Ciclo
Con questo termine, dal greco κύκλος, "cerchio", si indica nell'uso scientifico una successione costante di fenomeni, che si ripetono nello stesso ordine in un certo periodo di tempo. In biologia, sono noti fenomeni ciclici che coinvolgono i viventi o avvengono in essi, a livello molecolare (cicli biogeochimici e metabolici), cellulare (ciclo cellulare), di individui (ciclo vitale, riproduttivo), di attività degli organismi (cicli circadiani).
Tutti gli esseri viventi mantengono le loro proprietà strutturali e funzionali e la loro capacità di accrescersi e riprodursi utilizzando i materiali e l'energia disponibili nell'ambiente in cui vivono. Mentre l'energia viene continuamente immessa nella biosfera come energia radiante proveniente dal Sole e trasformata in energia chimica da parte degli organismi in grado di effettuare la fotosintesi (autotrofi), per quanto riguarda la materia il nostro pianeta può essere considerato un sistema chiuso, non avendo scambi rilevanti di materiale con il resto dell'universo (principio generale della conservazione dell'energia).
A differenza dell'energia, quindi, la materia non entra nella biosfera secondo un percorso unidirezionale, ma, presente sul pianeta dalla sua formazione, rimane in quantità costante e viene continuamente riciclata tra la componente vivente e quella non vivente. Gli atomi di azoto e di carbonio di cui gli organismi viventi sono composti oggi sono dunque gli stessi che costituivano i dinosauri e gli alberi del Mesozoico, e, prima ancora, gli organismi unicellulari presenti nei mari primordiali.
Gli spostamenti della materia dall'ambiente agli esseri viventi, attraverso le catene alimentari, e da questi ultimi di nuovo all'ambiente inanimato, avvengono lungo anelli chiusi, costituiti da processi fisici e chimici che coinvolgono sia gli elementi geologici sia quelli biologici della biosfera. Tali processi sono detti cicli biogeochimici. Le componenti geologiche dei cicli biogeochimici sono l'atmosfera, che è costituita soprattutto da gas, compreso il vapore acqueo, la litosfera, cioè la crosta terrestre, e l'idrosfera, che comprende gli oceani, i laghi e i fiumi e che copre i 3/4 della superficie terrestre. Le componenti biologiche sono invece rappresentate dai cosiddetti organismi produttori, consumatori e decompositori: i primi sono organismi autotrofi, quali le piante e i cianobatteri, capaci di trasformare, mediante la fotosintesi e con l'apporto di anidride carbonica e acqua, l'energia luminosa solare in energia chimica di legame di molecole organiche, come il glucosio.
I consumatori sono invece gli organismi eterotrofi, quali tutti gli animali, che utilizzano come alimento i materiali di riserva sintetizzati dagli autotrofi, sfruttandone il contenuto energetico per la sintesi di molecole complesse. I decompositori, infine, quali batteri e funghi, sono in grado di utilizzare materiali di rifiuto o provenienti da organismi morti, fino alla completa demolizione delle molecole energetiche formatesi durante la fotosintesi.Ai cicli biogeochimici partecipano i 30-40 elementi chimici che entrano nella composizione degli esseri viventi.
Quattro di questi elementi, carbonio (C), idrogeno (H), ossigeno (O) e azoto (N), costituiscono il 96-99% del totale e le loro fonti principali sono l'anidride carbonica (CO₂), l'ossigeno e l'azoto molecolari (O₂ e N₂) dell'atmosfera e l'acqua (H₂O). A essi, va aggiunto il fosforo (P), la cui presenza, anche se quantitativamente meno rilevante di quella dei precedenti, è di vitale importanza, perché questo elemento entra a far parte di molecole che svolgono ruoli fondamentali negli organismi, come, per es., gli acidi nucleici (DNA e RNA) e l'adenosintrifosfato (ATP).
Altri sono oligoelementi, necessari solo in quantità piccolissime e non in tutti gli organismi: lo iodio (I) è essenziale per la funzionalità endocrina dei Vertebrati, il molibdeno (Mo) è necessario per i batteri azotofissatori.I cicli biogeochimici si dividono in due tipi fondamentali: cicli gassosi, in cui il serbatoio principale dell'elemento è rappresentato dall'atmosfera e dagli oceani, e cicli sedimentari, nei quali la riserva dell'elemento è localizzata nei sedimenti terrestri e oceanici. La diversa mobilità dei materiali implicati fa sì che i cicli gassosi risentano meno fortemente di quelli sedimentari di eventuali perturbazioni locali, sia naturali sia dovute all'intervento dell'uomo.
a) Ciclo del carbonio
Il ciclo del carbonio è determinato da tre processi interdipendenti, fotosintesi, respirazione e combustione, con cui questo elemento si sposta attraverso la componente vivente e quella non vivente della biosfera. Gli organismi fotosintetici, cianobatteri, protisti e tutte le piante, usano l'energia solare per convertire anidride carbonica e acqua in molecole di carboidrati, quali zucchero e amido, con liberazione di ossigeno molecolare. Gli organismi viventi che sono capaci di utilizzare l'ossigeno invertono, con la respirazione, questo processo: essi infatti, grazie alla presenza di ossigeno, consumano carboidrati e altre molecole organiche al fine di produrre l'energia necessaria alla loro vita, eliminando contemporaneamente acqua e anidride carbonica (v. metabolismo). Circa 500 miliardi di tonnellate di carbonio si accumulano sotto forma di anidride carbonica nei mari e circa 700 miliardi nell'atmosfera. Nel corso della fotosintesi, circa 100 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all'anno vengono utilizzate per la sintesi di carboidrati. Più della metà di questa produzione si ha negli oceani, nei fiumi e nei laghi, a opera di cianobatteri e protisti (fitoplancton), e il resto sulla superficie terrestre, per l'azione delle piante. Il carbonio, passato così negli organismi viventi, per effetto della loro respirazione torna di nuovo sotto forma di anidride carbonica nell'atmosfera e nelle masse d'acqua. Alcuni organismi viventi, quali funghi e batteri, liberano inoltre anidride carbonica decomponendo le spoglie e i detriti degli animali e delle piante stesse, processo che è alla base della formazione dell'humus e dei sedimenti organici.
L'anidride carbonica viene continuamente immessa nell'atmosfera anche per effetto della combustione, dovuta sia a eventi spontanei, quali incendi e attività vulcanica, sia all'enorme incremento, verificatosi soprattutto nel 20° secolo, dell'attività umana. Il progredire dell'industrializzazione ha infatti originato un ricorso sempre maggiore, per la produzione di energia, alla combustione dei grandi depositi di materiale organico fossile, accumulati nel corso di milioni di anni sotto forma di carbone, petrolio, metano, torba. Questo aumento della mobilizzazione delle riserve di carbonio non è però compensato da un equivalente incremento del suo uso nella fotosintesi, che risulta anzi ridotta per la sistematica distruzione del patrimonio forestale mondiale.
È pertanto prevedibile che nell'atmosfera si verificherà un aumento della concentrazione dell'anidride carbonica, nonostante questa venga continuamente assorbita in grande quantità dall'acqua dei laghi e degli oceani, con formazione di carbonato di calcio (CaCO₃). Si prevede anche che questo aumento possa avere conseguenze di vasta portata ambientale, a causa dell''effetto serra', che determina un innalzamento della temperatura dell'atmosfera per l'ostacolo frapposto dalle molecole di anidride carbonica alla dispersione delle radiazioni termiche.
b) Ciclo dell'azoto
L'azoto è un elemento fondamentale per i viventi, componente essenziale degli acidi nucleici (DNA e RNA) e delle proteine. Pur essendo il più abbondante elemento dell'atmosfera (79% del totale), molti organismi trovano difficoltà ad approvvigionarsene, perché lo possono assimilare solo in alcuni suoi composti, quali nitriti (‒NO₂), nitrati (‒NO₃) e ammoniaca (NH₃). Solo una piccola parte dell'azoto atmosferico viene trasformato in nitrato dai fulmini, ma esso può essere utilizzato come tale da alcuni batteri (azotofissatori), che lo incorporano nei nitriti e nitrati, a loro volta utilizzabili dalla maggior parte delle piante per la sintesi di aminoacidi e acidi nucleici.
Questi microrganismi (del genere Azotobacter e Clostridium) sono presenti in grandissima quantità nel terreno, in opportune condizioni che ne determinano la fertilità, mentre altri (Rhizobium) sono in grado di vivere nei tubercoli radicali delle Leguminose, con cui hanno stabilito un rapporto di simbiosi, cioè di aiuto reciproco, fornendo alla pianta sali di azoto e ottenendo da essa molecole di carboidrati.
Da questo fenomeno, noto da tempi piuttosto antichi, sono stati tratti ampi vantaggi in agricoltura, con la pratica della rotazione agraria, con la quale si alterna la coltivazione dei cereali, che traggono l'azoto assimilabile dal terreno, a quella delle Leguminose, che, attraverso i batteri simbionti, glielo restituiscono (batterio).Tutti gli animali che si nutrono di vegetali (Mammiferi Erbivori, moltissimi Insetti) o dei detriti che da essi derivano (millepiedi, lombrichi, alcuni degli Insetti) ingeriscono così i composti azotati più complessi sintetizzati dalle piante, demolendoli per ricavarne l'azoto a essi necessario. Dei prodotti finali di questa demolizione, eliminati con gli escrementi, l'ammoniaca può essere subito riadoperata dalle piante, mentre gli altri, urea e urati, vengono trasformati in nitriti e nitrati da altri batteri, quali Nitrosomonas e Nitrobacter, o addirittura in azoto molecolare (da batteri denitrificanti, come lo Pseudomonas) che torna all'atmosfera.
Oggi oltre il 30% di tutto l'azoto atmosferico che viene fissato annualmente in composti azotati subisce questo processo attraverso la produzione di grandi quantità di fertilizzanti chimici; in tal modo, l'equilibrio del ciclo di questo elemento viene spostato a favore della fissazione e a scapito della denitrificazione. L'aumentata presenza di nitrati nei fertilizzanti nelle acque interne che giungono al mare può però determinare un'eccessiva crescita di alghe, fenomeno noto come eutrofizzazione, che si riflette in un impoverimento di ossigeno a scapito di pesci e altri organismi marini aerobi.
c) Ciclo del fosforo
Il fosforo è un componente essenziale delle membrane cellulari, nonché degli acidi nucleici. In forma inorganica, come fosfato di calcio, è presente nelle ossa e nelle conchiglie e, di conseguenza, entra nella costituzione delle rocce sedimentarie che derivano dall'accumulo dei resti di animali fossili. Mediante l'erosione di queste rocce, una piccolissima quantità di fosforo passa nell'acqua e viene quindi fornita alle piante; queste ultime, a loro volta, sono in grado di utilizzarlo per la sintesi di composti organici fosforati, i quali, con l'alimentazione, vengono poi assunti anche dagli animali. Gli animali, infine, eliminano il fosforo con l'urina, in una forma solubile facilmente utilizzabile dalle piante, e alla loro morte, così come alla morte delle piante, il fosforo organico è nuovamente trasformato in fosfato solubile mediante i processi di putrefazione, a opera di organismi decompositori, mentre quello inorganico delle ossa e delle conchiglie va ad aumentare i depositi fossili. Una parte del fosforo, però, lascia costantemente gli ecosistemi terrestri, attraverso la formazione di composti solubili nelle acque di dilavamento, che portano a un accumulo di fosfati nei sedimenti di acque profonde, accessibili solo agli organismi marini e acquatici. Per questo è necessario reintegrare il ciclo per gli organismi terrestri utilizzando i fosfati dei fertilizzanti chimici, provenienti dai giacimenti di rocce sedimentarie fosfatiche e dal guano, escremento di uccelli marini accumulato in enormi strati su alcune isole aride e in regioni costiere dell'Africa e dell'America Meridionale. Queste riserve sono però limitate e si prevede che potranno esaurirsi nel corso del 21° secolo. Inoltre, la grande quantità di fosforo riversata in mare a causa dei fertilizzanti costituisce uno dei principali fattori di eutrofizzazione delle acque.
d) Ciclo dell'acqua
L'acqua è la molecola più comune del pianeta Terra, sia negli organismi viventi sia nel resto dell'ambiente, e il ciclo dell'acqua è certamente il più noto fra tutti quelli biogeochimici. La maggior parte dell'acqua, quasi il 98%, si trova allo stato liquido negli oceani, nei laghi e nei fiumi. Il restante 2% è distribuito nei ghiacci polari e nei ghiacciai, nel suolo, nell'atmosfera, sotto forma di vapore, e nei corpi degli organismi viventi. Il ciclo dell'acqua è determinato da processi attivati dal Sole. L'energia solare provoca l'evaporazione dell'acqua dal mare e, in quantità minori, dalle superfici umide del suolo, e di quella ottenuta per traspirazione dalle foglie delle piante e dai corpi dei viventi. Sotto forma di vapore acqueo, le molecole sono trasportate in alto, nell'atmosfera, dalle correnti d'aria e poi, raffreddandosi, ricadono sotto forma di pioggia o di neve. Gran parte dell'acqua torna così direttamente negli oceani, dal momento che questi ricoprono la maggior parte della superficie della Terra.
Anche l'acqua che cade al suolo, sotto la spinta della gravità, ritorna prima o poi al mare, dopo aver formato stagni, laghi, torrenti e fiumi. Parte di essa viene anche filtrata attraverso il suolo, fino a raggiungere uno strato di rocce impermeabili che non ne permette un'ulteriore penetrazione, saturando la zona soprastante, così da formare una falda freatica che filtra lentamente verso il mare, anche senza raggiungere la superficie. Un'altra percentuale dell'acqua che cade sul suolo viene assorbita dalle radici delle piante e, successivamente, passa nel fusto e nelle foglie, dove viene utilizzata per la fotosintesi, e, soprattutto, emessa con la traspirazione, per tornare quindi all'atmosfera. L'acqua viene assunta dagli organismi animali con il cibo e le bevande (acqua esogena), ma è anche prodotta all'interno di essi mediante il metabolismo ossidativo (acqua endogena). Come accade per le altre sostanze descritte, anche l'acqua viene restituita all'ambiente mediante processi quali l'escrezione, la traspirazione e la respirazione.
Le cellule eucariotiche dotate di attività proliferativa passano tipicamente attraverso una sequenza regolare di accrescimento e divisione. Il ciclo consiste in quattro fasi, una delle quali si riferisce al periodo di divisione della cellula, fase M, che comprende la mitosi (divisione del nucleo) e la citodieresi o citocinesi (divisione del citoplasma), mentre le altre tre, denominate G₁, S, G₂, fanno parte del periodo di accrescimento e preparazione della divisione che va sotto il nome di interfase. Il completamento del ciclo richiede periodi di tempo variabili da poche ore a parecchi giorni, a seconda del tipo cellulare e delle condizioni esterne, come la temperatura e le sostanze nutritive.
La maggior parte delle prime ricerche sul ciclo cellulare venne rivolta ai fenomeni della mitosi e citodieresi, anche se in realtà la cellula trascorre la maggior parte della sua esistenza nell'interfase. Questo è accaduto perché la fase M può essere osservata e studiata direttamente al microscopio. Più recentemente, utilizzando tecniche sempre più sofisticate di colture cellulari e metodi di autoradiografia, che sfruttano l'incorporazione nella cellula di precursori marcati con isotopi radioattivi, anche il periodo interfasico è stato ampiamente indagato, mettendo in evidenza come il processo chiave, necessario perché una cellula vada incontro alla divisione, in cui si ha la replicazione del DNA, avvenga in un periodo ben preciso e limitato dell'interfase, la fase S (sintesi). In essa, vengono anche sintetizzati gli istoni e le altre proteine associate al DNA nei cromosomi. Le fasi G (da gap, "intervallo") precedono e seguono la fase S: la fase G₁, che segue la citodieresi e precede la fase S, è un periodo di intensa attività metabolica. La cellula si ingrandisce e i suoi organelli aumentano di numero.
Alcuni, come ribosomi, microtubuli, microfilamenti, vengono ottenuti ex novo, mediante un aumento della sintesi delle loro componenti proteiche; altri, provvisti di membrana, come apparato di Golgi, lisosomi, vacuoli, derivano dal reticolo endoplasmatico, che viene rinnovato e ingrandito dalla sintesi di fosfolipidi e proteine; altri ancora, come cloroplasti e mitocondri, originano dalla divisione degli organelli pre-esistenti. Nelle cellule in cui sono presenti, cioè in tutte tranne quelle delle piante superiori e dei funghi, i centrioli cominciano a separarsi e a duplicarsi.
Questa duplicazione si completerà nella fase G₂, che segue la fase S e precede la mitosi. In questa fase, le due coppie di centrioli maturi si dispongono ai due poli del nucleo della cellula, da dove organizzeranno l'apparato del fuso, necessario per il movimento dei cromosomi alla mitosi; gli elementi del fuso (microtubuli), assieme a quelli necessari per la citodieresi (microfilamenti), vengono attivamente sintetizzati sempre in questa fase (v. cellula; riproduzione).
Negli organismi unicellulari, quali i batteri (che, tra l'altro, essendo procarioti, hanno un ciclo cellulare che consiste unicamente nella replicazione del DNA, seguita immediatamente dalla divisione del citoplasma) e la maggior parte dei protisti, la frequenza delle divisioni cellulari è limitata unicamente dalla velocità con cui le sostanze nutritive presenti nell'ambiente possono essere assunte e metabolizzate, perché il ciclo cellulare coincide generalmente con il ciclo vitale dell'individuo ed esiste una forte pressione selettiva che spinge quest'ultimo a crescere e a moltiplicarsi il più rapidamente possibile. Negli organismi pluricellulari, la situazione è completamente diversa, perché i vari tipi cellulari hanno perso, in diversa misura, la capacità potenziale di dividersi indefinitamente, in modo che il loro numero sia mantenuto a un livello ottimale per garantire la sopravvivenza dell'organismo. Così, le 1013 cellule del corpo umano si dividono a velocità molto diverse.
Alcune, come i neuroni e le cellule muscolari, una volta raggiunto il differenziamento, non si dividono più, altre, come le cellule degli epiteli, che rivestono le superfici interna ed esterna del corpo (nell'intestino, nel polmone, nella cute) e quelle del midollo osseo, che danno origine ai globuli rossi del sangue, si dividono in continuazione e rapidamente. Un terzo gruppo di cellule mantiene la capacità di dividersi soltanto in speciali circostanze, come, per es., le cellule del fegato umano. Queste, che in condizioni normali non si dividono, in caso di asportazione chirurgica di una parte dell'organo entrano in attività proliferativa fino a ripristinarne il volume originario.
Di conseguenza, la durata del ciclo cellulare in cellule adulte proliferanti può variare tra le 10 e le 20 ore, ma in altri tipi può anche fermarsi per settimane o addirittura per anni. La differenza più importante tra le cellule che si dividono rapidamente e quelle che si dividono lentamente riguarda la fase G₁, che viene anche chiamata G₀ per le cellule che hanno perso la capacità proliferativa. Studi effettuati su cellule in coltura hanno messo in evidenza come fattori ambientali, quali mancanza di nutrimento, cambiamenti di temperatura o del pH, possono bloccare la crescita e la proliferazione cellulare.
Negli organismi pluricellulari, il contatto con cellule adiacenti dà la stessa inibizione: per es., facendo crescere in coltura cellule umane normali, queste andranno incontro a ripetuti cicli cellulari fino a che non arriveranno a toccarsi, dopo di che non si divideranno più. Questo fenomeno, noto come inibizione da contatto, non avviene nelle cellule tumorali, che continuano a dividersi comunque, impilandosi l'una sull'altra. Quando le cellule normali cessano di moltiplicarsi, come risultato di mancanza di nutrimento, di inibizione da contatto o per altri fattori, si fermano in un punto alla fine della fase G₁, detto punto R o di restrizione del ciclo cellulare. Si è visto che, una volta che la cellula abbia superato questo punto R, è obbligata a seguire le fasi successive (S e G₂) e ad andare incontro alla mitosi.
La natura dei controlli su questo punto cruciale del ciclo è oggetto di studi particolarmente approfonditi, anche per la potenziale importanza di tale fenomeno nel processo tumorale. Recenti ricerche suggeriscono che la regolazione del ciclo coinvolga una serie di fattori di crescita specifici dei diversi tipi cellulari (per es., i fattori di crescita neurale, epidermale, piastrinico), capaci sia di stimolare sia di inibire la crescita cellulare. Di queste sostanze, alcune vengono direttamente sintetizzate dalla cellula stessa, alcune vengono prodotte da altre cellule e interagiscono con la cellula bersaglio mediante specifici recettori di membrana, innescando cambiamenti nell'ambiente intracellulare, quali un aumento nel livello del calcio e l'attacco di gruppi fosfato all'aminoacido tirosina, in particolari proteine. Sebbene la complessa risposta delle cellule ai fattori di crescita non sia ancora del tutto chiara, è però evidente che questo è un punto di fondamentale importanza nel controllo della proliferazione cellulare. Il cancro può insorgere proprio quando vengono meno questi fattori di controllo del ciclo cellulare, lasciando che una cellula e tutte le sue discendenti si dividano continuamente, a spese dell'organismo.
Con questo termine si intende lo svolgimento dei processi di accrescimento e di riproduzione che portano un individuo a generarne altri simili a sé stesso (v. riproduzione). La riproduzione può essere sessuale, se il nuovo individuo diploide deriva dalla fusione dei due gameti aploidi, dotati cioè di un solo assetto cromosomico e provenienti per divisione meiotica ciascuno da un genitore, e asessuale, se il nuovo individuo deriva con divisione mitotica da un solo individuo. In molti organismi, queste due modalità di riproduzione possono alternarsi, così che il ciclo può comprendere più generazioni. Di conseguenza, nel ciclo vitale dei diversi organismi, la meiosi può avvenire in momenti diversi. Può essere definita zigotica, se essa si verifica immediatamente dopo la fusione dei gameti, come in molti protisti e funghi, che passano quindi gran parte della loro vita in condizione aploide: con la meiosi, lo zigote diploide (2n) si divide in 4 nuove cellule aploidi (n), che si riproducono ripetutamente per via asessuata; in condizioni ambientali sfavorevoli, cellule aploidi di ceppi diversi (indicati come + e -) si fondono nella fecondazione, producendo uno zigote che, protetto da un rivestimento resistente, entra in uno stato di quiescenza; superate le avverse condizioni ambientali, il ciclo ricomincia con una nuova meiosi zigotica. La meiosi viene detta, invece, intermedia quando, come nelle felci e nei muschi, le condizioni aploide e diploide si alternano regolarmente nel ciclo vitale dell'organismo: in seguito alla meiosi, vengono prodotte delle spore aploidi (n) che germinano nel terreno e producono gametofiti aploidi (detti protalli, dall'aspetto di una fogliolina); sulla superficie inferiore del gametofito, si originano gli archegoni che racchiudono le cellule uovo, e gli anteridi, con le cellule spermatiche; queste, giunte a maturazione, in condizioni di umidità sufficiente, si muovono a fecondare la cellula uovo; dallo zigote diploide (2n), cresce lo sporofito, la pianta che noi vediamo e che, una volta maturo, produce gli sporangi al cui interno avviene la meiosi e il ciclo ricomincia. Infine, la meiosi può dirsi terminale quando, come negli animali, la condizione aploide è limitata ai gameti e l'organismo è diploide durante tutto il corso della sua vita. Nell'enorme varietà degli organismi viventi, esistono quindi cicli più complicati, in cui si ha una regolare alternanza di generazioni (metagenesi), che derivano per riproduzione sessuata e asessuata, e cicli più semplici, in cui è preponderante o esclusiva una delle modalità di riproduzione. Da un punto di vista evolutivo, è possibile osservare che questo tipo di ciclo si ritrova negli esseri più semplici della scala evolutiva (batterio), che si riproducono in gran parte con una semplice divisione cellulare, detta scissione binaria e, viceversa, per progressiva semplificazione ed eliminazione della generazione asessuata, nelle forme evolutivamente più elevate delle piante (Angiosperme) e degli animali (Vertebrati).L'alternanza di generazione, o metagenesi, fu scoperta nella prima metà del 19° secolo, dal naturalista A. von Chamisso, nei Tunicati, animali acquatici quali le ascidie, e da allora in poi ne sono stati descritti moltissimi altri casi negli animali e nelle piante. In queste ultime, l'alternanza di generazione è un fenomeno generale e costante, che risulta particolarmente evidente nelle felci.
Molto importanti, anche da un punto di vista medico applicativo, sono i fenomeni di alternanza di generazione nei cicli vitali dei parassiti: essi presentano una fase asessuale, di propagazione, che si svolge in un ospite detto intermedio, e una fase sessuale, attuata generalmente in un altro ospite, detto definitivo. Fra i Protisti, particolarmente ben studiato è il caso del genere Plasmodium, lo sporozoo che provoca la malaria in molte specie di Uccelli e di Mammiferi, tra cui l'uomo. La malaria è stata in passato una terribile malattia che ha prodotto milioni di vittime in tutto il mondo e che si è potuta combattere proprio grazie alle ricerche effettuate sul ciclo biologico del parassita, la cui riproduzione sessuata avviene in una zanzara del genere Anopheles. Altri Protisti flagellati parassiti dell'uomo, come il genere Trypanosoma, che provoca la malattia del sonno, e il genere Leishmania, che provoca varie forme di kala-azar, o splenomegalia tropicale (tumefazione della milza, anemia, febbre) e forme con ulcere cutanee, passano la fase sessuale del loro ciclo ospiti di Ditteri, come la mosca tse-tse (Glossina morsitans) e il pappatacio (Phlebotomus papatasii). Anche alcuni vermi parassiti dell'uomo hanno un ciclo vitale con alternanza di generazione. Nell'Echinococcus granulosus, l'ospite definitivo è il cane e quello intermedio può essere un altro mammifero, come la pecora o l'uomo, in cui le larve tendono a formare delle cisti, spesso letali, quando la localizzazione è endocranica.
Nei Celenterati, l'alternanza di generazione origina individui molto diversi tra loro: durante la fase asessuata questi organismi hanno la forma di piccoli polipi, spesso riuniti in eleganti colonie arborescenti, mentre la fase sessuata è rappresentata dalle meduse. Queste nascono per gemmazione dai polipi e, con la loro caratteristica forma a ombrello, si muovono ritmicamente nell'acqua, dove depongono spermi e uova che, con la fecondazione, produrranno larve ciliate. Dopo poco tempo, queste, fissandosi al substrato, daranno origine ai polipi capostipiti di una nuova colonia.Pur non potendo essere considerati come degli organismi viventi a tutti gli effetti, anche i virus presentano dei cicli di crescita (cicli virali). I virus sono definiti come delle entità non cellulari, costituite da un solo tipo di acido nucleico, DNA o RNA, circondato da un capside proteico (virus). Essi si riproducono unicamente all'interno di cellule viventi, in cui penetrano perché una proteina presente sulla loro superficie viene adsorbita o si lega in modo specifico a una proteina recettoriale presente sulla membrana della cellula.
Successivamente, l'acido nucleico virale passa nel citoplasma e, infine, nel nucleo, dove interagisce con il DNA cellulare, per far sì che avvenga la propria replicazione e la sintesi proteica, sfruttando gli enzimi e tutto l'apparato biosintetico della cellula ospite. Si formano così all'interno della cellula un certo numero di singole particelle virali, i virioni, fino a che la cellula infettata non si rompe (lisi), liberando tutti i virioni in una volta. In molte infezioni virali di cellule animali e vegetali, tuttavia, non avviene un vero fenomeno di lisi, ma la cellula rilascia i virioni man mano che si disintegra gradualmente. Questi eventi ‒ adsorbimento, penetrazione, replicazione e rilascio - costituiscono il ciclo litico della replicazione virale: il risultato è la produzione di una grande quantità di nuove particelle virali e la morte della cellula. Vi sono casi in cui l'acido nucleico virale può penetrare all'interno della cellula e integrarsi nel cromosoma dell'ospite, dove rimane quiescente, replicandosi come parte integrante del genoma cellulare (come nel caso del virus HIV dell'AIDS). Alcuni batteriofagi, detti fagi temperati, e alcuni virus animali possono essere così trasmessi per generazioni cellulari: si tratta del cosiddetto ciclo lisogeno, da cui, per intervento di fattori esterni, quali bruschi cambiamenti di temperatura o irradiazione con raggi ultravioletti, l'acido nucleico virale può passare al ciclo litico.
Nella maggior parte delle specie di Uccelli, Mammiferi e altri Vertebrati, la capacità riproduttiva è ciclica, limitata ad alcuni periodi dell'anno, affinché le nascite avvengano quando le condizioni ambientali (temperatura, piovosità, disponibilità di cibo) siano le più favorevoli possibili. Vi sono quindi dei segnali ambientali che regolano i periodi di fecondità e che sembrano essere determinati da eventi come l'alternarsi delle stagioni e quindi la durata del periodo di luce diurna. Quest'ultimo fattore, detto anche fotoperiodo, è, in ultima analisi, quello che determina la ciclicità stagionale della riproduzione. È stato infatti provato sperimentalmente che, variando il periodo di luce diurna, l'attività riproduttiva può essere indotta fuori stagione: per le specie che normalmente si riproducono all'inizio dell'autunno, come il cervo, la pecora, la capra, la trota di torrente, essa viene indotta diminuendo la durata della luce diurna, mentre per quelle che si accoppiano in primavera, come lo storno, il furetto, il visone, diventa efficace l'allungamento del periodo di luce. Variazioni nella lunghezza del periodo di luce si sono dimostrate capaci di indurre modifiche nell'attività riproduttiva anche negli invertebrati, come lumache, crostacei e insetti.
Cambiamenti nella stagione della riproduzione si verificano anche in alcuni Uccelli e Mammiferi, quando vengono trasportati dall'emisfero meridionale a quello settentrionale o dalle regioni equatoriali a quelle temperate. E, sebbene le variazioni nella durata del periodo di luce siano minime ai tropici, ci sono prove che indicano come il periodo di luce regoli i cicli di riproduzione e di piumaggio negli uccelli tropicali. Nelle ricerche effettuate per comprendere come la lunghezza del periodo di luce solare possa influenzare i cicli riproduttivi, si è visto che questa stimola l'occhio e quindi particolari regioni del cervello (epifisi, nuclei ipotalamici), con conseguente produzione di speciali ormoni, che possono influenzare l'attività dell'ipofisi, l'importantissima ghiandola endocrina situata alla base del cervello. Questa a sua volta produce gli ormoni che controllano la crescita e l'attività degli organi riproduttivi.
Strettamente sotto il controllo dell'ipofisi è anche l'ovogenesi, che nella specie umana, come nelle femmine degli altri Vertebrati, è ciclica. Nella donna, l'ovulazione avviene circa ogni 28 giorni, secondo un ciclo che viene chiamato mestruale (dal latino menstruus, "mensile") e che inizia con la pubertà. Tale ciclo è caratterizzato da modificazioni della mucosa uterina che accompagnano la maturazione della cellula uovo nell'ovaio, l'ovulazione e, infine, la sua degenerazione nel caso in cui non sia stata fecondata. Questi fenomeni consistono in una iniziale proliferazione dell'epitelio uterino perso nella mestruazione appena conclusa, seguita da una fase, detta secretoria, in cui la mucosa uterina si modifica strutturalmente in previsione dell'impianto dell'embrione. Alla fase secretoria segue la mestruazione, dovuta alla degenerazione emorragica della mucosa uterina, se non è avvenuta la fecondazione, mentre, in caso contrario, il ciclo viene interrotto per tutto il periodo della gravidanza.
Come la riproduzione, molte altre attività biologiche dei viventi hanno un andamento ciclico, corrispondente ai cambiamenti periodici dell'ambiente in cui vivono, dovuti al movimento della Terra. Anche se l''orologio' che regola i ritmi biologici è ancora sconosciuto, questi ultimi risultano correlati con l'alternarsi delle maree, delle stagioni, del giorno e della notte e consistono in fluttuazioni delle attività degli organismi a livello metabolico, fisiologico e comportamentale, che sembrano essere in gran parte sotto controllo genico, perché persistono anche quando i cambiamenti di ambiente vengono sperimentalmente annullati. In particolare, si è dimostrato che molti organismi, da quelli unicellulari ai Mammiferi, sono caratterizzati da ritmi di 24 ore, denominati cicli circadiani (dal latino circa, "intorno", e dies, "giorno"; v. ritmo). L'efficienza di tali cicli trova riscontro nel fatto che, poiché l'evoluzione della vita sulla Terra ha fatto sì che ci fosse la massima utilizzazione possibile di ogni tipo di ambiente, le specie si siano adattate a viverci non soltanto nello spazio, ma anche nel tempo.
Ogni ambiente è così in uso a tempo pieno, anche se le diverse specie sono organizzate per essere attive in base a turni ben precisi. In un ecosistema di tipo temperato, il turno notturno comprende animali quali il topo, lo scorpione, lo scarafaggio, il gufo, il pipistrello; in quello diurno ci sono il falco, la lucertola, le farfalle, le api. Le piante verdi alternano l'attività fotosintetica alla luce del giorno con la crescita e l'assimilazione, essenzialmente notturne. Alcune piante aprono i loro boccioli solo di notte, altre solamente di giorno, in sincronia con l'attività degli animali impollinatori.
Lo studio dei cicli circadiani è di notevole importanza anche nell'uomo, nel quale l'alternarsi giornaliero della veglia e del sonno è accompagnato da cambiamenti che riguardano l'attività del sistema nervoso, del fegato e dei reni. La temperatura corporea può fluttuare anche di 1 °C nelle 24 ore, con un massimo alle 4 pomeridiane e un minimo alle 4 di mattina.
La tolleranza all'alcol è massima alle 5 del pomeriggio, mentre per la gran parte delle persone a quell'ora c'è la tolleranza minima verso il dolore. Anche la respirazione e il battito cardiaco presentano delle differenze durante il giorno e la secrezione di ormoni segue pure un ritmo circadiano. Tali ritmi devono essere presi in considerazione anche in campo medico, poiché è stato dimostrato su animali da laboratorio che un orario appropriato di somministrazione di chemioterapie tumorali raddoppia l'efficacia del farmaco e, viceversa, che dosi di raggi X in un certo momento del ritmo circadiano determinano la morte di tutti gli individui esposti, mentre in un altro momento uccidono solo alcuni esemplari. Anche l'efficacia di altre sostanze, come l'istamina, l'insulina e la comune aspirina varia nel corso della giornata. La ricerca in tale campo è ancora in corso, ma forse, in futuro, la determinazione del ciclo circadiano di un paziente sarà un tipo di analisi comune quanto la determinazione del gruppo sanguigno o la notazione della sua storia medica personale.
Biologia, a cura di G. Chieffi, Milano, Delfino, 1994.
H. Curtis, N.S. Barnes, Biology, New York, Worth, 19895 (trad. it. Bologna, Zanichelli, 1994).