Uomo politico fiorentino (m. Firenze 1308). Una delle personalità più eminenti nella Firenze dei tempi di Dante. Chiamato il "barone" per la sdegnosa fierezza dei suoi modi, fu a capo della fazione dei Neri e, come tale, nel 1300 confinato nella Massa Trabaria per ordine della Signoria, che, bandendo con equanime imparzialità i capi delle opposte fazioni dei Bianchi e dei Neri, credette di poter ridonare pace a Firenze. Ma Corso, rotto il confino, andò a Roma, riuscì a ottenere l'appoggio di Bonifacio VIII per il suo partito e tornò così in patria al seguito di Carlo di Valois, falso paciere mandato appunto dal papa per favorire i Neri. Banditi i Bianchi, per ben due volte, nel 1304 e nel 1308, congiurò per diventare signore di Firenze, ma nel secondo tentativo finì trafitto da due colpi di lancia. Dante immaginò (Purg. XXIV, 82-87) che Corso morisse "a coda d'una bestia tratto", direttamente trascinato dalla bestia all'inferno.