Clima
(X, p. 588; App. V, i, p. 659)
Il c., nelle sue accezioni più evidenti e suggestive, viene ampiamente descritto nella voce originaria, nel vol. X dell'Enciclopedia Italiana, dove sono esposte anche le definizioni classiche: descrittiva, statistica e geografica. Sono indicati gli elementi fisici causali e conseguenti, quali la radiazione solare tra i primi e la temperatura per gli altri. I fattori astronomici, atmosferici (in particolare meteorologici) e oceanici hanno un'ampia trattazione, e la caratterizzazione geografica dei c. viene data per l'intero pianeta; infine sono registrate le variazioni del c. secondo i dati dell'epoca. Nella voce climatologia dell'App. III (i, p. 398), compaiono i risultati dello sforzo di rendere per quanto possibile oggettiva la disciplina, dividendo le descrizioni del c. in quantitativa, simbolica, analitica ecc. È introdotta la climatologia dinamica come naturale estensione della meteorologia per lo studio del c. e sono ulteriormente approfondite le precedenti classificazioni. Sempre nella voce climatologia, nell'App. IV (i, p. 473), viene affrontato il nuovo indirizzo di ricerca dei modelli numerici di c. derivato dalle applicazioni del calcolo elettronico ai modelli fisico-matematici dell'atmosfera, in analogia con i modelli meteorologici. La voce clima dell'App. V (i, p. 659) presenta il nuovo approccio teoretico, con la definizione attualmente accettata. Illustra inoltre le evidenze sperimentali degli ultimi anni, che mostrano la fase di variazione in atto per il c. dell'intero pianeta. Ancora nell'App. V la voce climatologia (i, p. 661) pone l'accento sul valore economico delle conoscenze sul c. e sulle sue variazioni. Si rinvia, infine, alla voce meteorologia, in questa Appendice.
Definizioni del clima
Gli studi sul c., cui la società industrializzata di fine millennio riconosce una grande importanza quale fattore principale legato all'ambiente, hanno ricevuto un grandissimo impulso nel corso degli ultimi anni. Le conoscenze sul c. si sono così estese nel passato sino a giungere alle origini del pianeta stesso (v. oltre: Storia del clima). Nel corso del tempo, sono state date molte definizioni del c., in funzione di una varietà di grandezze (temperatura, umidità, precipitazioni, intensità dei venti ecc.) con cui si manifestano e si descrivono gli eventi meteorologici quotidiani in un luogo determinato. La continua evoluzione della definizione di c. testimonia le difficoltà di individuare una trattazione soddisfacente, rigorosa e universalmente accettata del suo stato e delle sue variazioni. Nell'esaminare le varie definizioni si nota come ognuna di esse presenti in maniera nuova il c. quale punto di partenza per descrivere e interpretare gli studi e i progressi delle conoscenze sul tema. È opportuno osservare inoltre che alla base di ogni definizione si è postulato, in modo più o meno esplicito, il fatto che il c. vari passando attraverso diversi stati che hanno la caratteristica di essere stabili al loro interno o quanto meno lentamente variabili.
Ormai si ha coscienza che una funzione costante nel tempo non può descrivere il c. neanche per brevi periodi: la variabilità delle condizioni meteorologiche, su scala annuale, è indicativa anche dell'evoluzione climatica. Il ripetersi con sempre maggiore frequenza di fenomeni atmosferici estremi viene così oggi interpretato come segno di variabilità climatica, anche se ciò sembra essere in contrasto con le definizioni, sia di natura teorica sia soprattutto di natura pratica, sin qui adottate. Gli ultimi studi analizzano le caratteristiche di variabilità del c. nel passato, allo scopo di comprendere i meccanismi che ne determinano l'andamento per poterne stimare l'evoluzione nel futuro. Secondo la definizione più recente il c. è la funzione di distribuzione a priori delle probabilità e a posteriori delle frequenze delle situazioni meteorologiche che si attuano nel corso del tempo, dell'anno e più in generale delle epoche. Non ci si può quindi limitare allo studio delle sole condizioni medie, ma è necessario estendere le ricerche ai valori estremi e soprattutto alla variabilità delle grandezze caratteristiche. In tal senso è facile capire la differenza tra c. e tempo meteorologico, il quale descrive le singole condizioni atmosferiche che si susseguono nel tempo cronologico. Per quanto lunghe siano le serie di dati raccolti, il numero e la frequenza degli eventi meteorologici osservati sono sempre troppo limitati perché si possa asserire con certezza di aver determinato la funzione di distribuzione dei fenomeni meteorologici possibili e quindi il c. stesso.
Il sistema climatico
Se il c. è la funzione di distribuzione delle probabilità di occorrenza di ognuno dei possibili stati fisici dell'atmosfera, tali stati sono il risultato dell'interazione tra i vari elementi che partecipano al cosiddetto sistema climatico: l'atmosfera, la radiazione solare, l'idrosfera, comprendente anche i ghiacci oceanici e continentali, la litosfera con i vulcani attivi, e infine la biosfera con l'attività antropica, in grado di influenzare alcune caratteristiche dell'ambiente, quali la deforestazione su grande scala e la produzione di gas a effetto serra. Questi sottosistemi sono connessi tra loro da processi fisici, chimici e biologici. Spesso i processi di accoppiamento presentano un andamento ciclico che si ripercuote anche sul c. dando origine a fluttuazioni quasi periodiche. Le leggi di conservazione di massa, energia, quantità di moto, insieme con quelle della chimica e con quelle, ancor più complesse, della biologia, governano il comportamento di ciascun sottosistema del sistema climatico. La complessità del comportamento finale del sistema climatico deriva sia dalla complessità propria di ciascuno dei suoi elementi, sia dalla complessità d'interazione tra le parti, sia infine dalle differenze nei tempi caratteristici di evoluzione di ciascuna componente.
Da ciò deriva che il c. vari continuamente con modi anche molto diversi, presentando tendenze secolari, o salti bruschi, o entrambe le modalità. Le medie possono così variare come pure essere stabili, variando in modo molto ampio le oscillazioni intorno ai valori medi. Questo accade a tutte le scale temporali, da quella geologica (dalle centinaia di migliaia alle centinaia di milioni di anni), a quella delle fluttuazioni climatiche (dalle decine alle migliaia di anni), sino alla scala 'umana' degli anni e delle stagioni (fig. 1). Per comprendere questa enorme variabilità nelle scale di tempo del c., unita all'altrettanto grande variabilità osservata nello spazio, da luogo a luogo, è stato proposto un gran numero di teorie e, nell'epoca degli elaboratori elettronici, sono stati sviluppati modelli fisico-matematici sempre più raffinati che tentano di spiegare tutte queste variazioni. Ciascuna delle componenti del sistema climatico contribuisce, in misura differente, a determinare lo stato istantaneo del c., che quindi non è, né è mai stato, una funzione costante nel tempo. Gli studi odierni di climatologia storica e in generale di paleoclimatologia hanno rivelato che nel passato, almeno in prima approssimazione, il c. è variato lentamente e di poco durante lunghi periodi e rapidamente e di molto durante tempi brevi.
La dinamica del clima
La dinamica del c. è data dall'evoluzione temporale delle grandezze fisiche che regolano le interazioni tra le varie componenti del sistema climatico. L'indirizzo oggi più seguito nelle ricerche sul c. è quello dell'elaborazione di modelli numerici di clima. Con la simulazione numerica mediante elaboratore elettronico si cerca di rappresentare, in un modello fisico-matematico, la fenomenologia dei singoli sottosistemi del sistema climatico. Ognuna delle componenti del sistema è rappresentata mediante un proprio modello matematico e le interazioni tra le varie parti sono simulate mediante scambi di energia e di massa. Il modello notevolmente più complesso è quello che descrive il sottosistema atmosfera, in quanto questa è la sede dei fenomeni più direttamente connessi con il c. stesso (per i modelli dell'atmosfera v. meteorologia, in App. V).
I risultati delle simulazioni del c. mediante modelli matematici consentono di esaminare i diversi scenari della possibile evoluzione del c. stesso nel futuro prossimo, scenari che dipendono anche dalle attività umane, interagenti con i diversi sottosistemi. Partendo dai dati, misurati direttamente nel recente passato, si è ricostruita l'evoluzione dell'ultimo secolo e si è simulata con successo la variazione del c. con la tendenza a un generalizzato aumento della temperatura media dell'aria al livello del suolo, e alla conseguente riduzione delle masse di ghiaccio polare e continentale.
L'attività umana di produzione e immissione nell'atmosfera di gas a effetto serra (anidride carbonica, clorofluorocarburi, metano ecc.) e particelle che assorbono la radiazione solare e terrestre (fumi, polveri ecc.) è divenuta particolarmente incisiva soltanto nella seconda metà del 20° secolo. Si deve prendere atto pertanto che la tendenza al riscaldamento dell'atmosfera, e quindi la variazione del c., osservata negli ultimi anni è certamente di origine naturale, e l'attività umana vi si sovrappone con effetti a tutt'oggi ancora non ben definiti. I più recenti studi sul c. cercano di distinguere gli effetti naturali da quelli antropici. Si osserva che tutti i modelli impiegati per studiare l'evoluzione della temperatura media dell'atmosfera a livello della superficie terrestre concordano su un aumento generalizzato della temperatura stessa. Questi risultati devono essere valutati con attenzione, in quanto nei modelli di c. attuali non sono compiutamente descritti fenomeni molto complessi e ancora parzialmente sconosciuti, quali, per es., lo scambio di anidride carbonica tra gli oceani e l'atmosfera. D'altra parte, l'evidenza sperimentale mostra che dal 1860, anno delle prime accettabili osservazioni su scala planetaria, si ha una tendenza al riscaldamento.
La fine del 20° sec. si sta manifestando con la sequenza degli anni globalmente più caldi dall'inizio delle osservazioni sistematiche. I gruppi di studio promossi dall'Organizzazione meteorologica mondiale hanno richiamato l'attenzione sulla circostanza che, se le attività umane proseguiranno con gli stessi metodi odierni, nel prossimo secolo si potranno avere pericolosi cambiamenti del c. mondiale. L'innalzamento del livello dei mari, anche di pochi metri, conseguente a uno scioglimento dei ghiacci, anche parziale, renderebbe inabitabili estese zone continentali e sommergerebbe molte delle numerosissime isole oceaniche popolate. L'aumento della temperatura media sarebbe seguito da una diversa distribuzione spaziale delle precipitazioni, che metterebbero a rischio l'esistenza di larghe fasce della vegetazione delle zone tropicali. La sensibilità delle attività umane, fino alla stessa sopravvivenza in regioni estreme, alle variazioni del c. come parte dell'ambiente ha portato l'Organizzazione delle Nazioni Unite a dare impulso a studi sul c., prima attraverso la creazione di un gruppo di lavoro internazionale su questo tema, denominato Intergovernmental panel on climatic change, e successivamente promuovendo la Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e sullo sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992, in cui è stato proposto un protocollo d'intesa sulle attività umane che possono determinare variazioni ambientali tali da ripercuotersi anche sul clima. In quella sede 154 paesi hanno sottoscritto il protocollo che è divenuto operativo nel 1994. I paesi firmatari, riunitisi a Berlino nel 1995 in occasione della prima Conferenza delle parti sul clima, hanno elaborato un protocollo attuativo e vincolante, per l'intesa di Rio, sulla riduzione di emissioni di gas a effetto serra. Nel dicembre 1997 si è tenuta a Kyoto la terza Conferenza delle parti per l'adozione del protocollo attuativo.
L'attenzione verso il c. globale non deve far perdere di vista i problemi connessi con il c. a scala locale, il 'microclima'. In regioni di limitata estensione, le attività umane hanno talvolta con l'ambiente circostante un rapporto tale da determinare variazioni ambientali permanenti, che a loro volta si ripercuotono sul microclima. Questo fatto è oggi noto come 'stress ambientale'. Per es., l'inaridimento delle aree confinanti con i deserti è spesso causato dalla distruzione, volontaria o involontaria, della vegetazione subdesertica che già è costretta di per sé a esistere in condizioni climatiche di confine (scarsezza di precipitazioni, forte soleggiamento ecc.). Se su scala globale si osservano variazioni di frazioni di grado centigrado nei valori medi della temperatura, a scala locale si possono osservare variazioni di gran lunga maggiori capaci di alterare gli ecosistemi sino a modificare le specie della flora presenti, e di conseguenza tutte le altre specie animali dipendenti da questa, alterando infine anche il ciclo idrologico locale e quindi il microclima.
Gli studi più recenti sulla modellazione del sistema climatico sono orientati verso la ricerca dell'evoluzione della temperatura degli oceani, in pratica di quello che sembra essere l'elemento del sistema climatico più attivo dopo l'atmosfera, ma più prevedibile. La temperatura degli oceani varia nel tempo più lentamente di quella dell'atmosfera, e gli scambi energetici tra le masse d'aria e d'acqua sono decisivi per l'evoluzione del tempo meteorologico e del c. stesso. Partendo da modelli termofluidodinamici degli oceani si cerca, attraverso la quantificazione degli scambi energetici tra l'atmosfera e i mari, di produrre un'attendibile stima quantitativa dell'evoluzione delle condizioni fisiche presenti al contorno della stessa atmosfera. La conoscenza di tali condizioni per un fluido termodinamico come l'atmosfera è alla base di ogni forma di previsione scientifica dell'evoluzione del fluido stesso. La più recente linea di sviluppo della climatologia individua nella previsione dell'evoluzione della termodinamica degli oceani il punto di partenza per le previsioni meteorologiche stagionali e quindi di quella zona temporale di sovrapposizione tra gli eventi meteorologici e quelli ascrivibili al clima (v. meteorologia, in questa Appendice).
Storia del clima
Durante gli anni più recenti molti studi sono stati rivolti alla ricostruzione e alla spiegazione delle condizioni climatiche che si sono susseguite sulla Terra nel corso della sua lunga storia di circa 4,7 miliardi di anni.
L'evoluzione del c. è stata caratterizzata dalle grandi tappe seguenti: durante i primi due miliardi di anni, da 4,6 a 2,3 miliardi di anni fa, nonostante la debole luminosità solare la Terra era libera dai ghiacci, forse a causa di un fortissimo effetto serra derivante dalla particolare composizione dell'atmosfera terrestre primitiva (v. oltre), che sembra contenesse una percentuale di anidride carbonica molto più elevata dell'attuale. La prima glaciazione di cui si sia osservata traccia avvenne 2,3 miliardi di anni fa; da allora fino a 900 milioni di anni fa sembra che la Terra fosse ancora libera dai ghiacci; nel periodo da 900 a 600 milioni di anni fa si sono succedute tre glaciazioni le cui tracce sono state individuate nelle basse latitudini, ma soltanto sui continenti; tra 600 e 100 milioni di anni fa il c. fu generalmente dolce, segnato tuttavia da due spinte glaciali importanti (i dati paleomagnetici indicano una forte correlazione tra la posizione dei continenti alle alte latitudini e la formazione di calotte glaciali); da 100 a 50 milioni di anni fa il c. continuò a essere mite e la Terra fu generalmente libera dai ghiacci. Il c. del Cretaceo superiore serve da guida per la modellazione del sistema oceano-atmosfera-biosfera: sembra che i fattori paleogeografici, l'alta concentrazione di anidride carbonica nell'aria e la circolazione oceanica abbiano avuto un ruolo importante per spiegare questo clima. Tuttavia resta inspiegabile la presenza di certe flore e faune osservate alle alte latitudini polari. Da 50 a 3 milioni di anni fa si ebbe un raffreddamento progressivo del c. globale, con la formazione della calotta antartica (tra 40 e 30 milioni di anni fa); la glaciazione delle medie latitudini dell'emisfero boreale iniziò circa 3 milioni di anni fa; da allora a oggi si stabilisce l'era glaciale del Quaternario climatico' caratterizzata da una serie di cicli glaciali-interglaciali, attribuiti a cause astronomiche; in particolare, da 125.000 anni fa a oggi è avvenuto l'ultimo ciclo glaciale-interglaciale, con variazioni importanti del c. a cui sono associate oscillazioni altrettanto importanti del livello medio dei mari e della composizione dell'aria. In dettaglio, da 7000 anni fa a oggi: il periodo inizia con il massimo termico dell'Olocene ed è caratterizzato da una fase calda che si estende per quasi tutto il Medioevo, seguita dalla piccola era glaciale collocabile tra il 1350 e il 1850 circa e da un successivo riscaldamento dalla seconda metà del 19° secolo sino ai giorni nostri, dove osserviamo addirittura un incremento nella rapidità di variazione della temperatura, valutabile, negli anni Novanta, in oltre mezzo grado centigrado al secolo.
Il clima durante il 20° secolo
I dati degli ultimi 100 anni sono i più precisi e dettagliati per la temperatura e per le precipitazioni (in alcuni luoghi esistono informazioni precise su oltre 200 anni). Da questi dati emerge che dalla metà del 19° sec. iniziò un riscaldamento atmosferico planetario (fig. 2). I dati ricostruiti devono tenere conto della circostanza che le stazioni di osservazione cittadina hanno subito un cambiamento dell'ambiente di misurazione che ha alterato le serie.
Tenendo conto di quest'alterazione, un riscaldamento, anche se meno pronunciato, è in ogni modo presente. Le osservazioni, sia marine sia continentali, mostrano in entrambi gli emisferi un riscaldamento di circa mezzo grado dall'inizio del secolo 20°, con un cambiamento di tendenza intorno agli anni Venti. Sovrapposte a questa tendenza si sono osservate fluttuazioni decennali di grande ampiezza. Tra il 1940 e il 1970 si verificò un raffreddamento dell'emisfero settentrionale, che fu accompagnato da un analogo fenomeno, ma meno marcato, in quello australe, e fu seguito da un riscaldamento repentino. Durante gli anni della Seconda guerra mondiale (1939-45) si ebbe in Europa un c. particolarmente inclemente, con inverni freddi, autunni piovosi ed estati torride.
Il riscaldamento nelle stazioni continentali ha raggiunto l'entità di un grado tra il 1980 e il 1988. La causa di quest'accelerazione del riscaldamento è controversa, ma si propende per un aumento dell'effetto serra dell'atmosfera, dovuto a un aumento della concentrazione di anidride carbonica e altri gas. Le precipitazioni non hanno subito cambiamenti rilevanti nella quantità totale dal 1890 al 1997, ma presentano differenze nella ripartizione stagionale che fanno sospettare un'alterazione nella loro funzione di distribuzione. La stagione tra la fine del 1997 e l'inizio del 1998 (estate australe e inverno boreale) è stata caratterizzata dalla fenomenologia meteorologica e oceanica connessa con il cosiddetto Niño, il riscaldamento anomalo di una larga area superficiale dell'Oceano Pacifico sudequatoriale.
La costanza complessiva delle precipitazioni non si osserva più se l'analisi è condotta per fasce di latitudini. Alle latitudini superiori ai 35° N si sono intensificate, mentre nella fascia subtropicale gli ultimi trent'anni mostrano significative riduzioni delle piogge. Queste alterazioni per latitudine non si osservano nell'emisfero australe, dove le precipitazioni sono aumentate dal 1940, con l'esclusione dell'estate australe. Per tutte le stazioni continentali della Terra si assiste, tra il 1890 e il 1986, a un aumento sia annuale sia stagionale, con l'eccezione dell'estate boreale soprattutto dal 1940 al 1960. Tutte le analisi si complicano quando si passa a scale regionali più limitate. Il raggruppamento dei dati mostra che il riscaldamento, che ha caratterizzato il periodo 1947-97, si è accentuato nel 1975, ma non in modo regolare; in certe regioni si è addirittura avuto un raffreddamento: l'Atlantico del Nord e il Pacifico settentrionale si sono raffreddati di circa un grado dal 1947. Si osserva anche un differente livello di riscaldamento tra i due emisferi: quello australe ha registrato un aumento delle temperature oceaniche e continentali maggiore di quello boreale.
Le serie di osservazioni per gli Stati Uniti non mostrano variazioni rilevanti dal 1895 al 1985, con l'eccezione di un aumento delle precipitazioni autunnali negli ultimi vent'anni del periodo. I modelli di simulazione del c. predicono un aumento della temperatura, coerente globalmente con quello osservato, ma non sono ancora soddisfacenti per quanto attiene al dettaglio geografico degli eventi. Gli errori lungo le varie fasce di latitudine sono ancora elevati: questo mostra come il sistema climatico sia complesso. Per riprodurre il c. partendo da modelli fisico-matematici è necessario considerare tutti i fattori che intervengono, compresa la variabilità naturale. La ricostruzione del c. del passato, con la sua variabilità alle diverse scale spaziali e temporali, è la via da percorrere per comprendere i meccanismi che regolano l'evoluzione del sistema climatico e per predire in termini probabilistici il c. futuro.
Le fonti d'informazione sul clima
Nessun metodo né alcuna disciplina consentono da soli di ricostruire la storia del c., scandita dalla successione degli eventi osservati, ma tutti concorrono alla conoscenza con apporti più o meno importanti.
L'informazione climatica proviene da fonti molto diverse, in funzione anche della distanza, nel tempo, dal presente. Queste fonti sono: a) i dati meteorologici e oceanici misurati direttamente dagli strumenti specifici, in un numero sempre crescente di stazioni (oggi ottenuti anche grazie a telerilevamento principalmente da satellite); tali informazioni sono disponibili su scala planetaria da circa un centinaio di anni fa a oggi; b) la documentazione storica che, interpretata ai fini dello studio del c., si estende agli ultimi millenni; c) i dati detti Proxi, ottenuti in base a vari elementi: le composizioni isotopiche (dell'ossigeno, del deuterio e del carbonio) misurate nei sedimenti oceanici e lacustri, nelle calotte polari, nelle stalattiti e nelle stalagmiti, negli anelli degli alberi e negli strati geologici; le testimonianze delle faune e delle flore del passato, quali i pollini, le microfaune marine, gli Insetti, i Mammiferi, i Molluschi, le piante fossili; le prove geologiche e geomorfologiche, fornite dallo studio di morene, evaporiti, paleosuoli, varve, dune, scogliere coralline ecc.
Questi dati, analizzati simultaneamente e in modo coerente, consentono di creare un'immagine razionale delle variazioni climatiche avvenute lungo particolari momenti della storia della Terra.
Le paleotemperature oceaniche, ricavate dall'esame dei sedimenti, forniscono un metodo estremamente interessante quando sia applicato a lunghe sequenze di osservazioni; tuttavia, occorrerebbe che la sedimentazione fosse avvenuta in modo ideale, cioè senza pause, senza turbolenza né bioturbative, condizione estremamente lontana dal vero. Ciononostante, i grafici delle paleotemperature oceaniche permettono di costruire il quadro di base per le altre discipline. Le faune e le flore forniscono elementi di datazione e indicazioni sui paleoambienti e i paleoclimi; le morene danno informazioni sulle fasi di massima estensione glaciale; i terrazzi marini forniscono dati soprattutto sui livelli estremi di elevazione raggiunti dal mare in corrispondenza delle massime temperature realizzatesi durante le fasi interglaciali; dai depositi di Löss e dai suoli fossili si ricavano informazioni più complete sulla cronologia climatica, ma le correlazioni con i depositi glaciali e marini rimangono generalmente difficili. Queste sono le tecniche di osservazione che, insieme con i risultati del paleomagnetismo sulla deriva dei continenti e la modellazione fisica, permettono di ricostruire e di spiegare le variazioni climatiche avvenute nel corso dei tempi più remoti.
Le registrazioni naturali sono influenzate dal c. stesso, a diverse scale temporali, e, per la maggior parte del tempo, sono modificate da bioturbative insieme con altre trasformazioni fisiche e chimiche. La loro interpretazione in termini di variazioni climatiche è dunque difficile ed è necessario usare tecniche di elaborazione che eliminino il maggior numero di questioni complesse, giudicate di non primaria importanza: per es., le funzioni di trasferimento basate sull'analisi multivariata, utilizzate per i sedimenti marini, gli anelli degli alberi e i pollini. I valori Proxi sono datati conteggiando gli strati annuali (come nel caso degli anelli degli alberi, delle varve lacustri e delle torbiere, e per gli strati delle carote di ghiaccio), con metodi radiometrici (come i casi dell'isotopo ¹⁴C del carbonio, e del rapporto di masse tra il cripto e l'argo, Kr/Ar), o con riferimento ad avvenimenti ben definiti avvenuti a scala planetaria, come i depositi di ceneri vulcaniche, i terrazzamenti marini e le inversioni del campo magnetico terrestre.
In generale, i metodi di datazione e il significato delle ricostruzioni divengono sempre più incerti e incompleti risalendo nel passato. Occorre infatti ricordare che le rocce formatesi nel corso della storia della Terra sono state soggette a erosione: più una roccia è antica, più ha avuto occasione di sgretolarsi, e di conseguenza le rocce relativamente più giovani sono largamente preponderanti.
L'atmosfera terrestre primitiva
La crosta terrestre ha conservato evidenti tracce della continua trasformazione subita nel corso del tempo, mentre l'atmosfera, che ha avuto anch'essa un'evoluzione insieme con la litosfera, non consente di risalire direttamente alla composizione chimica originaria. Le osservazioni spettroscopiche delle atmosfere planetarie e dei gas interstellari rivelano sì la presenza di ossigeno, ma combinato in composti e non isolato nella molecola O₂. Questo ha portato a concludere che l'ossigeno molecolare, presente nell'atmosfera terrestre nella cospicua proporzione del 20%, sia dovuto alla sintesi clorofilliana, in altre parole a un processo di produzione biologica. Le teorie sulla formazione del sistema solare avvalorano l'ipotesi di un'atmosfera terrestre primitiva formatasi successivamente alla nascita del pianeta, ma la composizione chimica dell'atmosfera iniziale è tuttora oggetto di discussione.
bibliografia
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