colore
Una sensazione provocata dalla luce
È diffusa l'idea che il colore sia una proprietà degli oggetti, invece è la sensazione psichica che proviamo allorché il nostro occhio è colpito dalla luce. Per semplicità sono state individuate sei famiglie principali di colori, anche se, in realtà, le sensazioni di colore sono infinite. I colori spettrali sono i colori dell'arcobaleno e corrispondono a luce monocromatica, cioè di lunghezza d'onda ben definita. Dalla loro mescolanza si ottiene un numero praticamente infinito di varianti, utilizzando sia la sintesi additiva sia quella sottrattiva. Tinta, saturazione e luminosità sono i principali attributi del colore e per determinare lo stimolo luminoso associato a un colore si usa un dispositivo chiamato colorimetro
La gamma di colori per noi visibile corrisponde alle onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda compresa nell'intervallo 380÷760 nm (nanometri, ossia miliardesimi di metro) circa, intervallo nel quale l'emissione solare è più intensa. Gli estremi corrispondono rispettivamente alle sensazioni di violetto e rosso cupo. Sopra i 760 nm ‒ ossia nella regione dell'infrarosso ‒ la nostra sensazione è soltanto di calore; sotto i 380 nm ‒ andando verso l'ultravioletto e i raggi X ‒ se avvertiamo la radiazione è per i danni che può provocare al nostro organismo.
La sensibilità del nostro occhio (visione) alla radiazione solare è illustrata in figura, dove sono riportate le varie sensazioni di colore suscitate dalle diverse lunghezze d'onda. Nella figura si indicano i rossi, non il rosso, i verdi, non il verde. Si usa il plurale perché all'interno di ciascuna famiglia di colori esistono infinite gradazioni: per esempio il verde varia con continuità da bluastro (490 nm) a giallastro (560 nm).
Le sensazioni di colore sono perciò infinite, anche se in media una persona arriva a distinguerne circa duecento. Le famiglie di colori realmente individuabili dall'occhio sono sei: violetto, blu, verde, giallo, arancione, rosso. D'altra parte Newton, che per primo ne produsse la visione in laboratorio tramite la dispersione con il prisma, preferì parlare di sette colori, aggiungendo l'indaco, per ossequio alla tradizione che vuole il numero sette uno dei numeri importanti nelle cose dell'uomo e della natura (oltreché per il suo desiderio di associare i colori alle sette note della scala diatonica). L'indaco, però, fa chiaramente parte del gruppo violetto, come il giallo citrino o il giallo cromo sono pur sempre nella famiglia del giallo.
I colori che compaiono nello spettro dell'iride sono detti colori spettrali. Il massimo di luminosità si ha a 555 nm, che corrisponde al verde giallastro, esattamente là dove cade il picco dell'emissione solare. Nel violetto e nel rosso estremi la sensibilità dell'occhio è ridotta di molto rispetto al valore massimo.
Ogni colore spettrale corrisponde a una luce monocromatica, caratterizzata da una sola e ben definita lunghezza d'onda. Mescolando tra loro due luci monocromatiche diverse (o anche più di due), si ottiene una luce che corrisponde a un colore spettrale intermedio. Dal rosso sommato al giallo, per esempio, otteniamo varie gradazioni di arancione.
Esistono anche mescolanze di luci molto lontane tra loro dal punto di vista spettrale. Forniscono sensazioni di colore non appartenenti all'iride (colori non spettrali) il rosso e il blu, per esempio, che generano il gruppo dei viola ‒ dal porpora al viola bluastro ‒ a seconda delle rispettive percentuali. I viola nulla hanno a che vedere con il violetto, colore spettrale, ma il nostro sistema visivo li percepisce come molto simili, tanto che i due termini vengono spesso confusi. Anche i colori oliva e rosso mattone, prodotti da altre mescolanze, non appartengono allo spettro dell'iride.
Nella retina dell'occhio ci sono tre tipi di sensori di luce, i coni, ciascuno dei quali presenta la massima sensibilità per una delle tre radiazioni rossa, verde e blu (rispettivamente sono i coni del primo, secondo e terzo tipo). Questo si verifica perché coni di tipo diverso contengono pigmenti diversi. Quando arriva un raggio di luce, i pigmenti temporaneamente 'sbiancano' e producono sostanze capaci di stimolare le terminazioni del nervo ottico, che, a loro volta, inviano segnali elettrici al cervello.
In presenza di una generica radiazione, i tre tipi di coni possono venire tutti eccitati, ma in misura diversa l'uno dall'altro. Una radiazione con lunghezza d'onda di 630 nm (rosso vivo), per esempio, eccita fortemente i coni del primo tipo, poco quelli del secondo e per nulla quelli del terzo. Invece, una radiazione di 570 nm (giallo citrino) eccita in misura simile i coni sensibili al rosso e al verde, e molto debolmente quelli del terzo. Un blu-violetto infine ‒ diciamo 430 nm ‒ eccita un segnale nervoso quasi esclusivamente dal terzo tipo di coni.
Insomma, ogni radiazione produce una terna di segnali nervosi, cioè ha un tristimolo caratteristico diretto al cervello, come se si trattasse di tre dosi opportune di rosso, blu e verde puri. Questo codice permette al sistema nervoso di catalogare la luce ricevuta, attribuendole un'appropriata sensazione di colore. Una mescolanza di colori produce anch'essa un tristimolo, che può coincidere o meno con quello generato da una radiazione pura.
Con tre luci primarie ‒ diciamo quelle che indurrebbero le sensazioni di rosso, di verde e di blu ‒ si possono generare tutti i colori, bianco incluso, mescolandoli in dosi opportune. In questo caso si somma luce a luce e si ottiene la sintesi additiva dei colori. È un meccanismo usato nella televisione a colori, nelle luci in teatro, nelle discoteche, nella pittura puntinista.
Se mescoliamo a due a due e in percentuali uguali i tre colori che abbiamo scelto come primari nella sintesi additiva, otteniamo le sensazioni di colore magenta, ciano e giallo. Sono i colori primari nella sintesi sottrattiva, un processo di fondamentale importanza in pittura, in fotografia e nella stampa.
Per capire come funziona la sintesi sottrattiva supponiamo di mescolare non più luci, ma vernici. La colorazione di una vernice, così come quella di ogni oggetto, è dovuta al fatto che una vernice assorbe solo alcune componenti cromatiche mentre riflette le altre: il colore è dato da quelle che 'sopravvivono' all'assorbimento. La mescolanza dei tre primari sottrattivi dà il nero: chi dipinge sa bene che nessuna mescolanza, invece, porta al bianco (che va quindi procurato a parte). Analogamente, la miscela di un inchiostro rosso e uno verde produce il marrone, mentre una miscela additiva degli stessi colori (per esempio due fasci luminosi proiettati e sovrapposti su uno schermo) genera il giallo. Proprio l'impossibilità di ottenere il giallo in modo sottrattivo obbliga, nelle arti grafiche, ad adottarlo tra i primari sottrattivi. Gli schemi riportati a fianco riassumono gli effetti delle sintesi additiva e sottrattiva dei colori primari.
I principali attributi del colore sono la tinta (o tonalità di colore), la saturazione (chiamata anche purezza o croma) e la luminosità (o brillanza). La tinta è definita dal particolare tristimolo che evoca nel sistema nervoso o, se si preferisce, dalla lunghezza d'onda dominante, ossia quella che produrrebbe la stessa sensazione cromatica nel caso si trattasse, invece che di una mescolanza, di una luce monocromatica. La saturazione fornisce una misura di quanto bianco è mescolato alla tinta: è definita in percentuale, passa cioè da 100 per i colori puri a valori prossimi a 0 per colori pallidissimi. Un semplice esempio è dato dal blu (saturo) e dal celeste (non saturo): si passa dal primo al secondo aggiungendo un po' di bianco. Infine, la luminosità è legata alla quantità di nero presente e alla sensibilità dell'occhio, come già detto.
Il tristimolo associato a un colore si determina con il colorimetro, uno strumento di grande importanza nell'industria delle vernici perché garantisce la definizione e la riproducibilità di una tinta. Allo sperimentatore si presenta un campo visivo diviso a metà: una è occupata dalla superficie colorata in esame (illuminata da luce bianca), l'altra riceve le luci sovrapposte di tre proiettori che corrispondono ai primari. Alcune manopole graduate permettono di variare le intensità relative dei tre primari finché non appaiono identiche le colorazioni delle due metà del campo. Per determinare il tristimolo associato alla tinta basta prendere nota delle dosi in cui sono presenti i tre colori. In realtà se le dosi sono espresse come frazioni della dose totale, così che la loro somma valga sempre 1, per individuare il colore bastano due sole dosi più la luminosità.