CATTOLICA, CHIESA
. Con l'appellativo di Chiesa cattolica apostolica romana si designa la Chiesa, ossia la società di fedeli - societa perietta, distinta dalla civile e da essa indipendente - che ripete la sua origine da Gesù Cristo, suo capo invisibile, e che guarda a Roma come alla sede perpetua di diritto e di fatto del papa, vicario di Cristo, successore di S. Pietro, suo capo visibile. Così si distingue essa da tutte le altre comunità cristiane che si chiamano "chiesa", nome che la Chiesa romana rivendica a sé sola, e sotto il quale viene universalmente riconosciuta quando si parla semplicemente di Chiesa (v.).
Occorre notare qui che la dottrina cattolica se, propriamente, intende la Chiesa nel senso accennato come di società perfetta dei fedeli, parla di Chiesa anche in senso più largo, per indicare cioè la totalità di coloro che da Adamo in poi hanno creduto nel vero Dio, e in senso più stretto, per indicare la totalità dei fedeli che per il battesimo furono incorporati nella società fondata da Cristo. Nel primo caso si ha la distinzione in Chiesa dell'Antico Testamento o ebraica, e Chiesa del Nuovo restamento o cristiana. Nel secondo caso la Chiesa si divide in militante, purgante e trionfante, conforme allo stato in cui sono ripartiti i suoi membri; ma quando si dice semplicemente "Chiesa" s'intende la Chiesa militante cristiana, distinta a sua volta in docente e discente, secondo che si tratta o dell'autorità che la governa o dei fedeli soggetti ai legittimi pastori.
Si esporranno ora i principî della teologia cattolica relativi alla Chiesa nelle profezie dell'Antico Testamento; all'istituzione divina della Chiesa; alla sua organizzazione apostolica; alle sue note caratteristiche; alla sua organizzazione interna; alla sua gerarchia.
La Chiesa nelle profezie e nel culto dell'Antico Testamento. - Nel Messia venturo si appuntava tutto l'Antico Testamento, storia, legislazione, profezie, liturgia, culto, che a lui si riferivano come figure e simboli, annunziandone l'avvento come quello d'un condottiero del popolo eletto, che avrebbe fondato un regno senza confini né di tempo né di spazio. È precisamente su questo carattere dell'universalità del nuovo regno, in opposizione al nazionalismo giudaico, che più insistono le profezie messianiche (Zaccaria, Isaia, Michea, Geremia, Ezechiele, ecc.), che caratterizzano questo regno: a) come il regno della verità rivelata da Dio; b) come il sacerdozio eterno; c) come una magistratura infallibile; d) come un governo unitario, teocratico, con giurisdizione perfetta, assoluta e universale. Tutto ciò si verifica nella Chiesa fondata da Gesù Cristo; donde la conclusione del Loisy: "L'idea della Chiesa viene dalla tradizione biblica; il senso della Chiesa vien dal giudaismo". (Les mystères païens et le mystère chrétien, Parigi 1912, p. 266).
Istituzione divina della Chiesa. - Tutta la dottrina di Gesù Cristo, tutta l'attività spiegata nella sua vita pubblica converge e si riassume nel proposito dichiarato solennemente di fondare il suo regno: un regno soprannaturale, da non confondersi con la Sinagoga: del quale sono chiamati a far parte non solo i giudei, ma anche i gentili (Matt., XXVIII, 19), e che durerà fino alla consumazione dei secoli (Matt., XXVIII, 20). A tal fine sono scelti tra i discepoli dodici apostoli (v.), facendosi obbligo a tutti gli uomini, senza distinzione di nazionalità o di razza, di accoglierli e ascoltarli come altrettanti Messia (Mait., XVI, 15), pena la dannazione eterna. A capo di questa società il fondatore pone Pietro, sulla cui persona essa s'incardina come l'edificio sulla pietra fondamentale (Matt., XVI, 18). A lui sono confidate le chiavi di questo regno (Matt., XVI, 19), simbolo dell'autorità suprema; ed egli è alla testa non solo del gregge, ma di tutti gli altri pastori, che egli deve guidare ai pascoli di vita eterna (Giov., XXI, 15). Perciò fin dai tempi apostolici la parola Chiesa e l'espressione regno di Dio si trovano indifferentemente usati come termini equivalenti.
Organizzazione apostolica. - Subito dopo la Pentecoste la Chiesa si presenta al mondo come una società teocratica perfettamente costituita sotto il governo degli apostoli, che riconoscono per loro capo visibile Pietro in rappresentanza di Cristo, capo invisibile. Essi costituiscono una vera gerarchia, che esercita, sempre in dipendenza da Pietro, il triplice potere, legislativo, giudiziario ed esecutivo, come appare dalle loro lettere, dagli Atti degli Apostoli e dall'Apocalisse di S. Giovanni. Il loro è un magistero autentico, quello della Chiesa docente, depositaria e interprete del Vangelo. San Paolo parla della fede come di un ossequio, ragionevole sì, ma obbligatorio, a segno che "se venisse un angelo a insegnare diversamente dalla Chiesa, sarebbe anatema, si condannerebbe da sé". Soggetta alla Chiesa docente, la Chiesa discente, ossia la comunità di tutti i battezzati convertiti dal giudaismo e dal gentilesimo, che da principio costituiscono come una grande famiglia, mettendo in comune tutti i loro beni, alla cui distribuzione quotidiana presiedono i sette diaconi, eletti dai discepoli su proposta degli apostoli (Atti, VI,1-6). Segue, dopo il martirio di S. Stefano, la cooptazione di Barnaba e Saulo (Paolo), portandosi così a 14 il numero degli apostoli, sebbene si continuasse sempre a parlare dei "Dodici". È il principio della successione apostolica, che prelude alla creazione dei vescovi mediante l'imposizione delle mani (Atti, XIII, 2-3).
Nelle lettere pastorali di S. Paolo a Tito e a Timoteo si parla chiaramente di chiese governate da episcopi o presbyteri, due termini allora spesso sinonimi, non essendovi da princîpio circoscrizione di luoghi. Negli Atti (XVI, 22) Paolo e Barnaha, visitando Listri, Iconio e Antiochia, ordinano presbyteri per i discepoli di ciascuna chiesa, evidentemente investiti di autorità pastorale. I sette angeli delle sette chiese nominate nell'Apocalisse non potevano essere che sette vescovi. L'autorità loro fu sempre ritenuta d'istituzione divina, per il tramite di Pietro e dei suoi successori. Fin dal I sec. S. Ignazio, discepolo degli apostoli, nelle sue lettere ai Tralliani (n. 2) raccomanda di ubbidire ai vescovi come a Gesù Cristo. Innocenzo II chiama Pietro "autore del nome e della dignità dei vescovi", e San Leone (serm. IV, n. 2) afferma che "tutto ciò che Gesù Cristo ha detto agli altri vescovi, lo ha detto loro per Pietro". Che questa divina costituzione della Chiesa dovesse perseverare dopo la morte degli apostoli, è affermato da tutti i concilî ecumenici che trattarono dell'argomento, e provato dalla stessa natura della missione affidata agli apostoli; missione universale e perpetua, che importa la facoltà di aggregarsi cooperatori e di assicurarsi legittimi successori. Tanto che nell'atto stesso di mandare gli apostoli Gesù appella al potere supremo che gli fu dato in cielo e in terra, insinuando la comunicazione e continuità di questo potere esercitato in suo nome fino alla fine dei secoli (Matt., XXVIII, 18, 20).
L'istituzione divina di una gerarchia distinta dai laici e da essi indipendente, così nella sua origine come nelle sue attribuzioni, risulta provata, oltreché dai testi evangelici sopra citati e dalle esplicite dichiarazioni degli apostoli, dal metodo da essi seguito nel conferire i poteri ricevuti da Cristo; dalla prassi universale e costante della Chiesa fin dal I sec. e infine dalla stessa natura della Chiesa, che, essendo una società ordinata a un fine soprannaturale, esclude un governo democratico nel senso inteso dai protestanti e dai seguaci di Febronio.
Caratteristiche della Chiesa. - La Chiesa fu istituita da Gesù Cristo come una società obbligatoria per tutti gli uomini, semplicemente necessaria per conseguire la vita eterna (necessità di mezzo). Come tale, essa deve essere visibile e perpetua, epperò in condizioni di essere da tutti riconosciuta come l'unica vera. A tal fine fu da Gesù Cristo insignita di note o contrassegni caratteristici, che sono quattro: unità, santità, cattolicità e apostolicità. Questo numero è fissato nel Simbolo niceno-costantinopolitano (v. credo).
L'unità della Chiesa, invocata da Cristo dopo l'ultima cena ut sint unum sicut et nos, è spesso inculcata dagli apostoli, che paragonano la Chiesa alla casa, al regno, all'ovile, al corpo umano, ecc., ossia a cose collettive ridotte all'unità da un principio intrinseco; specialmente da S. Paolo che vuole tutti i cristiani "un sol corpo benché molte siano le membra" (Efes., IV, 4), siccome quelli per cui v'è "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (ibid., V, 5), che sono appunto i principali vincoli d'unione tra essi.
La santità è il fine per cui la Chiesa fu istituita, perché i suoi membri siano perfetti com'è perfetto il loro Padre celeste (Matt., V, 48), o, come dice S. Paolo, "per santificarla" (Efes., V, 25). E tale deve la Chiesa apparire, come nel suo autore, così nella sua costituzione, nel suo fine, nei suoi mezzi e nei suoi membri vivificati dalla grazia santificante.
La cattolicità è la forza di espansione insita nella Chiesa, paragonata nel Vangelo al virgulto che cresce in albero gigantesco a ricoprire coi suoi rami tutta la terra. Gli apostoli infatti furono mandati a propagarla in universum mundum, con l'obbligo di predicare il Vangelo a tutte le creature.
L'apostolicità è una conseguenza della perpetuità della Chiesa, edificata "sul fondamento degli apostoli, con Cristo per pietra angolare" (Efes., II, 19).
Ora, fra tutte le collettività religiose cristiane che si chiamano chiesa, non vi è che la Chiesa romana che presenti in sé riunite queste quattro note, come appare dalla sua storia. Essa ha sempre e dappertutto insegnato la stessa dottrina morale, praticato lo stesso culto essenziale, sia pure nella diversità dei riti; ha sempre riconosciuto per legittimi pastori i vescovi uniti e fedeli al romano pontefice, vicario di Cristo, considerando come fuori del suo grembo (eretici, scismatici, scomunicati) chiunque attentasse all'integrità della dottrina insegnata da Roma o si ostinasse nella ribellione alla S. Sede. L'efficacia del suo ministero sulla vita dei suoi membri fu sempre tale da giustificare il nome di "madre dei santi". Essa è la sola che risalga agli apostoli per l'integrità e uniformità della sua dottrina, per la continuità del suo sacerdozio, per la serie ininterrotta dei sommi pontefici che risalgono al capo degli apostoli, di cui il vescovo di Roma non ha mai cessato di esercitare il potere simboleggiato nelle "somme chiavi".
Forma, organizzazione e gerarchia. Dalla società civile si distingue la Chiesa per la sua origine e per il fine a cui tende, che è il bene spirituale e la salute eterna dei suoi membri. E poiché questo fine è, secondo il concetto cattolico, di gran lunga il più nobile di quelli da cui si specifica ogni altra società, così l'autorità della Chiesa è la più eccelsa, né perciò può venir riguardata come inferiore all'autorità civile e da essa dipendente. Così si esprime Leone XIII nell'enciclica Immortale Dei (i novembre 1885), che riassume la dottrina di S. Tommaso e le rivendicazioni dei romani pontefici nei rapporti della Chiesa con la società domestica e civile.
Si ha nella Chiesa una duplice gerarchia: di ordine, che si conferisce col sacerdozio, e di giurisdizione, che si conferisce con l'istituzione canonica. La prima consta di sacerdoti (vescovi e preti) e di ministri (diaconi, suddiaconi ecc.): la seconda comprende il papa, i vescovi e i sacerdoti che la esercitano sia nel foro esterno, sia nel foro interno (confessione sacramentale; v. Sacramenti).
Il govern0 della Chiesa è teocratico, derivando essa ogni autorità dal suo divino fondatore che la esercita in persona del suo vicario, il romano pontefice, successore di S. Pietro nel primato apostolico; e questo primato esercitarono sempre i romani pontefici in tutto il mondo, condannando eresie, promulgando leggi, definendo dogmi, nominando, confermando, trasferendo, deponendo patriarchi e vescovi, o restituendoli alle loro sedi quando ingiustamente deposti. Non si trattò mai dunque di un semplice primato d'onore (primus inter pares) o di un primato puramente ministeriale, come pretendevano i Gallicani con seguaci di Febronio, distinguendo fra diritti essenziali e diritti accidentali (quelli che i papi si sarebbero arrogati nel corso dei secoli). Altro errore condannato dalla Chiesa in varî concilî, specialmente nel Vaticano, è che l'autorità del romano pontefice, almeno nel suo esercizio, sia subordinata all'approvazione del concilio ecumenico o al sindacato del potere civile, trattandosi di una giurisdizione immediata, ordinaria, universale, piena e perfetta, dal cui suggello traggono il loro valore le decisioni di qualsiasi concilio, e che per la sua origine, come per il fine soprannaturale a cui è ordinata, trascende ogni altro potere d'istituzione umana. Di qui il principio prima sedes a nemine iudicatur.
Il magistero del pontefice è infallibile, come si rivela: a) dall'obbligo formale, assoluto, imposto a tutti gli uomini, di ascoltare gli apostoli e, per essi, la Chiesa docente come Cristo stesso, sotto pena di dannazione eterna; b) dal consenso dei Padri della Chiesa; c) dalla tradizione cristiana fin dai primi secoli; d) dalla definizione del concilio Vaticano (sess. IV, c. 54), che definisce l'esistenza di questa prerogativa soprannaturale e ne fissa i termini.
Mentre l'autorità di magistero si estende al mondo intero (in mundum universum), quella di giurisdizione è limitata ai suoi sudditi, cioè ai fedeli in essa incorporati per il battesimo, e comprende le tre supreme attribuzioni del governo di una società perfetta, cioè il potere legislativo, esecutivo, giudiziario. L'autorità suprema risiede piena e assoluta nel romano pontefice, che dal momento dell'elezione accettata ha la piena potestà di giurisdizione su tutta quanta la Chiesa (Cod. Iur. Can., cc. 218-221). Contro le sue decisioni non si dà appello giuridico né al collegio dei vescovi né al concilio ecumenico, il quale, del resto, non ha la sua autorità che con la presenza e l'approvazione del papa (ibid., c. 222). Nel governo della Chiesa il papa è coadiuvato dai cardinali costituiti in collegio e distribuiti in tre ordini (v. cardinale). Per l'esercizio dell'autorità suprema il papa si vale delle sacre congregazioni, che hanno giurisdizione ordinaria per tutta la Chiesa; epperò emanano decreti, pronunziano sentenze in materia ecclesiastico-criminale, regolano l'esercizio del culto, ecc. (v. Curia). Soggetti al papa sono i vescovi, successori degli apostoli, da lui nominati liberamente; e dove l'elezione è fatta da un corpo collegiale, sempre da lui confermati come condizione indispensabile alla validità dei loro atti (ibid., c. 329). Sono investiti anch'essi di autorità ordinaria e immediata per diritto divino, ma la loro giurisdizione è limitata alla propria diocesi, così nel foro interno e penitenziale, come nel foro esterno; mentre i parroci non hanno giurisdizione se non nel foro interno.
Anche i vescovi hanno ciascuno una propria curia, detta diocesana, per l'esercizio della giurisdizione ordinaria; e vi appartengono il vicario generale, un officiale, un cancelliere, il promotore della giustizia, il difensore del vincolo, ecc. (ibid., lib. II, tit. VIII). Più diocesi raggruppate intorno a una sede principale costituiscono una provincia ecclesiastica o archidiocesi, e l'ordinaria di una tal sede ha il grado di arcivescovo e il nome di metropolita, senza però vera e propria giurisdizione sugli altri vescovi, detti suffraganei. Contro le sentenze giudiziarie del vescovo si dà l'appello al metropolita, e dalle cause trattate in prima istanza presso il metropolita si ricorre in appello a un suffraganeo che il metropolita designa una volta per sempre con approvazione della S. Sede. In ogni diocesi vi sono uno o più vicarî generali cui compete pure il nome di ordinarii loci e che formano col vescovo una sola persona giuridica (ibid., cc. 366-371). Nella vacanza della diocesi il governo passa nelle mani del capitolo cattedrale, che in tempi ordinarî si considera come il senato del vescovo. Ogni diocesi è suddivisa in parrocchie, cui presiede col nome di parroco un sacerdote, secolare o regolare, come rettore della chiesa e pastore di quella determinata popolazione. Le parrocchie di una diocesi sono raggruppate in distretti, cui presiede un vicario foraneo o decano con attribuzioni limitate alla vigilanza.
Accanto al clero secolare sta il clero regolare appartenente ai diversi ordini monastici o congregazioni religiose (v. ordini religiosi).
Circoscrizioni ecclesiastiche territoriali. - Tutti i paesi a cui si estende l'autorità spirituale del romano pontefice si possono dividere in tre categorie, secondo che essi dipendono o dalla S. Congregazione concistoriale, o dalla S. Congregazione per la Chiesa orientale o da quella di Propaganda fide. Dipendono dalla S. Congregazione concistoriale: a) i patriarcati residenziali latini di Lisbona e Venezia; b) tutte le sedi residenziali latine, tranne quelle che si trovano in paesi di missioni o considerati come tali. Dalla S. Congregazione per la Chiesa orientale dipendono: a) i patriarcati orientali di Alessandria dei Copti, di Antiochia dei Maroniti, di Antiochia dei Melchiti, di Antiochia dei Siri, di Babilonia dei Caldei e di Cilicia degli Armeni; b) tutte le sedi residenziali dei varî riti orientali; c) i vicariati apostolici di rito bulgaro e copto; d) le missioni di rito armeno (Trebisonda), di rito caldeo (Baghdād, Mardin e Mossul) e di rito siriaco (Siria e Cilicia). Alla S. Congregazione di Propaganda fide sono soggetti: a) il patriarcato residenziale latino di Gerusalemme; b) tutte le sedi residenziali dei paesi che sono sotto la sua giurisdizione, ossia dei paesi di missione; c) tutti i vicariati e le prefetture apostoliche in tutto il mondo, tranne i vicariati apostolici di rito bulgaro e copto.
Stando agli ultimi dati statistici autorizzati, nel 1928 si contavano 1073 sedi residenziali latine, di cui 629 in Europa, 52 in Asia, 13 in Africa, 345 in America; 92 sedi residenziali di rito orientale, delle quali 20 di rito armeno, 29 di rito bizantino, 17 di rito caldeo, 12 di rito siriaco, 10 di rito maronita, 3 di rito copto; 600 sedi titolari; 39 abbazie o prelature nullius dioeceseos; 8 amministrazioni apostoliche perpetue; 218 vicariati apostolici; 87 prefetture apostoliche.
Bibl.: R. Bellarmino, Disputationes de controversiis fidei, Ingolstadt 1587 segg.; T. Stapleton, Principiorum fidei doctrinalium demonstratio, Parigi 1579; C. Passaglia, De Ecclesia Christi, voll. 2, Ratisbona 1853-56; P. Murray, Tractatus de Ecclesia Christi, Dublino 1860; F. Probst, Kirchliche Disciplin in den drei ersten christlichen Jahrhund., Tubinga 1873; J. Döllinger, Kirche und Kirchen, Monaco 1876; A. Grea, L'Église et sa divine constitution, Parigi 1885; H. Lesêtre, La Sainte Église au siècle des Apôtres, Parigi 1886; J.B. Franzelin, De Ecclesia, Roma 1887; C. Mazzella, De religione et Ecclesia, Roma 1896; W. Wilmers, De Christi Ecclesia, Ratisbona 1897; G. Semeria, Dogma, gerarchia e culto nella Chiesa primitiva, Roma 1902; G. Bonomelli, La Chiesa, Milano 1915; M. D'Herbigny, De Deo universos vocante ad sui Regni vitam, seu de institutione Ecclesiae ecc., Parigi 1922; H. Dieckman, De Ecclesia, Friburgo in B. 1925. Una trattazione delle principali questioni di carattere storico, dommatico e giuridico relative alla Chiesa cattolica si trova anche in alcune enciclopedie o dizionarî d'indole religiosa, alle voci corrispondenti a Chiesa, quali: The Catholic Encyclopedia, New York 1908 segg.; Encyclopaedia of Religion and Ethics, Edimburgo 1910 segg. (questa presenta per il lettore il vantaggio di esporre separatamente le teorie della Chiesa cattolica, dei protestanti e dei razionalisti); Dictionnaire de théologie catholique, Parigi 1911 segg.; Die Religion in Geschichte und Gegenwart, 2ª ed., Tubinga 1927 segg.
Per quanto riguarda l'organizzazione interna della Chiesa, oltre il codice di diritto canonico e gli Acta Apost. Sedis, che registrano regolarmente tutte le disposizioni delle congregazioni romane relative al governo delle diocesi (nomine di ordinarî, soppressione, divisione o riunione di diocesi), sono da consultarsi l'Annuario pontificio, Roma; L. Grammatica, Testo e atlante di geografia ecclesiastica e missionaria, Bergamo 1928; Annuaire Pontifical Catholique edito a Parigi; il volume del 1928 contiene un pregevole studio statistico sulle circoscrizioni territoriali ecclesiastiche; C. Streit, Atlas hierarchicus, 2ª ediz., Paderborn 1929.