compagnìa di ventura Nome attribuito dal 14° sec. ad associazioni di mercenari, che si mettevano al servizio delle monarchie, desiderose di milizie indipendenti da ogni vincolo feudale per far valere la propria autorità sui vassalli, e dei Comuni, soprattutto in Italia, nei quali l’attività industriale e i traffici commerciali allontanavano la borghesia dall’esercizio delle armi. I mercenari erano reclutati ovunque, specialmente in Spagna, in Germania e nel Brabante; composte dapprima di reduci dalle Crociate e di servi della gleba, più tardi dalle vittime delle crisi economiche (14°-15° sec.), le compagnie furono guidate spesso dai cadetti delle grandi famiglie feudali. Dal punto di vista della tattica militare, introdussero la nuova teoria del combattimento a cavallo, con pesanti armature e lunghe lance e, poiché l’impiego efficace di un siffatto armamento richiedeva un addestramento prolungato, esse rimasero per molto tempo padrone dei campi di battaglia europei. Il diffondersi delle armi da fuoco e il progressivo affermarsi degli eserciti nazionali determinarono la loro decadenza. Tra i più celebri capitani di compagnie di ventura si ricordano: Bartolomeo Colleoni, Braccio da Montone (1368-1424), Federico da Montefeltro, Francesco Bussone detto il Carmagnola, Erasmo da Narni detto il Gattamelata, Francesco Sforza, Giovanni de' Medici.
Compagnia di ventura formatasi, sotto il comando di Hartmann von Wertestein e Anichino, con mercenari ribellatisi a Firenze (14° sec.), i quali indossavano un caschetto di cuoio, da cui il nome.