CASTIGLIA
(spagnolo Castilla)
Fra le comunità autonome in cui è suddivisa l'od. Spagna si trovano Castilla-León e Castilla-La Mancha, con le prov., rispettivamente, di León, Salamanca, Zamora, Ávila, Burgos, Palencia, Segovia, Soria e Valladolid, e di Ciudad Real, Cuenca, Guadalajara, Albacete e Toledo. Anche nel precedente ordinamento amministrativo ottocentesco la C. era suddivisa in C. Vecchia (che comprendeva anche Logroño e Santander, od. comunità autonome di La Rioja e Cantabria) e C. Nuova (che comprendeva Madrid, oggi comunità autonoma, ma non Albacete). La persistente doppia attestazione del nome C. nella geografia amministrativa della Spagna contemporanea è il pallido riflesso di ciò che ha rappresentato la C. nella storia spagnola dei secc. 9°-15°, prima di avviarsi a diventare il cuore della Spagna moderna e, insieme, un indizio palese del carattere dinamico ed espansivo che ha caratterizzato questa presenza, facendo sì che la realtà geopolitica corrispondente a tale toponimo sia mutata di continuo con il trascorrere del tempo.Alle origini della Spagna moderna c'è stato il matrimonio, il 19 ottobre 1469, di Isabella di C. e di Ferdinando d'Aragona. In quel momento, la Corona di C., simbolo del re di C. "che non muore mai", dominava su un territorio di km2 355.000, che si estendeva nella parte centrale della penisola iberica, dalla costa cantabrica allo stretto di Gibilterra. A parte le tre Province Basche, che godevano di una particolare autonomia, la Corona di C. si articolava nei regni di C., León, Galizia, Toledo, Jaén, Córdova, Siviglia, Algarve, Algesiras, Gibilterra e Murcia. Questo insieme era formato dal nucleo primitivo del regno di León-C., cioè Asturie e meseta centrale, più la Galizia, e dalle acquisizioni successive: le Province Basche (Álava e Guipúzcoa nel sec. 13°, Biscaglia nel 1379) e i territori strappati all'Islam dopo il 1212 (Andalusia, Murcia).La ragione di questa predominanza castigliana nella seconda metà del sec. 15°, momento cruciale per il destino storico della Spagna, consiste nel fatto che la C. propriamente detta (la C. Vecchia) aveva assolto un ruolo decisivo nel processo di Reconquista cristiana della penisola iberica, che si sarebbe concluso solo nel 1492 con la conquista di Granada.Presa particolarmente di mira dalle spedizioni islamiche a partire dalla fine del sec. 8°, la parte orientale, di frontiera, del regno delle Asturie (con capitale Oviedo) era guarnita di numerosi castelli (lat. castella, da cui il nome C.); questo territorio corrispondeva originariamente alla parte meridionale dell'antica Cantabria romana (così si chiamava anche una città, divenuta poi Logroño), che, insieme con la Vasconia, costituiva la parte occidentale della provincia Tarraconensis, la quale includeva inoltre anche la valle dell'Ebro e si estendeva fino alla costa mediterranea. Geograficamente il territorio castigliano inglobava dapprima le valli superiori dei fiumi Losa, Mena e Valegovia, per allargarsi poi sulla riva destra dell'Ebro, nella valle del Pisuerga e nella zona orientale della Tierra de Campos fino ai monti di Oca. Allo stesso modo delle altre zone periferiche del regno delle Asturie (Galizia, Astorga, León), anche quella che sarebbe diventata la C. fu ripopolata con coloni transmontani (rispetto ai monti Cantabrici) e, in particolare, con elementi provenienti dalle Province Basche, scarsamente romanizzate e arcaiche, mentre gli emigrati mozarabi, portatori di costumi visigoti, vi erano poco rappresentati.Al tempo di re Alfonso II (791-842), nel quadro di una politica di riorganizzazione anche ecclesiastica del regno asturiano, fu creata nella 'terra dei castelli' la diocesi di Valpuesta.Nell'865 - un anno prima della morte di re Ordoño I (850-866), il conquistatore di León - il conte castigliano Rodrigo fu sconfitto dai musulmani; ciò avrebbe ritardato di qualche anno il progresso e il ripopolamento di quella provincia del regno asturiano. Ma re Alfonso III (866-910) sarebbe riuscito a prevalere sui suoi oppositori interni proprio grazie alla nobiltà della nascente C. e nell'882 il conte castigliano Diego fondava la piazzaforte di Burgos. Solo nel 907 il Duero, il cui corso era stato già toccato più a occidente, sarebbe stato raggiunto anche nel tratto corrispondente alla C., il cui ripopolamento era nel frattempo molto progredito, dando vita al tempo stesso a una struttura sociale diversa da quella tipica delle altre province del regno delle Asturie. Essa era caratterizzata dalla presenza di un gran numero di piccoli proprietari liberi, organizzati in comunità di villaggio, dotate di organi di autogoverno locale (concejos), e, per contro, da una presenza molto meno accentuata della grande proprietà ecclesiastica e laica. Il carattere di terra di frontiera di questa provincia si manifestava però in modo particolare nell'esistenza di una cavalleria contadina (caballería villana), impensabile altrove. In genere, la differenziazione sociale fra i liberi non si basava qui, come dovunque, sulla ineguale distribuzione della ricchezza fondiaria, bensì sulle funzioni adempiute da ciascun libero in guerra.Nel 910 la rivolta contro Alfonso III fu guidata da suo figlio García, primo re (910-914) di León (dove venne trasferita la capitale del regno), con l'appoggio di suo cognato, il conte castigliano Munio Núñez. Le tendenze centrifughe, non solo da parte della C. ma anche della Galizia-Portogallo, si accentuarono nei decenni successivi, mentre i maggiori sforzi di espansione e ripopolamento venivano compiuti proprio in zona castigliana. Ma una parte della Rioja, allora riconquistata, andò al regno della confinante Navarra.Nel 921, sotto re Ordoño II (914-924), furono deposti e incarcerati quattro conti castigliani (i conti erano delegati del potere centrale), che poco dopo (prima del 926) sarebbero stati però rimessi al loro posto, segno questo della forza di cui erano ormai dotati i grandi della Castiglia.Sotto re Ramiro II (931-951) la linea del Duero fu minacciata dai musulmani soprattutto nel settore orientale. A Simancas, nel 939, un esercito leonese-castigliano-navarrino conseguì una significativa vittoria. L'espansione cristiana cominciò allora a interessare le terre al di là del Duero, gli extrema Duerii (Estremadura): nel 940 il conte castigliano Fernán Gonzáles ripopolava l'antica fortezza romana di Sepúlveda. Sempre negli ultimi dieci anni del regno di Ramiro II, la C. accentuò l'affermazione della sua identità rispetto alle altre province del regno di León, grazie non solo alla posizione geografica di paese di frontiera, ma anche, come si è accennato, alla particolare conformazione politico-sociale.L'uomo della situazione fu allora Fernán González, già conte, alla morte di Ramiro II, di Burgos, Lara, Álava e Cerezo, discendente forse da Gonzalo Fernández, che, con base patrimoniale nella fortezza di Lara, verso il 900 aveva esercitato funzioni comitali nelle nuove terre castigliane del Duero. La famiglia dei signori di Lara divideva con i rivali Ansúrez il dominio dei principali distretti castigliani.Nel periodo che va dal 951 al 1008 (morte di ῾Abd al-Malik), la crisi della monarchia leonese e la costante crescita del peso della C., compatta dietro i suoi 'signori naturali', si accompagnarono agli sforzi messi in atto dagli ex emiri, ora califfi, di Córdova per riprendersi le terre perdute. Nell'instabile equilibrio, o meglio nel conflitto permanente in atto, nell'area cristiana asturiano-leonese, fra i re di León e i conti di C., cercarono di inserirsi, trovandovi un evidente tornaconto, sia i re cristiani di Navarra sia i califfi cordovani, cui i contendenti, da parte loro, non esitavano a rivolgersi in cerca di appoggio alle loro rispettive cause.Nel 970 a Fernán González successe il figlio García Fernández (970-995), senza che il re di León potesse intervenire a impedirlo. A questo punto, l'indipendenza di fatto della C. sotto la casa dei conti di Lara era raggiunta. Benché questi anni, in particolare quelli in cui fu ministro di due successivi califfi al-Manṣūr (978-1002), il valorosissimo Almanzor delle cronache spagnole medievali, avessero visto il ristabilimento, se non del dominio, dell'egemonia islamica sull'intera penisola iberica, si assisté anche al definitivo emergere della C. come guida indiscussa della lotta, per il momento solo affannosamente difensiva e costellata più da sconfitte che da vittorie (anche se queste non mancarono), contro l'ultima offensiva in grande stile dei califfi cordovani, ormai avviati al tramonto. Fu proprio García Fernández a emettere la famosa ordinanza per cui i cavalieri villanos di Castrojeriz, cioè tutti i contadini che disponessero di un cavallo da guerra, venivano formalmente equiparati agli infanzones, i nobili di sangue di seconda classe.Sotto Sancio García (995-1017), noto anche per la generosa concessione di privilegi alle comunità locali, la campagna di ῾Abd al-Malik, morto di lì a poco (1008), si infranse contro la resistenza castigliana. Da questo momento la C. non subì più attacchi musulmani e, forte di un esercito di cavalieri legati alla persona del conte e indipendenti dai nobili, si impegnò subito nella graduale riconquista delle terre fra il Duero e Somosierra, perdute nel frattempo.Stando così le cose, era inevitabile che l'eventuale ricompattamento dell'area ex asturiano-leonese, ora divenuta castigliano-leonese, avesse luogo per iniziativa e a vantaggio dei conti di Castiglia. Ferdinando I (1035-1065), alla morte del padre Sancio Garcés III detto il Maggiore (1004-1035), re di Navarra (aveva sposato una figlia di Sancio García), entrò in conflitto per ragioni territoriali con Vermudo III re di León (1028-1037), che fu sconfitto e ucciso a Tamarón. Dopo di che, anche per avere preso in moglie una figlia di Vermudo, Ferdinando unì il León alla C. e assunse naturalmente il titolo di re: fu dunque il primo re di C. e di León. Ma, alla sua morte, solo quello che era ormai il regno di C. rimase a suo figlio Sancio II (1065-1072), mentre a un altro figlio, Alfonso, venne assegnato il regno di León. Nel conflitto, che divise in seguito i fratelli, ebbe la meglio a due riprese Sancio II, che tornò a unificare a proprio favore C. e León. Ma - morto Sancio II a Zamora - Alfonso, che nel frattempo era andato in esilio a Toledo, divenne a sua volta re di entrambi i regni.Con Ferdinando I e Alfonso VI (1072-1109), protagonisti di importanti successi militari, riprese la lotta per il recupero delle province della penisola ancora in mano ai musulmani, mentre si andava sempre più affermando l'idea, già affacciata al tempo di Alfonso III re delle Asturie, che i monarchi cristiani fossero i diretti successori dei sovrani visigoti e, quindi, legittimati a governare su tutta la Spagna. Ferdinando I occupò, fra il 1055 e il 1064, importanti posizioni strategiche a O, fra cui Coimbra. A gloria di Alfonso VI, acclamato come imperatore delle due religioni e imperatore di tutta la Spagna, tornò soprattutto la conquista di Toledo nel 1085 e il raggiungimento del Tago, rendendo definitivo l'abbandono della vecchia frontiera del Duero e il ripopolamento cristiano dell'Estremadura. È da questo momento che, in conseguenza dell'annessione del regno di Toledo, si può cominciare a parlare di una C. Nuova, che veniva ad aggiungersi alla Vecchia, per altro già molto dilatata rispetto all'originaria 'terra dei castelli'. Ai superstiti regni musulmani (Taifas), nati dalla disgregazione del califfato, i re castigliani imposero il pagamento di speciali tributi (parias).Negli ultimi anni del suo regno, Alfonso subì le conseguenze della ripresa islamica nella penisola sotto l'impero degli Almoravidi. Da ultimo, fu sconfitto a Uclés nel 1108. Ma proprio alla fine del sec. 11° risalgono le gesta del cavaliere castigliano Rodrigo Díaz de Vivar, il Cid dell'omonimo poema epico, morto a Valencia nel 1099, simbolo perenne della C. guerriera e cavalleresca.Dopo un periodo di disordini interni al regno castiglianoleonese e l'arresto di quella che, ormai, nel clima europeo di entusiasmo per la crociata in Terra Santa, si configurava in Spagna come la crociata domestica plurisecolare della Reconquista, la crisi dell'impero almoravide alla fine del terzo decennio del sec. 12° consentì una provvisoria, brillante ripresa dello slancio offensivo, di cui fu protagonista Alfonso VII (1126-1157). Ebbe allora inizio la penetrazione nella Murcia; nel 1146 Calatrava cadde in mani cristiane; nel 1147 i Castigliano-leonesi, con l'aiuto dei Catalani e dei Genovesi, occuparono Almería.Nella seconda metà del sec. 12° una nuova ondata di invasori nordafricani, gli Almohadi, impose un'ennesima battuta d'arresto alla Reconquista (Almería andò perduta), mentre l'egemonia castigliano-leonese subiva il contraccolpo indiretto dell'unificazione fra Aragona e Catalogna (1137) e della raggiunta indipendenza del Portogallo (1143). Alla morte di Alfonso VII si ebbe poi una nuova separazione fra C. e León. La scomparsa prematura del sovrano castigliano Sancio III e la lunga minorità di Alfonso VIII (1158-1214) aprirono un periodo di instabilità, da cui la C. uscì solo nel 1170, quando questo re entrò nel pieno possesso dei suoi poteri e poté da un lato reagire con efficacia ai tentativi di erosione del suo regno messi in opera dai sovrani di León e dall'altro riprendere l'offensiva contro l'Islam (conquista di Cuenca nel 1177). Ma gli Almohadi non avevano affatto esaurito il loro slancio e sconfissero il re nella battaglia di Alarcos (1195). Fu in questo periodo che il peso dell'attività bellica e colonizzatrice svolta dal regno di C. cominciò a essere sopportato in prevalenza dai nuovi ordini monastico-militari (Santiago, Calatrava, Alcántara), con conseguenze intuibili sulle forme del ripopolamento e sugli stessi equilibri politico-sociali del regno castigliano.Una tappa decisiva nel cammino della Reconquista fu segnata, nel 1212, dalla giornata di Las Navas di Tolosa, conclusione vittoriosa di una vera e propria crociata, in cui ebbero parte effettivi dei vari regni della Spagna cristiana, ma che recò l'impronta personale del re castigliano Alfonso VIII. Questa vittoria produsse grandi conseguenze negli anni a venire fino e oltre la metà del secolo: fra il 1224 e il 1264 tutta l'Andalusia Betica fu incorporata nel regno di C.; Córdova cadde nel 1236, Siviglia nel 1248. Dopo questo progresso senza precedenti, la Reconquista avrebbe segnato, in genere, il passo fino alla seconda metà del sec. 15°, anche se nel 1344 fu presa Algesiras, mettendo così termine alla minaccia di nuovi ritorni offensivi provenienti dall'Africa del Nord.Nel frattempo (1230), i due regni di C. e di León furono definitivamente riunificati sotto Ferdinando III il Santo (1217-1252), il cui successore Alfonso X il Saggio (1252-1284) si segnalò particolarmente per la straordinaria attività in campo culturale; questi pose anche la sua candidatura alla corona imperiale, ma senza successo.Poco dopo la morte di Alfonso, il regno di C. cominciò a essere travagliato da un conflitto fra monarchia e nobiltà, che avrebbe caratterizzato l'intero sec. 14° e buona parte del successivo, con l'esito in apparenza paradossale di rinforzare entrambi i contendenti: la monarchia, sotto il profilo della costruzione di un apparato amministrativo e fiscale che anticipava per alcuni tratti lo stato moderno; la nobiltà, sotto il profilo della potenza economica e del peso politico-sociale, in palese contrasto con quelle che erano state le caratteristiche tipiche della C. fronteriza altomedievale.
Bibl.: J. González, Repoblación de Castilla la Nueva, 2 voll., Madrid 1975; J.J. Sayes Abengochea, L.A. García Moreno, Romanismo y germanismo. El despertar de los pueblos hispánicos (siglos IV-X), in Historia de España, a cura di M. Tuñon de Lara, II, Barcelona 1981; J. Valdeón, J.M. Salrach, J. Zabalo, Feudalismo y consolidación de los pueblos hispánicos (siglos XI-XV), ivi, IV, Barcelona 1983; F. Manzano, La frontera de Al-Andalus en época de los Omeyas, Madrid 1991; J. Pérez, Isabella e Ferdinando, Torino 1991.G. Arnaldi
Durante il regno di Alfonso VII (1104-1157), con la progressiva diminuzione della minaccia almoravide, si andò intensificando il ripopolamento della zona di Toledo anche grazie a una nuova diversificata attività agricola e pastorale (de Moxó, 1979, pp. 217-251). Seguì il ripopolamento di Cuenca e dell'Alcarria, quest'ultimo iniziato sotto Alfonso VI (1030-1109) e culminato con Alfonso VIII (Catalina García, 1973). Qui, insieme ai 'ripopolatori', giunsero monaci e religiosi di diversi ordini (Cistercensi, nel monastero di Monsalud, ma anche Domenicani, Benedettini, Clarisse, Cavalieri dell'Ordine di Calatrava e Francescani).Cuenca, conquistata da Alfonso VIII nel 1177, non doveva allora raggiungere i mille abitanti. La sua debolezza demografica contrastava, tuttavia, con l'importanza militare che essa rivestiva per i cristiani. Una delle più importanti realizzazioni fu il foro di Cuenca che, nonostante fosse basato sui modelli dei fori più antichi dell'Estremadura, in particolare su quello di Sepúlveda, mostra l'applicazione di una tecnica costruttiva assai avanzata.Il ripopolamento della Mancha presentò alcuni caratteri particolari. Formata da vaste, ondulate pianure che si estendono tra il Tago e la Guadiana e dalla regione montuosa di Cuenca fino alla Sierra Morena, la Mancha era una delle zone più disabitate della Spagna, essendo i suoi abitanti diminuiti durante la dominazione islamica, in particolare negli ultimi tempi del califfato. Dall'Alcarria alla Sierra Morena la costruzione e il restauro di castelli svolsero un'importante funzione, poiché intorno a essi sorsero nuclei abitativi, cardine della colonizzazione del territorio. Ciò si verificò in un momento di straordinario sviluppo dell'architettura militare, tanto nella Spagna musulmana, con gli apporti tecnici degli Almohadi, quanto in quella cristiana. L'area dell'espansione castigliana è disseminata di superbi castelli, come quelli di Zorita de los Canes, Uclés, Alarcón, Consuegra, Mora, Guadalerzas, Calatrava, Moya, Montiel, Acaraz; essi si ergono in punti fondamentali con funzione di difesa e di attacco e in punti strategici decisivi per l'organizzazione del ripopolamento del territorio. Alcuni appartevano al re (Alarcón), altri agli ordini militari, come i cavalieri dell'Ordine di Calatrava (castelli di Zorita e di Guadalerzas), di Santiago (Uclés, Mora, Montiel) e di San Giovanni (Consuegra). Altri castelli appartenevano al vescovo di Toledo (Milagro).Nel sec. 13° Alfonso X il Saggio (1221-1284) fondò Villa Real (od. Ciudad Real); la stessa politica fu seguita dagli ordini militari, che diedero vita a vari centri abitati: l'Ordine di San Giovanni, Criptana; quello di Calatrava, Malagón e Miguelturra; quello di Santiago, Quintanar e Campo de Montiel.Nel sec. 12° la diocesi di Toledo, costituita come sede vescovile nel 1086 con l'intento di restituire, anzi di accrescere, l'importanza avuta dalla città in età visigota, conobbe un momento di grande sviluppo, che raggiunse il culmine nel secolo successivo (Rivera Recio, 1966; 1976); primo arcivescovo fu il cluniacense Bernardo, mentre alla fine del secolo la cattedra fu tenuta da Martín López Pisuerga, predecessore del grande Rodrigo Ximénez de Rada.Appartenevano al patrimonio arcivescovile toledano il castello di Canales, alcuni possedimenti a Belinchón e Calatrava, il castello di Ribas, altri castelli e villaggi nella conca del Guadalquivir, il villaggio di Cortes, i monasteri di San Servando e Covarrubias, Illescas e Azaña, Alcabón.Durante il sec. 12° sette arcivescovi ressero la sede toledana: Bernardo, Raimundo, Juan, Cerebruno, Pedro, Gonzalo e Martín, in particolare i primi due di spiccata personalità. Il cluniacense Bernardo (1086-1124) si dedicò all'ingrandimento della propria diocesi e innalzò la sede toledana a livelli mai raggiunti, per molti anni concentrando nelle sue mani anche i poteri straordinari di legato pontificio (Rivera Recio, 1966, pp. 125-196). Questo prelato, oggetto di giudizi storici contrastanti, ha il merito di aver riorganizzato una Chiesa rinascente e in formazione, indirizzandola verso la riforma gregoriana, cioè verso l'unità liturgica sotto il rito romanogallicano, in contrapposizione con la liturgia mozarabica (Rivera Recio, 1976, pp. 313-326). Bernardo portò anche la riforma cluniacense in Spagna e fu di fatto l'iniziatore della riforma culturale toledana; egli impresse a quest'ultima un carattere 'europeo', che - unitamente all'altra corrente autoctona, la mozarabica - preparò la rinascita culturale dei secc. 12° e 13°, i cui protagonisti indiscussi furono il vescovo Raimundo e il re Alfonso X il Saggio (Rivera Recio, 1976, pp. 281-312); tra le altre attività, essi incentivarono la c.d. scuola dei traduttori di Toledo, la cui funzione fu, a quel tempo, della massima importanza. Toledo si trasformò infatti in una delle città-cardine nel processo di incontro e unione tra la cultura greca classica, trasmessa dagli Arabi, e il nuovo pensiero cristiano, base del Rinascimento (Orfali, 1985). Il periodo di massima fioritura dell'opera di traduzione durò ca. un secolo e mezzo (1130-1287) ed è distinguibile in due momenti fondamentali (Gil, 1985): quello raimondiano (1130-1187), che oltrepassa il 1152, anno di morte dell'arcivescovo, e quello alfonsino (1252-1287), con un periodo intermedio di transizione. Inizialmente il lavoro dei traduttori si concentrò sulle versioni in latino di testi arabi di argomento filosofico; nell'epoca alfonsina ci si volse a testi di carattere scientifico, tradotti in castigliano. Ciò ebbe come conseguenza che "il carattere universale che le traduzioni avevano nell'epoca precedente si ridusse al regno di C. e la cultura racchiusa in opere islamiche si nazionalizzò ed ebbe poca risonanza al di là dei Pirenei. Così si dette inizio al regionalismo isolante della Spagna rispetto al resto dell'Europa" (Gil, 1985).L'arcivescovado di Toledo dovette affrontare numerose questioni all'epoca del suo insediamento: uno dei problemi più impegnativi fu rappresentato dai rapporti politici e amministrativi con i mozarabi (Tolède XIIe-XIIIe, 1991). Per secoli essi avevano conservato la religione cattolica, si erano trasmessi le credenze di padre in figlio e ogni generazione aveva lasciato alla seguente i libri sacri. Il clero mozarabico aveva mantenuto questo popolo scrupolosamente ancorato alle vecchie tradizioni. Vi fu quindi, evidentemente, una grande resistenza nei confronti della riforma romana e ciò non avvenne tanto nel territorio diocesano, quanto in quelle comunità che, messe in fuga dalla persecuzione degli Almohadi, dalle comarche comunque non conquistate si erano rifugiate a Toledo. Fu questo il caso degli abitanti di Malaga, colonizzatori di Huerta de Valdecarábanos, arrivati con il proprio arcidiacono, al quale Alfonso VII aveva concesso il villaggio di Pastor. A Toledo e a Talavera de la Reina vissero in esilio vescovi mozarabi come quello di Denia e l'ultimo metropolita di Siviglia. La comunità mozarabica di Toledo non poteva contare su forti risorse economiche; utilizzò quindi le chiese visigote esistenti, che, a distanza di tre secoli dalla fondazione, stavano a poco a poco cadendo in rovina. Oltre a Santa María, vengono citati nei documenti il monastero di San Servando, la chiesa di Santa María di Alfizén e la basilica di Santa Leocadia. Fuori Toledo si trova Santa María di Melque, che Caballero Zoreda (1987) ritiene visigota, come sembrerebbe anche dagli scavi effettuati, ma che nel sec. 10° fu profondamente restaurata per assumere l'aspetto di una costruzione dell'epoca. Nel sec. 12°, come attestano i documenti, esistevano nella capitale diverse chiese, alcune ricavate dall'adattamento di moschee, come quella di Bāb al-Mardum, intitolata al Santo Cristo de la Luz, ampliata in forme mudéjares, nelle quali avevano un ruolo particolare le strutture murarie, molto spesse e formate da un'intelaiatura di archi ciechi di scarsissimo aggetto e variamente sovrapposti.Fuori Toledo rimangono pochi edifici mozarabici del sec. 12°; tra questi Talavera de la Reina, Guadalajara e alcune terre dell'Alcarria offrono esempi di architettura mudéjar; a Carrabanchel Bajo si trova la cappella di Santa María de la Antigua, un'altra è situata a Móstoles, nei villaggi abbandonati di Valtierra e Humanejos restano solo rovine, mentre a Madrid, oltre ad alcuni ruderi, vanno ricordati i campanili delle chiese di San Pedro e San Nicolas. Si tratta dell'interpretazione in mattoni dello stile romanico 'europeo', così come in seguito sarebbe avvenuto con il Gotico (Pérez Higuera, Delgado Valero, 1991).I documenti ricordano la presenza di diversi manufatti del sec. 12° nella cattedrale di Toledo: si tratta di codici miniati, smalti di Limoges, due sculture della Vergine ricoperte d'argento, una piccola arca-reliquiario di s. Eugenio, un retablo bizantino di dimensioni ridotte; una puntuale informazione sugli oggetti liturgici esistenti viene fornita da un antico inventario appartenente a Don Nunno Ybannez (Conde de Cedillo, 1919; Rivera Recio, 1976, pp. 327-340).A Toledo si conservano alcuni dipinti romanici, tra cui quelli di San Román (Camón Aznar, 1942). Sono quasi del tutto scomparsi gli affreschi che ornavano l'abside del Santo Cristo de la Luz, ceduto come oratorio nel 1182 dall'arcivescovo Gonzalo Pérez ai cavalieri dell'Ordine di Santiago.Il monachesimo mozarabico continuò a sopravvivere nel sec. 12° (monastero di San Servando, Santa Colomba), sostituito però nella capitale, a metà del secolo, dai Premonstratensi. Dovettero esistere anche comunità a Melque e a San Martín de Valdeiglesias (Madrid). I Cluniacensi, sia pure in modo provvisorio, si stabilirono nella cattedrale di Toledo, come pure a San Servando, nel priorato di San Martín de Madrid, dipendente dall'abbazia di Silos, e a Santa María de Batres; i Cistercensi si insediarono a San Martín de Valdeiglesias, a Buenaval e a Ovila (Guadalajara) e forse a Melque. Furono fondati anche monasteri femminili: San Clemente, Santo Domingo de Silos e San Pedro de Alfizén, nella capitale. Esistettero anche abbazie e collegiate di Canonici regolari: le abbazie canonicali di Santa Leocadia e di San Vicente de la Sierra, i priorati di San Servando e di San Justo de Alcalá, il monastero premonstratense di Santa Colomba, a Toledo. A quelli già citati bisogna aggiungere gli ordini militari: i Templari, gli Ospedalieri di S. Giovanni di Gerusalemme e i Cavalieri del Santo Sepolcro, tra quelli provenienti dall'esterno. Tra quelli spagnoli, di particolare importanza nella riconquista castigliana furono l'Ordine di Calatrava, il cui fondatore Raimondo fu abate di Fitero, il rinnovato Ordine militare di Calatrava, che fu in contrasto con la diocesi toledana, e l'Ordine di Santiago. In relazione alla liberazione degli schiavi, va ricordato l'Ordine della SS. Trinità, fondato intorno al 1193 da s. Giovanni de Mata, il cui sepolcro, più tardo, si trova attualmente a Madrid (Mus. Arqueológico Nac.; Rivera Recio, 1976, pp. 147-256).I conventi toledani subirono ampliamenti spesso realizzati in stile mudéjar nel corso del Basso Medioevo (Martínez Caviró, 1980). Di fatto la Toledo del sec. 13° si presenta come una città tipicamente mudéjar, in cui la massa bianca della cattedrale appare come un elemento del tutto esotico. Esempi toledani di architetture religiose rappresentative del sec. 13° sono l'ampliamento del Santo Cristo de la Luz, già ricordato, e il Santiago del Arrabal. Sono di epoca più tarda Santa Ursula, San Justo, San Vicente, San Bartolomé (ricostruito agli inizi del sec. 14° da Don Gonzalo Ruiz, signore di Orgaz), la Concepción, San Antolín (od. convento di Santa Isabel de los Reyes), Santa Leocadia, il Cristo de la Vega, la cappella intitolata a s. Eugenio. Campanili di questo stesso stile sono disseminati in varie zone della città.L'architettura mudéjar toledana, fortemente caratterizzata, estese la sua influenza a O fino a Talavera, e a N-E fino a Guadalajara e alla Alcarria. La chiesa più importante conservata a Talavera è quella di Santiago, degli inizi del 14° secolo. Allo stile mudéjar appartengono anche la chiesa di San Simón en Brihuega e quella di Galápagos nella Alcarria (Torres Balbás, 1949, pp. 255-256).Ferdinando III il Santo, padre di Alfonso X, e Rodrigo Ximénez de Rada posero nel 1226 la prima pietra della cattedrale gotica di Toledo (Franco Mata, 1991). Costruita sulla preesistente Grande moschea, sorta a sua volta sulla primitiva chiesa gotica di Santa María, essa è l'immagine del potere regio - fondamento e pantheon di molti re di C. durante l'avanzata della Reconquista - e del potere episcopale, in contrasto con le parrocchie mozarabiche o latine, i cui edifici erano simili a moschee o a sinagoghe. Lo stile architettonico la avvicina alla cattedrale di Bourges (1195), come dimostra la porta dell'Orologio, eseguita tra il 1280 e il 1300 (Pérez Higuera, 1987), anche se all'interno emergono elementi mudéjares, tanto nelle membrature (per es. gli archetti del transetto), quanto nei monumenti sepolcrali (per es. quello di Fernando Gudiel). Si nota anche un influsso ebraico nella recinzione del coro; il programma iconografico della Genesi e dell'Esodo è parallelo ai manoscritti delle Haggādot, alcuni dei quali sono decorati con splendide miniature riferite alla vigilia pasquale (Franco Mata, 1987).La cattedrale di Toledo accolse le spoglie di vari monarchi (Alfonso VII, Sancio III, Sancio IV il Bravo, Enrico II, Enrico III) e delle loro mogli (del Arco, 1954; Pérez Higuera, 1985; El Panteón Real, 1988, p. 23). La C. non ebbe un pantheon reale situato in un'unica sede, a differenza di quanto avvenne in Francia con l'abbazia di Saint-Denis; i monarchi infatti eleggevano la propria sepoltura nei luoghi che via via andavano conquistando, fino ai Re Cattolici, inumati nella cattedrale di Granada nel 16° secolo.Torres Balbás, che ritiene gli ebrei dal punto di vista artistico in rapporto soprattutto con lo stile musulmano-almohade e con quello mudéjar, attribuisce al sec. 13° inoltrato la sinagoga detta El Tránsito, opera splendida le cui spese furono sostenute nel 1355-1357 da Shĕmuel Ha-Lēvī Abu᾽l-῾āFiya, consigliere e tesoriere di Pedro I (Torres Balbás, 1949, pp. 43-46, 372; Cantera Burgos, 1973, pp. 49-138). La decorazione in gesso è esuberante e le iscrizioni si considerano tra le più poetiche di carattere biblico (González Simancas, 1929; Cantera Burgos, Millás Vallicrosa, 1956).A Toledo nel Basso Medioevo viveva un gran numero di ebrei, come dimostra l'esistenza di due ghetti (Porres, 1972; León Tello, 1979): il ghetto minore o vecchio (l'Alcaná), formatosi forse al termine del sec. 13° e distrutto alla fine del 14°, era in parte situato in quello che attualmente è il chiostro della cattedrale, fatto costruire da Pedro Tenorio (León Tello, 1968-1972); il ghetto maggiore, esistente già in epoca musulmana, fu abitato dagli ebrei fino al 1492 e ancora oggi se ne conserva il nome.Nel territorio castigliano - oltre alla cattedrale di Toledo, che con quelle di Burgos e León forma il gruppo di edifici gotici più importante di Spagna - sorge la cattedrale di Cuenca. Eretta in forme raffinatissime verso il 1200, ebbe il duplice carattere di santuario e di fortezza. Presenta una pianta a croce latina, tre navate e un ampio capocroce privo di archi rampanti, con un profondo presbiterio che accoglie gli stalli del coro, chiuso a E da un'abside poligonale a sette lati con due file di semplici finestre. A differenza di quella di Toledo, la cattedrale di Cuenca ebbe una notevole influenza su altri edifici della C., come per es. il Monasterio de Santa María la Real de Huelgas a Burgos, il refettorio di Huerta, la cappella maggiore e i bracci del transetto della cattedrale di Sigüenza (Lambert, 1931; Torres Balbás, 1952, pp. 50-54, 108-109).
Bibl.:
Fonti. - Isidoro di Siviglia, Etymologiarum libri XX, in PL, LXXXII, coll. 9-728; id., Differentiarum libri duo, ivi, LXXXIII, coll. 9-98; id., Sententiarum libri tres, ivi, coll. 537-738; id., De ecclesiasticis officis, ivi, coll. 737-826; Ildefonso di Toledo, De virginitate perpetua Sanctae Mariae, ivi, XCVI, coll. 53-110; Giuliano di Toledo, Prognosticon futuri saeculi, ivi, coll. 453-524; id., De comprobatione sextae aetatis, ivi, coll. 537-586; id., Antikeimenon, ivi, coll. 595-706.
Letteratura critica. - J. Amador de los Ríos, Estudios históricos, politicos y literarios sobre los judios de España, Madrid 1848; Conde de Cedillo, Catálogo monumental y artístico de la catedral de Toledo, Madrid 1919 (19912); C.H. Beeson, The Ars Grammatica of Julian of Toledo, in Miscellanea Francesco Ehrle, I (Studi e testi, 37), Roma 1924, pp. 50-70; M. González Simancas, Las sinagogas de Toledo y el baño litúrgico judío, Madrid 1929; E. Lambert, L'art gothique en Espagne aux XIIe-XIIIsiècles, Paris 1931; J. Camón Aznear, Pinturas murales de San Román de Toledo, AEA 15, 1942, pp. 50-58; J.M. Millás Vallicrosa, Estudios sobre historia de la ciencia española, Barcelona 1949; L. Torres Balbás, Arte almohade. Arte nazarí. Arte mudéjar (Ars Hispaniae, 4), Madrid 1949; M. Gómez-Moreno, El arte árabe español hasta los Almohades. Arte Mozárabe (Ars Hispaniae, 3), Madrid 1951; L. Torres Balbás, Arquitectura gótica (Ars Hispaniae, 7), Madrid 1952; R. del Arco, Sepulcros de la Casa Real de Castilla, Madrid 1954; F. Cantera Burgos, J.M. Millás Vallicrosa, Las inscripciones hebraicas de España, Madrid 1956; L. Torres Balbás, Ciudades hispano-musulmanas, 2 voll., Madrid [1957]; id., Ciudades yermas de la España musulmana, Boletín de la Real Academia de la historia 141, 1957, pp. 17-218; J. González, El reino de Castilla en la época de Alfonso VIII, 3 voll., Madrid 1960; A. Ballesteros Beretta, Alfonso X el Sabio, Barcelona 1963; C.J. Bishko, El castellano, hombre de llanura. La explotación ganadera en el área fronteriza de la Mancha y Extremadura durante la Edad Media, in Homenaje a Jaime Vicens Vives, Barcelona 1965, pp. 201-218; Historia de España, a cura di R. Menéndez Pidal, XIV, España cristiana, crisis de la reconquista luchas civiles, Madrid 1966; J.F. Rivera Recio, La iglesia de Toledo en el siglo XII (1086-1208), I, Roma 1966; id., Reconquista y pobladores del antiguo reino de Toledo, Anales toledanos 1, 1967, pp. 1-55; P. de Palol, Arte hispánico de la época visigoda, Barcelona 1968; P. León Tello, El Alcaná de Toledo, entre los bienes del arzobispo don Pedro Tenorio, Revista de archivos, bibliotecas y museos 75, 1968-1972, pp. 127-139; J.F. Rivera Recio, Los arzobispos de Toledo en la Baja Edad Media (s. XIIXV), Toledo 1969, pp. 45-98; La fundación de Villa Real y la Carta-puebla, Ciudad Real 1971; J. Porres, Los barrios judíos de Toledo, "Simposio Toledo Judaico, Toledo 1972", Toledo 1972, I, pp. 43-76; F. Cantera Burgos, Sinagogas de Toledo, Segovia y Córdoba, Madrid 1973; J. Catalina García, La Alcarria en los dos primeros siglos de su reconquista, Guadalajara 1973; J. González, Repoblación de Castilla la Nueva, 2 voll., Madrid 1975; R. Pastor de Togneri, Del Islam al Cristianismo. En las fronteras de dos formaciones económico-sociales. Toledo siglos XI-XIII, Barcelona 1975 (19852); J.F. Rivera Recio, La iglesia de Toledo en el siglo XII (1086-1208), II, Roma 1976; J. Orlandis, Historia de España. La España visigótica, Madrid 1977; L. García Iglesias, Los judíos en la España antigua, Madrid 1978; S. de Moxó, Repoblación y sociedad en la España cristiana medieval, Madrid 1979; P. León Tello, Judíos de Toledo, Madrid 1979; E. Mitre Fernández, La España medieval. Sociedades, estados, culturas (Fundamentos, 63), Madrid 1979 (19882); J. Yarza Luaces, Arte y arquitectura en España (500/1250), Madrid 1979 (19872), pp. 9-26; L. Caballero Zoreda, Excavaciones arqueológicas en España. La iglesia y el monasterio visigodo de Santa Maria de Melque (Toledo). Arqueología y arquitectura. San Pedro de La Mata (Toledo) y Santa Comba de Bande (Orense), Madrid 1980; B. Martínez Caviró, Mudéjar toledano: palacios y conventos, Madrid 1980; E. Mitre Fernández, Judaísmo y cristianismo. Raíces de un gran conflicto histórico (Fundamentos, 71), Madrid 1980; J. Fernández Conde, Las campañas de Fernando III el Santo (1217-1252), in Historia de la iglesia en España, a cura di R. García-Villoslada, II, 2, La iglesia en la España de los siglos XIII al XIV, Madrid 1982, pp. 27-32; J. Faci, La obra político-cultural de Alfonso X el Sabio. El ''fecho del Imperio'', ivi, pp. 256-264; id., La monarquía castellana en la Baja Edad Media, ivi, pp. 264-272; B. Pavón Maldonado, Alcalá de Henares. Arte islámico y mudéjar, Madrid-Alcalá 1982; id., Guadalajara medieval: arte y arqueología, Madrid 1984; T. Pérez Higuera, Paseos por el Toledo del siglo XIII, Madrid 1984; Instrumentos astronómicos en la España Medieval. Su influencia en Europa, Santa Cruz de la Palma 1985; J.S. Gil, La escuela de traductores de Toledo y sus colaboradores judíos, in Encuentro de las tre culturas, "Actas del II Congreso internacional, Toledo 1983", Toledo 1985, pp. 17-57; M. Orfali, Los traductores judíos de Toledo: nexo entre Oriente y Occidente, ivi, pp. 253-260; T. Pérez Higuera, Los sepulcros de Reyes Nuevos (Catedral de Toledo), Tekne 1, 1985, pp. 131-139; J. Porres Martín-Cleto, Historia de Ṭulayṭula (711-1085), Toledo 1985; L. Caballero Zoreda, La antigüedad tardía: artes plasticas y urbanismo, in Historia general de España y America, II, Madrid 1987, pp. 589-624; C. Delgado, Materiales para el estudio morfológico y ornamental del arte islámico en Toledo, Toledo 1987; id., Toledo islámico: ciudad, arte e historia, Toledo 1987; A. Franco Mata, El Génesis y el Exodo en la cerca exterior del coro de la catedral de Toledo, Toletum 21, 1987, pp. 49-160; T. Pérez Higuera, La puerta del Reloj en la catedral de Toledo, Toledo 1987; R. Puig Aguilar, Los tratados de construccion y uso de la Azafea de Azaquiel, Madrid 1987; A. Franco Mata, Relaciones hispano-italianas de la escultura funeraria del siglo XIV, in La idea y el sentimiento de la muerte en la historia y en el arte de la Edad Media, "Ciclo de Conferencias, Santiago de Compostela 1986", a cura di M. Núñez, E. Portela, I, Santiago de Compostela 1988, pp. 99-125; R. López Torrijos, Iconografía de San Ildefonso desde sus orígenes hasta el siglo XVIII (Cuadernos de arte y iconografía), Madrid 1988; El Panteón Real de las Huelgas de Burgos, Junta de Castilla-León 1988; L.A. García Moreno, Historia de España visigoda, Madrid 1989; T. Pérez Higuera, C. Delgado Valero, Toledo islámico y mudéjar, in Arquitecturas de Toledo, I, Toledo 1991, pp. 59-405; A. Franco Mata, Arte gótico en Toledo, ivi, pp. 407-590; Tolède XIIe-XIIIe. Musulmans, chrétiens et juifs: le savoir et la tolérance, a cura di L. Cardaillac, Paris 1991; A. Franco Mata, El arzobispo Pedro Tenorio: vida y obra. Su capilla funeraria en el claustro de la catedral de Toledo, in La idea y el sentimiento (cit.), II, Santiago de Compostela 1992, pp. 73-93; El legado científico andalusí, cat. (Madrid 1992), Barcelona 1992.
La C. dei secc. 11° e 12° vide il rapido diffondersi dell'arte romanica, la cui prima fase, definibile lombarda, ebbe qualche influenza sull'architettura della C., riscontrabile per es. nella chiesa di Urueña (prov. Valladolid), vero trapianto catalano, datato intorno alla fine del sec. 11°, e nella cappella di San Pelayo di Perazancas (Palencia). In seguito, l'influsso dell'architettura di Cluny fu fondamentale per l'introduzione di una nuova arte in Castiglia. La venuta dei monaci cluniacensi fu incoraggiata da Ferdinando I (1035-1065), ma fu durante il regno di Alfonso VI (1030-1109) che si realizzò il definitivo insediamento dell'Ordine nella regione. Nel 1073 il re donò a Cluny il monastero di San Isidro di Dueñas come compenso per i ritardi nel pagamento del censo annuale concordato con l'abbazia borgognona. Tre anni più tardi la contessa Donna Teresa donò all'abbazia San Zoilo di Carrión de los Condes e nel 1093, alla morte della regina Donna Costanza, l'abbazia ereditò i possedimenti di San Salvador di Nogal de las Huertas, in stretta relazione con Frómista. D'altra parte il principale scultore di Frómista si ispira alla tradizione del Beato di Saint-Sever-sur-Adour della stessa epoca, il cui committente, l'abate Gregorio (1028-1072), si era formato a Cluny.La cattedrale di Santiago de Compostela, principale centro di pellegrinaggio della Spagna, rispecchia il modello delle cattedrali francesi dislocate lungo le più importanti vie dei pellegrinaggi medievali, come Saint-Martin di Tours (via Turonensis), Saint-Martial di Limoges (via Limosina), Sainte-Foy di Conques (via Podensis) e Saint-Sernin di Tolosa (via Tolosana). Il Camino de Santiago passava per la C. e tra le città che attraversava vanno ricordate San Juan de Ortega, Burgos, Castrojeriz (Burgos), Boadilla del Camino, Frómista, Villalcázar de Sirga e Carrión de los Condes (Palencia).Uno dei più interessanti esempi di Romanico castigliano è costituito dalla chiesa di San Martín a Frómista; la costruzione dell'odierno edificio, che ha subìto un restauro troppo radicale, sembra risalire all'ultimo ventennio del sec. 11° e presenta in facciata due torri cilindriche gemelle, che ricordano esempi ottoniani o della prima età romanica, nonché una ricca decorazione plastica.Della prima chiesa romanica del monastero di Silos rimangono soltanto ruderi al di sotto della costruzione attuale; si conserva però il più bel chiostro spagnolo romanico che è, insieme a quello di Moissac, uno dei più importanti d'Europa. Venne iniziato, inglobando parti di un chiostro più antico, intorno al 1095-1100, pochi anni dopo la consacrazione della chiesa nel 1088; i lavori furono interrotti tra il 1103 e il 1108. Dei sei rilievi, i più antichi rappresentano l'Ascensione e la Pentecoste, i più recenti l'incredulità di s. Tommaso e Cristo e i discepoli di Emmaus; questi ultimi sono da mettere in relazione con la scultura di Moissac. I capitelli sono opera di eccezionale qualità e in essi pare esser presente l'influsso degli avori dell'epoca dei califfi e di quelli di Cuenca.I lavori di costruzione del chiostro furono ripresi intorno alla fine del sec. 12°; risalgono a questo periodo il grande capitello 'quadruplo' con l'Annunciazione, le Storie di Cristo prima della passione e l'albero di Iesse, il cui autore è lo stesso del timpano dell'antico portale della chiesa distrutta che dava sul chiostro. Queste opere, come il portale della chiesa di Santiago di Carrión de los Condes (Palencia) e l'Annunciazione del portale sud, lo splendido portale ovest o il cenotafio dei ss. Vicente, Cristina e Cristeta in quella di San Vicente di Ávila, nonché il monastero di Aguilar de Campo (Palencia), sono tra le più rilevanti del Tardo Romanico castigliano.Anche al di fuori dell'area del Camino de Santiago l'arte romanica si manifestò con opere di alto livello, per es. nel San Miguel di San Esteban de Gormaz (Soria), il cui portico a galleria trova riferimenti in quelli di Valdediós (Asturie) e di San Miguel de Escalada (León). Un interessante portico è anche quello di San Salvador di Sepúlveda (1093), ma certamente di maggiore rilevanza sono quelli, appartenenti alla seconda metà del secolo, di Rebolledo de la Torre (1186), Jaramillo de la Fuente (Burgos) e Sotosalbos vicino a Segovia.Numericamente più scarse sono le testimonianze della pittura romanica castigliana. Esistono tuttavia validi esempi di pittura murale, come a Santa Cruz di Maderuelo (Segovia), i cui affreschi sono in parte conservati a Madrid (Mus. del Prado), e come la seconda fase della decorazione di San Baudelio de Berlanga. Il programma di Santa Cruz di Maderuelo è molto ampio: Creazione del mondo e Peccato originale sono raffigurati sulla parete occidentale, mentre su quella orientale appaiono la Croce trionfante con il messaggio salvifico dell'Agnello e l'Annuncio ad Abramo e Melchisedec; al di sotto sono rappresentate l'Adorazione dei Magi e la Maddalena e sulla volta e sulle pareti laterali è affrescata la Teofania nella Gerusalemme celeste. Lo stile linearistico di questi affreschi ricorda quello di Santa Maria di Taüll, in Catalogna. A San Baudelio de Berlanga solo una parte dei dipinti è conservata in situ, mentre altri si trovano a Madrid (Mus. del Prado) e a Boston (Mus. of Fine Arts); a New York (Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters) sono gli affreschi di San Pedro de Arlanza (Burgos). Si conservano anche pitture murali in alcune chiese rurali nell'area meridionale della conca del Duero, in cui spesso ricorre l'immagine del Pantocratore affiancato dal tetramorfo.I monaci cistercensi si stabilirono a León e in C. durante il regno di Alfonso VII (1104-1157) che, intorno al 1132, aveva richiesto direttamente a Bernardo di Chiaravalle l'invio di alcuni monaci; la prima abbazia cistercense venne così fondata a Moreruela (Zamora) nel 1132. La diffusione dell'Ordine in C. fu rapidissima, dato che nel 1153 erano già stati fondati i più importanti monasteri, eccezion fatta per Rueda (Saragozza) e Oya (Pontevedra); molti altri ne seguirono negli anni successivi, per es. Sacramenia (Segovia), Valbuena e La Espina (Valladolid), fondato da Sancia, sorella di Alfonso VII nel 1147, Rioseco (Burgos), Palazuelos e Matallana (Valladolid), fondati rispettivamente nel 1169 e nel 1174, Benavides (Palencia), nel 1169, Gumiel (Burgos), nel 1194, Sotosalbos (Segovia), nel 1212 e La Vega (Palencia), nel 1213.Nella prov. di Palencia la prima fondazione cistercense fu lo scomparso monastero di Santa María de la Consolación di Perales. L'unica abbazia dalle forme architettoniche propriamente cistercensi è quella femminile di San Andrés del Arroyo; le altre - Benavides e La Vega - risentono delle tradizioni architettoniche locali.I capitelli di queste abbaziali, seguendo la norma cistercense, non presentano decorazioni, salvo eccezioni, come per es. a Fitero.Fu soprattutto nell'età di Alfonso X il Saggio (1221-1284) che la cultura castigliana conobbe uno dei periodi di massima fioritura. Giustamente famose sono le sue Cantigas de Santa María (Madrid, Bibl. Nac., 10069; Escorial, Bibl., b. I. 2 e T.I.1; Firenze, Bibl. Naz., B.R.20), testi poetici illustrati, con un commento esplicativo in castigliano e con notazione musicale. Furono scritte e copiate per più di venti anni - le ultime risalgono al 1281 - e le loro miniature sono fondamentali per la conoscenza della cultura militare, civile e religiosa di mori, ebrei, cavalieri, cristiani: costituiscono cioè un vero e proprio patrimonio iconografico della civiltà castigliana.Le fonti di un'opera così gigantesca sono molto varie: racconti di miracoli o esempi tratti da fonti latine (Gil de Zamora, Liber Mariae), da fonti romanze (Gonzalo de Berceo, Milagros de nuestra Señora), da racconti locali e dei santuari mariani (Salas Villasirga, Castrojeriz), mescolati a esperienze personali del re o dei suoi antenati. Non si conoscono i nomi dei copisti, dei miniatori e dei luoghi di redazione: si è parlato, senza nessuna certezza, di Siviglia, Toledo e Murcia.Il monarca compose inoltre quasi una cinquantina di cantigas profane, tra cui predominano quelle ironiche e di scherno contro nobili irrequieti, contro chi gli contendeva il trono di Germania, contro il papa che non accettava di nominare come arcivescovo di Santiago il suo candidato oppure contro il decano di Cadice.Alfonso X manifestò profondo interesse anche per l'architettura, religiosa, civile e militare, per la scultura, per le vetrate e per l'oreficeria, lasciando l'impronta della sua influenza nella costruzione delle cattedrali di Burgos, la residenza reale della Vecchia C., e León.La cattedrale gotica di Burgos, che rivela influenze dell'architettura e della scultura francese, occupava il luogo della precedente romanica, iniziata tra il 1079 e il 1081, officiata già nel 1092 e dove nel 1219 contrassero matrimonio Ferdinando III il Santo (1199-1252) e Beatrice di Svevia. Il vescovo Mauricio, che si era recato in Germania per pianificare le nozze, fortemente impressionato dalle splendide cattedrali francesi, pose nel 1221 la prima pietra della nuova cattedrale, per la cui erezione il re donò il luogo dove erano situati i palazzi reali. La costruzione si può considerare terminata verso il 1280, poiché se ne conoscono abbastanza bene le fasi, comprese quelle della decorazione dei portali. Il portale meridionale, detto del Sarmental, dove è raffigurato il Giudizio apocalittico, è il più antico (1230-1240 ca.); dieci anni più tardi vennero portati a termine il corrispondente rosone e la galleria superiore. Del 1245-1260 ca. è la facciata nord, nel cui portale, detto della Coronería, è rappresentato il tema del Giudizio finale secondo il Vangelo di Matteo. Il portale occidentale dedicato alla Vergine venne realizzato in stile rayonnant tra il 1250 e il 1270 ca., durante il regno di Alfonso X, e fu demolito nel 1790. Intorno al 1260 furono erette le gallerie che completavano le facciate del transetto, verso il 1265 fu portato a termine il terzo corpo della facciata occidentale, mentre fra il 1270 e il 1280 si diede inizio al chiostro e si costruì il nuovo complesso di cappelle radiali del deambulatorio.Questa cattedrale servì da modello per quella di León e, insieme a questa e a quella di Toledo, rappresenta il più interessante esempio della penetrazione del Gotico francese in Spagna. Altre importanti realizzazioni sono le chiese di Sasamón, di Grijalba e quelle di San Esteban e di San Gil a Burgos. Esiste inoltre un nutrito gruppo di chiese di grande interesse, in cui si adottarono con maggiore o minore successo le innovazioni gotiche. La chiesa di Villalcázar de Sirga (Palencia), del sec. 13° inoltrato, presenta un capocroce con tre cappelle e una navata trasversale che precede l'ampio transetto, con colonne monumentali ma spazi non troppo ampi. Più ariosa è la chiesa di Villamuriel de Cerrato (Palencia), molto simile alla precedente, in cui è notevole il corpo del tamburo della cupola che dà luce al transetto.Capitolo importante dell'arte gotica nella C. Vecchia è quello dei monumenti funebri: tombe isolate, urne, semplici lapidi sepolcrali. Ne rimangono numerosi esempi del sec. 13° nella cattedrale di Burgos, nel Monasterio de Santa María la Real de Huelgas, a Palencia (Villalcázar de Sirga, Aguilar de Campo, Carrión de los Condes) e a Valladolid.Dopo la morte di Alfonso X si ebbe un cambiamento sostanziale nell'orientamento culturale di León e di Castiglia. Con il diminuire dell'influenza dell'Oriente crebbero i contatti con l'Occidente, sia politici, sia economici, sia culturali. Come eccezioni a tale tendenza si possono citare il fenomeno mudéjar, particolarmente apprezzabile nel campo artistico e poi passato anche alla letteratura, e le minoranze intellettuali ebree.Il sec. 14° si configurò come un periodo di crisi nella produzione artistica, durante il quale essenzialmente vennero portati avanti i grandi cantieri del Duecento, come il chiostro della cattedrale di Burgos. Nel 1316 il vescovo Gonzalo de Hinojosa fece edificare una nuova sala capitolare a Burgos e nel 1321 venne posta la prima pietra della cattedrale di Palencia. La costruzione fu realizzata in tre fasi successive, la prima delle quali corrisponde agli anni 1321-1426. L'edificio fu eretto in base a un progetto ispirato a quello della cattedrale di Burgos, modificato nel sec. 15°, quando i lavori acquistarono maggior impulso.Nel sec. 14° la scultura monumentale dei portali delle cattedrali lasciò il posto a una scultura di tono più narrativo e si moltiplicò l'esecuzione di immagini sacre con fini devozionali. La Legenda aurea di Jacopo da Varazze, della fine del sec. 13°, influenzò dal punto di vista iconografico sia la scultura sia la pittura. Anche la letteratura mistica relativa alla passione di Cristo influenzò marcatamente, in scultura, l'iconografia del Crucifixus dolorosus, che in C. è rappresentata da una dozzina di esemplari con caratteristiche particolari.Per quanto riguarda la pittura gotica, il ciclo più interessante della C. è costituito dai dipinti murali di Peñafiel, che raffigurano l'Incontro dei tre vivi e dei tre morti.L'arte mudéjar, che comincia a svilupparsi nel sec. 12°, ricevette grande impulso nel 14°, soprattutto per iniziativa dei re, alcuni dei quali, affascinati dalle forme artistiche islamiche, incoraggiarono la costruzione di palazzi e di altri edifici di impronta gotico-mudéjar. Nella meseta settentrionale l'opera più importante è il palazzo reale di Tordesillas, costruito tra il 1340 e il 1344 per ordine di Alfonso XI.
Bibl.:
Fonti. - Sancti Beati a Liebana Commentarius in Apocalypsin, a cura di E. Romero-Pose, 2 voll., Roma 1985.
Edd. in facsimile. - F. Menéndez-Pidal, El libro de la Cofradía de Santiago de Burgos, Bilbao 1977; El primer lapidario de Alfonso X el Sabio. Ms.h. I 15 de la biblioteca de El Escorial, Madrid 1982.
Letteratura critica. - M. Gómez Moreno, Iglesias mozárabes. Arte español de los siglos IX a XI, Madrid 1919 (rist. Granada 1975); A.K. Porter, Romanesque Sculpture of the Pilgrimage Roads, 10 voll., Boston 1923; G. Gaillard, L'église et le cloître de Silos. Dates de la construction et de la décoration, BMon 91, 1932, pp. 39-80 (rist. in id., Etudes d'art roman, Paris 1972, pp. 243-270); F.B. Deknatel, The Thirteenth Century Gothic Sculpture of the Cathedrals of Burgos and Leon, ArtB 17, 1935, pp. 243-389; J. Pérez Villanueva, Las pinturas de la iglesia de San Pablo de Peñafiel, Boletín del Seminario de arte y arqueología de la Universidad de Valladolid 10, 1935-1936, pp. 99-123; Las peregrinaciones a Santiago de Compostela, 3 voll., Madrid 1948; J. Guerrero Lovillo, Las cantigas. Estudio arqueológico de sus miniaturas, Madrid 1949; J. González, Reconquista y repoblación de Castilla, León, Extremadura y Andalucía. Siglos XI al XIII, in La Reconquista española y la repoblación del país, Zaragoza 1951; R. del Arco, Sepulcros de la Casa Real de Castilla, Madrid 1954; H.P. Eydoux, L'abbatiale de Moreruela et l'architecture des eglises cisterciennes d'Espagne, Cîteaux 5, 1954, pp. 173-207; J.A. Maravall, El concepto de España en la Edad Media, Madrid 1954 (19813); C. Pescador, La caballería en León y Castilla, Cuadernos de historia de España 33-34, 1961, pp. 101-238; 35-36, 1962, pp. 56-201; 37-38, 1963, pp. 88-198; 39-40, 1964, pp. 169-262; J. Camón Aznar, Arquitectura española del siglo X. Mozárabe y de la repoblación, Goya, 1963, 52, pp. 206-219; M. Cocheril, L'implantation des abbayes cisterciennes dans la péninsule ibérique, Anuario de estudios medievales 1, 1964, pp. 217-281; C.J. Bishko, El castellano, hombre de llanura. La explotación ganadera en el área fronteriza de la Mancha y Extremadura durante la Edad Media, in Homenaje a Jaime Vicens Vives, Barcelona 1965, pp. 201-218; P. de Palol, Spanien. Kunst des frühen Mittelalters vom Westgotenreich bis zum Ende der Romanik, München 1965; Castille romane, I (La nuit des temps, 23), La Pierre-qui-Vire 1966; C.J. Bishko, Fernando I y los origines de la alianza castellano-leonesa con Cluny, Cuadernos de historia de España 47, 1968, pp. 31-135; 49-50, 1969, pp. 50-167 (rist. in id., Studies in Medieval Spanish Frontier History, London 1980); J. Gautier Dalché, L'histoire monetaire de l'Espagne septentrionale et centrale du IXe au XIe siècles: quelques réflexions sur divers problèmes, Anuario de estudios medievales 6, 1969, pp. 43-95; J. Williams, A Contribution to the History of the Castillian Monastery of Valeranica and the Scribe Florentius, MDAIMad 11, 1970, pp. 231-248; M.J. Preusser, The Role of the Church and the Military Orders on the Southern Castillian Frontier from 1170 to 1214, Colorado 1972; J.M. Azcárate, El protogótico hispánico, Madrid 1974; I. Bango Torviso, Arquitectura de la décima centuria: repoblación o mozárabe?, Goya, 1974, 121, pp. 68-75; R. Cómez Ramos, Arquitectura alfonsí, Sevilla 1974; G. Jackson, Introducción a la España medieval, Madrid 1974; M.A. García Guinea, El arte románico en Palencia, Palencia 1975; A. Domínguez Rodríguez, Filiación estilística de la miniatura alfonsina, in España entre el Mediterraneo y el Atlantico, "Actas del XXIII Congreso internacional de historia del arte, Granada 1973", I, Granada 1976, pp. 345-358; S. Moralejo Alvarez, Sobre la formación del estilo escultórico de Frómista y Jaca, ivi, pp. 427-434; A. Domínguez Rodríguez, Imágenes de presentacion de la miniatura alfonsí, Goya, 1976, 131, pp. 287-291; G. Duby, Saint Bernard. L'art cistercien, Paris 1976 (trad. it. San Bernardo e l'arte cistercense, Torino 1982); M. Mentré, La miniatura en León y Castilla en la Alta Edad Media, León 1976; J. Zozaya, Algunas observaciones en torno a la ermita de San Baudelio de Casillas de Berlanga, Cuadernos de la Alhambra 12, 1976, pp. 307-338; J. Ara, Escultura gótica en Valladolid y su provincia, Valladolid 1977; C. Estepa, Estructura de la ciudad de León (siglos XI-XIII), León 1977; A. Mackay, La España de la Edad Media desde la frontera hasta el emperio 1000-1500, Madrid 1977; V.A. Alvarez Palenzuela, Monasterios cistercienses en Castilla (siglos XII-XIII), Valladolid 1978; "Actas del Simposio para el estudio de los códices del 'Comentario al Apocalipsis' de Beato de Liébana, Madrid 1976", 3 voll., Madrid 1978-1980; F.B. Deknatel, Las empresas artísticas de Alfonso X el Sabio, Sevilla 1979; A. Domínguez Rodríguez, Miniaturas alfonsíes poco conocidas de un códice escurialense: la Estoria de España o Primera Crónica General de España (Ms. Y.I.2 de la Biblioteca de El Escorial), "Actas de las I Jornadas de estudios de la provincia de Madrid, Madrid 1979", Madrid 1979, pp. 159-164; E. Mitre Fernández, La España medieval. Sociedades, estados, culturas (Fundamentos, 63), Madrid 1979 (19882); C. Sánchez Albornoz, Los reinos cristianos españoles hasta el descubrimiento de América. Visión panorámica, Buenos Aires 1979 (19812); A. Viñayo, La coronación de Alfonso VII de León, León 1979; J. Yarza Luaces, Arte y arquitectura en España (500/1250), Madrid 1979 (19872); M. Durliat, Introducción al arte medieval en Occidente, Madrid 19802, pp. 77-117; M. Schapiro, Late Antique, Early Christian and Medieval Art. Selected Papers, London 1980; J. Yarza Luaces, Historia del arte hispánico, II, La Edad Media, Barcelona 1980; M. Valdés Fernández, Arquitectura mudéjar en León y Castilla, León 1981 (19842); A. Domínguez Rodríguez, Imágenes de un rey trovador de Santa María (Alfonso X el Sabio en las Cantigas), in Il Medio Oriente e l'Occidente nell'arte del XIII secolo, "Atti del XXIV Congresso internazionale di storia dell'arte, Bologna 1979", a cura di H. Belting, Bologna 1982, II, pp. 229-239; M. Guardia, Las pinturas bajas de la ermita de San Baudelio de Berlanga. Problemas de orígenes e iconografía, Soria 1982; S. Silva, Las empresas artísticas del Canciller Pedro López de Ayala, in Vitoria en la Edad Media, Vitoria 1982, pp. 761-768; Excavaciones en San Baudelio de Casillas de Berlanga (Soria), Noticiario arqueológico hispánico 16, 1983, pp. 381-440; A. Franco Mata, El crucifijo gótico de la iglesia del convento de San Pablo de Toledo y los crucifijos góticos dolorosos castellanos del siglo XIV, AEA 56, 1983, pp. 220-241; A. Domínguez Rodríguez, Iconografía evangélica en las Cantigas de Santa María, "Coloquio internacional sobre las Cantigas de Santa María de Alfonso el Sabio, New York 1981", Reales sitios 21, 1984, 80, pp. 37-44; id., Imágenes sobre la mujer en las Cantigas, in La mujer en el arte español, Madrid 1984; S. Moralejo, La reutilización e influencia de los sarcófagos antiguos en la España medieval, "Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, Pisa 1982", Marburg a.L. 1984, pp. 187-203; J.L. Martín, La afirmación de los reinos (siglos XI-XIII) (Historia de Castilla y León, 4), Salamanca 1985; A.M. Mundó, M. Sánches Mariana, in Los Beatos, Europalia 85 España, cat. (Bruxelles 1985), Madrid 1985, pp. 99-126; Santiago de Compostela. 1000 ans de pèlerinage européen, cat., Gand 1985; J. Valdeón, Crisis y recuperación (siglos XIV-XV) (Historia de Castilla y León, 5), Valladolid 1985, pp. 12-15; C.J. Ara Gil, Monasterios cistercienses (Cuadernos vallisoletanos, 18), Valladolid 1986; C. Estepa Díez, El nacimiento de León y Castilla (siglos VIII-X) (Historia de Castilla y León, 3), Valladolid 1986; J. Pérez-Embid Wanba, El Císter en Castilla y León. Monacato y dominios rurales (siglos XII-XV), Salamanca 1986; A. Franco Mata, Alfonso X el Sabio y las catedrales de Burgos y León, NorbaArte 7, 1987, pp. 71-81; S. Moralejo, Arte del camino de Santiago y arte de peregrinación (ss. XI-XIII), in El camino de Santiago, "Cursos superiores de verano en Galicia, Santiago de Compostela 1987", a cura di S. Moralejo, Santiago de Compostela 1987, pp. 7-28; F. López Alsina, El camino de Santiago como eje del desarrollo urbano, ivi, pp. 29-41; J. Valdéon, Manual de historia universal, V, Edad Media, Madrid 1987; I.G. Bango Torviso, Monasterio de Santa María de Moreruela, Studia zamorensia, 1988, pp. 61-116; M.J. Gómez Bárcena, Escultura gótica funeraria en Burgos, Burgos 1988; Libro del Buen Amor, a cura di F. Sevilla, P. Jauralde, Barcelona 1988; R. Martínez, La Catedral de Palencia, Palencia 1988; E.S. Procter, Curia y Cortes en Castilla y León 1072-1295, Madrid 19882 (1979); I.G. Bango Torviso, Introducción al arte español. Alta Edad Media de la tradición hispanogoda al románico, Madrid 1989; La España gótica. Castilla y León, I, Burgos, Palencia, Valladolid, Soria, Segovia y Avila, a cura di S. Andrés Ordax, Madrid 1989; L.A. García Moreno, Historia de España visigoda, Madrid 1989; J. Gautier Dalché, Historia urbana de León y Castilla en la Edad Media (siglos IX-XIII), Madrid 19892; H. Karge, La cathédrale de Burgos, organisation et technique de la construction, in Les bâtisseurs des cathédrales gothiques, a cura di R. Recht, Strasbourg 1989, pp. 139-164; id., Die Kathedrale von Burgos und die spanische Architektur des 13. Jahrhunderts, Berlin 1989; R. Martínez, La catedral y los obispos de la Baja Edad Media, "Jornadas sobre la catedral de Palencia, Palencia 1988", Palencia 1989, pp. 43-66; J.F. O'Callaghan, Las Cortes de Castilla y León 1180-1350, Valladolid 1989; B.F. Reilly, El Reino de León y Castilla bajo el Rey Alfonso VI (1065-1109), Toledo 1989; J.M. Azcárate, Arte gótico en España, Madrid 1990; M. Durliat, La sculpture romane de la route de Saint-Jacques de Conques a Compostelle, Mont-de-Marsan 1990; Las edades del hombre. Libros y documentos en la Iglesia de Castilla y León, cat., Burgos 1990; S. Moralejo, Cluny y los orígenes del románico palentino: el contexto de San Martín de Frómista, "Jornadas sobre el arte de las ordenes religiosas, Palencia 1989", Palencia 1990, pp. 7-33; C.J. Ara Gil, Aspectos artísticos del Císter en la provincia de Palencia, ivi, pp. 35-69; R. Martínez, Aproximación al estudio de los conventos franciscanos en la provincia de Palencia, ivi, pp. 111-148; El Románico en Silos. IX Centenario de la consagración de la iglesia y claustro 1088-1988, "Actas del Symposium internacional, Burgos-Silos 1990", Abadía de Silos 1990; Saint-Bernard & le monde cistercien, a cura di L. Pressouyre, T.N. Kinder, cat., Paris 1990; A. Franco Mata, Arte gótico en Toledo, in Arquitecturas de Toledo, I, Toledo 1991, pp. 407-590; M. Rueda, Primeras acuñaciones de Castilla y León (Monografías de arqueología medieval, 1), Salamanca 1991; W. Cahn, The Frescoes of San Pedro de Arlanza, in The Cloisters. Studies in Honor of the Fiftieth Anniversary, New York 1992, pp. 86-109; A. Franco Mata, El arzobispo Pedro Tenorio: vida y obra. Su capilla funeraria en el claustro de la catedral de Toledo, in La idea y el sentimiento de la muerte en la historia y en el arte de la Edad Media, "Ciclo de Conferencias, Santiago de Compostela 1986", a cura di M. Núñez, E. Portela, II, Santiago de Compostela 1992, pp. 73-93; El legado científico andalusí, cat. (Madrid 1992), Barcelona 1992; A. Franco Mata, Influence française dans la sculpture gothique des cathédrales de Burgos, León et Tolède, in Skulptur des 12. und 13. Jahrhunderts, "Akten des Kongresses, Frankfurt a.M. 1991" (in corso di stampa); id., Los crucifijos góticos dolorosos castellanos, in De la création à la restauration. Travaux d'histoire de l'art offerts à Marcel Durliat pour son 75e anniversaire (in corso di stampa).A. Franco Mata