CONFESSORE (lat. confessor, da confiteor "dichiaro apertamente")
In antichi testi cristiani questo termine è usato a indicare quei fedeli che durante le persecuzioni avevano dichiarato apertamente la loro fede cristiana davanti ai tribunali pagani, e per questa loro dichiarazione avevano subito pene varie, ma non quella capitale. Perciò il confessore veniva contraddistinto dal martire, in quanto costui per la sua dichiarazione di cristianesimo aveva perduto la vita. In tal senso il termine confessore si trova già in iscrizioni catacombali (cfr. De Rossi. In Bullett. di archeologia cristiana, 1864, p. 30) e in Cipriano (Epist. 37), per diventar più frequente negli scrittori dal sec. IV in poi (cfr. Latt., De morte persecutorum 35; Girol. Epistolae, 82,7; Prud., Peristephanon, 55, e altri). Tuttavia in alcuni documenti antichi la voce confessore è usata a indicare anche il vero martire. Più tardi, verso il sec. V, il termine designò, per passaggio spontaneo, anche un cristiano qualsiasi che, pur non avendo testimoniato la sua fede davanti ai tribunali, le aveva fatto onore lungo tutta la sua vita con le sue virtù e buone opere; e tali cristiani divennero presto oggetto della particolare venerazione e del culto, che nei tempi precedenti era stato riservato ai martiri. Quando infine fu riservata al papa la canonizzazione (v.; v. anche beatificazione) di un cristiano defunto, il titolo di confessore divenne proprio di una speciale categoria di cristiani canonizzati, che comprende i vescovi, non vescovi e dottori, e li distingue da altre categorie (apostoli, martiri, vergini, vedove).
In relazione al sacramento della penitenza, si dice confessore il sacerdote che ha la facoltà di udire le confessioni dei fedeli e dare l'assoluzione sacramentale. Si richiede un doppio potere: la potestà di ordine e la potestà di giurisdizione. La prima si ottiene mediante l'ordinazione sacerdotale; la seconda, se ordinaria, si ha per mezzo dell'ufficio a cui è annessa; se delegata, si acquista per la legittima commissione fatta dal superiore competente (cfr. can. 197). Hanno la giurisdizione ordinaria i cardinali per tutta la Chiesa, oltre il papa, l'ordinario del luogo per il proprio territorio, il parroco per la rispettiva parrocchia, il canonico penitenziere per la diocesi, il superiore della religione chiericale esente per i proprî sudditi a norma delle costituzioni (can. 873). La giurisdizione delegata è conferita dall'ordinario del luogo e anche, se si tratta di religione chiericale esente, dal superiore, secondo le costituzioni, ma solo per udire le confessioni dei proprî sudditi, cioè dei novizî, dei professi e dei familiari (can. 874, 875). La facoltà di confessare dev'essere concessa soltanto a quei sacerdoti che sono riconosciuti idonei. Chi è approvato e ha la giurisdizione per udire le confessioni in un determinato territorio, può ivi confessare anche i vagi, i pellegrini e i fedeli di altro rito. Il confessore che ha la giurisdizione ordinaria può assolvere ovunque i proprî sudditi (can. 881). Per udire le confessioni delle religiose è necessaria una facoltà speciale; i confessori di esse possono essere ordinarî, straordinarî, speciali e occasionali (canoni 518 ss., 876). In pericolo di morte, ogni sacerdote, anche non approvato, può validamente e lecitamente assolvere da qualunque peccato e censura, benché sia presente un sacerdote approvato (can. 882).