CHIESA
. Storia della Chiesa (X, p. 19; App. II, 1, p. 569; III, 1, p. 359). - Durante il periodo 1960-1976, a differenza del decennio precedente, la C. e la cattolicità tutta assistono al succedersi di due grandi pontificati, pur se diversamente orientati, e ad eventi di portata secolare per la sua storia. Tali eventi, peraltro, si svolgono e sono condizionati da un andamento politico mondiale fortemente evolutivo. In tale contesto andrà subito segnalata, con riferimento a quell'elemento tipico della storia religiosa che è la cosiddetta "spiritualità", l'accentuazione del fenomeno della "secolarizzazione" nell'Occidente industrializzato, come pure, nel mondo comunista, l'emarginazione del cattolicesimo in immensi paesi quali la Cina, a cui fa riscontro, tuttavia, una maggiore attenzione per il fatto religioso da parte di alcuni settori dell'ideologia marxista.
Sul terreno più propriamente politico, e sulla scia di una tendenza inaugurata da Giovanni XXIII, a partire dal 1973 il Vaticano si avvia a regolarizzare i rapporti con i paesi dell'Europa orientale, in particolare per l'azione diplomatica di mons. A. Casaroli, segretario del Consiglio per gli affari pubblici, in Polonia (febbraio 1974), in Cecoslovacchia (febbraio 1975) e nella Rep. Dem. Tedesca (giugno 1975). Con tale politica, e non senza polemiche interne al mondo cattolico (quali il caso del card. J. Mindszenty, sostituito definitivamente in Ungheria nel 1974 da un amministratore apostolico, e la tenace opposizione al comunismo del primate polacco S. Wyszyński) la Santa Sede, nel corso di un quindicennio, ha accantonato e quasi ribaltato la politica della "Chiesa del silenzio" cara a Pio XII, promuovendo un'azione intesa al recupero religioso dei popoli dell'Est; azione certamente ricca di concreti risultati diplomatici, ma per ciò stesso segnata dagl'inevitabili limiti di un'operazione di vertice. Di contro, i rapporti tra C. e Stato in Occidente, e proprio in Italia, stanno attraversando una fase critica per la presenza di forti spinte innovative di natura sia politica che religiosa.
In un siffatto quadro mondiale, un tentativo di sintesi appare arduo e facilmente esposto all'accusa di arbitrarietà nelle scelte. Ciò che occorre evitare, è di restringere la storia della cattolicità alla sola sfera italiana, in seno alla quale la cosiddetta "Chiesa del dissenso" è sì fenomeno interessante ma ben al di sotto dei problemi di portata mondiale che sono di fronte alla C., primo fra tutti quello della secolarizzazione. Di qui la necessità di richiamarsi sia alle direttive più generali della Santa Sede, e soprattutto ai documenti ufficiali di Giovanni XXIII (1958-63) e di Paolo VI (papa dal 21 giugno 1963), sia agli esiti di tendenze manifestatesi nel periodo precedente.
Nell'ultimo quindicennio, infatti, la C. è andata incontro a eventi fondamentali quali lo svolgimento del Concilio Vaticano II (1962-1965), la cosiddetta "svolta" operata da papa Roncalli e la sua repentina scomparsa (3 giugno 1963) e, ancora, l'avvento di papa Montini, la prima fase postconciliare e i successivi ripensamenti (soprattutto in campo ecumenico), il magistero di Paolo VI caratterizzato da un marcato tradizionalismo e da un deciso interesse per il Terzo Mondo (soprattutto Africa e America latina), e infine, lo svolgimento dell'anno giubilare (dicembre 1974-dicembre 1975) contrassegnato non solo dal consueto apparato celebrativo ma da un imponente concorso di otto milioni di pellegrini (parallelamente, nel novembre-dicembre 1975, si svolgeva a Nairobi la V assemblea del Concilio mondiale delle Chiese). A condizionare fortemente il corso di tali eventi fu il concomitante evolvere della situazione mondiale, che dopo l'era kennediana (J. F. Kennedy è stato il primo presidente cattolico degli SUA) e il processo di distensione internazionale vide il successivo riacutizzarsi delle tensioni mondiali con la tragedia del Vietnam, lo scoppio di gravi crisi istituzionali, sociali ed economiche in singoli stati (Grecia, Cile, Portogallo, Italia, ecc.), l'aggravarsi del problema della fame e del sottosviluppo, il dilagare della violenza terroristica.
A metà degli anni Sessanta, le tendenze innovatrici già presenti nel mondo cattolico trovano il loro naturale sbocco, grazie al decisivo impulso fornito dalla forte personalità di papa Roncalli, nei sedici documenti finali del Concilio Vaticano II. Notevoli, al@@@@@ riguardo, sono le risoluzioni concernenti l'apostolato laico (anche se in seguito l'associazionismo cattolico andrà incontro a forti fratture), la riforma biblica e liturgica, l'ecumenismo, il dialogo con le religioni non cristiane, la presenza e l'azione della C. nel mondo contemporaneo; in tal senso la costituzione Gaudium et spes del 7 dicembre 1965 costituisce un po' il banco di prova di tutti gli atti successivi. Viceversa, nell'ambito teologico-dogmatico rigorosa rimane l'osservanza dei precedenti concili (il Tridentino e il Vaticano I).
Terminato il Concilio, la delicata fase della sua applicazione si apriva sotto l'egida di un nuovo protagonista, papa Montini, che nella sua prima enciclica (Ecclesiam suam, 6 agosto 1964) - a nostro avviso programmatica - aveva significativamente affermato: "[al Concilio Vaticano II] s'è voluto dare, e giustamente, uno scopo pastorale". Ricondotta in tale prospettiva la finalità del Concilio, il pontificato paolino si contraddistingue subito per il suo fermo controllo delle tendenze acceleratrici o centrifughe. Emblematici al riguardo sono l'intervento correttivo (30 novembre 1968) della Commissione cardinalizia istituita per la revisione del "Nuovo catechismo per adulti" pubblicato dall'episcopato olandese nel 1966, e la decisa condanna dei metodi anticoncezionali pronunciata con l'enciclica Humanae vitae del 1968. Queste prese di posizione, fonte di malumore e disagio in ambienti cattolici italiani e stranieri, sono i segni rivelatori di quello che in seguito risulterà un indirizzo perseguito con linearità e conseguenza. Già nella Ecclesiam suam, del resto, Paolo VI aveva confessato di avvertire il peso e l'urgenza del "problema, così detto, del dialogo fra la Chiesa ed il mondo moderno", privilegiando in tal modo - tra i tanti temi del Vaticano II - proprio quello toccato dalla Gaudium et spes, e che la stessa enciclica articolava in diverse problematiche quali la pace tra i popoli e le classi sociali, la miseria e la fame, l'ascesa delle giovani nazioni, le correnti del pensiero moderno, la condizione di infelicità di molti, le questioni morali poste dall'incremento delle nascite. Il papa, inoltre, sottolineava come i "tre capitoli dell'enciclica" fossero: "Coscienza, rinnovamento, dialogo [cioè] le vie che oggi si aprono dinanzi alla Chiesa viva". Ma l'esigenza del dialogo (un tipico termine "giovanneo" e conciliare), pur avvertita, non si sottraeva a esplicite condanne di cui erano fatti oggetto il "fenomeno modernistico" (inteso come la sopraffazione di tendenze di natura psicologica e culturale sul magistero della C. identificato con quello "istituito da Cristo stesso"), ogni forma di relativismo, irenismo, sincretismo, il "comunismo ateo", ed era accompagnata da un esplicito richiamo, di fronte all'emergente contestazione, alla fedeltà, all'impegno, alla mortificazione e al sacrificio da parte dei fedeli. Così pure, se interessante era la chiusa dell'enciclica che rilevava la necessità del dialogo con i credenti in Dio (ebrei, musulmani, grandi religioni afro-asiatiche) e con i credenti fratelli separati, rimaneva prudenzialmente affermato che "senza il Papa la Chiesa Cattolica non sarebbe più tale"; atteggiamento questo che troverà conferma una decina di anni dopo (luglio 1975) nella sconfessione del cosiddetto "ecumenismo spontaneo".
Le successive fondamentali encicliche del pontificato paolino, cioè la Populorum progressio (26 marzo 1967) e la Humanae vitae (25 luglio 1968) - contenente la condanna dell'aborto, della sterilizzazione e, come già detto, delle tecniche anticoncezionali - e la lettera apostolica Octogesima adveniens (14 maggio 1971) indirizzata in occasione dell'ottantesimo anniversario della Rentm novarum, non fanno che confermare la linea programmatica paolina senza oscillazioni e senza contraddizioni.
In esse, e nella concomitante azione papale, sono altresì presenti i temi della pace politica e sociale, sia a livello nazionale che mondiale, e della giustizia. La pace, infatti, costituisce il leit-motiv del discorso tenuto da Paolo VI all'Assemblea dell'ONU il 4 ottobre 1965, e l'oggetto di tanti accorati appelli soprattutto a partire dal 1970; del 1967 è la creazione della commissione pontificia Giustizia e Pace e in questo spirito sono compiuti i viaggi del papa in Terra Santa e in India, in Uganda, in Estremo Oriente, in Australia (Montini, ancora cardinale, era anche stato in America latina nel 1960 e in Africa nel 1962). In questo contesto di pace tra classi sociali e nazioni e di giustizia, si collocano le tematiche progressiste presenti nella Populorum progressio e nella Octogesima adveniens quali il riconoscimento esplicito dei limiti da porsi alla proprietà privata in nome della destinazione universale dei beni, l'esaltazione del carattere positivo del lavoro ("nel compierlo, gli uomini si scoprono fratelli") e, quindi, la richiesta di audaci riforme sociali, l'accettazione del pluralismo delle organizzazioni professionali e sindacali, l'auspicio di una lotta per l'alfabetizzazione, la difesa della famiglia, da armonizzarsi però "con le altre esigenze della vita sociale". Inoltre, se la consapevolezza dei grandi problemi dell'urbanesimo, dei giovani, della donna, dei lavoratori, rende ragione dell'insistenza papale sull'urgenza del discorso politico, della giustizia sociale e sulla necessità d'inventare "forme di moderna democrazia", fermo rimane il richiamo alla peculiarità dell'insegnamento della C., e la condanna del socialismo, del marxismo, del liberalismo (in ciò proseguendo una linea univoca presente nella C. dall'Ottocento in poi).
Questi orientamenti progressisti troveranno riscontro nelle decisioni dell'episcopato mondiale (nel 1965 Paolo VI aveva istituito i sinodi dei vescovi), anche se non mancheranno critiche (è il caso, per es., dei giovani "evangelici" italiani che riscontrano "una profonda differenza" che "divide la teoria dalla prassi, tra ciò che vien detto e ciò che viene fatto") e persino accuse di trasformismo, di conservatorismo, e simili.
L'altro versante, quello delle condanne, anch'esso tipicamente presente nell'Ecclesiam suam, rimane ovviamente il più soggetto a critiche sia all'interno che all'esterno della Chiesa. Tali sono i richiami al magistero e all'importanza della fede, dell'obbedienza, dell'osservanza del celibato ecclesiastico (ribadita nell'enciclica Sacerdotalis caelibatus del 24 giugno 1967) e, in un ambito più vasto che tocca i delicati rapporti tra C. e comunità sociale, la lotta contro l'aborto e contro il divorzio in Italia (la sconfitta dello schieramento antidivorzista nel referendum sul divorzio del 12 maggio 1974 viene definita dallo storico gesuita Martina (La Chiesa in Italia..., p. 104) come "uno degli ultimi atti" di un "processo irreversibile" di secolarizzazione). Così pure, sono criticati taluni aspetti dell'azione postconciliare nell'ambito del diritto canonico, quali la proclamazione dell'anno santo ("anno della riconciliazione") con il relativo rilancio della dottrina delle indulgenze o il fallito tentativo d'imporre lo schema legis ecclesiae fundamentalis.
Ciò detto, va tuttavia riconosciuto alla C. postconciliare di aver introdotto, sulla scia appunto dei principi sanzionati dal Vaticano II, alcuni "prudenti ritocchi", che investono sia il versante disciplinare (abolizione dell'indice dei libri proibiti nel 1966), sia quello liturgico, con l'introduzione graduale del volgare nella celebrazione della messa a partire dal 30 novembre 1969, l'istituzione del diaconato, l'orientamento degli altari verso i fedeli, il ridimensionamento dei tariffari nei funerali e nei matrimoni, il nuovo ordo nel battesimo dei bambini (Pasqua 1970), il nuovo rituale nella celebrazione del matrimonio (19 marzo 1969), lo snellimento delle pratiche per cause matrimoniali, le modifiche nelle disposizioni sull'estrema unzione e sulla comunione.
Sul piano dei rapporti internazionali il nuovo sistema diplomatico-concordatario con l'Europa orientale, l'affermazione del cattolicesimo in Africa, i preparativi per un colloquio islamo-cristiano e, in genere, il concretarsi in azioni politiche dell'apertura ecumenica della C., paiono altrettante compensazioni a livello mondiale della crisi che il cattolicesimo sembra attraversare in Europa occidentale, e in particolare in Italia, tradizionalmente considerata come centro della cattolicità. E se nelle intenzioni della Santa Sede la funzione dell'Italia sembra destinata a mutare (G. Bouchard parla di "cerniera d'un sistema articolato") tuttavia il processo di secolarizzazione del proletariato (si confrontino le ultime statistiche fornite da K. Forster) e talune defezioni verificatesi nel cuore stesso della comunità cattolica (tali il caso di G. B. Franzoni e l'aperta adesione di cattolici al Partito comunista italiano) hanno rinnovato le preoccupazioni dell'episcopato italiano e provocato reiterate e accorate rimostranze in Paolo VI (si veda per es. l'omelia del 10 novembre 1975). A ciò si aggiunga il delinearsi di una crisi nella C. di Francia con il caso del vescovo Lefebvre, nel cui pronunciamento contro le posizioni della C. post-conciliare e dello stesso Paolo VI paiono riaffiorare antiche venature antiromane della tradizione gallitana.
Dopo il Concilio Vaticano II: orientamenti e problemi. - Analizzare l'influsso del concilio Vaticano II nell'assetto interno della C. e nei suoi rapporti con il mondo equivale a delineare i dati salienti della storia della C. del periodo 1960-76.
Vita interna della Chiesa. - 1. Il rinnovamento teologico. Sulla base dell'approfondimento e del ripensamento sulla natura e la missione della C. operati dal Concilio, la ricerca teologica ha assunto un carattere più spiccatamente biblico e pastorale, tenendo conto del problema di come presentare i dati immutabili di fede entro un contesto culturale notevolmente diverso da quello tradizionale.
La teologia morale, oggi meno casuistica, mostra un crescente interesse per gli aspetti etici posti da realtà nuove quali l'ecologia, i trapianti, le sperimentazioni e le manipolazioni sull'uomo, ecc., o dal riproporsi di problemi quali l'aborto, la sessualità, la regolazione delle nascite, l'eutanasia, la guerra, il terrorismo, la tortura, ecc., ovvero tende a sottolineare la rilevanza del peccato di natura sociale quale l'omissione dei doveri verso il prossimo, le ingiustizie nei rapporti tra singoli e tra nazioni, ogni forma di oppressione e di emarginazione, ecc. Con riguardo all'ecclesiologia, inoltre, si è cercato di dare più salde basi teologiche alla pratica di alcune devozioni tradizionali entrate in crisi; è il caso del culto eucaristico fuori della messa (encliclica Mysterium fidei, 1965), della devozione al Sacro Cuore (enciclica Investigabiles divitias Christi, 1965), alla Madonna (esortazioni apostoliche Signum magnum, 1967, e Marialis cultus, 1974).
2. Rinnovamento biblico-liturgico. Ispirata ai principi della centralità del mistero di Cristo, della semplicità rituale delle origini, della maggiore partecipazione dei fedeli, di una più immediata aderenza alla mentalità, al linguaggio, alle esigenze spirituali del mondo attuale, la riforma liturgica si va realizzando mediante una semplificazione dei riti, l'uso dei diversi idiomi locali, il rilievo dato all'ascolto dei testi scritturali e all'omelia, il rilancio del canto sacro, la ristrutturazione del calendario e una nuova disposizione degli edifici sacri che corrisponda a tali linee di riforma. In tal senso è stata promossa una più vasta e diretta conoscenza dei testi sacri, anche con finalità ecumeniche, mediante la costituzione di gruppi biblici di riflessione, di studio e di preghiera. Attraverso il Segretariato per l'unione dei cristiani è in atto una collaborazione per la traduzione e la diffusione della Bibbia nel maggior numero possibile di idiomi. Così pure nuovo impulso hanno ricevuto le attività associazionistiche e di ricerca (associazioni tra professori, settimane di studio, collaborazioni a livello scientifico con i non cattolici).
3. Clero e laicato. Nel periodo postconciliare si è venuta evidenziando la crisi profonda in cui versano clero e laicato. Nel clero, in particolare, si è accusato un notevolissimo calo delle vocazioni e un netto aumento delle defezioni, fenomeni questi acuiti da una vivace contestazione dell'obbligo del celibato ecclesiastico e, soprattutto, dalle incertezze, dovute fors'anche alla rivalutazione del sacerdozio comune dei fedeli, intorno alla specificità delle funzioni e del significato del sacerdozio ministeriale. Di qui i ripetuti richiami del Concilio, del Sinodo dei Vescovi, dei Pontefici, all'identità del clero e alla fedeltà agli obblighi, specie in materia di celibato (decreto Presbyterorum ordinis, 1965; documento sinodale sul Sacerdozio ministeriale, 1971; discorsi di Giovanni XXIII al Sinodo romano, 1960; enciclica di Paolo VI Sacerdotalis caelibatus, 1967; Messaggio ai sacerdoti, 1968; Lettera al cardinale Villot, 1970; motu proprio Ad pascendum, 1972). Per contro, si registra uno sforzo, sia a livello di studio che di direttive, per una formazione culturale e pastorale del clero più aderente alla realtà odierna, per una maggiore maturità di scelta nelle vocazioni, per un recupero dei valori della povertà evangelica, aperta ai problemi dei poveri e degli emarginati. Nella C. latina è stato ripristinato il diaconato permanente (motu proprio Ad pascendum, 1972) con compiti non soltanto liturgici, ma anche di assistenza e di promozione spirituale. Alla fine del 1974 il numero dei diaconi permanenti assommava a circa 2000 (alcuni dei quali anche sposati) soprattutto in America del Nord (827), in America del Sud (373) e in Europa (652).
Gl'istituti religiosi hanno tutti riveduto le proprie costituzioni, al fine di ripristinare lo spirito dei fondatori e, contemporaneamente, adattarlo alle situazioni presenti e alle necessità pastorali delle C. locali. Particolare attenzione è stata dedicata al miglioramento del livello di formazione delle religiose, al fine di un loro più efficace inserimento nella vita ecclesiale e nelle attività apostoliche, anche mediante il conferimento di funzioni direttive e di alcune mansioni o "ministeri" che non esigano il sacramento dell'ordine (distribuzione della comunione, direzione amministrativa di parrocchie, catechesi, assistenza ai matrimoni, ecc.).
Quanto al laicato, il Concilio ne ha chiaramente riconosciuta l'importanza del ruolo e ne ha conseguentemente promossa la responsabilizzazione in seno alla comunità ecclesiale. In tal senso si assiste a una partecipazione più piena del laicato ai Consigli pastorali diocesani e nazionali di nuova creazione, e ai Sinodi diocesani, particolari e comuni, finora celebrati specialmente in Europa del Nord (Austria, Rep. Dem. Tedesca, Rep. Fed. di Germania, Svizzera, Concilio pastorale olandese e, in Italia, Bressanone) o progettati per l'immediato futuro come, per esempio, nel Burundi (Africa).
Al laicato, inoltre, sono conferite una serie di mansioni precedentemente affidate quasi esclusivamente al clero, mentre accresciuta è l'importanza delle proprie organizzazioni internazionali al cui coordinamento presiede un apposito Consilium de laicis istituito nel 1967 e definitivamente ristrutturato nel 1976 col motu proprio Apostolatus peragendi. In particolare è stato consentito un più largo accesso a incarichi ecclesiali, anche liturgici (motu proprio Ministeria quaedam, 1972). Quanto alla promozione del ruolo della donna in seno alla C. e alla società è stata istituita una Commissione temporanea di studio e, nel contempo, è stato consentito anche alla donna l'accesso ad alcuni "ministeri", confermando però l'esclusione dal sacerdozio ministeriale (Dich. della S. C. per la dottrina della fede, Inter insigniores, 1976). Tale esclusione è condivisa da tutte le C. ortodosse, dai vecchio-cattolici, e da alcune C. protestanti.
Parallela a questa accresciuta partecipazione laicale alla vita della C., si è registrata in seno al laicato cattolico una forte crisi dell'associazionismo tradizionale, cui ha fatto riscontro una vasta fioritura di "gruppi spontanei" di varia natura: comunità dì base, gruppi biblici, fraternità, movimento carismatico, ecc., le cui attività la C. tende a regolare e contenere, opponendosi a quelle tendenze centrifughe che non riconoscano nel vescovo e nelle C. locali altrettanti centri di collaborazione gerarchica. In tal senso la C. non ha rinunziato, ma anzi incoraggia il rinnovamento delle proprie forme associative tradizionali (v. azione cattolica). Al laicato è stata infine riconosciuta la specifica funzione dell'animazione cristiana dell'ordine temporale, nell'ambito di una legittima e ragionevole autonomia di opzioni (costituzione Gaudium et spes, decreto Apostolicam actuositatem n. 7).
4. Rinnovamento missionario. Il Concilio ha ribadito l'essenzialità e l'attualità dell'azione missionaria, anche tra i non cristiani quale dovere di ogni membro della comunità cristiana. A tale finalità s'ispira il rilancio dell'azione evangelizzatrice (v. missione).
5. Vita religiosa dei fedeli. Un obiettivo che il programma della C. oggi va perseguendo è una più matura conoscenza e consapevole adesione ai dati di fede da parte dei suoi membri. A tal fine sono incoraggiati gli studi teologici a diversi livelli, rinnovati i metodi di evangelizzazione e di catechesi (Sinodo dei vescovi del 1974; esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, 1975), esteso l'impiego degli strumenti della comunicazione sociale per la cultura religiosa.
Nel contempo il magistero ordinario è attento a intervenire contro possibili errori o deviazioni in materia di fede, attraverso l'operato non solo degli episcopati locali (lettere pastorali, dichiarazioni delle commissioni dottrinali istituite presso le conferenze episcopali, ecc.) ma soprattutto attraverso gl'interventi pontifici (discorsi, encicliche) e della S. Congregazione per la dottrina della fede (ex Santo Ufficio), che in questi anni ha emanato significativi documenti fra i quali quelli sulla collaborazione fra teologi cattolici e protestanti (1963), su alcuni errori più comuni in materia di fede (1966), sulle norme per l'esame delle dottrine (1971), su alcuni errori intorno all'incarnazione e la Trinità (1972), sulla tutela del sacramento della penitenza (1973), sulla dottrina cattolica concernente la C. (1973), sull'aborto procurato (1975), sulla vigilanza pastorale in materia di libri (1975), su questioni di etica sessuale (1975). Il primo Sinodo dei vescovi (1967) ebbe anch'esso a occuparsi di alcune opinioni considerate pericolose e dell'ateismo.
Nell'ambito della riforma liturgica s'inseriscono la rinnovata pastorale dei sacramenti (catecumenato degli adulti, preparazione delle famiglie al battesimo dei bambini, preparazione dei giovani al matrimonio, differimento per l'età della confermazione, ecc.), le facilitazioni in ordine al digiuno eucaristico, la possibilità, sotto determinate condizioni, di anticipare o posticipare l'adempimento del precetto festivo, la riforma della prassi penitenziale non più prevalentemente incentrata sull'astinenza e sul digiuno, la ribadita importanza della confessione individuale ma congiunta alla possibilità, riservata a casi speciali e a condizioni determinate, dell'assoluzione sacramentale collettiva. Un aggiornamento delle norme si è operato per i matrimoni misti e più rapide sono state rese le procedure per le cause matrimoniali, con un allargamento dei poteri conferiti ai vescovi e ai tribunali diocesani o nazionali (istruz. Matrimonii sacramentum, 1966, decreto Crescens matrimoniorum, 1967, motu proprio Matrimonia mixta, 1970, motu proprio Causas matrimoniales, 1971).
Nuovo impulso hanno subìto alcune pratiche tradizionali di devozione, quali i pellegrinaggi, i congressi eucaristici nazionali e internazionali (celebrati, in questo periodo, nel 1960 a Monaco di Baviera, nel 1964 a Bombay, nel 1968 a Bogotà, nel 1973 a Melbourne, nel 1976 a Filadelfia) e così pure le iniziative di assistenza religiosa a determinate categorie quali operai, emigranti, turisti, personale viaggiante, nomadi, ecc.; è del 1970 l'istituzione della Pontificia commissione per la pastorale delle migrazioni e del turismo.
Analoghi scopi di rinnovamento hanno presieduto alla celebrazione del 19° centenario del martirio di s. Pietro (1967-68) con un anno della fede concluso con la professione di fede pronunciata da Paolo VI (30 giugno 1968) e, soprattutto, dell'Anno santo (1974-1975).
6. Rinnovamento di strutture. Molteplici sono state le ristrutturazioni e gli adeguamenti nella legislazione e negli organismi di governo della Chiesa.
Per quanto riguarda la riforma della Curia romana si è proceduto all'allargamento e all'internazionalizzazione del collegio cardinalizio, all'abolizione, fusione e ristrutturazione di alcuni uffici e dicasteri con un'ampia internazionalizzazione dei componenti e dei dirigenti e un più stretto coordinamento (ogni mese è previsto un incontro tra i capi dicastero).
In seguito alla costituzione apostolica Regimini Ecclesiae universae del 1967 (cfr. il motu proprio Quo aptius del 1973) la Curia si presenta oggi strutturata nel modo seguente:
a) Segreteria di Stato o segreteria papale;
b) Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa;
c) Sacre congregazioni, assommanti a 9: per la dottrina della fede (già S. Ufficio, rinnovato nella denominazione e nei metodi col motu proprio Integrae servandae del 1965), per i vescovi, per le Chiese orientali, per i sacramenti e il culto divino (unificate nel 1975), per i religiosi e gl'istituti secolari, per l'evangelizzazione dei popoli o De propaganda fide, per le cause dei santi, per l'educazione cattolica. Ai diversi dicasteri fanno capo alcune Commissioni, Consigli e Comitati tra i quali citiamo: Commissione teologica internazionale (1969), Commissione biblica, Commissione per l'America latina, Consiglio generale per l'America latina, Commissione per la pastorale delle migrazioni e del turismo (1970), Consiglio Cor unum per la promozione del progresso umano e cristiano (1971), Comitato per la famiglia (1973).
d) Tribunali: Penitenzieria apostolica, supremo tribunale della segnatura, Sacra Rota.
e) Segretariati: Segretariato per l'unione dei cristiani (1960) e relativa Commissione per l'ebraismo (1974), Segretariato per i non cristiani (1964) e relativa Commissione per i rapporti con l'Islam (1974), Segretariato per i non credenti.
f) Consigli, Commissioni e Comitati: oltre i già ricordati citiamo, tra i più importanti, Consiglio de laicis (1967; 1976); Commissione iustitia et pax (1967) essa pure ristrutturata nel 1976; Commissioni per la revisione del codice di diritto canonico latino (1963) e orientale (ristrutturata nel 1972), Commissione per le comunicazioni sociali (1964), Commissione per la Neo-Volgata (1965), Commissione per l'edizione critica della versione latina della Bibbia detta volgata, Commissione per l'interpretazione dei decreti del Concilio Vaticano II, Commissione di archeologia sacra. Tutti questi organismi sono fregiati del titolo di "pontificio".
g) Uffici: Camera apostolica, per la cura dei beni e dei diritti della Santa Sede specialmente durante la Sede vacante, Prefettura degli affari economici (1967), Amministrazione del patrimonio della Santa Sede (1967), Prefettura della casa pontificia (1967-68), Servizio assistenziale del S. Padre (1968, ex Elemosineria), Archivio del Concilio vaticano II, Ufficio per i rapporti col personale (1971), Ufficio centrale di statistica della Chiesa (1967).
Per quanto riguarda la revisione dei codici sono state a ciò preposte le già citate commissioni; inoltre è in via di elaborazione una Lex fundamentalis nella quale dovrebbero essere formulati i principi fondamentali comuni a tutta la Chiesa.
Per quanto riguarda le applicazioni della collegialità episcopale, sono state riconosciute e concesse ai vescovi facoltà molto più ampie che in passato (motu proprio Pastorale munus, 1963, motu proprio De episcoporum muneribus, 1966, motu proprio Ecclesiae sanctae, 1966, con le relative norme); inoltre sono state impartite direttive per un rinnovato stile di servizio pastorale (Directorium de pastorali ministerio episcoporum, 1973), mentre è in atto un decentramento amministrativo e, nel contempo, molti vescovi residenziali sono stati chiamati a far parte, in qualità di membri, dei dicasteri romani.
Sono state istituite circa cento Conferenze episcopali nazionali alle quali vanno aggiunti organismi internazionali di collegamento tra gli episcopati, quali il Consiglio delle conferenze episcopali di Europa, la Federazione dei vescovi dell'Asia, il Simposio delle conferenze episcopali dell'Africa e Madagascar, il Segretariato episcopale dell'America centrale e Panama, il Consiglio episcopale dell'America latina.
Del 1965 è l'istituzione del Sinodo dei vescovi che, nel periodo considerato, ha tenuto tre assemblee generali ordinarie e una straordinaria (1969), con l'apporto dei delegati dell'episcopato mondiale, che hanno trattato temi d'interesse generale come la revisione del codice, le opinioni considerate pericolose e l'ateismo, i matrimoni misti, la riforma liturgica (1967), i rapporti delle Conferenze episcopali fra di loro e con la S. Sede (1969), il sacerdozio ministeriale, la giustizia nel mondo (1971), l'evangelizzazione nel mondo attuale (1974).
Influsso del Concilio nei rapporti tra Chiesa e mondo. - Il Concilio si concluse con l'approvazione della costituzione pastorale Gaudium et spes su La Chiesa nel mondo contemporaneo (7 dicembre 1965) e con una serie di messaggi all'umanità (8 dicembre 1965) e segnatamente: ai governanti, agli uomini di pensiero e di scienza, agli artisti, alle donne, ai lavoratori, ai poveri, malati e sofferenti, ai giovani. Tale sforzo di riallacciare o avviare un dialogo interrotto o poco attuato si è orientato verso il mondo religioso al di fuori della C. cattolica (ecumenismo) e verso l'uomo in quanto individuo associato (azione sociale e politica).
Ecumenismo. Alla promozione dell'azione ecumenica della C. è preposto, in particolare, il Segretariato per l'unione dei cristiam e i corrispondenti organismi nazionali o diocesani.
Tale azione è regolamentata dal Direttorio ecumenico (1967 e 1970) e dalle norme su La collaborazione ecumenica sul piano regionale, nazionale e locale (1975), e va sviluppandosi sul piano teologico con l'istituzione di gruppi misti e bilaterali con una o più C., e con i rappresentanti dell'intera ortodossia, con le traduzioni ecumeniche della Bibbia, con la partecipazione a sessioni o ad organismi di studio in seno al Consiglio mondiale delle Chiese, ecc.; sul piano della cooperazione, mediante iniziative caritative, sociali e culturali comuni, mediante la reciproca presenza di osservatori in riunioni di studio e di lavoro, mediante la partecipazione - finora limitata al livello nazionale o locale - della C. cattolica ai Consigli di Chiese, ecc.; sul piano del "dialogo della carità" mediante incontri anche ad altissimo livello (tra il Papa e il patriarca Atenagora a Gerusalemme nel 1964, a Istanbul e a Roma nel 1967), mediante visite a Roma di alte autorità religiose (patriarca Khoren I di Cilicia nel 1967, patriarca Jacoub III di Antiochia nel 197I, patriarca Shenouda III del Cairo nel 1973, arcivescovo Ramsey primate anglicano nel 1966) o in occasione di viaggi pontifici all'estero (Terra santa 1964, Nazioni Unite a New York 1965, India e Turchia 1966, Colombia e Ginevra 1969, Uganda, Estremo Oriente, Australia e Pacifico 1970).
In concomitanza con tali iniziative si è dato l'avvio a forme di collaborazione e di riconoscimenti reciproci, quali dichiarazioni comuni, incontri di delegazioni, revisione nella disciplina di matrimoni misti, visita del papa alla sede del Consiglio mondiale delle Chiese a Ginevra (1969), riconosciuta validità del battesimo impartito da parecchie C. riformate, uso comune di edifici sacri, ecc.
Il Segretariato per l'unione dei cristiani ha altresì avviato contatti anche con l'ebraismo, sul piano religioso, al fine di un miglioramento della reciproca comprensione. Analoga azione svolgono il Segretariato per i non cristiani e i relativi Segretariati nazionali e diocesani, per la promozione della reciproca conoscenza tra religioni cristiana e non cristiane, in particolare il buddismo e l'Islam. Soprattutto a livello dottrinale svolge la sua azione il Segretariato per i non credenti con particolare riguardo al problema dell'ateismo; a esso, per ragioni pratiche, hanno fatto capo alcuni contatti informali con la Massoneria (v., in queeta Appendice).
Dottrina e azione sociale. All'intervento in materia di diritti fondamentali dell'uomo, in specie per il diritto alla vita e al lavoro, sono improntate le notissime encicliche sociali Mater et magistra e Populorum progressio (v. enciclica, in questa App.) e, con esse, l'esortazione apostolica Octogesima adveniens e numerosi altri discorsi e messaggi pontifici, direttive per le Settimane sociali, dichiarazioni del Sinodo su La giustizia nel mondo e su I diritti dell'uomo e la conciliazione, studi sui rapporti tra evangelizzazione e promozione umana, (in specie il Convegno della Chiesa italiana del 1976).
Interventi di solidarietà sono stati istituzionalizzati con Mani tese in Italia, collette Misereor, Adveniat e Missio in Germania e, al livello pontitificio, con la Pontificia Commissione Iustitia et pax e il Pontificio consiglio Cor unum e, per aiuti ai colpiti da calamità naturali, con la Caritas internationalis e le varie Caritas nazionali; con invio di personale tecnico, medico, insegnante, ecc. A carattere ecumenico è la collaborazione con Sodepax (Ginevra) per scopi di promozione umana.
Bibl.: Acta Apostolicae Sedis, Città del Vaticano 1960 segg.; Annuario pontificio, Città del Vaticano 1960 segg.; La Civiltà Cattolica, annate 1960 segg. (v. anche l'Indice decennale, 1961-1970); Giovanni XXIII, Discorsi, messaggi, colloqui, 4 voll., Città del Vaticano 1960-63; Attività della Santa Sede, ivi 1961 segg.; Lettere pastorali (1960 segg.), 10 voll., Verona 1961 segg.; V. Subilia, La nuova cattolicità del cattolicesimo, Torino 1962; Insegnamenti di Paolo VI, 14 voll., Città del Vaticano 1963-76; E. Balducci, Papa Giovanni, Firenze 1964; J. Guitton, Dialoghi con Paolo VI (trad. it.), Milano 1967; G. Caprile, Il Sinodo dei Vescovi (1967-1974), 4 voll., Roma 1968-1975; Annuarium statisticum Ecclesiae, Città del Vaticano 1971 segg.; Enchiridion Vaticanum, 3 voll., Bologna 1976 (contenente i testi del Concilio ecumenico Vaticano II e i documenti applicativi); A. Casaroli, La Santa Sede e l'Europa, in Relazioni internazionali 12 febbr. 1972, e in La Civiltà cattolica, CXXIII (1972), 1, pp. 367-81; G. Garrone, L'Église 1965-1972, Parigi 1972; J. Stehle, Die Ostpolitik des Vatikans, 1974; G. Bouchard, G. Peyrot, e altri, Il cattolicesimo italiano dieci anni dopo il Concilio, in Gioventù evangelica, ott. 1975; G. Caprile, Paolo VI e l'ecumenismo, in La Civiltà cattolica CXXVI (1975), 3, pp. 409-17; G. Rulli, La Santa Sede e il problema della pace, ibid., CXXVI (1975), i, pp. 187-98; K. Forster, Priesterstatistik. Eine Lebensfrage der Gemeinden, in Herder Korrespondenz, 1975, n. 5, pp. 227-34; G. Martina, E. Ruffini, la Chiesa in Italia tra fede e storia, Roma 1975; Il Vaticano e Roma cristiana, Città del Vaticano 1975; Enchiridion documentorum instaurationis liturgicae (1963-1973), Torino 1976; G. Miccoli, Ch., partito cattolico e società civile, in Autori vari, L'Italia contemporanea (1945-1975), Torino 1976; A. Renard, Dix ans après le Concile: Où va l'Église?, in L'Osservatore romano, ed. francese, 25 giugno 1976; R. e R. Sciubba, Le comunità di base in Italia, 2 voll., Coines 1976.
Chiesa e Stato. - Le relazioni fra Chiesa e Stato in Italia. - (X, p. 48; App. II,1, p. 571). - Apparentemente in questi ultimi quindici anni, che vanno dal 1960 al 1975, i rapporti fra la Chiesa e lo Stato in Italia sono rimasti immutati, continuando a essere retti dai Patti lateranensi, cioè dal trattato e concordato dell'11 febbraio 1929, rafforzati dalla garanzia costituzionale dell'art. 7 della nostra Costituzione. E, appunto sulla loro base e applicazione, si è continuato ad assicurare al popolo italiano nel modo più statico e immobilistico quella pace religiosa, di cui aveva già goduto ininterrottamente nel trentennio precedente.
Non erano mancati nel corso di questi anni alcune nubi e qualche accenno di temporale.
Così in tema di matrimonio, quando nel 1960 era scoppiato il famoso scandalo del vescovo di Prato, che essendosi permesso di qualificare come concubini due coniugi sposati col solo matrimonio civile, subì una querela di diffamazione e un clamoroso processo penale.
Così ancora quando si erano ripetutamente verificate vivaci polemiche e proteste per violazioni effettive o presunte del "carattere sacro della Città di Roma", sancito nell'art. 1 comma 2 del concordato, in occasione sia dell'affissione di manifesti pornografici per le vie della capitale, sia della rappresentazione della Mandragola, sia dei funerali di Palmiro Togliatti nella piazza di S. Giovanni in Laterano, sia soprattutto nel 1965 a causa di un'altra rappresentazione teatrale, quella del Vicario, che, bloccata da un intervento prefettizio su sollecitazioni della Santa Sede, era stata oggetto di vivaci dibattiti parlamentari e di aspre polemiche sulla stampa.
Così ugualmente quando, in forza dell'art. 5 del concordato, era stato vietato a un pastore protestante, quale ex sacerdote cattolico apostata, di tenere una pubblica conferenza e si era impedito a un prete spretato di assumere la carica di consigliere comunale, a cui pure era stato regolarmente eletto.
E così infine quando, in applicazione all'art. 39 del concordato, si era verificato all'università cattolica del Sacro Cuore di Milano il noto "caso Cordero" in merito alla legittimità o meno della sua rimozione da professore della medesima, seguito da veementi polemiche e perfino dall'intervento della Corte costituzionale.
In questi e altri episodi sporadici simili però si era pur sempre trattato o di nubi passeggere o di dissapori e contrasti momentanei che, anche se violenti e clamorosi, erano rimasti senza conseguenze durature e avevano lasciato sussistere inalterato lo statu quo nei rapporti fra i due poteri.
Senonché è stato proprio in costanza di tale apparente immobilismo a sfondo conservatore e clericale che, specie in questi ultimi quindici anni, si è andato avvertendo il manifestarsi sempre più accentuato di un dinamismo ideologico innovatore, caratterizzato da crescenti impulsi contestatori fideistici e sociali, da più mature prese di coscienza religiose e laiche, da esigenze confessionali e politiche nuove e pressanti, tali da scuotere nei suoi stessi capisaldi questa facciata statica dei rapporti fra lo spirituale e il temporale e fra la Chiesa e lo Stato e da metterli in una crisi che si va rivelando sempre più profonda e incontenibile.
Due eventi fondamentali hanno costituito in specie i punti focali dì tale evoluzione religiosa e politica.
Il primo, relativo alla Chiesa cattolica, è stato il Concilio Vaticano II, che con il suo potente impulso rinnovatore e rigeneratore ha operato in seno alla Chiesa stessa un radicale superamento programmatico di quella che era la sua tradizionale posizione nel mondo nei confronti in specie delle comunità politiche e delle "cose mortali" attraverso una collocazione concettuale del suo magistero autoritativo e della sua missione religiosa terrena del tutto nuova, per non dire addirittura rivoluzionaria. Collocazione concettuale, che, anche se tuttora in via di realizzazione, e non senza ripensamenti e ondeggiamenti delle gerarchie ecclesiastiche, non ha mancato comunque di cominciare già a orientare e indirizzare i rapporti stessi della Chiesa con l'ordine temporale e con le comunità civili verso direttive ideologiche e verso pratiche pastorali e disciplinari diverse e, sotto certi aspetti, addirittura antitetiche a quelle consacrate dalla tradizione passata.
Tale anzitutto la sua rinuncia a mantenere oltre "le cose mortali" strumentalizzate e subordinate alle superiori esigenze spirituali e religiose, riconoscendo loro un proprio fine civico e temporale autonomo non solo perfettamente lecito, ma degno addirittura di essere favorito e sostenuto nelle sue realizzazioni per il bene comune della società.
Tale insieme la legittimità oggi acquisita del principio tanto osteggiato e condannato in passato della laicità agnostica statale nel campo confessionale, e il superamento e l'abbandono dell'opposto principio tradizionale del confessionismo dello stato, quale un organismo incapace di un atto di fede e quindi di una qualunque opzione religiosa.
Tale ancora la formale rinuncia a conservare una posizione di protezione e di privilegio alla Chiesa negli ordinamenti statali per rivendicarle invece il diritto a una condizione di completa autonomia e libertà di azione (la cosiddetta libertas Ecclesiae).
E tale infine la tendenza a istituire e mantenere nel mondo e nella vita terrena rapporti non più impostati al vertice con i governi statali, cioè con gli stati-istituzioni, ma definiti alla base con i rispettivi popoli dei cittadini-fedeli, cioè con gli stati-comunità.
Il che, come si comprende, già sotto lo stesso profilo del nuovo magistero politico conciliare della Chiesa, viene a sovvertire e trasformare alle sue basi stesse la classica dottrina cattolica, enunciata e attuata fino a questi ultimi tempi, in merito ai contatti e alle interferenze tra l'ordine spirituale e l'ordine temporale e ai correlativi regolamenti di competenza da istituire con quest'ultimo e con le autorità civili.
L'altro evento correlativo, riflettente lo stato o per lo meno lo stato democratico odierno, è stato costituito da un corrispondente fenomeno evolutivo di sviluppo e di progressiva maturazione del medesimo. Sempre più netta e decisa infatti si è andata riscontrando da parte del popolo sovrano una positiva presa di coscienza in merito sia a quelle che sono e debbono essere le funzioni, le esigenze e le realizzazioni statali nel campo sociale, sia in specie ai compiti e alle finalità che, quale stato democratico, questi è chiamato ad assolvere nella stessa politica e normativa ecclesiastica.
Politica e normativa ecclesiastica, si noti bene, che la comunità sovrana dei cittadini-fedeli sempre meno tollera di vedersi imporre autoritativamente dall'alto e con un atto d'imperio del governo in nome della superiore "ragione di stato", e sempre più esige di ispirare e determinare personalmente essa stessa, quale l'unica protagonista delle varie scelte e direttive al riguardo, in corrispondenza tanto ai propri interessi terreni quanto alle sue esigenze fideistiche individuali e collettive.
Si comprende subito come tutto ciò, anche se corrispondente a un fenomeno proprio di tutto il mondo civile cattolico, non potesse fare a meno di essere particolarmente sentito in Italia sia per il fatto di costituire il centro stesso della cattolicità e la sede del papato, sia insieme in quanto rappresentante ancora una democrazia giovane e tuttora in via di assestamento e di maturazione.
La reazione così contro la tradizionale strumentalizzazione della politica alla religione e lo sfruttamento di questa in favore di quella con un'ibrida commistione tra spirituale e temporale non poteva fare a meno di manifestarsi anche in Italia. Anzi è stato proprio in Italia che essa si è andata mostrando nel corso di questi ultimi anni sempre più aggressiva e combattiva nell'intento ultimo di arrivare così a indirizzare su nuovi binari la politica stessa religiosa del nostro paese.
Il risultato del referendum sul divorzio (1974), attuato attraverso un'intensa e accesa campagna elettorale di mesi a ogni livello e conclusosi con una maggioranza di oltre il 60% in favore del divorzio stesso contro le direttive vaticane e della Democrazia cristiana, ne è stata l'anticipazione più clamorosa e significativa.
Già parecchi anni prima però il problema di un riesame delle relazioni da tempo stabilizzate tra spirituale e temporale e in specie della posizione conservata fino a oggi alla Chiesa cattolica nell'ordinamento italiano era stato ripetutamente sollevato dalla dottrina, incontrando echi e consensi in sfere sempre più vaste della pubblica opinione laica e cattolica.
Come era più che naturale, la questione si era in specie polarizzata sul concordato lateranense, in cui questa posizione trovava appunto la sua consacrazione e normativa. E notevolmente accentuata e vivace era stata la campagna che si era andata svolgendo nell'intento di procedere a una radicale riforma del medesimo.
Fin dal 1969 anzi il governo stesso italiano con la tacita acquiescenza del Vaticano aveva ritenuto opportuno porre addirittura all'ordine del giorno tale problema e procedere perfino alla costituzione di un'apposita commissione governativa incaricata di preparare delle proposte concrete per una revisione e un aggiornamento del concordato stesso da sottoporre poi alla Santa Sede.
Il conflitto sorto negli anni successivi tra i due poteri a causa dell'introduzione della legge sul divorzio in Italia aveva fatto accantonare di nuovo il problema. L'esigenza però di una sua soluzione non aveva cessato di apparire sempre più sentita e impellente fino a rappresentare oggi uno dei problemi politici e giuridici di più viva attualità.
In questi ultimi anni anzi non ci si è neppure più limitati a insistere perché si addivenisse a una sostanziale revisione del concordato vigente. Specie infatti da parte laica e anticlericale, si è andata montando una campagna rivolta a ottenere addirittura sia l'eliminazione radicale del regime stesso concordatario, quale un regime ormai superato e anacronistico, sia insieme l'abrogazione correlativa dell'art. 7 della Costituzione, in cui appunto tale regime aveva trovato la sua formale garanzia costituzionale.
Non solo, ma, quale alternativa poi al regime pattizio concordatario si è proposto da parte dei suoi sostenitori il ritorno al classico sistema statale preconcordatario del cosiddetto "separatismo integrale" o del "separatismo giurisdizionalista" nei rapporti con la Chiesa, da disciplinare con una legislazione unilaterale di esclusiva emanazione dello stato. Il che comporterebbe che la chiesa stessa verrebbe a trovarsi nell'esercizio del suo magistero e della sua missione spirituale in Italia in una posizione bensì di autonomia e di libertà, sempre però sotto la sovranità e le leggi dello stato medesimo e in una posizione quindi che non potrebbe trovare mai accoglimento o acquiescenza da sua parte.
Si comprende così come tale tesi massimalista, quale che ne sia il valore teorico e nonostante il favore che continua a incontrare presso autorevoli correnti politiche e giuridiche, non abbia in realtà, almeno per il momento, alcuna possibilità di una pratica realizzazione in Italia. E ciò per due ragioni concorrenti: perché cioè anzitutto aprirebbe la via a un immancabile stato di conflitto cronico con la Chiesa e nessun governo o partito politico intende oggi assumersi una simile responsabilità, e perché insieme, implicando l'abrogazione dell'art. 7 della Costituzione, comporterebbe una riforma di ordine costituzionale, per la quale manca nell'attuale parlamento italiano la maggioranza qualificata indispensabile.
Anche in queste condizioni però tale tesi rivela chiaramente quanto siano drastici e profondi al momento presente i nuovi orientamenti e indirizzi, non di rado a tipica tinta anticlericale, che si vanno sempre più affermando e imponendo tra vasti strati della pubblica opinione italiana in tema di rapporti futuri tra Stato e Chiesa e quali siano insieme le spiccate tendenze contestatrici di fronda che vengono ad affiorare e diffondersi in proposito.
È stato così anche per arginare tali pericolose spinte estreme, che ultimamente, su iniziativa ufficiale del governo italiano comunicata alla Santa Sede e col gradimento espresso della medesima, si sono aperte tra le due parti contraenti le prime trattative per una revisione d'accordo del concordato lateranense.
Naturalmente non si conosce ancora quale sarà il tipo di nuovo accordo pattizio che dovrà subentrare al concordato lateranense. Se cioè si tratterà di un nuovo concordato analogo a quello vigente, o di un concordato-quadro integrato da leggi unilaterali per determinate materie, o di più modus vivendi singoli, o di specifiche convenzioni pattizie con la Conferenza episcopale italiana, ecc.
Ugualmente si continua per il momento a ignorare quali potranno essere i principi direttivi e la portata effettiva maggiore o minore del nuovo patto che interverrà tra le due autorità e non si possono quindi accampare al riguardo che semplici ipotesi e previsioni.
Le esigenze stesse religiose e politiche dei tempi presenti peraltro fanno pensare che in ogni modo la progettata soluzione revisionista non si potrà concretare in una timida e modesta modifica o abrogazione di singole clausole specifiche, come pretenderebbero alcune correnti cattoliche più retrive. Una simile revisione infatti non solo resterebbe perfettamente inutile, ma si risolverebbe piuttosto in un danno che in un vantaggio sia per l'una e per l'altra parte contraente e sia per la stessa popolazione cattolica italiana anche a causa delle reazioni anticlericali che non mancherebbe sicuramente di provocare.
Se pertanto si vorrà realizzare una soluzione revisionista seria e accettabile, questa dovrà concretarsi in una vera e propria riforma sostanziale di fondo del regime concordatario da istituire per l'avvenire tra lo Stato e la Chiesa in Italia. Regime, che dovrà conferire un effettivo "volto nuovo" al futuro accordo pattizio con l'abbandono dei suoi tradizionali capisaldi ormai superati e con un'impostazione su indirizzi e basi più rispondenti alle odierne esigenze religiose e civili della comunità italiana.
Su questo piano poi tre principi direttivi in specie, tutti e tre antitetici a quelli del presente concordato, dovrebbero trovare la loro formale consacrazione e la loro sostanziale realizzazione nei nuovi accordi bilaterali da stipulare, e cioè:
a) il principio della integrale laicità agnostica dello stato in materia confessionale, in antitesi al confessionismo cattolico sancito negli attuali Patti del Laterano;
b) il principio del netto separatismo statale dalle confessioni religiose in genere e dalla Chiesa cattolica in specie con una piena autonomia e libertà di azione della Chiesa stessa (come del resto delle altre confessioni), in antitesi al regime privilegiato esistente oggi sia a suo favore, sia a suo danno;
c) il principio infine della piena tutela dei diritti fondamentali della personalità umana e in specie dei diritti individuali e collettivi di libertà religiosa dei cittadini-fedeli, in antitesi a quei limiti di normativa e di costume che si continuano tuttora a lamentare al riguardo.
Su queste basi e con questi nuovi principi, già consacrati del resto sia nelle clausole della Carta costituzionale italiana, sia nelle direttive conciliari e postconciliari della Chiesa odierna, non dovrebbe essere difficile svolgere e condurre in porto le trattative in atto tra il governo e la Santa Sede per addivenire a una soddisfacente revisione e aggiornamento del regime concordatario sulla base di nuovi accordi bilaterali più moderni e più consoni ai tempi presenti.
Bibl.: Nella vastissima bibliografia su tale tema, tra le monografie più recenti: A. C. Jemolo, Capisaldi intorno ai rapporti tra Stato e Chiesa circa la potestà di magistero, in Riv. Dir. Matr., 1958, p. 353; Il processo al Vescovo di Prato, a cura di L. Piccardi, Firenze 1958; O. Giacchi, Libertà della Chiesa e autorità dello Stato, Milano 1963; F. Onida, Giurisdizione dello Stato e rapporti con la Chiesa, ivi 1964; G. Caputo, Il problema della qualificazione giuridica dello Stato in materia religiosa, ivi 1967; A. Piola, Stato e Chiesa dopo il Concilio, ivi 1968; L. Spinelli, Problemi e prospettive in tema di rapporti tra Stato e Chiesa, Modena 1968; id., La Chiesa e gli Stati alla luce del Concilio Vaticano II, ivi 1969; P. A. d'Avack, Rilievi preliminari sulla riforma del Concordato lateranense, in Ephem, jur. canon., 1970; id., La Chiesa e lo Stato nella nuova impostazione Conciliare, in Atti Congr. Internaz. dir. canon., Milano 1970; P. Spirito, La religione dello Stato, Assisi 1971; G. Catalano, Sovranità dello Stato e autonomia della Chiesa nella Costituzione repubblicana, Milano 1974; P. A. d'Avack, Una proposta legislativa per un nuovo sistema di rapporti fra lo Stato italiano e le confessioni religiose, in Studi in onore di G. Chiarelli, ivi 1974; id., Il nodo del Concordato, in Nuova Antol., 1974; id., Convergenze e divergenze su "il nodo del Concordato", ibid., 1975; A. C. Jemolo, Il nodo del Concordato, ibid.; F. Margiotta Broglio, Un nodo da sciogliere, ibid.; P. Barile, I nodi vengono al pettine, ibid.; G. Spadolini, La questione del Concordato, Firenze 1976.