Corte costituzionale
Il custode della Costituzione
La Corte costituzionale è l'organo giudiziario che annulla le leggi contrarie alla Costituzione. In questo senso si dice che è il 'custode della Costituzione'. I giudici della Corte sono reclutati con criteri molto particolari, finalizzati a garantirne l'imparzialità
La Costituzione è la legge più importante di uno Stato perché, un po' come fanno i muri di una casa, delimita le competenze dei vari organi che esercitano il potere: parlamento, governo, magistratura. Ma queste mura, da sole, non bastano a trattenere le autorità negli spazi che sono loro riservati e quindi non sono sufficienti a proteggere i cittadini contro gli abusi di potere. È dunque necessario che su quelle mura venga collocato, proprio come un'attenta sentinella, qualcuno che individui e respinga i tentativi di sconfinamento da parte delle autorità. In altre parole, ciò significa che le leggi contrarie alla Costituzione ‒ le leggi, come usa dire, costituzionalmente illegittime ‒ devono essere annullate. Solo così la Costituzione è veramente efficace e obbligatoria.
Ma chi deve annullare le leggi incostituzionali? Chi è la sentinella che vigila sulle mura della Costituzione? Certo non il parlamento, il governo o il capo dello Stato. Come si può pensare di affidare a essi la difesa della Costituzione, quando sono proprio le loro decisioni che potrebbero metterla a rischio? Sarebbe come se il controllore dovesse controllare sé stesso. Pertanto, occorre creare un organo dotato di quella imparzialità che è propria dei giudici. Non a caso la Corte costituzionale è stata definita il giudice delle leggi. A differenza però di quelle dei normali giudici, le sentenze della Corte hanno un'efficacia generale, nel senso che si impongono a tutti e tutti, dopo l'emissione della sentenza, dovranno disapplicare le leggi che la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittime. Quella dei giudici costituzionali è dunque una grande responsabilità.
Tanto più che un po' dovunque essi esercitano anche altri poteri: il potere di giudicare il capo dello Stato quando viene accusato di alto tradimento o di attentato alla Costituzione e il potere di decidere sui 'conflitti di competenza', ossia sui conflitti che insorgono fra due autorità che rivendicano contemporaneamente il diritto di compiere un certo atto. Quando il parlamento si sente minacciato nelle sue prerogative da parte, poniamo, del governo; quando una Regione si ritiene menomata nei suoi poteri da una legge che, a suo dire, doveva essere varata dall'assemblea regionale anziché dal parlamento nazionale: quando capita tutto questo, allora è la Corte che interviene a stabilire chi ha torto e chi ha ragione, chi è competente e chi invece è incompetente.
Proprio perché la Corte è chiamata a compiti così delicati, bisogna che i suoi componenti possano procedere diritti lungo la loro strada, con spirito di serena imparzialità, senza subire le pressioni e magari i ricatti di quanti vorrebbero trarli dalla loro parte. Per conseguire tale obiettivo, per esempio, negli Stati Uniti i giudici costituzionali (che sono nove) non possono essere rimossi dalla loro carica; sono 'inamovibili', come si dice, perché vengono nominati a vita dal presidente. Certo, possono sempre dimettersi; ma, come recita un vecchio e spiritoso adagio, "i giudici della Corte non si dimettono mai, e raramente muoiono". Lo stesso sistema è previsto in Austria e in Belgio, ma con il limite dei 70 anni di età. In Italia, la neutralità della Corte è assicurata così: cinque giudici vengono eletti dal parlamento in seduta comune; cinque dalle supreme magistrature (Corte di cassazione, Consiglio di Stato e Corte dei conti); e altri cinque, infine, sono nominati dal presidente della Repubblica. Ciascun giudice dura in carica nove anni.