Chiesa cattolica
La comunità di credenti di fede cristiana che riconosce il primato e l’autorità del vescovo di Roma in quanto vicario di Cristo e successore di Pietro nel primato apostolico. A partire dal tempo dell’Editto di Costantino (313), che stabilì la liceità del culto cristiano nell’impero romano, si definisce cattolica, cioè «universale», in riferimento al carattere universale della comunità dei fedeli. Sul piano teologico, le caratteristiche principali della C.c. sono l’indefettibilità (cioè la sua durata ininterrotta fino al ritorno di Cristo) e le potestà che rappresentano la continuazione dell’opera avviata da Cristo sulla terra: la potestà di insegnamento o di magistero (in quanto alla Chiesa è affidata la tutela della vera fede, che essa ha il diritto e il dovere di insegnare a tutte le genti), di santificazione (con il potere sacramentale, ossia il conferimento della grazia per mezzo dei sacramenti), di governo o di giurisdizione (comprendente le potestà legislativa, esecutiva e giudiziaria). La C.c. è organizzata a più livelli, con la distinzione tra clero e laicato; l’ordinamento gerarchico del clero è composto da vescovi, sacerdoti e diaconi, e ha al vertice il papa, la cui autorità deriva direttamente da Cristo. Il dogma dell’infallibilità del papa fu sancito nel Concilio vaticano I (1870) e ribadito nel Concilio vaticano II (1962-65). La prima comunità di cristiani che si raccolse a Roma era collegata alle altre comunità cristiane sparse nell’impero romano, nei confronti delle quali non rivendicò ancora un primato giurisdizionale e dogmatico: nei primi concili ecumenici, tenuti in Oriente, compaiono come protagonisti soprattutto i vescovi delle Chiese di Alessandria, di Antiochia e di Costantinopoli, detti patriarchi. Soprattutto con Leone I (440-461) e Gregorio Magno (590-604) i papi rivendicarono un ruolo di guida della cristianità d’Occidente, colmando con le loro iniziative anche politiche il vuoto creato dalla crisi e poi dalla scomparsa dell’impero romano d’Occidente, e dando vita, a partire dall’8° sec., allo Stato della Chiesa. Nell’11° sec. le Chiese d’Oriente si separarono da Roma con il cd. scisma d’Oriente (1054), rifiutando di riconoscere al papa il ruolo universale che egli rivendicava apertamente. In Occidente tuttavia i papi divennero i capi della cristianità: i pontefici legittimavano le nomine dei vescovi, approvavano i nuovi ordini religiosi, riuscivano talora a imporre tributi a tutta la cristianità e decidevano in appello sulle cause, spesso annullando le decisioni dei vescovi locali. Tuttavia, in tutto il Medioevo e nell’Età moderna si pose il problema del rapporto tra il potere spirituale del pontefice e i poteri temporali dei sovrani e dell’imperatore. Lo scisma d’Occidente (1348-1417) vide contrapporsi la sede papale di Roma e la sede di Avignone, quest’ultima controllata dalla monarchia francese; lo scisma fu risolto dal Concilio di Costanza (1414-18), che riportò la C.c. sotto la direzione di un unico pontefice, Martino V, ma affermò anche la superiorità del concilio stesso sul papa in materia di fede e riforma della Chiesa (conciliarismo), tesi poi ripresa nel Concilio di Basilea (1431-49), che rappresentò un altro momento di divisione, e portò infine a un ridimensionamento delle posizioni conciliariste. Nel contempo lo sviluppo politico degli Stati portò fuori d’Italia alla formazione di Chiese nazionali sempre meno disposte a riconoscere la primazia del papa se non a un livello esclusivamente formale. Nel 16° sec., i movimenti riformatori di Lutero e di Calvino diedero vita alla Riforma protestante, che provocò il distacco delle Chiese riformate dalla C.c., con pesanti conseguenze anche sul piano politico. Anche la Chiesa d’Inghilterra si staccò da quella di Roma (1533), ma per una decisione della Corona inglese; a partire da questa fase, il termine «cattolica» designò la Chiesa di Roma in quanto distinta dalle altre Chiese cristiane che non riconoscevano l’autorità del papa. La C.c. reagì a questi eventi con la cd. Controriforma, il cui momento essenziale fu il Concilio di Trento (1545-63): essa da un lato comportò una forte accentuazione del rispetto dell’ortodossia (sul piano teologico e spirituale) e dell’autorità della gerarchia ecclesiastica (sul piano organizzativo), dall’altro costituì un momento di approfondimento e rinnovamento della spiritualità e della prassi cristiana. Nel 1870 la C.c. perse il suo Stato temporale e nel 1929 il Concordato con lo Stato italiano diede vita alla Città del Vaticano, al fine di garantire l’indipendenza del pontefice nei confronti degli Stati. Il pontificato di Giovanni XXIII inaugurò un nuovo rapporto tra la Chiesa e il mondo contemporaneo, più incentrato sul dialogo; un momento fondamentale di questa nuova impostazione fu il Concilio vaticano II. Attualmente la C.c. comprende oltre un miliardo dei 2,1 miliardi di fedeli cristiani nel mondo.