GINI, Corrado
Nacque a Motta di Livenza (Treviso) il 23 maggio 1884 da Luciano e da Lavinia Locatelli, in una famiglia agiata di alta borghesia agraria.
La sua preparazione culturale fu assai ampia e multidisciplinare. Conseguì la laurea in giurisprudenza a Bologna, ma si dedicò contemporaneamente a studi statistici, economici, matematici e biologici che gli consentirono di portare contributi di rilievo in diversi campi disciplinari.
Avviato alla carriera universitaria, conseguì la libera docenza in statistica nel 1908 e ricoprì fin dal 1909 la cattedra di statistica nella facoltà di giurisprudenza dell'Università di Cagliari e dal 1913 nell'Università di Padova, dove insegnò anche economia politica, diritto costituzionale, demografia e statistica economica; nel 1923 fu chiamato a ricoprire la cattedra di statistica nell'Università di Roma, che conservò fino al raggiungimento dei limiti d'età.
L'impegno del G. nel campo della formazione fu particolarmente significativo, come dimostrano le iniziative promosse nella seconda metà degli anni Venti presso l'università, volte a rafforzare il disegno di creare tecnici della statistica in grado di elaborare e diffondere con metodi corretti la cultura dell'analisi quantitativa, tanto necessaria, come sempre sostenne il G., alle decisioni dell'esecutivo. Nel 1925, in occasione della costituzione della facoltà di scienze politiche a Roma, su proposta del G. fu creato l'istituto di statistica e politica economica, centro di studi interfacoltà destinato a far esercitare gli studenti di giurisprudenza e scienze politiche che si fossero orientati verso la ricerca economica e sociale. Nel 1927, ancora per iniziativa del G., fu creata, sempre a Roma, con una sede propria e una biblioteca, la Scuola di statistica, che riuniva in un unico istituto la Scuola di scienze statistiche e attuariali, fondata nel 1926 presso la facoltà di scienze dai matematici Guido Castelnuovo e Francesco Paolo Cantelli, e l'istituto di statistica e politica economica, con il chiaro scopo di legittimare la statistica oltre lo spazio, ancora troppo angusto, assegnatole nell'ambito delle scienze morali. Il risultato del lungo e costante impegno del G. fu, infine, la fondazione, a Roma nel 1936, della facoltà di scienze statistiche e attuariali, unica in Italia e in Europa. Il G. ne divenne preside e dotò in pochi anni la facoltà del primo centro di calcolo meccanografico IBM con lo scopo di perseguire l'antico progetto di legare a una buona formazione teorica un solido profilo applicativo, nella convinzione, sempre ribadita nei congressi nazionali e internazionali, che tutte le amministrazioni pubbliche dovessero dotarsi di funzionari di statistica in grado di coadiuvare gli organi politici nelle decisioni
Il problema della formazione degli statistici, del resto, si legava all'altro tema, caro al G., della necessità di alimentare il processo di osmosi tra mondo accademico e pubblica amministrazione già avviato nell'ultimo trentennio dell'Ottocento da Luigi Bodio quando era stato a capo dell'antica Direzione generale della statistica. In questo contesto maturò nel G. la decisione di assumere, nel 1926, l'incarico di presidente dell'Istituto centrale di statistica, appena fondato dal governo per dotare la ricerca statistica di una maggiore autonomia amministrativa e scientifica. I sei anni trascorsi alla guida dell'Istituto, fino alle dimissioni rassegnate nel 1932, rappresentarono per il G. un periodo di intenso rapporto con il governo e con le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, con le quali avviò un complesso e spesso contrastato programma di collaborazione orientato a conseguire la centralizzazione delle ricerche presso il nuovo ente con il passaggio di tutti i servizi statistici "alla dipendenza diretta dell'Istituto" (secondo quanto disposto espressamente dalla legge di modifica dell'ordinamento dell'Istituto, l. 21 dic. 1929, n. 2238).
Il riordino dei servizi statistici, la riorganizzazione delle anagrafi comunali, la realizzazione del censimento della popolazione del 1931 e l'impostazione del primo censimento industriale, rappresentarono per il G. il risultato di un intenso lavoro di coordinamento e controllo scientifico delle rilevazioni e l'avvio di un'attenta riflessione sulla qualità e sulla diffusione della produzione statistica in Italia e all'estero. Quando, nel 1932, il G. lasciò la presidenza dell'Istituto centrale di statistica, il processo di modernizzazione del sistema statistico nazionale, seppure tra grandi polemiche e contrasti con le amministrazioni dello Stato, si poteva considerare ormai consolidato.
Ma la legittimazione della statistica italiana nel panorama internazionale, oltre che dai risultati raggiunti dalla produzione statistica ufficiale, giungeva anche dal versante metodologico con la nascita di periodici specializzati quali la rivista internazionale di statistica Metron (diretta fin dalla fondazione, nel 1920, dal G.), che si proponeva di corredare gli articoli di statistica metodologica afferenti alle più svariate discipline con i risultati delle loro applicazioni. Dal 1926 al 1943 il G. diresse, inoltre, La Vita economica italiana, che forniva analisi e informazioni sugli aspetti congiunturali dell'economia nazionale.
L'attenzione per questi problemi era confermata, del resto, anche dai numerosi incarichi pubblici ricevuti dal G. dopo la prima guerra mondiale. Fu consulente del governo ed esperto della Lega delle Nazioni; tra il 1917 e il 1925 fece parte di numerosi organismi italiani e internazionali su vari problemi quali l'approvvigionamento di materie prime, il calcolo della ricchezza e del reddito, il lavoro, l'assistenza all'infanzia, il regolamento dei debiti internazionali e molti altri.
Nel 1929 diede vita al Comitato italiano per lo studio dei problemi della popolazione (CISP), che nel 1931 organizzò a Roma il primo Congresso internazionale della popolazione.
Il CISP svolse un'attività pluridisciplinare di grande respiro della quale vanno ricordate tre iniziative di particolare rilievo scientifico: la raccolta delle fonti archivistiche italiane in tema di popolazione fino al 1948, raccolta che fu curata da un'apposita commissione di demografia storica e pubblicata in due serie di complessivi dieci volumi; l'organizzazione e lo svolgimento di numerose spedizioni scientifiche per lo studio di gruppi di popolazione in condizioni di isolamento, spedizioni che comprendevano rilevazioni demografiche, antropometriche, medico-biologiche; la fondazione della rivista Genus (1934), edita sotto il patrocinio del Consiglio nazionale delle ricerche, che assunse ben presto tra gli studiosi dei problemi della popolazione un grande prestigio internazionale che tuttora conserva.
Oltre a queste iniziative, vanno ricordate anche: la costituzione della Società italiana di sociologia; la riattivazione dell'Istituto internazionale di sociologia (a suo tempo fondato da René Worms e di cui il G. fu nominato vicepresidente nel 1933 e presidente nel 1950); e la presidenza della Società italiana di genetica ed eugenica (1934). Né va dimenticato il suo contrastato contributo alla costituzione dell'Unione internazionale per lo studio scientifico della popolazione (UIESP), di cui il CISP fu uno dei comitati aderenti nella prima fase della sua promozione. Nel 1941, infine, promosse la Società italiana di statistica, di cui fu a lungo presidente.
Numerosissimi furono i riconoscimenti italiani e stranieri all'attività di studioso del G.: il premio reale per le scienze sociali dell'Accademia dei Lincei già nel 1919, la laurea ad honorem in economia dell'Università cattolica del S. Cuore di Milano (1932), in sociologia dell'Università di Ginevra (1934), in scienze della Harvard University (1936) e in scienze sociali dell'Università di Cordoba (1963) in Argentina. Egli fu anche uno dei più eminenti collaboratori dell'Istituto internazionale di statistica, di cui fu nominato membro onorario fin dal 1939. Nel 1957 gli fu conferita la medaglia d'oro per il suo contributo alla scuola italiana e nel 1962 fu eletto membro onorario nazionale dell'Accademia dei Lincei.
Il G. morì a Roma il 13 marzo 1965.
Il G. rappresenta, come altri studiosi della sua generazione, un esempio di cultura globale e di interessi molteplici nell'ambito delle scienze statistiche, demografiche, economiche e sociologiche. In particolare, il suo contributo alla metodologia statistica promosse la nascita di una vera e propria scuola italiana, che si differenziò e in qualche caso si contrappose, alla scuola anglosassone, caratterizzata soprattutto dallo sviluppo della statistica inferenziale. Come il G. ebbe modo di affermare in una serie di conferenze tenute nel 1926 presso la London School of economics (di cui è stata pubblicata una sintesi in The contributions of Italy to modern statistical methods, in Journal of the Royal Statistical Society, LXXXIX [1926], pp. 703-724), alla statistica italiana si dovevano attribuire i meriti di aver approfondito e allargato le questioni connesse all'analisi dei dati, di avere studiato a fondo i problemi legati alla diversificazione delle proprietà e dei relativi indici e di avere impostato la statistica cosiddetta descrittiva. Era convinzione del G. che la scelta dei metodi dovesse essere connessa agli scopi della ricerca.
Un primo significativo gruppo di contributi, raccolti dal G. in un volume pubblicato a Milano nel 1939 (Memorie di metodologia statistica, I, Variabilità e concentrazione), riguardò la teoria delle medie: in particolare, l'estensione del loro calcolo ai caratteri qualitativi e la possibilità, quindi, di misurare, oltre alla "variabilità" dei caratteri (quantitativi), anche la "mutabilità" (ossia i caratteri qualitativi).
L'introduzione, fin dal 1912, del concetto di "variabilità e mutabilità" aveva avviato "una lunga polemica sull'opportunità dell'uso di uno o più indici di variabilità, e della preferenza da accordarsi, tra questi, alla differenza media o allo scarto semplice medio e allo scarto quadratico medio" (B. Michetti - G. Dall'Aglio, La differenza semplice media, in Statistica, XVII [1957], p. 161). Su tali argomenti si aprì un approfondito dibattito che coinvolse statistici sia italiani (G. Pietra, F.P. Cantelli, B. De Finetti, G. Mortara), sia stranieri (W. Lexis, E. Czuber, A.L. Bowley).
I contributi sulla "variabilità e mutabilità" consentirono, inoltre, di affrontare in modo sistematico il tema dei dati qualitativi, partendo dalla "distinzione razionale" in rettilinei, ciclici e sconnessi (C. Gini - L. Galvani, Di talune estensioni dei concetti di media ai caratteri qualitativi, in Metron, VIII [1929], 1-2, pp. 3-210).
Un secondo filone di ricerca riguarda i metodi di calcolo della differenza media, cui seguì l'analisi delle relazioni che legano la differenza media agli altri indici e in particolare la definizione del rapporto di concentrazione come rapporto tra la differenza media e il suo valore massimo, che si rivelò particolarmente idoneo ad applicazioni economiche quali il calcolo della concentrazione del reddito e della ricchezza (l'indice δ del G., come l'indice α di V. Pareto, poteva essere utilizzato come indice descrittivo della curva di concentrazione).
A conferma della validità del metodo, Vittorio Castellano rilevava quanto fossero privi di rigore metodologico gli studi condotti in tal senso da F. Galton, K. Pearson e G.U. Yule, mentre l'estensione del concetto di media ai dati qualitativi rendeva possibile trattarli come dati quantitativi, consentendo lo studio di aspetti particolari della variabilità (come l'asimmetria, la normalità e anormalità delle distribuzioni). Tali apporti hanno permesso importanti applicazioni della ricerca statistica nell'ambito delle scienze biologiche, oltre che nelle scienze sociali.
Particolarmente noto è il contributo del G. al settore degli studi demografici, con l'introduzione di una concezione dell'evoluzione demografica come un succedersi di cicli biologici analoghi a quelli dello sviluppo umano e tali da determinare la "nascita, evoluzione e morte delle nazioni". Da questa interpretazione scaturiva la teoria organicista della società che assimilava i meccanismi che ne regolano l'evoluzione ai meccanismi biologici che mantengono l'equilibrio organico restaurandolo nel caso in cui fosse compromesso. La società veniva così considerata come un sistema in equilibrio stazionario, dotato di poteri di autoconservazione e di autoregolazione.
Allo sviluppo della teoria organicista il G. fece corrispondere da un lato un ciclo nella differenziazione delle classi sociali legato alla variabile "intensità" del ricambio sociale e, dall'altro, un ciclo demografico economico in base al quale l'accumulazione dei capitali risultava condizionata dal livello di prolificità e, a sua volta, elemento condizionante di questa; alle diverse fasi dei cicli egli, infine, collegava i cicli politici delle forme di governo, che darebbero luogo ad alternanze di forme autocratiche e democratiche.
La concezione neorganicista ha anche consentito al G. di affrontare la problematica economica, distinguendo una "fisiologia" da una "patologia" economica (di cui l'inflazione rappresenta la più importante manifestazione): a quest'ultima ha dedicato particolare attenzione, ravvisando nell'intervento regolatore statale il più importante meccanismo di riequilibrio del mercato.
Questa visione globale dell'evoluzione delle popolazioni suggeriva al G. una serie di ulteriori sviluppi nel campo demografico sociale, tra i quali merita di essere ricordata l'interpretazione del fenomeno migratorio, visto come benefico meccanismo di riequilibrio, che si risolve a vantaggio sia del luogo di origine, sia di destinazione.
Distinguendo, infatti, i fattori determinanti dell'evoluzione delle popolazioni in fattori esterni e fattori interni, egli considerava tre ipotesi: a) costanza dei fattori sia interni, sia esterni; b) variazione dei fattori esterni e costanza dei fattori interni; c) variazione dei fattori interni e costanza dei fattori esterni. In una minuta analisi delle varie possibilità di concreto intervento dei vari fattori nell'ambito delle tre ipotesi prospettate egli saggiava la rispondenza dei vari schemi teorici proposti per teorizzare l'evoluzione della popolazione fissando i limiti di validità di ciascuno di essi. Attraverso una discussione approfondita degli schemi geometrico (Th.R. Malthus), logistico (P.F. Verthults) e periodico (J. Brownlee) egli mostrava come i primi due rientrassero nell'ipotesi di costanza dei fattori sia interni, sia esterni (differenziandosi sostanzialmente lo schema logistico da quello malthusiano solo in quanto considera la reazione esercitata dal livello raggiunto dalla popolazione sugli ostacoli che ne impediscono l'accrescimento oltre un certo limite), di cui configurano però solo casi particolari. La generalizzazione della teoria logistica elaborata da P.R. Pearl e C.A. Reed e la teoria biologica periodica rientravano, invece, nell'ipotesi di variazione dei fattori esterni, di cui configuravano però, anch'esse, casi particolari. La terza ipotesi di costanza dei fattori esterni e variazione di quelli interni si identifica, infine, con la teoria ciclica da lui proposta.
Fonti e Bibl.: Studi in onore di C. G., I-II, Roma 1960; V. Castellano, C. G.: a memoir, in Metron, XXIV (1965), pp. 3-84 (con elenco completo degli scritti); N. Federici, L'opera di C. G. nell'ambito della demografia e delle scienze sociali, in Genus, XXII (1966), pp. 7-41; Id., Riflessioni sulla teoria ciclica dell'evoluzione delle popolazioni e sulla concezione neo-organicistica della società, in Atti del Simposio internazionale sul tema "La statistica come metodologia delle scienze sociali" (Roma… 1966), III, Roma 1967, pp. 51-65, e in Revue internationale de sociologie, 1966, pp. 49-63; V. Castellano, Notre 100eanniversaire: un peu d'histoire, beaucoup de problèmes, ibid., 1992, n. 1, pp. 3-33; M.L. D'Autilia, L'amministrazione della statistica nell'Italia fascista. Il caso dell'agricoltura, Roma 1992, ad indicem.