Chimica dell'atmosfera
È opinione comune che l'atmosfera della Terra e quella degli altri pianeti simili a essa (ossia Venere e Marte) si sia formata in seguito alla liberazione di composti volatili intrappolati nelle componenti solide del pianeta. Si ritiene che inizialmente l'atmosfera terrestre fosse una miscela di anidride carbonica (più propriamente, biossido di carbonio, CO2), azoto (N2) e vapor d'acqua (H2O) con tracce di idrogeno (H2), una miscela simile a quella emessa dai vulcani. La composizione dell'atmosfera attuale è molto diversa da quella dell'atmosfera primitiva. La maggior parte del vapor d'acqua emesso in origine dall'interno della Terra si è condensata abbandonando l'atmosfera e formando gli oceani, mentre gran parte della CO2 si è prima disciolta in essi e quindi ha sedimentato formando rocce di carbonati. Poiché l'azoto è chimicamente inerte, non solubile in acqua e non condensabile, nel corso del tempo geologico si è in gran parte accumulato nell'atmosfera divenendone il componente più abbondante. L'atmosfera primitiva della Terra era costituita da una miscela leggermente riducente, mentre oggi è fortemente ossidante. L'enorme aumento di ossigeno (O2) è dovuto alla sua emissione come prodotto secondario dell'azione della fotosintesi da parte di organismi vegetali.
Nell'atmosfera terrestre si distinguono cinque regioni: (a) la troposfera, che è lo strato inferiore dell'atmosfera e che si estende dalla superficie terrestre fino alla tropopausa: si trova a un'altitudine compresa tra gli 8 e i 16 km. Essa è caratterizzata da una diminuzione lineare della temperatura con l'altezza, a causa della crescente distanza dalla Terra riscaldata dal Sole, e da una rapida miscelazione verticale; (b) la stratosfera, che si estende dalla tropopausa
alla stratopausa (da 45 a 55 km di altitudine ca.). La temperatura cresce con l'altitudine, fino ad arrivare a uno strato in cui la miscelazione verticale è lenta; (c) la mesosfera, che si estende dalla stratopausa alla mesopausa (da 80 a 90 km di altitudine ca.). La temperatura decresce con la quota fino alla mesopausa, che è il punto più freddo dell'atmosfera; la miscelazione verticale è rapida; (d) la termosfera, che è la regione collocata al di sopra della mesopausa, caratterizzata da temperature elevate per effetto dell'assorbimento di radiazioni a basse lunghezze d'onda da parte di N2 e O2 e da un rapido miscelamento verticale. La ionosfera è una regione della mesosfera superiore e della termosfera inferiore, nella quale vengono prodotti ioni per fotoionizzazione; (e) la esosfera che è la regione più esterna dell'atmosfera (quota fino a 500 km), in cui le molecole di gas dotate di sufficiente energia possono sfuggire all'attrazione gravitazionale terrestre.
Sono necessari da uno a due mesi perché una specie chimica si disperda in un emisfero terrestre, ma, sorprendentemente, ci vogliono da uno a due anni perché si disperda nell'intera atmosfera inferiore della Terra (fig. 2). Il tempo relativamente lungo necessario per la miscelazione tra gli emisferi Nord e Sud deriva dalla presenza all'Equatore della cosiddetta zona di convergenza intertropicale, dove le condizioni atmosferiche non favoriscono la miscelazione dei gas tra i due emisferi. La miscelazione verticale nella troposfera è relativamente vigorosa. Una specie chimica emessa in corrispondenza della superficie terrestre può essere miscelata fino alla parte superiore della troposfera in pochi giorni. Salendo nella stratosfera, tuttavia, i moti verticali d'aria si riducono drasticamente e il processo di miscelazione diventa assai più lento che nella troposfera. Di conseguenza, una specie potrebbe impiegare parecchi anni, dopo aver attraversato la tropopausa, per raggiungere i livelli più elevati della stratosfera. Mentre si trova nell'aria, una sostanza può essere alterata chimicamente secondo due modalità: per via fotochimica oppure mediante l'urto tra due molecole. Nonostante il fatto che l'atmosfera sia composta soprattutto da molecole relativamente iner-ti, quali N2 e O2, essa è un mezzo ossidante piuttostoefficace, soprattutto a causa della presenza di piccole quantità di frammenti molecolari estremamente reattivi, detti radicali liberi.
Il tempo di permanenza (o tempo di vita) di una sostanza nell'atmosfera rappresenta il tempo medio durante il quale una molecola di tale specie rimane in essa prima di venire eliminata. Questo tempo è definito convenzionalmente come il tempo occorrente per scendere dalla concentrazione iniziale C0 a C0/2,7183. Applicando il principio di conservazione alle sostanze presenti nell'atmosfera, con una massa totale Q, in condizioni stazionarie, si ottiene che il tempo di permanenza può essere espresso come:
[1] formula
dove R è la velocità di rimozione della specie e P è la sua velocità di introduzione da una sorgente.
Il tempo di miscelazione τM di un composto relativo a un certo volume è definito come il tempo necessario perché la sua concentrazione risulti del tutto uniforme. Una specie risulta poco miscelata se il suo tempo di miscelazione caratteristico non è piccolo rispetto a τ. Un particolare volume può presentare una buona miscelazione rispetto ad alcune specie e cattiva rispetto ad altre, a seconda del loro tempo di permanenza. Inoltre, i tempi di miscelazione nell'atmosfera sono tipicamente diversi a seconda delle differenti direzioni. Il tempo caratteristico di miscelazione verticale nella troposfera, cioè il tempo richiesto per miscelare una specie uniformemente dal suolo fino alla tropopausa, è di circa una settimana, mentre il tempo di miscelazione orizzontale nella troposfera, cioè il tempo richiesto per miscelare completamente un componente attorno al globo nella troposfera, è di circa un anno. Quindi la troposfera può essere considerata ben miscelata rispetto al 85Kr (uno degli isotopi radioattivi del kripton), che ha una semivita di 10 anni, mentre per i composti dello zolfo, il cui tempo di permanenza è di circa una settimana, non c'è una buona miscelazione neppure verticalmente.
La miscelazione della stratosfera è considerata cattiva rispetto a tutti i componenti atmosferici presenti in tracce e può essere considerata ben miscelata soltanto rispetto a specie che hanno tempi di permanenza ben superiori ai 50 anni. Per comodità, i processi di eliminazione delle specie atmosferiche possono essere raggruppati in due categorie: deposizione secca e deposizione umida. Nella prima, le specie si trasferiscono direttamente sulla superficie della Terra senza l'aiuto di una precipitazione, mentre nella seconda, sono trasferite sulla superficie terrestre in forma acquosa (cioè pioggia, neve o nebbia). La deposizione umida può avvenire mediante la dissoluzione di gas atmosferici nelle goccioline presenti nell'aria, o tramite la rimozione di particelle atmosferiche che vanno a costituire i nuclei di condensazione dell'acqua atmosferica, oppure, infine, mediante la rimozione di particelle atmosferiche attraverso la collisione con una goccia.
Il tempo di permanenza delle particelle nell'atmosfera inferiore di solito è dell'ordine di alcune settimane. Vicino al suolo, i meccanismi principali per la rimozione delle particelle sono la deposizione o l'impatto su superfici; al di sopra di altezze di 100 m ca., invece, il meccanismo principale di rimozione è l'incorporamento per fenomeni di precipitazione. Allorché l'aria sale attraverso una nuvola e diviene leggermente soprassatura di vapor d'acqua, si formano goccioline d'acqua su nuclei di condensazione che aumentano di dimensioni per condensazione dello stesso vapor d'acqua. La crescita delle goccioline e gli urti tra di esse creano gocce di pioggia, che crescono rapidamente incorporando, mentre cadono, altre goccioline delle nuvole ed evaporano quando incontrano aria non satura. La condensazione del vapor d'acqua in un'atmosfera completamente priva di particelle richiederebbe che esso fosse soprassaturo, mentre il valore di soprassaturazione dell'atmosfera in genere non oltrepassa l'1%, proprio grazie al fatto che le goccioline di nebbia e di nuvole si formano per condensazione d'acqua su particelle, i cosiddetti nuclei di condensazionedelle nuvole. Questi sono presenti ovunque nell'atmosfera, e sono sia d'origine naturale sia antropogenici.
A causa della rapida miscelazione che ha luogo tra la superficie terrestre e la tropopausa, nella troposfera la composizione chimica dell'aria in condizioni normali, non contaminata, è essenzialmente indipendente dall'altitudine. Al contrario, nella stratosfera, a causa della lenta miscelazione, le specie non sono distribuite uniformemente nelle diverse quote. Il componente chimico qualitativamente più importante della stratosfera è l'ozono (O3). L'ozono è entrato a far parte dei componenti dell'atmosfera nel periodo durante il quale l'O2 ne è divenuto il costituente più importante. In realtà, la quantità di O3 nell'atmosfera è estremamente piccola. Nella troposfera originaria e non inquinata le frazioni in volume di ozono sono comprese tra le 10 e le 40 parti per miliardo (ppb), con valori leggermente più alti nella troposfera superiore. L'ozono raggiunge un rapporto di miscelazione massimo di circa 10 parti per milione (ppm), in volume, a un'altitudine compresa tra i 25 e i 30 km nella stratosfera (fig. 3).
Nonostante si tratti di un elemento presente solo in tracce, l'ozono esercita un'influenza profonda sull'atmosfera e sulla vita sulla Terra, perché assorbe le radiazioni solari ultraviolette (UV) con lunghezze d'onda comprese tra i 210 e i 290 nm, permettendo a molte forme di vita di continuare a esistere. Assorbendo radiazioni UV, l'ozono riscalda la stratosfera ed è perciò una delle principali cause dell'aumento della temperatura della stratosfera al crescere dell'altitudine. Nella stratosfera, la presenza dell'ozono è dovuta all'assorbimento della luce da parte di O2, seguito da dissociazione in atomi, cioè da quel fenomeno chiamato fotolisi. Nella troposfera, in-vece, l'ozono è prodotto attraverso una serie complessa di reazioni che coinvolgono gli ossidi di azoto NOx ‒monossido (NO) e diossido (NO2) ‒ e gli idrocarburi. La formazione dell'ozono ha luogo nella stratosfera a un'altitudine superiore ai 30 km circa, dove le radiazioni solari ultraviolette con lunghezze d'onda λ inferiori ai 242 nm dissociano lentamente l'ossigeno molecolare:
[2] O2 + hν → O + O
dove hν indica un fotone.
L'atomo d'ossigeno reagisce rapidamente con l'ossigeno molecolare in presenza di una terza molecola (solitamente è un altro O2 o N2) formando ozono:
[3] O + O2 + M → O3 + M .
Questa è l'unica reazione che produce ozono nell'atmosfera. Lo stesso O3 assorbe fortemente radiazioni in un campo di lunghezze d'onda comprese tra i 240 e i 320 nm, per decomporsi di nuovo in O2 e O. Inoltre, l'ozono può reagire con l'ossigeno atomico per generare nuovamente due molecole di O2. Questo meccanismo per la produzione dell'ozono nella stratosfera, proposto nel 1930 dal meteorologo inglese Sydney Chapman, è stato considerato il complesso principale di reazioni che determinano la concentrazione di O3. In realtà, essa darebbe origine a una quantità cinque volte maggiore di O3 di quella realmente presente nella stratosfera. Esistono, infatti, altri processi attraverso i quali viene distrutto O3 nella stratosfera. Membri di altre famiglie chimiche possono distruggere l'ozono attraverso una serie di cicli catalitici, costituiti da catene di reazioni, le quali rigenerano la molecola che inizialmente reagisce con O3, e il ciclo può essere ripetuto in media parecchie volte per una singola molecola reattiva. Sono state identificate tre famiglie chimiche che partecipano a quei cicli catalitici e che contribuiscono a riportare la quantità di ozono predetta dalle reazioni di Chapman al valore effettivamente osservato nella stratosfera. In particolare, esse coinvolgono idrogeno e azoto atomici, e cloro:
[4] HOx∙ = H + ∙OH + HO2∙
[5] NOx = N + NO + NO2 + NO3∙
[6] ClOx = Cl + ClO + ClO2∙
I cicli HOx∙ e NOx sono descritti di seguito
[7] ∙OH + O3 → HO2∙ + O2
[8] HO2∙ + O → ∙OH + O2
__________________________________
Reazione complessiva
[9] O3 + O → O2 + O2
e
[10] NO + O3 → NO2 + O2
[11] NO2 + O → NO + O2
__________________________________
Reazione complessiva
[12] O3 + O → O2 + O2
L'effetto complessivo di ciascuno di questi cicli è quello di convertire una molecola di ozono e un atomo di ossigeno in due molecole di ossigeno. Nell'atmosfera naturale, non alterata, si deve a questi due cicli la maggior parte dell'eliminazione dell'ozono relativo al ciclo di Chapman.
Il radicale ossidrile ∙OH è una delle specie reattive più importanti della chimica atmosferica e ha un ruolo centrale nella chimica della troposfera. Esso si forma nella fotolisi dell'O3 a lunghezze d'onda inferiori a 319 nm e produce l'atomo di ossigeno nello stato eccitato O(1D), estremamente reattivo e che per la maggior parte viene riportato al suo stato fondamentale di ossigeno atomico da una collisione con N2 od O2. Una piccola frazione, però, reagisce chimicamente con altre specie, in particolare con vapor d'acqua e metano:
[13] O(1D) + H2O → 2∙OH
[14] O(1D) + CH4 → ∙OH + ∙CH3.
Il monossido di azoto emesso dalla superficie terrestre ha un tempo di vita troppo breve nella troposfera per sopravvivere abbastanza a lungo da essere trasportato nella stratosfera. L'ossido di diazoto (N2O), emesso sulla superficie terrestre da sorgenti biologiche presenti nel suolo e nell'acqua, è invece abbastanza poco reattivo nella troposfera e si accumula nella stratosfera, dove viene distrutto principalmente per fotolisi.
Nel 1974 Mario J. Molina e F. Sherwood Rowland scoprirono che la classe di molecole dette clorofluorocarburi (CFC), prodotte e utilizzate dall'uomo in diverse applicazioni tecnologiche, non vengono distrutte nella troposfera, ma sopravvivono nell'atmosfera fino a diffondersi negli strati più elevati della stratosfera, dove la potente luce UV le fotolizza. Le due molecole di CFC più comuni sono il CFCl3 (CFC-11) e il CF2Cl2 (CFC-12). Le reazioni di fotolisi rilasciano un atomo di cloro (Cl), estremamente reattivo nei confronti dell'O3; il cloro è in grado di innescare un rapido ciclo di distruzione dell'O3 che coinvolge un radicale molto reattivo, il monossido di cloro (ClO∙):
[15] Cl + O3 → ClO∙ + O2
[16] ClO∙ + O → Cl∙ + O2
__________________________________
Reazione complessiva
[17] O3 + O → O2 + O2
Apparentemente, i cicli descritti dovrebbero portare alla distruzione definitiva dell'O3. In realtà, il ciclo si interrompe quando le specie reattive ∙OH, NO2, Cl e ClO∙ vengono coinvolte in altre reazioni. Conoscendo quali sono le reazioni che possono interrompere questo ciclo, è possibile calcolare quante volte in media si ripeterà ogni ciclo, prima che uno dei composti di tali reazioni prenda parte a una delle altre possibili reazioni, ponendo fine al ciclo. Per esempio, alle attuali concentrazioni nella stratosfera, il ciclo costituito dalle reazioni [15] e [16] si ripete, in media, 105 volte prima di interrompersi. Le reazioni descritte sopra hanno massima efficienza alle medie latitudini terrestri e particolarmente ai tropici, dove la luce UV è più abbondante, l'ossigeno atomico è più facilmente disponibile e vi è una continua formazione di ozono.
Fino a metà degli anni Ottanta del Novecento si pensava che la chimica della stratosfera fosse relativamente completa, soprattutto per ciò che riguardava la distruzione catalitica dell'ozono iniziata dai CFC. Tuttavia, nel 1985, un gruppo di scienziati, guidato da Joseph Farman, sconvolse la comunità degli studiosi di chimica atmosferica con dati relativi a massicce diminuzioni annuali dell'ozono stratosferico sopra l'Antartide durante la primavera polare (settembre-ottobre), un'osservazione che le nozioni allora comunemente accettate relative alla chimica del cloro nella stratosfera non riuscivano a spiegare. Questo fenomeno è stato chiamato dai mass media buco dell'ozono.
Sebbene sull'Antartide si riscontrino concentrazioni di ozono tra le più elevate della Terra per gran parte dell'anno, l'ozono viene in realtà prodotto in prevalenza ai tropici e trasferito in Antartide, insieme alle riserve molecolari di cloro, da movimenti d'aria su grande scala. La situazione dell'ozono artico è analoga. La carenza di ossigeno atomico che si riscontra nella stratosfera antartica è dovuta all'assenza di un'intensa radiazione UV. Il vortice polare antartico, un modello di circolazione tipico del Polo sud, mantiene intrappolato ad alti livelli di concentrazione l'ozono sopra l'Antartide per parecchi mesi all'anno.
Normalmente, la quantità di ozono nel vortice polare comincia a diminuire allorché, a fine agosto o inizio settembre, l'Antartide emerge dalla notte australe (che dura molti mesi), si mantiene costante in ottobre e cresce in novembre. La comparsa del buco dell'ozono antartico ha determinato un mutamento significativo degli andamenti finora riscontrati: i livelli primaverili sono diminuiti a valori mai riscontrati in precedenza e continuano a diminuire di anno in anno.
La stratosfera è molto asciutta e generalmente priva di nubi. La lunga notte polare causa temperature di circa −90 °C ad altezze comprese tra 15 e 20 km, abbastanza basse da condensare anche le piccole quantità di vapor d'acqua presenti nella stratosfera, che danno origine alle nubi stratosferiche polari. Nell'Antartide, dove il vortice polare è più stabile che non al Polo artico, si registrano così le temperature più basse.
Le nubi stratosferiche polari sono formate principalmente da ghiaccio o da cristalli di acido nitrico triidrato (HNO3∙3H2O). Esse favoriscono la conversione dei più importanti serbatoi di cloro ‒ acido cloridrico (HCl) e nitrato di cloro (ClONO2) ‒ a una forma fotoliticamente attiva. È stato dimostrato che il primo passo del processo, cioè l'assorbimento di HCl gassoso da parte delle particelle di ghiaccio, ha luogo in maniera molto efficiente. Questo passo è seguito dalla reazione eterogenea della particella con il ClONO2 gassoso:
[18] HCl(ghiaccio) + ClONO2 → Cl2 + HNO3(ghiaccio).
Il Cl2 prodotto dalla reazione fotolizza rapidamente, generando atomi liberi di cloro, mentre l'altro prodotto, HNO3, rimane nel ghiaccio, dando luogo a un'eliminazione globale degli ossidi di azoto dalla fase gassosa. Ciò favorisce ulteriormente la distruzione dell'ozono da parte dei radicali liberi a base di cloro, che altrimenti verrebbero incorporati efficacemente da NO e NO2.
La chimica della troposfera è qualitativamente molto diversa da quella della stratosfera, a causa della gran quantità di composti chimici di origine antropica e naturale emessi a livello della superficie terrestre e alla minor energia della radiazione UV che raggiunge la troposfera, nonché all'alta concentrazione del vapor d'acqua che determina la presenza di nubi e di precipitazioni. La luce con lunghezze d'onda minori di 290 nm ca. è assorbita dalle molecole presenti nella stratosfera. Affinché possa aver luogo la fotolisi di un composto della troposfera, esso deve essere in grado di assorbire radiazioni e di subire una trasformazione chimica per lunghezze d'onda al di sopra dei 290 nm. Il radicale ∙OH, che è il principale agente ossidante di tutti i composti della troposfera e in particolare dei composti organici, è il componente più importante nella chimica della troposfera. Ogni composto, anche moderatamente reattivo con il radicale ∙OH, verrà eliminato nella troposfera e non avrà un tempo di vita sufficientemente lungo per essere trasportato nella stratosfera. La chimica della troposfera in condizioni naturali, non inquinata, è governata dal metano e dagli ossidi d'azoto, NO e NO2. L'ozono viene prodotto nella stratosfera come risultato della fotolisi di O2; una parte dell'ozono viene trasportato in basso dalla stratosfera attraverso la tropopausa, ma una porzione almeno equivalente dell'ozono troposferico viene generato in situ per via chimica dall'ossidazione del metano. Contrariamente a quanto avviene nella stratosfera, nella troposfera i livelli di O3 sono in aumento e sono raddoppiati dall'inizio del secolo.
La presenza di ossidi di azoto (NOx) è fondamentale per la chimica della troposfera. NO reagisce con O3 per formare NO2, che, a sua volta, subisce una rapida fotolisi durante le ore diurne:
[19] NO2 + hν → NO + O.
Questa reazione è seguita, in pratica istantaneamente, dalla reazione [3] di formazione dell'ozono. Vi è una serie di altre reazioni che coinvolgono gli ossidi di azoto. Fra queste, il principale processo di eliminazione di NOx durante le ore diurne è la reazione di NO2 con il radicale ∙OH per formare acido nitrico. Di notte, quando i livelli di ∙OH si avvicinano allo zero, le reazioni di NO2 con O3 e il radicale nitrato (NO3∙) sono i principali processi di eliminazione. Il tempo di vita degli NOx nella troposfera è breve e varia da meno di un giorno, in prossimità della superficie terrestre, a una settimana circa nella tropopausa. A causa della complessa distribuzione geografica delle loro fonti e del loro breve tempo di vita, la distribuzione spaziale e temporale degli NOx è molto variabile.
Il metano (CH4) è l'idrocarburo più abbondante dell'atmosfera, con emissioni da parte di fonti sia naturali sia antropogeniche pari a 510 Tg/anno circa. Il metano viene eliminato dall'atmosfera prevalentemente dalla reazione
[20] CH4 + ∙OH → CH3∙ + H2O.
Negli anni Ottanta del Novecento, le concentrazioni di CH4 sono aumentate di circa l'1% annuo (fig. 5). I recenti aumenti di CH4 sono verosimilmente il risultato dell'aumento delle emissioni. Nelle attuali condizioni della troposfera, il radicale CH3∙ reagisce esclusivamente con O2 producendo il radicale metilperossido (CH3O2∙), che a sua volta può reagire con gli ossidi d'azoto, l'idroperossido (HO2∙) e altri radicali perossidi. Ha luogo un sistema complesso di reazioni che porta alla formazione di ossido di carbonio, formaldeide e acidi organici, in accordo con lo schema della fig. 6. Si può osservare che la formaldeide, un importante gas presente in tracce nella troposfera, può essere soggetta a sua volta a fotolisi per formare CO e HCO∙. Il passo conclusivo nella catena di ossidazione del metano è l'ossidazione del CO per reazione con il radicale ∙OH (l'unica reazione del CO nella troposfera):
[21] CO + ∙OH → CO2 + H .
I composti dello zolfo hanno un ruolo importante nella chimica della troposfera. L'ossidazione dei composti gassosi dello zolfo con formazione di particelle di solfati è una fonte importantissima di nuclei di condensazione delle nuvole e può influenzare direttamente il bilancio della radiazione terrestre attraverso la dispersione della radiazione solare a basse lunghezze d'onda. Nelle regioni industrializzate del mondo, l'acido solforico che deriva da fonti antropogeniche di biossido di zolfo (SO2) è una delle cause principali dell'acidità delle piogge. I composti dello zolfo emessi nell'atmosfera comprendono il solfuro di carbonile (COS), il solfuro di metile (CH3SCH3), il solfuro di carbonio (CS2), l'idrogeno solforato (H2S) e l'SO2. Il COS è il composto dello zolfo più abbondante nell'atmosfera. Esso viene emesso da fonti situate sia sulla terraferma sia negli oceani e dall'ossidazione del CS2. Il COS reagisce con ∙OH nella troposfera, ma a una velocità piuttosto bassa, cosicché la sua più importante causa di distruzione, a parte la deposizione sulla superficie terrestre, è la fotolisi nella stratosfera, con formazione di SO2. Il dimetilsolfuro (DMS) è emesso nell'atmosfera dal fitoplancton oceanico. Esso viene ossidato nell'atmosfera marina da∙OH e NO3 con produzione di SO2 e acido metansolfonico (CH3SO3H). La successiva ossidazione dell'SO2 a particelle di acido solforico è stata proposta come uno dei meccanismi principali della formazione dei nuclei di condensazione delle nuvole al di sopra degli oceani (fig. 7).
Sebbene l'idrocarburo prevalente nell'atmosfera sia il metano, anche composti organici diversi vengono liberati da fonti antropogeniche nelle regioni urbane e continentali, e inoltre grandi quantità di composti organici di origine biologica vengono emessi dalla vegetazione. Le attività umane portano anche a emissioni di NOx, le cui concentrazioni sono di parecchi ordini di grandezza superiori sulle aree urbane che non in aree remote della troposfera. I composti organici diversi dal metano reagiscono in presenza di NOx e luce solare in maniera simile a quella del metano; sostanzialmente la chimica della troposfera inquinata è analoga a quella della troposfera originaria, il cui componente predominante era il metano, ma anche significativamente più complessa a causa della grande varietà di composti organici. Le reazioni dei composti organici con gli NOx portano alla formazione di ozono, proprio come il ciclo globale di ossidazione del metano. Il CH4 reagisce soltanto con il radicale ∙OH; anche nel caso degli altri composti organici la reazione prevalente è quella con il radicale ∙OH, sebbene alcuni possano reagire con il radicale nitrato (NO3∙) e con O3.
Nelle città è presente nell'aria un gran numero di alcani e l'unico processo per la loro rimozione che abbia rilevanza è quello attraverso una reazione con il radicale ∙OH, dando dapprima un radicale alchilico e, successivamente, per addizione di O2, un radicale alchilperossidico RO2∙. Gli alcheni sono molecole organiche che contengono doppi legami fra gli atomi di carbonio (C=C). Tra gli alcheni più abbondanti nell'atmosfera vi sono l'etilene (H2C=CH2), il propilene (CH3CH=CH2) e i buteni. Oltre che con il radicale ∙OH, gli alcheni reagiscono nell'atmosfera con O3 e il radicale NO3∙. Tutte e tre le reazioni hanno inizio con un'addizione sui doppi legami C=C formando radicali. Il benzene, il toluene e gli xileni sono gli idrocarburi aromatici più abbondanti nell'atmosfera. Come nel caso degli alcani, l'unico processo importante in base al quale gli idrocarburi aromatici vengono eliminati dall'atmosfera è la reazione con il radicale ∙OH. Per i benzeni alchil-sostituiti, le reazioni con ∙OH seguono due modalità: l'estrazione di un atomo di H dai doppi legami dei gruppi (o del gruppo) alchilici sostituenti e l'addizione del radicale ∙OH all'anello aromatico.
L'ossidazione atmosferica degli alcani, degli alcheni e degli aromatici porta, spesso con rese significative, alla produzione di composti carbonilici. L'ossidazione del metano dà luogo alla formaldeide come prodotto principale. I composti carbonilici che non contengono doppi legami C=C vengono eliminati dall'atmosfera principalmente attraverso la reazione con il radicale ∙OH e la fotolisi. La catena di ossidazione globale del metano è la principale fonte di ozono nella troposfera remota. Nelle aree urbane e continentali, dove le quantità di idrocarburi e di ossidi di azoto superano nettamente i livelli di fondo, l'ozono viene prodotto anche dall'ossidazione di composti organici diversi dal metano, in presenza di NOx e di luce solare. Il più importante composto dello zolfo emesso da fonti antropogeniche è l'SO2. Nella troposfera, l'SO2 reagisce in fase gassosa con il radicale ∙OH, viene assorbito entro le goccioline delle nuvole dove viene ossidato in fase acquosa, e viene eliminato attraverso deposizione sulla superficie terrestre.
Le concentrazioni dei gas presenti in tracce nella troposfera sono in continuo aumento. Molti di questi gas hanno effetti sul clima, in quanto assorbono radiazioni infrarosse emesse dalla superficie terrestre e dirette verso l'esterno dell'atmosfera; tale fenomeno è noto come effetto serra. La crescente concentrazione di CO2, dovuta in gran parte alla combustione di combustibili fossili, ha ricevuto una grandissima attenzione. Secondo le attuali valutazioni, un raddoppio della concentrazione di CO2 rispetto all'epoca precedente la Rivoluzione industriale, cioè il passaggio da un valore di 280 ppm a uno di 560 ppm, aumenterebbe la temperatura media globale della superficie terrestre di 2,5÷3 °C. La somma degli effetti esercitati sulla radiazione da altri gas, quali CH4, N2O e i CFC, potrebbe effettivamente raddoppiare l'impatto climatico degli aumenti previsti della concentrazione di CO2, nel caso in cui le tendenze attuali dei livelli di questi gas nell'ambiente dovessero persistere.
Mentre il radicale ∙OH di per sé non è un gas responsabile dell'effetto serra, esso è il più importante agente chimico che elimina le impurità della troposfera (tab. 1). Una variazione dei livelli globali di ∙OH può avere effetti sui tempi di vita di molti dei gas-serra dell'atmosfera e quindi influenzare le loro quantità, e di conseguenza il clima stesso. Inoltre, gli ∙OH e le specie a esso strettamente correlate, come HO2∙, svolgono un ruolo centrale nella generazione dell'ozono troposferico. Le vie di eliminazione più importanti per il CH4 e il CO sono le loro reazioni con ∙OH. Aumenti delle quantità di CH4 e CO possono causare diminuzioni degli ∙OH, con conseguenti aumenti del tempo di vita di questi gas nell'atmosfera. Poiché il vapor d'acqua è la fonte degli ∙OH, variazioni della sua concentrazione, che sono legate alla temperatura, dovrebbero condurre a variazioni dei livelli di ∙OH.
Un aumento di 2 °C della temperatura potrebbe determinare una crescita dal 10 al 30% dei livelli di H2O nella troposfera, implicando un piccolo aumento percentuale di ∙OH e di altri membri della famiglia HOx∙. Aumenti delle concentrazioni di NOx e O3 nella troposfera possono provocare un incremento di ∙OH, poiché favoriscono le reazioni cicliche che convertono HO2∙ in ∙OH. Un aumento di O3 di un fattore 2 potrebbe far crescere l'∙OH forse del 10% al di sopra delle aree oceaniche e anche superiori al 10% sopra i continenti. L'ozono esercita un duplice effetto sul clima. Assorbendo le radiazioni UV provenienti dal Sole con lunghezze d'onda superiori ai 200 nm, esso governa la struttura termica della stratosfera; ma poiché assorbe pure le radiazioni infrarosse emesse dalla Terra, è anche un gas-serra. Pertanto, l'effetto sul clima di variazioni della concentrazione di O3 atmosferico dipende dalla sua differente distribuzione con l'altezza e con la latitudine. Variazioni delle quantità di O3 nella troposfera superiore e nella stratosfera inferiore sono molto efficaci nel causare una variazione di temperatura alla superficie terrestre; un aumento di O3 in questa regione porta a temperature più elevate come risultato dell'effetto serra.
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