Indie, Compagnie delle
Un po' mercanti, un po' soldati, un po' amministratori
Tra il 17° e il 19° secolo i mercanti di alcuni paesi europei (Inghilterra, Paesi Bassi, Francia, Portogallo) si organizzarono in associazioni per unire le proprie forze nella conquista commerciale e coloniale degli altri continenti. Furono le Compagnie delle Indie, Occidentali e Orientali, che consentirono all'Europa di rifornirsi di seta, spezie, tessuti e prodotti di ogni parte del mondo e di imporre il proprio dominio a vari popoli dell'Asia, dell'Africa e dell'America. Non sempre le cose andarono per il meglio: spesso i costi delle guerre di conquista e dell'amministrazione dei territori furono più alti dei profitti commerciali. Quando le Compagnie furono soppresse, le loro colonie passarono sotto il controllo dei rispettivi Stati
Le Compagnie delle Indie furono associazioni nazionali di mercanti impegnati nei commerci con le Indie Orientali ‒ cioè i territori a est del Capo di Buona Speranza (Africa orientale e Asia) ‒ e le Indie Occidentali ‒ ossia l'Africa occidentale e l'America. Esse furono fondate tra la fine del 16° e il 17° secolo, a volte per iniziativa degli stessi mercanti, a volte per decisione dei governi.
I mercanti erano interessati ad associarsi per affrontare meglio i costi dei viaggi e gli assalti dei pirati, dividendosi i profitti e i rischi delle imprese, mentre i governi cercavano di favorire i propri mercanti per non dipendere dagli stranieri nell'approvvigionamento dei prodotti coloniali. Per questo emanarono Carte che concedevano alle Compagnie privilegi commerciali (il monopolio dei commerci con le colonie), fiscali (esenzioni dal pagamento di tasse e dazi) e spesso anche politici (autorizzazione a conquistare e amministrare colonie, firmare trattati, costruire fortezze, reclutare truppe, esercitare la giustizia).
Le Compagnie furono protagoniste, nei secoli 17° e 18°, della colonizzazione del mondo e della costruzione di un unico mercato mondiale sotto l'egemonia europea. Esse rifornirono l'Europa nel 17° secolo di prodotti come spezie (pepe, noce moscata, chiodi di garofano) e tessuti orientali, ai quali si aggiunsero, nel 18° secolo, tè, caffè e zucchero. Poiché in Asia i prodotti europei non erano richiesti, le Compagnie dovevano pagare in oro le merci asiatiche. Talvolta, però, per evitarlo, organizzarono commerci interasiatici, scambiando, per esempio, tessuti indiani o pepe e spezie indonesiane con tè e porcellane cinesi. I privilegi delle Compagnie scontentavano in Europa sia i mercanti che non ne godevano sia gli artigiani in difficoltà per la concorrenza dei prodotti coloniali (soprattutto tessili) importati dalle Compagnie. La Rivoluzione americana scoppiò proprio in occasione di una protesta contro il monopolio della vendita del tè della Compagnia inglese delle Indie Orientali. Per questo a cavallo tra 18° e 19° secolo le Compagnie furono private dei privilegi commerciali e politici e, infine, soppresse. I loro territori passarono sotto il diretto controllo degli Stati.
Oltre alle compagnie qui ricordate, ne furono create altre di minore importanza, tra cui quelle portoghesi, svedesi e danesi.
La Compagnia, fondata a Londra nel 1599, nel 1600 ottenne dalla regina Elisabetta I il monopolio del commercio con i territori a est del Capo di Buona Speranza. Dopo anni di guerre con gli Olandesi per il controllo dell'Oceano Indiano, nel 1623 si arrivò a un accordo di spartizione: ai Britannici andò l'India, agli Olandesi Ceylon ‒ l'odierno Sri Lanka ‒ e l'Indonesia. In India la Compagnia aveva ottenuto nel 1616 l'autorizzazione del Gran Mogol (l'imperatore) a stabilire basi commerciali: le più importanti furono Surat, Madras, Bombay e Calcutta. In India la Compagnia comprava pepe, cotone, seta, zucchero e caffè che rivendeva poi in Europa e in America. Nella seconda metà del secolo, la Compagnia ottenne dal re Carlo II l'autorizzazione a esercitare anche poteri sovrani sui territori conquistati.
Nel 18° secolo estese il raggio dei suoi traffici alle colonie portoghesi, a Moka, nello Yemen, nota per il caffè, ma soprattutto alla Cina, famosa per la seta, le porcellane e il tè, prodotto sempre più richiesto in Europa. Nel frattempo si scontrò più volte con la Francia per il controllo dell'India: alla fine ebbero la meglio i Britannici, con la vittoria nella guerra dei Sette anni (1756-63). La crisi dell'Impero moghul consentì alla Compagnia di estendere il proprio dominio anche all'interno, sottomettendo i principi locali. Fu un dominio spesso oppressivo: nel 1770 la Compagnia fece pagare un gravoso carico fiscale agli abitanti del Bengala, dove una carestia stava provocando la morte per fame di un terzo della popolazione. Nel 1784, l'India Act di William Pitt pose la Compagnia sotto il controllo del governo britannico, per limitarne l'autonomia e contrastare la corruzione dei suoi funzionari.
Alla fine del 18° secolo prese avvio una nuova fase di espansione territoriale della Compagnia, che strappò agli Olandesi la Colonia del Capo e l'isola di Ceylon, quindi conquistò Singapore, la Malesia e la Birmania (odierna Myanmar). La decisione di comprare il tè cinese pagandolo con oppio prodotto in India portò nel 1839 alla prima guerra dell'oppio (vinta dai Britannici), poiché l'imperatore cinese aveva vietato l'importazione della droga.
Nel frattempo la rivoluzione industriale aveva provocato in Inghilterra una campagna contro la Compagnia: gli industriali tessili si opponevano all'importazione di tessuti dall'Asia e, al contrario, volevano esportare in Asia i propri. Si arrivò così alla legge Peel del 1833, che tolse alla Compagnia ogni privilegio commerciale. L'introduzione in India dei prodotti inglesi ebbe conseguenze drammatiche: distrusse l'artigianato locale, che era una delle poche risorse per il sostentamento della popolazione. L'occasione per sciogliere la Compagnia avvenne nel 1857, con la rivolta dei sepoys, cioè delle truppe indiane al servizio dei Britannici: la repressione fu operata dalle truppe inviate dalla regina Vittoria, che nel 1858 assunse il governo dell'India.
Nel 1602 l'Assemblea degli Stati Generali delle Province Unite decise di riunire le società mercantili che operavano in Asia, per potenziare le loro energie al fine di conquistare l'egemonia nell'Oceano Indiano. Sorse così la Compagnia unita delle Indie Orientali, che in pochi anni strappò ai Portoghesi il controllo del Capo di Buona Speranza e dell'Oceano Indiano e pose basi commerciali soprattutto nelle isole: a Ceylon, in Indonesia e a Formosa (odierna Taiwan).
A Giava fondò nel 1618 la città di Batavia (oggi Giacarta), sede del governatore della Compagnia. Da Formosa organizzò scambi commerciali con la Cina e il Giappone. Gli Olandesi sfruttarono con durezza le popolazioni delle terre sotto il loro dominio, imponendo pesanti tributi e riducendole in schiavitù nelle piantagioni. I costi delle guerre di conquista e della repressione delle rivolte erano così alti che spesso superavano i profitti delle attività commerciali. Nel 1799, dopo aver perso importanti territori ‒ come Ceylon e la Colonia del Capo ‒ nel corso di alcune guerre con gli Inglesi, la Compagnia fu sciolta e i suoi possedimenti passarono sotto il controllo diretto dello Stato olandese.
Fondata nel 1617, la Compagnia olandese delle Indie Occidentali ottenne dagli Stati Generali il monopolio sull'Africa occidentale e sull'America. Le sue principali attività furono la tratta degli schiavi, il contrabbando e la pirateria. Nell'America Settentrionale fondò la colonia della Nuova Olanda e la città di Nuova Amsterdam. In seguito a una guerra la Nuova Olanda passò ai Britannici, nel 1667, e Nuova Amsterdam fu ribattezzata New York. Negli stessi anni la Compagnia perse anche le altri basi americane, nelle Antille (a Curaçao) e in Brasile, e nel 1674 fu sciolta.
Le Compagnie francesi delle Indie Orientali e Occidentali furono fondate nel 1664 per iniziativa di Jean-Baptiste Colbert, consigliere del re Luigi XIV. La prima si concentrò soprattutto sull'India, dove pose a Pondichéry la propria sede centrale e acquisì gli empori di Surat, Chandernagor e Calicut. La seconda ebbe vita breve: nel 1674 fu sciolta e i suoi possedimenti in Luisiana e nelle Antille passarono alla corona. Nel 1719 il finanziere John Law fondò un'unica Compagnia delle Indie, per controllare tutti i commerci sia in Occidente sia in oriente. Questa ebbe vita incerta: in pochi anni perse i territori americani, conquistò qualche colonia in Africa (Senegal, Guinea) ma si scontrò con i Britannici per il controllo dell'India e fu sconfitta nella guerra dei Sette anni (1756-63), perdendo i possedimenti indiani. Fu infine soppressa nel 1794 durante la Rivoluzione francese.