Balbo, Cesare
, Allo storico e uomo politico piemontese (Torino 1789 - ivi 1853) si deve quella Vita di D. (Torino 1839) a cui arrise fortuna di lettori e che resta una delle più significative testimonianze del culto del poeta nell'età risorgimentale e romantica. Composta per suggerimento e con il consiglio di Carlo Troya, l'opera fu pubblicata nel 1839; successivamente fu ampliata è ristampata più volte. Il dettato si snoda in un ampio ritmo oratorio, sostenuto sempre dal calore di una viva partecipazione; le notizie sono varie e oculate, per quanto né siano esenti da errori né rappresentino contributi scientificamente originali: del resto non è sul piano erudito che va misurato il pregio o il difetto di questa biografia. Il suo interesse e, a tratti, la sua suggestione nascono dall'andamento serrato che mira a cogliere sullo sfondo di tempi agitati la grandezza di uno spirito molteplice e saldo; dalla intensità appassionata con cui il B. vive i problemi del suo tempo, attraverso i quali guarda al passato. É questa la sua forza e il suo limite: D. gli si configura come uomo calato nella storia, partecipe della storia nel suo drammatico e faticoso svolgimento; ma l'itinerario della personalità dantesca sembra svolgersi sul binario ottocentesco dell'ideologia neo-guelfa con la conseguente avversione a un ghibellinismo non colto più nella sua fisionomia medievale.
Di questa deformazione del B., avvenuta sotto l'urgenza del pensiero e delle passioni risorgimentali, si rese subito conto il Cattaneo, che censurò la Vita di D. per la scarsa fedeltà storica. Si veda, ad esempio, il preambolo del capitolo del B. sulla Monarchia, ove è detto che basterebbe leggere quel trattato per rendersi conto delle " strane aberrazioni dello spirito ghibellino, e come un altissimo ingegno possa essere da un falso assunto precipitato " (II XI), oppure la dichiarazione che accompagna il discorso sull'Impero universale, cioè che esso appare inconcepibile e addirittura empio ora che i popoli hanno scoperto il principio di nazionalità. Nel B. Io scrittore politico prevale sullo storico: di qui anche nasce quel tono parenetico che affiora spesso nel libro.
Naturalmente non si troverà in questa biografia un nuovo senso della poesia dantesca, né un approfondimento critico di essa. D. è sentito, con una certa genericità, come un genio di grandezza straordinaria: gli si possono accostare solo Omero e Shakespeare. In comune con questi ha le virtù e i vizi propri di chi è figlio di età appena uscita dalla barbarie: forza, spontaneità, libertà, giovinezza, " mancando principalmente di quel gusto, di quella pulitura e proporzione, che nelle letterature e negli uomini sono frutto delle seconde età ". Osservazione quest'ultima che sembrerebbe richiamare il Vico, ma che in realtà svela il persistere di posizioni illuministiche nell'esperienza dei nostri romantici. Ma non in questo o quel giudizio (tra cui non mancano spunti felici: per esempio l'intuizione che un approfondimento dell'eclettica filosofia di D. porterebbe a un'intelligenza più piena della sua poesia, in particolare del Paradiso) sta l'interesse che il libro può ancora rappresentare per noi, bensì in quell'appassionata e unitaria ispirazione, che ci fa sentire viva la presenza di D. nella coscienza del Risorgimento.
Bibl. - Delle varie ediz. della Vita di D., si veda quella con le annotaz. di E. Rocco, Firenze 1853. Della vasta bibliografia sull'argomento ci limitiamo a segnalare: E. Ricotti, Della vita e degli scritti del conte C.B., Firenze 1856; C. Cattaneo, Scritti letterari, I, ibid. 1881, 96 ss.; F. Barbieri, La Vita di D. di C.B., in D. e il Piemonte, Torino 1921; E. Passamonti, C. B. e la sua Vita di D., in Miscellanea di studi danteschi, Torino 1922; G. Pomello, Il conte C. B. uomo di pensiero e di azione, Como 1939 (vi è una ricca bibl.); E. Passerin D'Entréves, La giovinezza di C. B., Firenze 1940 (importante esame della formazione spirituale del patriota e dello scrittore).