola di Populonia ne confermerebbero la diffusione nell’architettura domestica. Al cortile, così come a San Giovenale, sembrerebbe riservato un importante molo comprendente funzioni di cottura di cibi, raccolta d’acqua mediante pozzi, produzione artigianale domestica e vita associativa. Un complesso abitativo (zona F), già esistente in età orientalizzante e riedificato intorno al 530 a.C., si distingue dalle altre c. per l’evidente carattere monumentale della planimetria e per il programma decorativo delle elaborate terrecotte architettoniche.
A differenza del solitario e dominante «palazzo» di Poggio Civitate di Murlo, sorto intorno al 6o a.C. e riedificato nella prima metà del VI sec. a.C., il complesso di Acquarossa si inserisce completamente nella città ed esemplifica il percorso storico di un’aristocrazia che dal potere assoluto arriva, a causa della pressione sociale dei ceti emergenti, a una coesistenza all’interno della stessa struttura urbana. Il complesso rivestimento decorativo e statuario fittile di Murlo, rispondente a un disegno di esaltazione gentilizia, insieme a quello di Acquarossa conferma la destinazione, sino alla metà del VI sec. a.C., delle terrecotte architettoniche a edifici abitativi.
Durante il VI sec. a.C., la struttura abitativa si stabilizza sull’asse longitudinale con ingresso principale su questo lato come esemplificato nelle c. di Veio. La c. più antica (prima metà VI sec. a.C.), la «c. di legno», edificata su un’abitazione circolare protostorica, si compone di due camere quadrate, affiancate ma non comunicanti, e di ingressi preceduti da un portico comune. Di poco più recente (metà VI sec. a.C.) è la «c. di pietra», con fondazioni in blocchi di tufo e vestibolo d’ingresso che immette in un unico ambiente, mentre molto più articolato è il complesso di Macchia Grande, del VI sec. a.C. Si tratta di cinque vani, di cui quattro affiancati (originariamente con accessi indipendenti) con fronte meridionale sulla strada e ingresso principale sul lato orientale; questo immette in un vestibolo cui fa seguito una stanza con probabile funzione di cucina testimoniata da resti di focolari. L’alzato, in parte conservato, era realizzato, come a San Giovenale e Acquarossa, in blocchi squadrati di tufo; della copertura rimangono tegole e coppi.
Nel V e IV sec. a.C. la tipologia della c., come hanno dimostrato le abitazioni di Vulci e, in particolare, di Marzabotto, anticipa la c. ad atrio di attestazione pompeiana. A Vulci, in località Le Murelle, si è identificato l’abitato di Regae (fine V - inizi IV sec. a.C.), caratterizzato da c. quadrangolari, tra cui una c. con atrio a T e tre ambienti sul braccio corto. I vani laterali, fortemente asimmetrici; ricordano la suddivisione in andròn e òikos della c.-tipo di Olinto.
A Marzabotto le c. presentano uno stretto corridoio di accesso che immette in un cortile interno scoperto a tetto compluviato, attorno al quale gravitano il tablinum e, separati da quelli di servizio, gli altri ambienti propriamente abitativi. Il nesso corridoio-cortile compluviato-alae rafforza l’ipotesi dell’origine tuscanica dell’impianto tipico della c. italica, già affermata da Vitruvio (VI, 3, 1) e Varrone (Ling. lat., V, 161).
In Etruria settentrionale sono state indagate la semplice «c. lunga» a due vani di Casalecchio di Reno - centro con c. villanoviane - e il nucleo urbano di Verucchio, in provincia di Forlì, con abitazioni rettangolari con vestibolo, cortile e tre sale di fondo che richiamano le coeve c. signorili dell’Etruria meridionale.
Le abitazioni di Spina, località Valle di Mezzano, adattano le tecniche costruttive alla natura alluvionale del terreno; su una bonifica di fascine, l’alzato è realizzato in legno con tamponature di incannucciata rivestita di argilla e tetti in materiale vegetale. Simile tecnica viene adottata nelle c. di Forcello presso Bagnolo San Vito, in provincia di Mantova. A Como infine le c. sono a pianta rettangolare con basamento in pietra. Le c. a schiera di Monte Bibele presso Monterenzio, vicino Bologna, più tarde (metà IV sec. a.C.), si compongono di un unico ambiente rettangolare con muratura a secco, focolare e tetto di strame. Una stele del sepolcreto villanoviano di San Vitale di Bologna presenta una raffigurazione schematica della fronte di un’abitazione con tetto displuviato e grundarium sporgente, architrave e montante centrale in evidenza, ai lati del quale si trovano due finestre rettangolari.
Nell’area etrusco-laziale, connessa alle vicende storiche legate alla dominazione dei Tarquini a Roma si inserisce la complessa problematica relativa alle fasi costruttive della Regia, le sue connessioni con gli edifici adiacenti e la supposta destinazione alla sfera abitativa privata del rex.
I resti delle fasi «etrusche» della Regia, attribuiti ai regni di Servio Tullio e Tarquinio il Superbo, si ricollegano nella planimetria alle coeve c. etrusche tripartite con colonnato, comune anche ai palazzi di Acquarossa e Murlo, così come il programma decorativo delle lastre fittili architettoniche di stile dedalico, legato all’esaltazione e alla legittimazione del gruppo gentilizio dominante.
Il caso delle domus arcaiche (VI sec. a.C.) rinvenute tra le pendici del Palatino e la Via Sacra rende insufficiente la distinzione terminologica solitamente intesa tra palazzo e c. quando questa, in mancanza di dati più precisi, si basi sulla sola estensione planimetrica.
Si tratta di un quartiere residenziale con c. di notevoli dimensioni, tra le quali la meglio conosciuta consta di un’area coperta e hortus di c.a 8oo m2. L’ingresso si apre sulla Via Sacra e immette, attraverso profonde fauces, in un ampio ambiente centrale con tetto compluviato e impluvium centrale; di fronte all’ingresso è il tablinum, lateralmente si disponono numerosi vani di diversa e specifica destinazione. È stata presentata una proposta ricostruttiva dell’esterno e dell’arredo che tenesse conto di tutti gli elementi strutturali e relativi alla cultura materiale desumibili dalle tombe a camera e dalle c. coeve. La domus, per il suo fasto, le dimensioni e la collocazione topografica potrebbe essere attribuita alle «minores gentes» di Tarquinio il Superbo.
Bibl.: A. Boethius, Etruscan and Early Roman Architeciure, Harmondsworth 1970; F. Prayon, Frühetruskische Grab- und Hausarchitektur, Heidelberg 1975; F. E. Brown, Of Huts and Houses, in Essays in Archaeology and the Humanities. In Memoriam Otto G. Bendel, Magonza 1976; S. Forsberg (ed.), San Giovenale. Materiali e problemi. Atti del Simposio, Roma 1983 (Acta Instituti Romani Regni Sueciae, XLI), Stoccolma 1984; S. Stopponi (ed.), Case e palazzi d’Etruria (cat.), Milano 1985; G. Colonna, Dalla casa al tempio, in Santuari d’Etruria, Milano 1985, p. 53; AA.VV., Architettura etrusca nel Viterbese, Roma 1986, con esemplificazione grafica delle tecniche costruttive; G. Camporeale, Vita privata, in Rasenna. Storia e civiltà degli Etruschi, Milano 1986, pp. 246-290; G. Colonna, Urbanistica ed architettura, ibid., pp. 369-530; G. Bartoloni, F. Buranelli, V. D’Atri, A. De Santis, Le urne a capanna rinvenute in Italia, Roma 1987, con ampia bibliografia. - Relativamente alle analogie con le c. greche: D. Fusaro, Note di architettura domestica reca nel periodo tardo-geometrico e arcaico, in DArch, IV, 5982, 5, pp. 5-30. - Per la tradizione relativa all’introduzione dalla Grecia in Italia della coroplastica architettonica: M. Torelli, Terrecotte architettoniche arcaiche da Gravisca e una nota a Plinio N.H. XXXV, 151-52, in Studi in onore di F. Magi (Nuovi Quaderni dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Perugia, e), Perugia 1979, pp. 305-312. - Roma: L. Manino, Ricostruzioni ideali di una casa arcaica di tipo etrusco presso la via Sacra, in lI Congresso Internazionale Etrusca, Firenze 1985, I, Roma 1989, pp. 337-340; A. Carandini, Domus aristocratiche sopra le mura ed il pomerio del Palatino, in M. Cristofani (ed.), La grande Roma dei Tarquini (cat.), Roma 1990, pp. 97-99; E. De Albentiis, La casa dei romani, Milano 1990, pp. 13-53.
Grecia. - La ricerca sulla c. greca si è arricchita negli ultimi anni di numerosi ritrovamenti i quali, confermando da un lato le precedenti conoscenze relative allo sviluppo planimetrico dell’abitazione dall’età preistorica all’ellenismo, hanno permesso altresì l’approfondimento di studi critici e tipologici incentrati sull’inserimento dell’architettura privata nel contesto storico e sociale di cui rappresenta un prodotto.
L’abitazione di età geometrica, in particolare, ha stimolato l’interesse dell’archeologia «omerica» relativamente alla planimetria e alla diffusione della c. a mègaron o ad ante, di origine micenea e presente in ambiente insulare (Lemno, Andros, Naxos, Chio), e della c. a pianta absidata, comune nella Media Età del Bronzo e perdurante, come la precedente, sino alla fine dell’Vili sec. a.C. In questo periodo si stabilizza la c. a pianta quadrata e di dimensioni relativamente ridotte rispetto alle precedenti - da collegarsi al sorgere di una classe non aristocratica e di limitate esigenze abitative, connessa al declino della società omerica - che si afferma nella pianta a pastàs (tra le più antiche le c. di Thorikos ed Eleusi), perdurante sino alle soglie dell’ellenismo.
Numerosi sono gli studi incentrati sulla tipologia delle più antiche c. a pastàs, tra cui quelli basilari del Drerup e del Krause, i quali però, come rilevato da D. Fusaro, rimangono in alcuni casi strettamente incentrati sulle planimetrie trascurando i diversi contesti storici. Le abitazioni domestiche di questo tipo scavate nelle colonie greche occidentali, e in particolare le strutture rinvenute a Pithecusa e Megara Hyblaea, confermano la cronologia delle c. greche con abside e a pastàs, fornendo altresì importanti dati relativi alla stratificazione sociale e alle strutture produttive. Gli scavi e le esaurienti pubblicazioni relative hanno notevolmente ampliato il panorama della c. di età classica continentale (soprattutto le indagini relative ai quartieri abitativi di Atene e dell’Attica), insulare e coloniale, non trascurando l’aspetto riguardante i rapporti tra città e campagna e alcune tipologie abitative proprie delle zone rurali. Tra queste si distinguono le case-torri (πύργοι), abitazioni rurali con una torre - a volte isolata, a volte inserita nella fattoria - con funzione di accumulo e nello stesso tempo difensiva, ampiamente diffuse in Grecia e in ambito mediterraneo; nelle ville di campagna la torre o - in alcuni casi - le torri assumono anche una funzione puramente estetica di belvedere.
La dimora di Vari, nell’Attica meridionale, del VI sec. a.C., è caratterizzata dalla torre con una probabile funzione abitativa, che affianca l’impianto planimetrico a pastàs. La c. rinvenuta in località Dema nel territorio di Atene (seconda metà del V sec. a.C.) è un’abitazione residenziale che ripropone la suddivisione funzionale interna della c. a pastàs di Olinto; il piano terra è occupato dagli ambienti di rappresentanza e di servizio, affaccianti sul cortile centrale, mentre al piano superiore, con ballatoio, si trovavano le stanze da letto.
Unitamente all’indagine archeologica che ha riportato alla luce abitazioni di età ellenistica in tutto il bacino del Mediterraneo, studi filologici sul De architectura di Vitruvio riguardanti gli «edifici dei greci» contribuiscono all’approfondimento della conoscenza dell’abitazione greca, così come alcuni lavori sulle fonti relative alla figura della donna greca di età classica nel suo rapporto con la casa. I volumi della collana Wohnen in der klassischen Polis contribuiscono al dibattito sul significato sociale della c. dal suo realizzarsi (mano d’opera) ai suoi destinatari, senza trascurare particolari importanti, come, p.es., la funzione del giardino o le abitazioni dei meteci e degli schiavi, ai fini di una ricostruzione storica il più possibile completa.
Bibl.: In generate: B. C. Rider, Ancient Greek Houses. Their History and Development from the Neolithic Period to the Hellenistic Age, Chicago 1964; J. W. Graham, Origins and Interrelations of the Greek and the Roman House, Phoenix- Toronto 1966; E. Kluve, Das griechische Wohnhaus, in Altertum, XXIV, 1978, pp. 133-141; H. Knell, Grundzüge der griechischen Architektur, Darmstadt 1980, pp. 242-283; G. Gullini Origini dell'architettura greca in occidente, in ASAtene, XLIII, 1981, pp. 97-126; S. D. Kryžickij, Žilye doma antičnykh gorodov Severnogo Pricërnomor'ja, VI v. do n.e-IV v. n.e. («Le case delle antiche città della regione settentrionale del Mar Nero»), Kiev 1982; E. Greco, M. Torelli, Storia dell'urbanistica. Il mondo greco, Roma 1983; E. Kluve, Haus und Herd in der griechischen Antike, in Altertum, XXXIV, 1988, pp. 77-86; W. Müller-Wiener, Griechisches Bauwesen, Monaco 1988, pp. 176-179; F. Pesando, La casa dei greci, Milano 1989; G. Grandjean, Le formes prédominantes de la maison tha sienne, in Πολις και χωρα στην αρχαία Μακεδονία και Θράκη, Salonicco 1990 pp. 379-390 ; A. Hoffman, E. L. Schwandner, w. Hoepfner, G. Brands, Bau technik der Antike, Magonza 1991.
Preistoria, età geometrica e arcaica: s. Parnicki-Pudeko, La maison et le temple en Grèce archaïque, in Archeologia Warszawa, VIII, 1956, pp. 49-64; H. Drerup, Zum geometrischen Haus, in MarbWPr, 1962 (1963), pp. 1-9; id., Griechische Architektúre zur Zeit Homers, in AA, 1964, pp. 180-219; id., Prostashaus und Pastashaus: zur Typologie des griechischen Hauses, in MarbWPr, 1967 (1968) pp. 6-17; id., Griechische Baukunst in geometrischer Zeit (Archaeologia HomeriCa, II/O), Gottinga 1969 (dove l'autore elabora una tipologia completa degli edifici protogeometrici sino a quelli di VII sec. a.C.); A. Snodgrass, The Dark Age of Greece: an Archaeological Survey of the 11th to the 8th Century B.C., Edimburgo 1971; S. Sinos, Die vorklassischen Hausformen in der Aegeis, Magonza 1971; M. О. Knox, Megarons and Megara. Homer and Archaeology, in ClQu, XXIII, 1973, pp. 1-21; A. E. Kalpaxis, Früharcaische Baukunst in Griechenland und Kleinasien, Atene 1976; C. Krause, Grundformen des griechischen Pastashauses, in AA, 1977, pp. 164-179; J. N. Coldstream, Geometric Greece, Londra 1977; J. C. Overbeck III, A Study of Early Helladic Architecture (diss. 1963), Ann Arbor 1980; A. Mallwitz, Osservazioni sull'architettura nella Grecia dei secoli VIII e VII a.C., in ASAtene, XLIII, 1981, pp. 81-96; J. M Shear, Mycenean Domestic Architecture (diss. 1968), Ann Arbor 1981; B. J. Hayden, The Development of Cretan Architecture from LM IIIA through the Geometric Periods (diss. Univ. of Pennsylvania 1981), Ann Arbor 1981; D. Fusaro, Note di architettura domestica greca nel periodo tardo-geometrico e arcaico, in DArch, IV, 1982, I, pp. 5-30 (con note critiche ed esempi relativi alla Grecia e alle colonie, con relativa bibl.); R. Hägg, D. Konsola (ed.), Early Helladic Architecture and Urbanisation (Studies in Mediterranean Archaeology, LXXVI), Göteborg 1986; M. Taracha, Zur Problematik des frühgriechischen Hausbaus, in ArcheologiaWarszawa, XXXVII, 1986, pp. 170-189; V. Α. Walsh, W. A. McDonaid, Greek Late Bronze Age Domestic Architecture. Toward a Typology of Stone Masonry, in JFieldA, XIII, 1986, pp. 493-499; K. Fagerström, Greek Iron Age Architecture. Developments through Changing Times (Studies in Mediterranean Archaeology, LXXXI), Göteborg 1988, con bibl. prec.; M. Taracha, Griechisehe Häuser, 12.-8. Jh. V.U.Z., in Meander, XLIII, 1988, pp. 95-101; A. Baçe, V. Bushati, Aperçu sur l'habitation préhistorique en Illyrie et en Epire, in Monumentet, XXXVII, 1989, pp. 5-48; Gģ Hiesel, Späthelladische Hausarchitektur, Magonza 1990; T. G. Schattner, Griechische Hausmodelle. Untersuchungen zur frühgriechischen Architektur, Berlino 1990.
Età classica ed Ellenismo: в. Carr Rider, Greek Ancient House, Cambridge 1961; R. E. Wycherley, How the Greeks Built Cities, Londra 1962, pp. 175; J. E. Jones, L. H. Sackett, A. J. Graham, The Dema House in Attica, in BSA, LVII, 1962, pp. 75-114; H. Lauter-Bufe, H. Lauter, Wohnhäuser und Stadtviertel des klassischen Athens, in AM, LXXXVI, 1971, pp. 109-124; M. Nowicka, Les maisons à tours dans la Grèce, Breslavia 1972; J. w. Graham, Houses of Classical Athens, in Phoenix Toronto, XXVIII, 1974, pp. 45-54; J. E. Jones, Town and Country House of Attica in Classical Times, in Thorikos and the Laurion in Archaic and Classical Times, Gand 1975, pp. 63-136, con ampia bibl.; E. L. Schwandner, Zu technischen und ökonomischen Problemen des griechischen Wohnungsbaus in klassischer Zeit, in Wohnungsbau im Altertum, Berlino 1979, pp. 105-113; E. De Miro, La casa greca in Sicilia. Testimonianze nella Sicilia centrale dal 6. al 3. sec. a.c., in Miscellanea di Studi Classici in onore di E. Manni, II, Roma 1980, pp. 707-737; H. Lauter, Zum Heimstätten und Guthäusern in klassischen Attika, in Forschungen und Funde. Festschrift B. Neutsch, Innsbruck 1980, pp. 279-286; w. Hoefpner, Bürgerhäuser im klassischen Griechenland, in Palast und Hütte, Magonza 1982, pp. 43-48; AA.VV., Architecture et société de l'archaïsme grec à la fin de la République Romaine. Actes du Colloque International, Rome 1980, Roma 1983; s. Walker, Woman and Housing in Classical Greece. The Archaeological Evidence, in Images of Women in Antiquity, Londra 1983, pp. 175-197; V. Bushati, Sur la typologie de l'habitation antique en Albanie, in Monumentet, XXVII, 1984, pp. 51-58; G. Karadedos, Entwurfsmasse eines klassisch-hellenistischen Wohnhauses in Maroneia, in Bauplanung und Bautheorie der Antike, Berlino 1984, pp. 208-214; W. Hoepfner, E. L. Schwandner, Haus und Stadt in klassischen Griechenland, Monaco 1986; H. Lauter, Die Architektur des Hellenismus, Darmstadt 1986; G. Grandjean, Recherches sur l'habitat Thasien à l'époque grecque (Etudes Thasiennes, XII), 2 voll., Parigi 1988; J. Raeder, Vitruv, De Architectura, VI, 7 (aedificia Graecorum) und die hellenistisehe Wohnhausund Palastarchitektur, in Gymnasium, XCV, 1988, pp. 316-368; K. Reber, Aedificia Graecorum. Zu Vitruvs Beschreibung des griechischen Hauses, in AA, 1988, pp. 653-666; M. Barra Bagnasco, Aspetti di vita quotidiana a Locri Epizefiri, in Locri Epizefiri III. Cultura materiale e vita quotidiana, Firenze 1989, pp. 5-24; E. Kluve, Handwerk, Polisideologie und privater Wohnbau in der griechischen Polis klassischer Zeit, in Demokratie und Architektur. Die hippodamische Städtebau und die Entstehung der Demokratie, Monaco 1989, pp. 36-40; G. Thür, Wo wohnen die Metöken, ibid., pp. 117-121; M. Carrol-Spillecke, Kepos. Der antike griechische Garten, Monaco 1990; C. Löhr, Griechisehe Häuser: Hof, Fenster, Türen, nach 348 V. Chr., in Licht und Architektur, Tubinga 1990, pp. 10-19; E. L. Schwandner, Sull'architettura ed urbanistica epirotica nel IV sec., in Magna Grecia, Epiro e Macedonia. Atti XXIV Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1984, Napoli 1990, pp. 447-476.
Mondo Romano. - Roma e Italia. - La più antica testimonianza di abitazioni a Roma è costituita da alcune capanne della prima Età del Ferro, rinvenute nel 1948, sul pendio SO del Palatino. Sono strutture di pianta pressappoco rettangolare, scavate nel tufo del colle. In ognuna sette fori circolari, sei lungo il perimetro e uno al centro, suggeriscono l’alloggiamento dei pali lignei che sostenevano le pareti e il tetto di strame e fango. La porta, che si apriva su uno dei lati minori, era forse preceduta da una tettoia. L’ampliamento dello scavo ha portato alla recente scoperta, nell’area antistante il podio del Tempio della Vittoria, di una struttura nella quale si è proposto di riconoscere la Casa Romuli; si tratta di una capanna racchiusa, nel IV sec. a.C., in un sacello rettangolare, contrassegnato da un piccolo monumento circolare. Nuovi elementi per la conoscenza della c. romana arcaica sono stati forniti dagli scavi alle pendici settentrionali del Palatino. Sono state rinvenute alcune strutture in cappellaccio, databili al VI sec., identificate come abitazioni signorili. Forse inserite entro un esteso quartiere residenziale, queste domus presentano uno schema tipologico sostanzialmente uniforme: profonde aperture d’ingresso conducono a un vasto ambiente centrale, interpretato come un atrium displuviatum; sul lato O si dispongono tre vani e sul lato E si apre una stanza rettangolare che, da confronti con le c. etrusche (p.es. di Marzabotto), potrebbe identificarsi come tablinum. Il rinvenimento di una cisterna e di un condotto fognario di notevole perizia tecnica conferma l’elevato livello sociale dei proprietari di queste domus. La fase successiva (fine III - inizio Il sec. a.C.) presenta unità abitative di c.a 630 m2. Conservata al livello delle fondazioni in muratura a sacco, sembra confermare un’articolazione dei vani intorno a un’area centrale scoperta. Questi documenti, che offrono confronti con i reperti rinvenuti in area italica, permettono di inserire la c. romana nello sviluppo generale delle abitazioni nella penisola per questo periodo (v. marzabotto e vulci).
Accanto a un approfondimento degli studi sullo sviluppo della domus signorile in epoca repubblicana e a un’analisi accurata delle tipologie e della funzione dei singoli ambienti in essa contenuti, rilievo particolare si è dato, negli ultimi anni, all’esame di quelle c. che presentano schemi abitativi atipici. Già nel III sec. (cfr. p.es. le c. di Cosa) si trovano abitazioni di dimensioni ridotte (120 - 350 m2), con ambienti raggruppati, senza uno schema preciso, attorno a un ambiente coperto (atrium testudinatum) o a un cortile o lungo un corridoio. Le più ricche hanno ambienti di rappresentanza quali piccoli oeci o tnclini; molte dispongono di una cucina con gabinetto annesso. Questo tipo di abitazioni prospera e aumenta nei secoli seguenti (cfr. c. VI, 2, 29; VIII, 4, 37 di Pompei): rispecchia le esigenze di una classe media, ormai in grado di costruire c. di proprietà, anche se modeste. Un’esemplificazione di questo tipo di costruzioni può essere fornita da un gruppo di piccole c. pompeiane a schiera (c.a i 6o m2), edificate in materiale locale e ricondotte di recente a uno schema comune. Conservatesi soprattutto nella Regio I, se ne sono ritrovati esempi anche in altre zone della città. Risalgono, nel loro impianto originario, almeno al II sec. a.C. Un vano centrale coperto raccorda le due stanze poste nella parte anteriore della c., tra le quali era il corridoio d’accesso, e le altre due più spaziose sul retro, oltre le quali si estendeva, su tutta la larghezza della c., un piccolo hortus. La presenza degli incassi per l’apprestamento di una scala, visibili sulla parete NO del vano centrale di alcune di esse, suggerisce l’esistenza di un piano superiore.
In età imperiale, alla c. ad atrio e peristilio tipica delle classi abbienti dell’età tardo repubblicana, si sostituisce un tipo di struttura domestica centrata attorno a un piccolo cortile porticato sul quale si affacciano gli ambienti. Il peristilio signorile delle più antiche domus è quindi mantenuto, ma in sostituzione dell’atrio, e l’estensione della pianta si riduce drasticamente. Il più antico esempio conosciuto è l’ostiense Domus Fulminata di età flavia. Si è indicato in questa tipologia l’elemento di transizione verso abitazioni di tipo più intensivo: quegli edifici a più piani dei quali Ostia fornisce il panorama più completo. La notevole messe di dati forniti dalla città laziale ha consentito negli ultimi anni un’attenta analisi della disposizione interna dell’appartamento romano in epoca imperiale, che mostra la rottura operata nei confronti dei canoni tradizionali per una maggiore utilizzazione dello spazio. Mentre la domus repubblicana gravitava all’interno, l’insula della media età imperiale, sotto l’assillo del problema del pieno uso dello spazio interno, si apre con finestre verso la strada: in questo senso funzione rivoluzionaria ebbe l’introduzione del vetro per le finestre. Un corridoio in facciata unisce le due stanze principali alle estremità e dà indirettamente luce alle più piccole stanze da letto. La c. non era sempre dotata di latrina e solo di rado la cucina costituiva un ambiente a sé; spesso era attigua alla latrina (p.es. nelle «casette tipo» ostiensi). In alcuni esempi di abitazioni di un certo livello (insula del soffitto dipinto e quella delle pareti gialle di epoca adrianea) l’ambiente di disimpegno si trasforma in una sala allungata o <(sala-atrio»; la planimetria è arricchita con l’aggiunta di qualche vano minore, scale interne salgono alle camere da letto o di servizio al piano superiore. A volte, se l’appartamento si articola sul piano terra, un corridoio sul retro disimpegna gli ambienti di servizio (Domus del Pozzo). Una menzione a parte merita l’insula dalle vòlte dipinte: la c., che sorge isolata su ogni lato, ha due serie parallele di stanze disposte ai lati di un corridoio centrale. Bisogna però tener presente che le c. ostiensi, conservate solo per una piccola parte dell’alzato, rispecchiano la tipologia delle abitazioni del ceto medio-alto, come dimostra la ricca decorazione pittorica e a mosaico. Poco è conservato dei piani superiori, i quali, con ingresso mediante scale indipendenti e semplici pavimenti in mattoni o in opus spicatum, dovevano essere abitati dalle classi più povere.
I recenti studi sulle c. tardo-antiche di Ostia hanno portato a una revisione della datazione dei primi esempi di questa tipologia, che dovrebbero risalire al 230-250 d.C. Occupano in genere lo spazio corrispondente esattamente al pianterreno dell’insula nella quale si inseriscono. Tracce di scale interne indicano, nelle c. più ricche, la presenza di un primo piano. Dopo il primo quarto del IV sec., il cortile porticato è sostituito da un ambiente di disimpegno a corridoio allungato (domus ostiensi di Amore e Psiche e del Ninfeo) e la domus si evolve in forme sempre più grandiose. Si è di recente notato che questa scomparsa o limitazione del colonnato a uno solo dei lati del cortile, che determina una maggiore compattezza dell’edificio, è documentata ‘soprattutto a Roma e Ostia, mentre in altri contesti urbani, nelle provincie e nell’Italia stessa, il peristilio rimane in uso.
Provincie. - Gli scavi sistematici condotti negli ultimi anni hanno consentito una maggiore comprensione, nell’ambito delle provincie romane, del problema dell’architettura domestica, visto anche in rapporto con il contesto urbano. Vista l’impossibilità, in questa sede, di fornire un panorama dettagliato delle c. rinvenute, ci si limiterà a menzionare le principali linee di sviluppo degli studi sull’argomento, rimandando ai siti citati nelle opere riportate in bibliografia.
I rinvenimenti, soprattutto nell’Europa nord-occidentale, e i recenti studi su questa zona hanno posto l’accento sulle c. del ceto medio, finora poco studiate. Sono piccole c. a schiera, in genere a due piani, disposte secondo uno schema ortogonale (cfr. p.es. c. di Alesia e di MalainMediolanum in Francia). In alcuni casi, questa tipologia è stata ricondotta alle concezioni edilizie del castrum (cfr. p.es. abitato di Xanten in Germania, Verulamium in Inghilterra) con c. bottega disposte lungo il perimetro degli isolati. In Inghilterra la c. si sviluppa, a partire dal II sec., secondo un particolare schema a L: le stanze, disposte sui due lati di un quadrato, sono collegate da un corridoio in facciata. Questa tipologia si modificherà, a partire dal III sec., con due ali in aggetto rispetto a un corpo centrale. Esempi di c. di ceto medio si ritrovano anche in Africa, come p.es. l’insula di Nigidius Albanus a Thamusida del II sec. e le c. della primitiva colonia di Timgad (II sec.), nella quale gli edifici sono divisi, secondo un impianto ortogonale, in insulae di 100 m2, ognuna delle quali conteneva fino a otto appartamenti, ciascuno disposto su due piani.
Altro centro d’interesse è costituito dalla c. a peristilio, che i recenti studi hanno tentato di ricondurre a una tipologia di base. Difatti, benché mostri un fondamentale adeguamento agli schemi presenti nella capitale, denuncia in alcuni elementi della pianta un rifarsi a modelli preesistenti, legati a ragioni climatiche e sociali particolari della zona. Così, in Africa del Nord, per proteggersi dal caldo, gli ambienti, raggruppati attorno al cortile, si aprono su di esso e sono privi di finestre verso la strada (cfr. p.es. c. di Thuburbo Maius e Volubilis). Per lo stesso motivo, in alcuni casi, come a Bulla Regia, le abitazioni hanno una parte sotterranea. Importanti sono anche le influenze ellenistiche, nelle c. dei centri urbani che si svilupparono nell’ambito ditale civiltà (entrata decentrata rispetto al peristilio tendente al quadrato, corte a volte lastricata), com’è evidente in tutta l’area del mediterraneo, dalla Gallia meridionale (p.es. C. del Delfino di Vaison-la-Romaine nella sua prima fase) all’Oriente (p.es. c. di Apamea e di Palmira).
Bibl.: J. e. Packer, The Insulae of Imperial Ostia, in MemAmAc, XXXI, 1971, pp. xi-xxviii e 1-217; A. G. Mackay, Houses, Villas and Palaces in the Roman World, Londra 1975; E. Evans, A Group of Atrium Houses without Side Rooms in Pompeii, in Papers in Italian Archaeology I. The Lancaster Seminar. Recent Research in Prehistoric, Classical and Medieval Archeology, Oxford 1978, pp. 175-191; AA.VV., Wohnungsbau in Altertum, Berlino 1979; F. Brown, Cosa. The Making of a Roman Town, Ann Arbor 1980; E. Evans, The Atrium Comphx in the Houses of Pompei, 2 voll. (Birmingham 1980); AA.VV., Architecture et société de l'archaïsme grec à la fin de la république romaine. Actes du Colloque International, Rome 1980, Roma 1983; A. Hoffmann, L'architettura, in F. Zevi (ed.), Pompei 79, Napoli [1984], pp. 97-118; A. Giardina (ed.), Società romana e impero tardoantico, II, Roma 1986; C. Pavolini, La vita quotidiana ad Ostia, Roma-Bari 1986; Y. Thebert, Vita privata e architettura domestica nell'Africa Romana, in La vita privata dall'impero romano all'anno Mille, Roma-Bari 1988, pp. 233 309; A. Wallace Hadrill, The Social Structure of the Roman House, in BSR, LVI, 1988, pp. 43-97; L. Richardson, Pompei. An Architectural History, Londra-Baltimora 1988; J. C. Balty, La maison urbaine en Syrie, in Archéologie et histoire de la Syrie, II, Saarbrücken 1989, pp. 407-422; E. Brödner, Wohnen in der Antike, Darmstadt 1989; T. Ganschow, Untersuchungen zur Baugeschichte in Herculaneum, Bonn 1989; B. Van Den Abeele, Comparison of the Roman Domus with the Domus of Ostia, in ActaALov, XXVIII-XXIX, 1989-1990, pp. 49- 53; T. F. C. Blagg, First Century Roman Houses in Gaul and Britain, in The Early Roman Empire in the West, Oxford 1990; A. Carandini, Palatino. Campagne di scavo alle pendici settentrionali, 1985-88, in BA, II, 1990, pp. 159-165; E. De Albentiis, La casa dei romani, Milano 1990; T. Ratzka, Atrium und Licht, in Licht und Architekur, Tubinga 1990, pp. 95-102, con bibl.; J. R. Clarfe, The House of Roman Italy. 100 B.c.-AD. 250. Ritual, Space and Decoration, Los Angeles 1991. - Sulla Casa di Romolo: P. Pensabene, La casa romuli sul Palatino, in RendPontAcc, in corso di stampa.
(A. Bellini)
Vicino e Medio Oriente. - Dalle origini fino al periodo calcolitico. - I modellini architettonici in argilla provenienti da Çayönü Tepesi (Neolitico Aceramico fase B) e dallo strato IX di Gerico (Neolitico Finale), rappresentanti rispettivamente l’uno un’abitazione monocellulare a pianta approssimativamente quadrata, a tetto piatto bordato da un parapetto, e l’altro una costruzione a pianta circolare coperta da un tetto a cupola, oltre a restituirci per intero l’aspetto esterno, oggi perduto, delle c. del Vicino Oriente antico, simboleggiano le due tendenze principali di quella architettura che si richiama a forme sia di pianta circolare sia di pianta rettangolare o approssimativamente quadrata.
Studi puntuali (Flannery, 1972), confortati da un insieme di osservazioni d’ordine etnologico, hanno mostrato l’anteriorità delle costruzioni circolari su quelle a pianta rettangolare e, di conseguenza, la possibile corrispondenza esistente tra la pianta circolare e una cultura nomade o seminomade e tra quella rettangolare e le popolazioni sedentarie. La forma più semplice da realizzare è appunto la c. rotonda monocellulare: si scavava nel suolo una fossa le cui pareti, che costituivano già un embrione di muro, venivano foderate di pietre. La copertura era in materiali leggeri, probabilmente di origine vegetale, che venivano sostenuti da una intelaiatura lignea, poggiante su pali lignei interni. Questo tipo di c. caratterizza la prima architettura del Vicino Oriente antico nelle epoche kebariana e natufiana ed è ben rappresentata in Palestina a Mallaha, a Baydha (Neolitico Aceramico fase B), a Munḥata; sul medio Eufrate a Muraybet (Neolitico Aceramico fase A); in Anatolia a Çayönü Tepesi, fin nelle vallate degli Zagros a Mlefaat.
L’evoluzione di questo tipo abitativo si manifesta con un aumento progressivo delle dimensioni. Le prime costruzioni non sembrano avere un diametro interno maggiore di 5 m c.a, ma raggiungono nei, periodi successivi 10-15 e perfino 20 m di diametro, come è possibile osservare a Wādī Dhobai e a Munḥata. Le c. a capanna, di cui rimangono tracce in certe regioni fin verso il 6000 c.a (Neolitico Aceramico fase B), riappaiono in Palestina intorno al 5600-5000 c.a ma sembra trattarsi di un fenomeno regionale piuttosto che generale come lo era stato alle origini.
È a Muraybet (Neolitico Aceramico fase A) che la c. circolare diventa pluricellulare mediante brevi tramezzi, disposti a raggiera, che suddividevano lo spazio interno in cellule diverse per forma e dimensioni e quindi verosimilmente differenti nelle funzioni. Lo stesso tipo pluricellulare, in una fase successiva dello sviluppo abitativo, poté essere ottenuto, anziché suddividendo lo spazio interno, tramite l’aggiunta di uno o più vani all’esterno (Munḥata, livello 3). Tra il 5600 e il 5000 c.a, compare un altro tipo di c. rotonda caratterizzata essenzialmente da una copertura a cupola: la thòlos, anch’essa nelle due varianti mono- e pluricellulare. Le thòloi sono presenti in aree geografiche che non sembrano aver avuto contatti tra loro: a Cipro queste strutture costituiscono la prima forma abitativa; nella parte settentrionale della Mesopotamia (nei siti di Yarım Tepe, Tell Hassūna, Teli es-Sawwan, Tell Arpačiya), fanno parte della cultura di Halaf e coesistono con strutture a pianta rettangolare. Le loro dimensioni medie si aggirano intorno a 5-6 m di diametro (di poco superiore a quello delle thòloi cipriote), le più grandi misurano da 10 m (Yarım Tepe I) a 12 m (Teli es-Sawwan). Sono costruite in pisé (terra battuta) e poggiano direttamente sul suolo o su un basamento di pietre o ciottoli. Nei siti di Yarım Tepe I e Il e Teli Arpačiya le thòloi possono presentare un annesso esterno rettangolare che forma una sorta di anticamera davanti all’entrata. Questa associazione di pianta circolare e pianta rettangolare si trova ancora oggi nella regione di Aleppo, dove i vani coperti a cupola sono destinati a un uso abitativo, mentre quelli rettangolari a tetto piatto hanno funzione di magazzini.
Le c. rettangolari o approssimativamente quadrate vennero a poco a poco a sostituirsi, salvo eccezioni, a quelle circolari. Il tipo più semplice monocellulare si diffuse in Palestina (v. vol. II, p. 385), Anatolia, Turkmenistan; qualche caso isolato è in Mesopotamia e nella regione del lago di Urmia. Le prime c. di questo tipo hanno una forma piuttosto quadrata, come testimoniano le piante di Baydha, Munḥata e Çayönü Tepesi e successivamente (Neolitico Aceramico fase B) quelle di Abu Goš e Ramad. La tendenza a realizzare una pianta di forma allungata si riscontra più tardi contemporaneamente a un aumento di dimensioni delle case. A Biblo le abitazioni degli strati neolitici misurano internamente 3 x 4 m oppure 5 x 5 m contro i 9 x 5 m e 10 x 5 m di quelle del Tardo Calcolitico. I muri sono costituiti da doppio paramento di pietre, con o senza una sovrastruttura in mattoni crudi, e il pavimento interno è intonacato; la porta d’accesso può trovarsi tanto nel lato breve che in quello lungo. In Turkmenistan (siti di ǰeytun, Čagilli, Togolok, Namazga I-Il), al contrario delle altre regioni, la c. di forma approssimativamente quadrata, con muri in mattoni e pavimento intonacato, rimarrà tale anche quando nel Tardo Calcolitico aumenteranno le sue dimensioni (da 4-5 x 5-6 m a 7 x 6-7 m).
Accanto alle abitazioni monocellulari coesistono, talvolta nello stesso sito e persino negli stessi livelli (Biblo, Mersin, Çatal Hüyük, Hacılar e Pesseǰik o Geoksyur in Turkmenistan), tipi pluricellulari molto semplici: un tramezzo suddivideva il vano rettangolare in due parti diseguali, di cui quella maggiore per dimensioni risultava anche la più importante in quanto vi si accentravano le principali attività domestiche. Il vano minore a cui erano devolute funzioni ausiliarie poteva ovviamente variare, oltre che in dimensioni, in forma e posizione rispetto alla stanza più grande. Inoltre piccoli annessi esterni, aventi le stesse finzioni, si ritrovano a Gerico, Abu Goš, Biblo, Yarım I, ecc.
A Çayönü Tepesi negli strati neolitici (Neolitico Aceramico fase B) il tipo abitativo denominato grill-plan è costituito da un rettangolo di 5 x 10 m diviso all’interno in due parti diseguali, una suddivisa da una serie di muri paralleli molto ravvicinati, l’altra provvista di un’area pavimentata in ciottoli. E stato supposto che questi muri paralleli dovevano probabilmente sostenere travi lignee su cui veniva steso l’intonaco per il pavimento: in tal modo il pavimento dell’edificio sarebbe risultato a una quota superiore a quella del terreno circostante e lo spazio tra i muri avrebbe permesso la circolazione dell’aria per mantenere l’edificio asciutto. Si avrebbe quindi una c. su due livelli, caratterizzata da una parte coperta al piano rialzato e da una parte più bassa con pavimento in ciottoli (una stanza o una corte). Un secondo tipo di edificio sempre a Çayönü Tepesi, il c.d. cell-plan, consiste in una serie di piccoli vani (2 x 1,50 m) giustapposti e comunicanti fra loro. Dal momento che in essi non è stato rinvenuto nulla che potesse indicare tracce di un’attività domestica (forni, macine, mortai, ecc.), è stato ipotizzato che l’abitazione avesse due piani con diversa funzione: un’area di abitazione vera e propria in quello superiore e piccoli vani, adibiti probabilmente a magazzini, al piano inferiore. Analoghe abitazioni in cui è possibile rintracciare una prima divisione verticale dello spazio, si ritrovano nello stesso periodo a Baydha (dove coesistono con le c. rettangolari monocellulari), a Ganǰ Dare (Iran), a Muraybet e in seguito anche a Hacılar (livello II). In questi siti la presenza nei piccoli vani soprattutto di giare in situ e contenitori, e l’assenza invece di altre installazioni domestiche, hanno ancor più confermato l’ipotesi che si trattasse di magazzini o anche di stalle.
A Çatal Hüyük, le c. sono addossate le une alle altre in modo compatto e la circolazione avviene a livello delle terrazze, da cui si scende nelle stanze. L’organizzazione dello spazio interno segue uno schema abbastanza fisso: la parte riservata alle attività culinarie occupa un terzo della superficie totale della stanza principale e sempre nella sua parte meridionale, dove sono presenti un forno, un focolare e una nicchia ricavata nel muro. Una serie di piattaforme di dimensioni e altezza variabili si dispongono lungo i muri: queste erano utilizzate per dormirvi, mentre al disotto si seppellivano i morti. Una stanzetta secondaria, attigua all’ambiente principale, era adibita a magazzino. I cortili sono poco numerosi e privi di installazioni, evidentemente per il carattere tipicamente «ad alveare» dell’insediamento, in cui sono le terrazze ad assolvere le funzioni di cortile dove si svolge gran parte delle attività domestiche. A Hacılar (livelli VI-II), invece, le installazioni di servizio quali forni, focolari, silos, erano situate all’esterno delle abitazioni, protette da costruzioni leggere a graticcio.
Un terzo delle c. di Çatal Hüyük si distingue per la presenza di una decorazione e di un arredo di carattere cultuale, nel quale risaltano il bucranio, diversi simboli della fertilità e della generazione e figurine fittili femminili. Non si tratta nè di santuari, nè di quartieri di sacerdoti, ma di comuni abitazioni adibite al culto domestico. La presenza di c. pluricellulari è attestata in tutto il Vicino Oriente: i tipi più semplici permangono fino al Tardo Calcolitico in Palestina, Anatolia e Turkmenistan, mentre la Mesopotamia, a partire dal Neolitico (culture di Ḥassūna, Ḥalaf, Samarra), conobbe tipologie organizzate in modo più complesso, con un maggior numero di vani (la cui gerarchia non è sempre evidente) e quindi con un sistema più elaborato di circolazione interna.
Alla cultura di Samarra (VI millennio) appartengono edifici di Tell es-Sawwan che presentano, nei livelli I e II, una pianta a forma di quadrilatero irregolare (25 x 15 m), mentre nel livello III assumono una singolare forma a T. Entrambi i tipi sono caratterizzati sia da una forte asimmetria nell’articolazione spaziale interna sia, in particolare per quanto riguarda gli edifici dei livelli I-II, dalla disposizione dei vani su file parallele e contigue. Gli ambienti sono di forma e dimensioni diverse: alcuni sono con accesso sul lato breve, altri sul lato lungo. Simili costruzioni sono state rinvenute nei siti di Čoqā Mami e di Tell Ḥassūna (livello V).
A Buqras, sul medio Eufrate, gli archeologi olandesi hanno rilevato la presenza di c.a 140 c. appartenenti a due tipi principali: la pianta tipica si articola in tre grandi vani rettangolari e paralleli, a cui sono contigui sul lato breve uno o due ambienti di forma quadrata. Le dimensioni complessive sono di 7 x 7 m oppure 12 x 10 m. Il secondo tipo è costituito da c. di dimensioni maggiori (14-10 x 6-5 m) caratterizzate da vani disposti in fila e suddivisi da tramezzi. E ai costruttori appartenenti a questa fase culturale che si può attribuire la prima utilizzazione su vasta scala del mattone crudo modellato in cassaforma e l’impiego sistematico di calce e gesso per gli intonaci.
Nel periodo di el-’Ubayd è evidente la ricerca di simmetria: i vani si dispongono tutti intorno a un ambiente centrale maggiore, come è ben testimoniato dai siti di Tepe Gawra (v. vol. II, p. 384) e di Eridu. Si tratta di un’architettura definita «monumentale» a causa delle vaste proporzioni (14 x 12 e 16 x 16 m nei livelli XV-XIV di Tepe Gawra; 17 x 13 e 20 x 10 m a Eridu, livelli VII-VI).
La Susiana del periodo calcolitico finale (Susiana D, 4100-3700 c.a) è connotata da un modulo abitativo veramente originale. Nel sito di Iblis è presente un edificio (13,50 x 13,50 m) che può essere considerato l’esatto opposto di quelli fin qui analizzati: una serie di piccoli vani di diverse dimensioni, formanti quasi un blocco compatto e circondato da grandi ambienti sui quattro lati. Alcune unità più piccole, quelle strette e lunghe, fanno pensare a vani-scala che permetterebbero così l’utilizzo di un livello superiore (terrazza) o forse l’accesso a un primo piano vero e proprio. Nel Vicino Oriente contemporaneo il tetto piatto delle abitazioni è frequentemente utilizzato sia per i lavori domestici sia per dormirvi quando la stagione è molto calda. Alla terrazza si sale attraverso una scala a pioli in legno oppure da una scala in muratura, esterna alla casa. Esistono comunque vari gradi di sfruttamento del livello superiore, secondo la superficie e la natura dei materiali impiegati per la costruzione.
All’evoluzione degli schemi abitativi corrisponde una organizzazione interna dello spazio sempre più complessa. Tuttavia, le funzioni della c. non cambiano sostanzialmente; aumenta soltanto il numero dei vani adibiti a tali funzioni.
Bibl:K .V. Flannery, The Origins of the Village as a Settlement Type in Mesoamerica and the Near East, in Man, Settlement and Urbanism, Londra 1971; O. Aurenche, Dictionnaire Illustré Multilingue de l'Architecture du Proche Orient Ancien, Lione 1977; id., La Maison Orientale. L'architecture du Proche Orient Ancien des Origines au milieu du Quatrième Millénaire, Parigi 1981 (con bibl. analitica dei singoli siti); id., Mesopotamian Architecture from the Jth to the 4th Millennia, in Sumer, XLII, 1986, pp. 71-80; G. Leick, Dictionary of Ancient Near Eastern Architecture, Londra-New York 1988, pp. 95-100; M. Liverani, Antico Oriente. Storia Società Economia, Roma-Bari 1988, pp. 62-103.
(D. Viola)
Età del Bronzo e del Ferro. - Palestina. - La c. tipo «Breitraum» presente nel periodo Calcolitico a Tulaylat al-Ghassul (v. vol. II, p. 385) riappare ad ‘Arād, nel Negev orientale, agli inizi del III millennio (Bronzo Antico II, c.a 2850-2650 a.C.). L’insediamento, che ricopre un’area di c.a 9-10 ha, è caratterizzato da abitazioni costruite in pietra, il cui livello pavimentale rimane a una quota inferiore rispetto al livello esterno (due o tre scalini aiutano a superare questo dislivello). Il tipo base è una monocellula di forma rettangolare con l’entrata in uno dei lati lunghi (tipo «Breitraum» o «broad-room»); le dimensioni sono comprese tra 4,30 x 3,30 e 7,30 x 5,00 m circa. All’interno, lungo le pareti, corrono dei banchi in muratura; una base di pietra al centro della stanza indica che un palo ligneo sorreggeva il tetto piatto. Vari gradi di complessità possono essere osservati tra le unità domestiche: dalla semplice monocellula appena descritta, alle abitazioni pluricellulari costituite da una «broad-room» o stanza principale con un solo vano minore aggiunto, oppure da una «broad-room» con più vani minori integrati da una corte. Le unità abitative composte da due ambienti assumono una caratteristica planimetria a forma di L dovuta alla disposizione del vano sussidiario. Questi ambienti minori avevano una funzione più specifica rispetto a quelli principali plurifunzionali: sono stati infatti interpretati talvolta come cucine, talvolta come probabili magazzini o botteghe (Amiran, 1978). Normali attività domestiche si svolgevano, comunque, non solo all’interno dell’abitazione vera e propria, ma anche nell’area aperta antistante (cortile) che funzionava quindi sia come area di circolazione, sia come area di lavoro, comprovata dalla presenza di numerose installazioni quali focolari e silos. Numerose c. del tipo a forma di L sono state rinvenute anche altrove, a Meser, Tell el-Far’a, Ai e Gerico mentre a Megiddo e Bĕ’er Šeba’ erano già presenti nel periodo calcolitico. Parallelamente, nei siti di Ai, Bet Šĕ’an, Megiddo e Tell el-Far’a compare uno schema planimetrico costituito dalla successione di tre «broad-rooms» poste assialmente l’una dietro l’altra in modo da formare una costruzione allungata (Wright, 1985).
Durante il II millennio si assiste allo sviluppo del tipo abitativo caratterizzato da un ambiente maggiore in posizione centrale (corte o ambiente coperto) e vani minori disposti in genere su due o tre dei suoi lati (v. vol. II, p. 386).
Nella città bassa di Ḥazor, l’abitazione 6205 (Yadin, 1972) è del tipo ad ambiente centrale fiancheggiato da vani minori sui due lati opposti, come un gruppo di c. a Megiddo, adiacenti alla porta urbica, nelle quali l’accesso avveniva attraverso un vestibolo che precedeva l’ambiente principale, sul cui lato opposto si aprivano le stanze private. E interessante notare che solo a Megiddo (strati X-VIII) è presente tra le comuni abitazioni un modello planimetrico in cui la corte è attorniata da vani su tutti i lati (tipo «Hofhaus»). Di solito schemi di questo genere ricorrono in unità più vaste ovvero negli edifici pubblici (Wright, 1985).
Tra la fine degli anni ‘40 e gli inizi degli anni ‘60 le pubblicazioni di numerosi scavi (Tell en-Nasbe, Tell Qa sile Tell Masos, Tell Malḥata, Bĕ’er Šeba’, ecc.) hanno contribuito notevolmente ad arricchire la nostra conoscenza sull’architettura domestica del I millennio (Età del Ferro). Ne risulta che un’uniformità di base nel disegno è rintracciabile nell’intera regione durante tutta l’Età del Ferro. Il tipo standard (v. vol. II, p. 386), così caratteristico che la versione a quattro ambienti (nota soprattutto in forme monumentali) fu denominata «Israelite house type» in quanto considerata, a torto, tipicamente israelitica (Braemer, 1982), in genere comprende un’unità principale rettangolare, suddivisa da tramezzi, e spesso anche da una fila di pilastri, in due o tre ambienti paralleli. Lungo la parte posteriore (ossia sul lato breve opposto all’entrata) di questo complesso si estende una stanza (broad-room) adibita a uso privato. Nelle varianti ogni vano, a eccezione di quello mediano (oppure, quando si tratta di due vani paralleli, di quello maggiore), che è chiaramente una corte, può essere a sua volta suddiviso in stanze più piccole (Tell Masos, Tell el-Far’a, Tell Bayt Mirsim). La superficie media di una comune abitazione si aggira intorno ai 100 m2.
Siria . - Gli scavi degli anni ‘70 della missione archeologica italiana a Tell Mardikh-Ebla hanno riportato alla luce, nella città bassa, due quartieri abitativi abbastanza ben conservati, appartenenti al periodo paleosiriano maturo (Mardikh IIIB, c.a 1800-1650/1600 a.C.): le c. private dell’area A situate in prossimità della grande porta urbica SO e quelle dell’area B in prossimità di un quartiere sacro. Sembra probabile che nelle zone periferiche presso le porte della cinta muraria fossero le abitazioni di gruppi familiari aventi condizioni economiche inferiori, dal momento che le unità presentano di norma una superficie meno estesa e hanno vani più angusti di quanto è possibile invece constatare per quelle dell’area B. Il modulo planimetrico di base delle c., costruite in mattoni crudi con fondazioni in pietra, prevedeva, nella forma più semplice, un vestibolo anteriore, una corte mediana e almeno due vani posteriori. Le dimensioni del vestibolo e il numero degli ambienti (che potevano disporsi, oltre che sul fondo, su uno o ambedue i fianchi della corte) possono variare notevolmente mentre l’estensione della corte interna è sempre assai ridotta. Le c. dallo schema più semplice trovano paralleli a Kaniš (Anatolia) nello stesso periodo; mentre il tipo abitativo composto da una corte e vani minori sui due lati presenta analogie con c. coeve del vicino sito di Alalakh (strato VII), dove la corte rimane in posizione decentrata e i vani minori si dispongono anche su due file parallele (v. vol. Il, p. 387). Verso la fine del Il millennio (Bronzo Tardo I e II, XIV-XIII sec. a.C.), la città bassa di Ras Šamra-Ugarit era occupata da estesi quartieri abitativi, rinvenuti in ottimo stato di conservazione. Le unità domestiche sono nell’insieme più spaziose rispetto a quelle del periodo precedente in Siria (Bronzo Medio), soprattutto nell’area residenziale nelle vicinanze del c.d. Quartiere dei Palazzi, dove le vaste dimore raggiungono anche più di 400 m2 di estensione. La superficie minima di un’unità domestica si aggira invece intorno a 50 m2 (corrispondente all’incirca all’area del tipo-base costituito dalla successione di vestibolo, corte e vani posteriori), mentre quella media è di c.a 120 m2. Le c., dai perimetri rettangolari e trapezoidali, si componevano abitualmente di una corte circondata su tre dei suoi lati da stanze; una scala in pietra che portava al piano superiore poteva collocarsi nel vestibolo che precedeva la corte o in un vano adiacente all’entrata. Gli edifici più ampi potevano avere anche due o più corti.
I numerosi rinvenimenti all’interno di ogni singola unità, siano essi oggetti (manufatti preziosi, tavolette cuneiformi, ceramica, o altro materiale non lavorato) o arredi e installazioni (forni, pozzi e canali di smaltimento, frantoi, vasche e bacini), hanno permesso di individuare; nell’ambito dell’impianto abitativo, alcuni quartieri destinati a diverse attività artigianali e a distinte classi sociali. Si individuano così un quartiere di artigiani con la «c. dell’orefice», quello dei mercanti con la «c. del mercante o dell’armaiolo» e un quartiere destinato all’élite situato sull’acropoli con la «c. del sacerdote che pratica l’arte divinatoria» e quella «del gran sacerdote». Caratteristica comune a tutte è la presenza di tombe di famiglia sotterranee che, generalmente, si trovano sotto il pavimento della corte. Gli edifici venivano costruiti in modo molto accurato: i muri perimetrali in pietra squadrata, i tramezzi con pietre più irregolari. Un’intelaiatura lignea, formante una vera e propria armatura, completava la struttura muraria e la rendeva in tal modo più elastica in caso di terremoti. Le soglie delle porte erano costituite da lastre monolitiche; entrate monumentali e portici a due colonne caratterizzavano le dimore del quartiere residenziale.
Il sito di Meskene-Emar nell’alta valle dell’Eufrate, di rilevante significato per la ricostruzione della cultura della Siria interna nelle fasi finali del Bronzo Tardo (c.a 1300 - 1200 a.C.), presenta anch’esso dei quartieri abitativi (aree A e D) in cui l’organizzazione delle c. non varia di molto rispetto a quella di altri centri della regione. Il modulo planimetrico tipico comprende un vano principale anteriore (forse una corte) che si apre direttamente sull’esterno e due o tre stanze minori posteriori. Nella corte si trovano frequentemente un forno per il pane e i resti di una scala di accesso al piano superiore.
Mesopotamia. - La documentazione dell’ultimo trentennio relativa ai quartieri di abitazioni private nell’area mesopotamica apporta un notevole contributo sia per l’approfondimento del contesto urbano generale, sia per l’analisi architettonica dei singoli tipi abitativi. Come è già evidenziato (v. vol. Il, p. 384), il modulo planimetrico preferito dagli architetti mesopotamici rimane senz’altro la c. a corte centrale, testimoniata per la prima volta a Khafāğa, nella zona della Diyāla, all’inizio del Protodinastico II (c.a 2750-2600), con gli esempi dell’unità XXXII e della casa D, quest’ultima all’interno del recinto del c.d. Tempio Ovale. Successivamente è localizzabile in diversi centri come Abu Ṣalabikh, Fara, TeIl Taya e Mari, con una distribuzione geografica ad ampio raggio.
Accanto a questo schema ne sono stati individuati altri, caratterizzati sempre dalla presenza di un ambiente con una superficie maggiore di quella dei vani accessori. La disposizione che assumono le stanze minori rispetto all’ambiente principale ha reso possibile, nella maggior parte dei casi, la definizione di tipologie diverse. La forma minima di articolazione spaziale, che consiste in un vano maggiore fiancheggiato su un lato (di solito quello opposto alla strada) da una o più camere minori, corrisponde al tipo «single-flanked main room» proposto da Hill nella sua catalogazione (1967) delle c. di Teli Asmar. Il tipo «double-flanked main room» prevede invece il vano principale collocato centralmente tra le stanze minori ubicate sui suoi lati opposti. Il tipo a corte centrale, «fully-flanked main room», è preceduto da un modello in cui l’ambiente centrale ha un solo lato libero da vani. Infine, è possibile incontrare articolazioni spaziali composite («composite house») che presentano doppie corti o vani centrali, i quali vengono a creare un tratto d’unione tra le varie parti costituenti l’unità domestica.
È importante sottolineare che non esiste uno sviluppo cronologico da un tipo più semplice a uno più complesso, dal momento che secondo l’evidenza archeologica modelli planimetrici diversi sono presenti nello stesso sito contemporaneamente (p.es. Tell Asmar, strato Va). Dopo il Protodinastico Il cominciano a essere attestati quasi tutti i tipi sopra descritti (ancora raro è il tipo a pianta composita); lo schema con il vano principale fiancheggiato su due lati opposti dagli ambienti minori («double-flanked main room») avrà un incremento notevole tanto da assumere, nel periodo delle dinastie amorree (I metà del II millennio), il ruolo di controparte meno elaborata del modello in cui l’ambiente centrale ha un solo lato libero da vani («fully-flanked main room»), che resterà comunque quello preponderante (p.es. Nippur, Ur, Sippar).
A una differenziazione tipologica delle abitazioni, la quale implica tra l’altro una maggiore o minore estensione dell’edificio, corrisponde una differente realtà sociale. La casa D di Khafāğa, p.es., può essere considerata la residenza di una ricca famiglia che almeno nel primo periodo costruttivo avrebbe fatto parte del clero del c.d. Tempio Ovale (Henrickson, 1982). L’importanza di questa unità architettonica risiede nella grande superficie, nel numero dei vani, nella presenza di particolari installazioni igieniche, che in questo periodo (Protodinastico II) non sono comuni nelle abitazioni ordinarie, e nella presenza di un ambiente dedicato al culto domestico che nelle c. di Ur della prima metà del II millennio, al contrario, sembra rappresentare la norma. Nella successiva ricostruzione del Tempio Ovale, la casa D è soggetta a radicali cambiamenti che hanno fatto pensare a una desacralizzazione della c., ma i suoi proprietari continuano ad appartenere a un alto ceto sociale (Henrickson, 1982).
Nella Mesopotamia settentrionale il centro mitannico di Nuzi ha restituito numerose abitazioni private della seconda metà del Il millennio, sorte intorno al palazzo e al tempio. Tali abitazioni, accuratamente costruite, abbellite da decorazioni interne e arricchite da oggetti raffinati, appartenevano a uno strato sociale elevato. Una delle unità a O del tempio A è composta da almeno tredici ambienti accorpati secondo uno schema anomalo, non omogeneo nelle sue varie parti in quanto risultato di una crescita avvenuta in base alle mutate esigenze dei proprietari. In uno dei vani sono stati rinvenuti i resti di una scala in mattoni che fa supporre l’esistenza di un secondo piano. L’irregolare concezione planimetrica di questo edificio, caratteristica non inusuale per la città di Nuzi, invita a una comparazione con le coeve unità abitative di Assur, capitale assira, dove invece ci si atteneva a una pianta più organica che comportava strutture a pianta regolare in cui la corte centrale è veramente il fulcro di tutta la c. (Baffi, Dolce, 1990, pp. 169-170).
Anatolia. - Nell’Anatolia del II millennio a.C. si riscontra nelle abitazioni private una notevole varietà tipologica, che riflette le caratteristiche geografiche delle diverse regioni anatoliche: l’area nord-occidentale, l’area sud-occidentale, la Cilicia, la pianura di Konya, l’area centro-settentrionale e infine l’area orientale. Per le affinità tipologiche tra i singoli siti, tali aree possono raggrupparsi in due grandi settori, che comprendono da una parte i siti occidentali e della Cilicia e dall’altra quelli centro-settentrionali e orientali.
A Hissarlik-Troia emergono due fondamentali tipi di c.: a) l’unità costituita da un vano rettangolare allungato con portico, o tipo-mègaron; b) il complesso di vani rettangolari a volte raccordati da una corte, in genere risultato di un graduale processo di fusione o addizione di singole unità minori.
L’elaborazione dello schema tipo-mègaron a Beycesultan, nella regione sud-occidentale, mostra soluzioni di grande interesse. In questo sito si può osservare, unitamente all’uso del singolo modulo tipo-mègaron o del complesso di moduli con corte centrale, lo sforzo di integrazione mediante vani ausiliari collocati secondo soluzioni diverse. Alcune abitazioni, nel livello ha, presentano una serie di vani laterali annessi al corpo dell’edificio, altre (livello IIIb) si articolano in un impianto composto dal vano principale con un vano-portico laterale e un ambiente minore preceduto da una corte e due vani annessi. Infine nel livello IIIc si elabora la soluzione di porre il vano-portico e un vano minore di lato al vano-corte. Anche Gözlükule-Tarso, in Cilicia, presenta abitazioni costituite fondamentalmente dal modulo singolo e da complessi di moduli tipo-mègaron, affini ai tipi troiani.
Le planimetrie dei livelli X e IX di Yümüktepe-Mersin (Cilicia) mostrano affinità con quelle degli insediamenti centro-anatolici, con abitazioni dotate di un vano maggiore, due vani minori e una corte antistante. In alcune abitazioni, la corte è raccordata al corpo dell’edificio mediante una sorta di vano-corridoio trasversale, che sembra assolvere le funzioni del vano-portico nelle unità tipo-mègaron.
L’Anatolia centrale nel primo quarto del II millennio a.C. sviluppò un alto livello architettonico, anche nell’ambito domestico, legato alla fiorente attività commerciale dei mercanti assiri e anatolici. Tra i siti che hanno fornito documentazione dell’architettura privata del Bronzo Medio in questa area, l’insediamento di Kültepe-Kaniš è quello che è stato oggetto di un’indagine più sistematica. Oltre a una certa omogeneità riscontrata tra gli impianti degli edifici nei tre livelli architettonici del centro (una colonia commerciale assira), è frequente un’alterazione dei tipi base dovuta principalmente alle diverse esigenze dei proprietari e all’adattamento degli edifici al tessuto urbano. Dai raffronti con Acemhöyük, Boğazköy, Alaca Höyük e soprattutto Alişar Höyük di epoca paleo-assira, si evidenziano almeno quattro fondamentali tipi per quest’area: a) unità monocellulare; b) unità con due vani in asse; c) unità con due vani minori su un ambiente maggiore; d) edificio pluricellulare con corridoio di raccordo. Gli altri schemi planimetrici sembrerebbero derivati tutti da quelli suddetti; e) per duplicazione dell’unità con due vani in asse (tipo a pianta quadripartita); f) per fusione di unità minori, forse all’origine del tipo di c. «anatolica» con corte e vani disposti su due o tre lati.
In epoca antico-ittita si riscontrano due principali tipi di c.: la c. con atrio, che inizialmente si affianca al tipo di c. «anatolica», e la c. a due vani, già attestata in epoca precedente. La prima è caratterizzata dalla presenza di un vestibolo che può essere preceduto da un altro piccolo atrio o avere un accesso diretto dall’esterno; esso comunica con il vano principale. I vani si dispongono o sui due lati opposti dell’atrio (pianta tripartita), o su un solo lato (pianta bipartita). A Boğazköy-Khattuša, in particolare, la c.d. c. anatolica ricorre fino al periodo antico-ittita (XVI-XIV sec. a.C.) per poi essere sostituita dal tipo di c. con atrio. Nell’Anatolia orientale, come nel sito di Gözlükule in Cilicia, il tipo di c. anatolica continua a essere attestato anche durante l’età ittita imperiale. La distribuzione dei suddetti tipi va posta in relazione a tre principali fattori: il clima, i materiali disponibili, la situazione politico-economica (Bellotti, 1988).
L’attività artigianale e commerciale dei kārū (le colonie commerciali assire) centro-anatolici risulta un fattore determinante nell’assetto tipologico delle abitazioni dei mercanti. Le loro c. presentano in genere un aspetto tripartito: 1) il vano di accesso, o un altro vano in prossimità di questo, appare utilizzato come luogo di lavoro, una sorta di «ufficio» del mercante proprietario dell’abitazione; 2) il settore più interno era adibito a funzioni più propriamente residenziali; 3) infine, uno o più vani erano adibiti a magazzino-archivio. Non sempre questa tripartizione funzionale corrisponde a una tripartizione planimetrica dell’unità abitativa: il riscontro planimetrico varia a seconda della tipologia domestica e in rapporto alle esigenze e alla ricchezza dei proprietari.
A Kültepe, nella corte delle unità abitative più semplici si svolgevano la preparazione e la cottura dei cibi mentre nel vano attiguo si immagazzinavano giare per derrate alimentari, oppure anche oggetti importanti (come i documenti su tavolette), che nelle c. a due piani erano conservati al piano superiore. Negli edifici con un numero maggiore di ambienti e quindi più articolati, è possibile distinguere un vero e proprio vestibolo, la corte, l’archivio (talvolta costituito da uno scomparto all’interno del vano-cucina), la cucina (distinta dalla corte), i magazzini, i vani soggiorno-notte (in posizione più appartata rispetto agli altri, se non addirittura al piano superiore nelle abitazioni su due livelli). Le sepolture domestiche in pìthoi e in ciste, talvolta collocate sotto il pavimento di uno stesso vano, con i loro corredi differenziati rispecchiano la stratificazione sociale all’interno del kārum. Di particolare interesse risultano i rari casi di vani adibiti a camera funeraria, dopo la collocazione di una o più sepolture sotto il pavimento.
Lo sviluppo dei moduli abitativi in Anatolia si configura come un fenomeno caratterizzato da una ampia variabilità che tuttavia presenta caratteri propri, distinti dal mondo mesopotamico per quanto riguarda sia le tecniche edilizie (legno e mattoni crudi su fondamenta in pietra in Anatolia; prevalentemente mattone crudo in Mesopotamia) sia gli aspetti planimetrici.
Bibl.: Palestina: M. Avi-Yonah, E. Stern (ed.), Encyclopaedia of Archaeological Excavations in the Holy Land (EncAExHL), 4 voll., Londra 1975-1978 (con bibl. analitica dei singoli siti); Z. Herzog, A Functional Interpretation of the Broadroom and Longroom House Types, in TelAvivJlnstA, VII, 1980, pp. 82-89; F. Braemer, L’architecture domestique du Levant à l’Age du Fer, Parigi 1982; A. Kempinski, Syrien und Palästina (Kanaan), in der letzten Phase der Mitteibronze IIB-Zeit (1650- 1570 v. Chr.), Wiesbaden 1983, pp. 174-178, passim; L. E. Stager, The Archaeology of the Family in Ancient Israel, in BASOR, 260, 1985, pp. 1-35, fig. 9; G. R. H. Wright, Ancient Buildings in South Syria and Palestina, Leida-Colonia 1985, pp. 282-298; H. Weippert, Palästina in vor-ellenistischer Zeit, Monaco 1988 (con bibl. prec.), pp. 158 ss., 226 ss., 270 ss., 449 ss., 530 ss., 594 ss.
Siria: J. Margueron, “Maquettes” architecturales de Meskéné-Emar, in Syria, LIII, 1976, p. 593 ss.; id., Ras Shamra 1975-1976, rapport préliminaire sur les campagnes d’automne, ibid., LIV, 1977, p. 164 ss.; P. Matthiae, Ebla. Un impero ritrovato, Torino 1977, pp. 129-130; J. C. Courtois, L’architecture domestique à Ugarit au Bronze Recent, in UgaritF, XI, 1979, pp. 105-134; O. Callot, Une maison à Ugarit. Étude d’architecture domestique, Parigi 1983; P. Matthiae, I tesori di Ebla, Roma-Bari 1984, tavv. XCI-XCII; G. R. H. Wright, Ancient Buildings, cit., pp. 282-287.
Mesopotamia: P. Delougaz, H. D. Hill, S. Lloyd, Private Houses and Graves in the Diyala Region (OIP, 88), Chicago 1967; G. Graziosi, Architettura mesopotamica dal IX al VI sec., in Mesopotamia, lI, 1967, pp. 165-183; McG. Gibson, The City and Area of Kish, Miami 1972; M. Eaton-Francis, Mesopotamian Building Materials and Techniques of the Early Dynastic Period, in Marsyas, XVI, 1972-1973, pp. 1-28; J. Sanders, Complexities and Contradictions in Mesopotamian Architetture in the First Millennium B.C., in Sumer, XXXV, 1979, pp. 356-391; E. T. Stone, Texts, Architetture and Ethnographic Analogy: Patterns of Residente in Old Babylonian Nippur, I, in Iraq, XLIII, 1981, pp. 19-34; E. F. Henrickson, Non Religious Residential Settlement Patterning in the Late Early Dynastic of the Diyala Region, in Mesopotamia, XVI, 1981, pp. 43-140; id., Functional Analysis of Elite Residences in the Late Early Dynastic of the Diyala Region, ibid., XVII, 1982, pp. 5-34; McG. Gibson, A Re-Evaluation of the Akkad Period in the Diyala Region on the Basis of Recent Excavations at Nippur and in the Hamrin, in AJA, LXXXVI, 1982, pp. 531-538; J. Curtis (ed.), Fifty Years of Mesopotamian Discovery, the Work of the British School of Archaeology in Iraq 1932-1982, Londra 1982; G. Algaze, Private Houses and Graves at Ingharra, a Reconsideration, in Mesopotamia, XVIII-XIX, 1983-1984, pp. 135-194; F. Baffi, R. Dolce, Archeologia della Mesopotamia. L’età Cassita e medio-Assira, Roma 1990, pp. 26, 169-170.
Anatolia: T. Özguç, The Art and Architetture of Ancient Kanesh, in Anadolu, VIII, 1964, pp. 27-48; M. Coppa, Storia dell’urbanistica. Dalle origini all’Ellenismo, I, 2, Torino 1968, pp. 322, 341 ss., 527; P. Neve, Zur Entwicklung des hethitischen Wohnungsbaus in Boğazköy-Hattusa, unter besonderer Berücksichtigung der in der Altstadt/Unterstadt erzielten Grabungsergebnisse, in Wohnungsbau in Altertum (Diskussionen zur archäologischen Bauforschung, 3), Berlino 1979, pp. 47-61; T. Özguç, Kültepe-Kaniş, Il. New Researches at the Trading Center of the Ancient Near East (TTKY, V), Ankara 1986; E. Bellotti, Architettura domestica e contesto urbano nell’Anatolia del Il millennio a.C. (diss.), Roma 1988.
(D. Viola)
Periodo ellenistico. - Abbiamo tuttora pochissimi dati sulle c. del Medio Oriente in età ellenistica, che invece avrebbero un’importanza fondamentale per vedere in quali modi si organizzò l’abitato nelle città fondate da Alessandro da un lato e in quelle di lunga tradizione dall’altro. Mancano testimonianze dalle capitali seleucidi: Antiochia offre c. di periodo più tardo; a Seleucia resti cospicui di c. seleucidi non sono stati purtroppo raggiunti né dagli archeologi americani che scavarono un intero isolato di abitazione, né dalle ampie e recenti ricerche della missione italiana del Centro Scavi di Torino.
L’unico elemento certo è dato dalla presenza, nelle nuove fondazioni, di un impianto urbanistico di tipo ippodameo, visibile a Seleucia e a Dura-Europos; esso è rispettato anche nel periodo partico.
Le nuove ricerche in corso a Dura-Europos a opera di una missione franco-siriana diretta da P. Leriche, che riguardano anche l’impianto urbano seleucide, non hanno finora permesso di trovare c. ellenistiche. L’unico edificio attribuibile nelle sue prime fasi, note però in modo incompleto, al periodo ellenistico, è il Palazzo della Ridotta o Strategèion, il cui studio è ancora in corso. La sua parte centrale presenta portici con due colonne doriche in antis affacciati su due lati del cortile centrale, antistanti a due grandi ambienti: si tratta di una tipologia diversa dal peristilio ma non lontana da quella c.d. a prostàs di Priene, sebbene ripetuta sui due lati del cortile. Un elemento importante è offerto da Babilonia, città che ha una rinnovata importanza con Alessandro: i resti di abitazioni del periodo seleucide, non numerosi, mostrano però la presenza in una abitazione del quartiere di Merkes (Haus I, già occupata nel periodo neobabilonese) di un cortile a peristilio, fatto nuovo in Mesopotamia, che indica una forte influenza da parte dell’architettura domestica ellenistica. Questa attestazione resta però isolata in quanto non abbiamo altre c. sicuramente seleucidi. Il peristilio (anche se non in posizione centrale rispetto all’edificio) è presente anche a Nippur in un palazzo dalla datazione controversa, non attribuibile con sicurezza al periodo ellenistico.
All’estremità dell’Oriente ellenizzato, nel sito battriano di Ai Khānum, fondato nel IV sec. a.C. e abbandonato alla metà del II a.C., troviamo alcune grandi c. con caratteristiche ben definite: su un grande cortile, che occupa in genere la parte N della c., si apre un vestibolo in antis con due colonne dal quale si accede agli ambienti residenziali; un sistema di corridoi assicura la circolazione. Questo tipo di c. è attestato in altri siti posteriori della Battriana (Saksanokhur, Dalverzin Tepe) e non sembra legato ai modelli ellenistici occidentali ma piuttosto all’architettura iranica di tradizione achemenide.
Si nota come nei centri ellenistici orientali (Ai Khānum, Babilonia) solo gli edifici di carattere ufficiale presentino una pianta di tipo greco (p. es. il teatro, il ginnasio) mentre negli altri, di carattere privato (come le c. o i templi non legati a culti ufficiali), l’influenza greca è evidente solo nella decorazione.
Periodo partico. - La cultura partica è venuta a contatto con l’ellenismo già in Asia centrale; questo influsso è evidente a Nisa, la prima capitale dei Parti. Questi contatti precoci devono essere distinti, fin dove è possibile, da quelli assorbiti molto più tardi, quando l’impero partico arriva quasi al Mediterraneo e assorbe nuovamente elementi della cultura ellenistica, questa volta però mediati dalla cultura romano-orientale.
Negli ultimi anni, accanto a ritrovamenti in siti nuovi, sono state intraprese nuove ricerche finalizzate allo studio della c. partica nei grandi siti tradizionali del mondo partico.
I siti che presentano la documentazione di maggiore importanza sono le città di Uruk, Nippur, Babilonia, Seleucia sul Tigri, Assur, Hatra, Dura-Europos e Palmira. Molto scarsi sono, invece, i dati provenienti dall’Iran, che pure era il centro dell’impero partico; nessuna notizia inoltre sulle capitali. Un esame preliminare mette in luce l’esistenza di alcune tipologie abitative: la c.d. c. a mègaron, la c. a iwān, la c. a peristilio. Nello stesso tempo perdura la c. di tipo mesopotamico che si arricchisce di elementi di ispirazione ellenistica (come a Dura-Europos). Sembra comunque chiaro che si trova nell’architettura domestica la stessa varietà di soluzioni, legate a situazioni locali, che si riscontra in altre manifestazioni della cultura partica.
Solo in pochi siti è possibile seguire l’evolversi nel tempo delle tipologie, la loro evoluzione e la loro diffusione. Seleucia ha una particolare rilevanza in quanto offre una sequenza piuttosto lunga e complessa, documentata nel modo più ampio nell’isolato G6 scavato dalla missione americana. Nella fase più antica messa in luce troviamo la c.d. c. a mègaron, nel cui cortile due colonne incorniciano l’entrata alla stanza principale (livello III, datato dagli scavatori dal 141 a.C. al 43 d.C.). Questa stessa tipologia è stata individuata nei resti di una villa partica, dalla ricca decorazione architettonica, scavata a Uruk. Essa ricorda la c.d. prostàs, ma utilizza il portico in modo solo decorativo ed è influenzata da modelli achemenidi.
L’iwān, un ambiente completamente aperto su un lato e affacciato su un cortile, di origine ancora discussa, fa la sua comparsa proprio nel periodo partico per arrivare poi a costituire un elemento fondamentale della cultura architettonica sasanide e a incontrare una straordinaria diffusione in età islamica. L’iwān caratterizza, nel periodo partico, sia i palazzi sia le c.; in qualche palazzo esso è associato a un ambiente retrostante completamente circondato da corridoi. Questo tipo di pianta è tipico dei templi del fuoco, ma si ritrova anche altrove, come in un edificio forse residenziale scavato da una missione svizzera ad Abu Qubur (in corso di studio), nel palazzo della fortezza partica a Nippur e nel palazzo partico di Assur.
A Seleucia nell’isolato G6 l’iwān prende il posto del c.d. mègaron nel livello Il (datato dagli scavatori dal 43 al 116 d.C.). La grande c. del livello I (115-227 d.C.), che occupa un intero isolato, presenta molti iwān; due sono affacciati sui lati opposti del cortile principale.
La tipologia della c. a iwān, che riveste una grande importanza anche per la sua diffusione nei periodi seguenti, è attestata in siti anche molto distanti fra loro. La troviamo p. es. a Nippur, nella fortezza partica che si sovrappone al Tempio di Enlil, in alcune abitazioni modeste della fine del I sec. d.C. e poi in un palazzo del TI sec. d.C. Nel palazzo partico di Assur quattro iwān si aprono sul cortile centrale (curiosamente, un peristilio è presente nell’entrata dello stesso palazzo); l’iwān, rivolto a N, affacciato su un cortile accessibile con un percorso a gomito, caratterizza anche le abitazioni tardo-partiche che in parte si sovrappongono al palazzo.
L’iwān è anche un elemento tipico delle c. dell’importante centro di Hatra, città nota finora soprattutto per l’architettura templare. Tra le caratteristiche c. comuni (messe in luce in occasione della scoperta di alcuni templi minori, come il tempio XI) è il cortile centrale accessibile da una porta situata in un angolo, sul quale si affaccia, rivolto a N, l’iw&n; una scala permette l’accesso al tetto. Nelle residenze di tipo palaziale al cortile principale se ne affiancano altri minori, probabilmente con funzioni diverse: vedi la grande abitazione di Ma’nu, vicino al tempio I, caratterizzata da due iwān affrontati sul grande cortile, mentre un terzo lato è occupato da un portico retto da pilastri. Le nuove ricerche di una missione italiana diretta da R. Venco Ricciardi hanno messo in luce una grande c. a N del grande tèmenos, vicino al tempio V. L’edificio A, di notevole estensione e importanza, ha una pianta complessa, organizzata intorno a un cortile principale e tre minori, dei quali quello a N sembra riservato ad attività artigianali domestiche. Dalla strada si accede tramite un vestibolo al cortile centrale della c., sul cui lato E si affaccia un grande iwān. A S della c. si trova un secondo grande cortile, sul quale si apre un iwān dalla insolita pianta absidata; una grande sala decorata da pitture di caccia lo mette in comunicazione con il cortile principale. L’edificio era occupato alla fine del II sec. e durante la prima metà del III sec. d.C.
A Dura-Europos, l’unico sito mesopotamico che abbia conservato un insieme imponente di abitazioni di età partica e romana, le ricerche della missione franco-americana guidata da M. Rostovtzeff, interrotte nel 1937, sono state riprese da una missione franco-siriana dal 1986. Un discorso di sintesi appare difficile a causa dei problemi posti dalle pubblicazioni degli scavi meno recenti, condotti con metodologie che oggi riteniamo inadeguate (in particolare non è documentato il contesto stratigrafico). La tipologia delle c. di Dura è caratterizzata dalla presenza di un cortile centrale, accessibile dalla strada tramite un percorso a gomito; sul cortile si affacciano le stanze, spesso a pianta larga; il tetto a terrazza è accessibile tramite una scala. Queste caratteristiche si trovano già nella c. mesopotamica tradizionale. A esse però si aggiungono qui elementi ispirati al mondo greco, come le modanature che decorano le porte, le colonne utilizzate per sorreggere la copertura di uno o, raramente, più lati del cortile (il vero peristilio è assente). Una bassa panca in muratura utilizzata probabilmente per i banchetti, come nei triclini, corre a volte lungo i lati dei diwān (stanze principali, larghe, spesso rivolte a N). In tutto il sito non è attestato l’iwān. Questa tipologia è presente sia negli isolati regolari definiti dall’impianto urbano di età ellenistica, sia negli isolati che a esso si sottraggono (quartiere dell’agorà o bāzār, isolato B2, o dei vasai, vicino alla Cittadella). Si trovano c. datate al periodo partico soprattutto nel quartiere dell’agorà (scavato da F. E. Brown), che abbandona progressivamente la planimetria ellenistica per trasformarsi in un bāzār di tipo orientale, nel quale c. di piccole e grandi dimensioni e negozi si affacciano intorno a uno spiazzo centrale ormai irregolare. Di periodo partico è la c. di tipo palaziale c.d. di Lisia (appartenente alla famiglia dei governanti della città) a S del Palazzo della Ridotta, scavata da Brown e ancora medita; sul cortile principale si apre la suite di rappresentanza, formata da una sala larga con tre porte, preceduta da un’anticamera simile, di dimensioni inferiori; anche la c. di tipo palaziale dell’isolato E4 (nel campo romano) presenta due cortili (l’attribuzione del cortile secondario alla residenza delle donne è da ritenersi solo congetturale) sui quali si affacciano vari ambienti, fra i quali spicca il grande diwān.
A Babilonia, l’abitato partico è conosciuto in modo frammentario e pare riferibile a resti di villaggi più che a un tessuto urbano: continua a essere presente il peristilio. Troviamo cortili a peristilio anche nelle c. di Palmira, città carovaniera ai confini occidentali del mondo mesopotamico; esse appartengono a un contesto databile in modo generico al II-III sec. d.C. La presenza del peristilio a Palmira appare ad alcuni studiosi legata all’influenza del mondo romano orientale, mentre altri pensano a una diretta sopravvivenza di un modello ellenistico. Si possono vedere a Palmira, come ad Apamea, due diversi tipi di planimetria delle c. a peristilio: uno definibile come assiale, dominato da una simmetria più o meno rigida nel configurarsi del rapporto fra cortile a peristilio-stanza principale e stanze secondarie; questo tipo è attestato in modo particolare negli isolati regolari del settore NO della città. L’altro tipo, definito «a pianta radiante», pur presentando uno o più cortili a peristilio, è caratterizzato da una maggior libertà nella disposizione degli ambienti (c. di Achille e c. di Cassiopea, a S del teatro). Non conosciamo per ora le c. comuni della Palmira del I sec., che potrebbero essere molto diverse. Dati più precisi sulle c. si attendono dalle nuove ricerche, in corso, della missione polacca, che hanno messo in luce una grande abitazione con due cortili occupata dal II sec. al IX secolo.
Periodo sasanide. - Resti notevoli di c. sasanidi sono stati trovati nel sito di Koche, la città rotonda fondata da Ardašir (accanto a Seleucia e a Ctesifonte); è stato scavato dal Centro Scavi di Torino un quartiere artigianale, formato da isolati irregolari, ben diversi dalla pianta ippodamea di Seleucia. Il periodo di occupazione, che vede numerosi rifacimenti, termina con la fine del V sec. d.C.; strutture tardo-sasanidi, anch’esse relative forse a un quartiere artigianale, sono invece state messe in luce in un sondaggio a Tell Baruda.
E importante rilevare come le c. di Koche conservino elementi già presenti nel periodo partico: è infatti attestata sia la c. a iwān sia la c. mesopotamica di tipo tradizionale.
Bibl.: Ai Khānum: H.-P. Francfort, Le plan des maisons gréco-bactriennes et le problème des structures de ‘type megaron’ en Arie Centrale et en Iran, in Le plateau iranien et l’Asie centrale des origines à la conquête arabe, Parigi 1976, pp. 267-280; G. Lecuyot, Aikhanum. Žiliščnoe stroitel’stvo («Ai Khānum. Edilizia residenziale»), in Gorodskaja Kul’tura Baktrii-Tokharistana i Sogda, Taškent 1987, pp. 59-67. - Assur: W. Andrae, H. Lenzen, Die Pareherstad Assur (WVDOG, 57), Lipsia 1933; C. Preusser, Die Wohnhäuser in Assur (WVDOG, 64), Berlino 1954. - Babilonia: F. Wetzel, E. Schmidt, O. Mallwitz, Das Babylan der Spätzeit (WVDOG, 62), Berlino 1957; O. Reuther, Die Innenstadt von Babylon (Merkes) (WVDOG, 47), Osnabrück 1968. - Dura-Europos: A. Allara, Les maisons de Doura-Europos. Questioni de typologie, in Doura-Europos Etudes 1986 (Syria, LXIII, 1-2), Parigi ‘986, pp. 39-60; ead., Domeseic Architetture at Dura-Europos, in Mesopotamia, XXII, 1987, pp. 67-76; ead., Les maisons de Doura-Europos. Les données du terrain, in Doura-Europos Etudes 1988 (Syria, LXV, 3-4), Parigi 1988, pp. 323-342; ead., L’ilot des potiers et les fours à Doura-Europos. Etude Preliminaire, in Doura Europos Etudes 1990 (Syria, LXIX, 1-2), Parigi 1992; ead., Architettura di periodo partico in Mesopotamia. Nuove ricerche a Dura Europos (diss.), Napoli 1992. - Hatra: F. Safar, M. Ali, Hatra, the City of the Sun God (arabo), Bagdad 1974, pp. 12-13, tavv. X-XI, XIV, XVIII, XXI,; R. Venco Ricciardi, Preliminary Report on the 1987 Excavation at Hatra, in Mesopotamia, XXIII, 1988, pp. 31-42; ead., Second Preliminary Report on the Excavation at Hatra, Season 1988, ibid., XXV, 1990, pp. 37-45. - Koche: i rapporti sulle attività del Centro Scavi di Torino sono pubblicati in Mesopotamia, I-IX, XII-XIV, dal 1966 al 1979. - Nippur: C. Fisher, The Mycenean Palace at Nippur, in AJA, VII, 1904, pp. 403-432; J. Knustad, E. J. Keall, Excavations at Nippur (1966-1967), in Sumer, XXIV, 1968, pp. 95-106; E. J. Keall, Parthian Nippur and Vologases’ Southern Straetegy: a Hypothesis, in JAOS, XCV, 1975, pp. 620-632. - Palmira: E. Frézouls, À propos de l’architetture domestique à Palmyre, in Ktema, I, 1976, pp. 29-52; J.-Ch. Balty, La maison urbaine en Syrie, in J.-M. Dentzer, W. Orthmann (ed.), Archéologie et Histoire de la Syrie, Il, Saarbrücken 1989, pp. 407-422; M. Gawlikowski, Palmyra, in Polish Archaeology in the Mediterranean 1988-89, Varsavia 1990, pp. 37-40; id., Palmyra, ibid., 1989-90, Varsavia 1991, pp. 85-90. - Seleucia: C. Hopkins, Topography and Architetture of Seleucia on the Tigris, Ann Arbor 1972; i rapporti sulle attività del Centro Scavi di Torino sono pubblicati in Mesopotamia, I-IX, XII, XXI-XXII, XXV, dal 1966 al 1990. - Uruk: J. Schmidt, Parthisches Haus in U XVIII, in AA.VV., Uruk vorläufiger Berichte XXVI-XXVII, Berlino 1972, pp. 43-55; id., Bemerkungen zum parthischen Haus in U XVIII, in 3. Schmidt, A. Cavigneaux, D. Duda (ed.), Uruk vorläufiger Berichte XXVIII, Berlino 1978, pp. 58-60.
(A. Allara)