CORTE DEI CONTI
(XI, p. 543; App. I, p. 480; II, I, p. 704; IV, I, p. 537)
Le norme emanate negli ultimi anni, che contengono qualche riferimento alla C. dei c. sono numerose e, dal punto di vista legislativo, non sempre ordinate né coerenti. Infatti, mentre non è venuto alla luce nessun provvedimento organico sulla riforma dell'istituto o sul riordinamento dei controlli ad esso spettanti o sulla razionalizzazione della sua giurisdizione − e ciò nonostante che siano state presentate numerose proposte di legge e che alcune di esse siano state anche discusse nell'ambito delle commissioni parlamentari −, si sono avuti dei provvedimenti frammentari, spesso inseriti in un contesto normativo improprio (in quanto avente oggetto diverso). Da ciò consegue uno stato d'insoddisfazione e d'incertezza che permane anche in seguito delle modifiche che sono state introdotte.
È da sottolineare che due sono i problemi di fondo del nostro ordinamento che toccano direttamente la C. dei c., e precisamente quello del riordinamento dei controlli e quello dell'ambito della giurisdizione contabile nello Stato contemporaneo. Per quanto attiene al primo, è superfluo rilevare che la funzione di una C. dei c., in un'amministrazione che si espande sempre più, svolge nuovi compiti e offre nuovi servizi ai cittadini e che spende spesso disordinatamente, non può essere quella ancorata alla visione ottocentesca del controllo di legittimità, cioè legata al rispetto formale della norma. La legittimità rimane un canone indiscusso che va integrato con una visione più ampia intesa a esaminare se la spesa è conforme al pubblico interesse ed è produttiva per la collettività nazionale. Occorre, quindi, che il parametro della legittimità venga integrato con altri parametri aggiuntivi intesi ad assicurare economicità, buon andamento ed efficienza.
Bisogna aggiungere che anche i controlli tradizionali vanno poi esercitati soprattutto preoccupandosi dei tempi della loro attuazione. Ciò significa che il controllo non dev'essere accusato di provocare lentezza nell'azione amministrativa, e non dev'essere ripetitivo. Sono concetti antichi ma che debbono ancora richiamarsi perché l'ordinamento non si è adeguato alla realtà dell'amministrazione di oggi. Occorre oggi ridisegnare la stessa area del controllo preventivo, limitandola da un lato ai momenti nei quali lo Stato esprime funzioni autoritative ed estendendola dall'altro a tutti gli atti generali di programmazione e di coordinamento, mentre il controllo successivo va finalizzato a una verifica globale della gestione finanziaria per accertarne la rispondenza ai principi di economicità e proficuità e al buon andamento dell'azione amministrativa.
La legislazione recente in materia di controlli ci offre due esempi. Uno rappresenta lo sforzo di trasferire dal preventivo al successivo il controllo sui titoli di spesa relativi a stipendi e assegni fissi e a pensioni provvisorie emessi dalle amministrazioni centrali e di eliminare le duplicazioni fra il controllo delle ragionerie centrali e quello della C. dei conti.
La l. 7 agosto 1985 n. 428 ha, in proposito, dato una delega al governo per "semplificare e snellire le procedure di ordinazione e pagamento della spesa statale eliminando le duplicazioni di competenza, di controlli e di adempimenti che non siano strettamente essenziali a garanzia dei diritti dei cittadini e per la tutela degli interessi della P.A.; e, ferme restando, in ogni caso, le altre funzioni della Corte dei conti, estendere la sottoposizione a controllo successivo dei titoli di spesa relativi a stipendi ed altri assegni fissi e a pensioni provvisorie". A seguito di tale delega è stato emanato il d.P.R. 19 aprile 1986, n. 138, che ha trasferito dal controllo preventivo a quello successivo l'esame dei titoli di spesa emessi dalle amministrazioni centrali per stipendi, assegni fissi continuativi e pensioni provvisorie (art. 2). Ove dal controllo emergano errori di calcolo si fa luogo a successivi conguagli a credito e a debito.
Un'altra importante novità in materia di controllo è stata introdotta con la l. 23 agosto 1988 n. 400 che, dopo un'attesa di un secolo, ha disciplinato l'attività di governo e l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri. Con l'art. 16 si è stabilito che i decreti legislativi e i decreti legge emanati ai sensi degli art. 76 e 77 della Costituzione, che costituiscono norme legislative in senso sostanziale ma che prendono l'aspetto formale di atti provenienti dal governo e sono approvati con decreto del Presidente della Repubblica, non siano soggetti al controllo preventivo di legittimità della C. dei conti. Il problema era stato ripetutamente affrontato dalla dottrina, consapevole del fatto che quel controllo rappresentava ormai un'eredità storica connessa alle funzioni della C. dei c. nello Stato monarchico. La Costituzione repubblicana disciplina minutamente l'emanazione delle norme da parte del governo e prevede, per i decreti legislativi, una delega emanata dal Parlamento la cui violazione può dare luogo a una pronuncia, incidenter tantum, della C. costituzionale; quanto ai decreti legge, che hanno per presupposto la necessità e l'urgenza, il controllo immediatamente previsto, e che deve svolgersi entro il ristretto lasso di tempo di 60 giorni, è demandato al Parlamento.
Comunque l'argomento di fondo per l'eliminazione del controllo della C. dei c. rimane quello che, nella specie, non si è di fronte ad atti amministrativi ma sostanzialmente legislativi. Lo stesso art. 16 della l. 400/1988 introduce tuttavia un importante correttivo che corrobora la funzione ausiliaria della C. dei conti. Questa, ove ne venga richiesta dalla Presidenza di una delle Camere, deve fornire al Parlamento le proprie valutazioni in ordine alle conseguenze finanziarie connesse all'attività normativa che il governo sta svolgendo in attribuzione di una delega (decreto legislativo) o che ha svolto per motivi di urgenza (decreto legge). Con tale innovazione l'ausiliarietà della C. dei c. assume un carattere specificamente tecnico e l'istituto viene riconosciuto come l'organo più idoneo a compiere stime sulla portata finanziaria e sulle conseguenze che nella finanza pubblica può avere l'attività normativa che il governo viene svolgendo.
Una funzione egualmente ausiliaria che non rientra strettamente nell'attività di controllo, ma che è in un certo senso ad essa collegata, è quella commessa alla C. dei c. con l'art. 13 del D.L. 22 dicembre 1981 n. 786, anzi più precisamente introdotta dalle legge di conversione 26 febbraio 1982 n. 51.
È stata creata un'apposita sezione Enti locali con il compito di esaminare i conti consuntivi delle province e dei comuni con oltre 8000 abitanti in base a un proprio piano di rilevazione, al fine di riferire al Parlamento sulla gestione finanziaria e sul buon andamento dell'azione amministrativa degli enti. La sezione deve effettuare indagini, anche chiedendo elementi informativi e documenti direttamente agli enti, ovvero ai ministeri, deve predisporre un programma di rilevazioni, comunicandolo al Parlamento, unitamente all'indicazione dei criteri ai quali intende attenersi nell'esaminare i rendiconti, e poi riferire, sempre al Parlamento, sui risultati dell'esame compiuto e sui modi della gestione (buon andamento dell'azione amministrativa).
In particolare deve esaminare (e riferire) sulla gestione finanziaria degli enti che hanno registrato il maggior aumento della spesa negli ultimi tre anni e la cui spesa pro-capite è superiore alla media. L'indagine in tal modo effettuata ha il fine, da un lato, di avere un effetto di regolamentazione dell'azione amministrativa successiva e, dall'altro, d'incentivo alla modificazione della normazione ove si appalesi superata, inadeguata o carente del carattere della fattibilità. L'effetto importante della rilevazione è quindi il feedback nei confronti del procedimento al fine di esaminarlo in chiave critica e di riequilibrarlo.
Si tratta proprio di fornire, sia al soggetto agente (comuni e province), sia all'organo legislativo le cui determinazioni sono fondamentali per la successiva attività degli enti, un flusso di informazioni. E ciò è soprattutto importante per i soggetti agenti in quanto dalla valutazione delle gestioni si può stabilire un parametro esterno e imparziale (neutro) fra ciò che si voleva e ciò che si è ottenuto. È noto che siffatto processo di retroazione riguarda proprio l'uso di un'informazione prodotta in una certa fase di un procedimento come informazione di base e, quindi, punto di partenza per un'altra fase. Per i comuni è la base per un procedimento di revisione della programmazione dell'attività intesa al conseguimento degli obiettivi, per il Parlamento (o per il governo in sede d'iniziativa) è il punto di partenza per un processo di revisione legislativa.
Il quesito che ci si pone è se siffatta attività di programmazione e di acquisizione dell'informazione, per effettuare una valutazione da far conoscere ad altre figure soggettive, costituisca controllo in senso stretto.
A tal proposito la Corte costituzionale, con sentenza 10-13 ottobre 1988 n. 961, ha precisato "che l'esame dei conti consuntivi e di ogni altra informazione utile è svolto dalla Corte dei Conti sulla base di parametri che non sono prefissati dalla legge al fine di tamponare l'eventuale violazione con l'annullamento o la caducazione dell'atto controllato ma al solo scopo di informare sia il Parlamento sia i soggetti agenti (province e comuni) sullo stato reale della finanza locale nella sua globalità e sulle eventuali disfunzioni affinché si determini una migliore gestione finanziaria degli enti controllati o modifiche della legislazione nazionale orientate nel medesimo senso".
Va sottolineato che l'innovazione ha incontrato il gradimento delle forze politiche che hanno ravvisato nella relazione annuale della Sezione un notevolissimo elemento conoscitivo dell'attività dei comuni. La valutazione positiva ha trovato una sua conferma nella l. 29 ottobre 1987 n. 440 (conversione del D.L. 31 agosto 1987 n. 359) che ha esteso le indagini della Sezione enti locali anche ai comuni e alle province con popolazione inferiore agli 8000 abitanti, i cui conti consuntivi si chiudano in disavanzo ovvero rechino l'indicazione di debiti fuori bilancio.
Altre norme riguardano l'attività giurisdizionale della Corte. Innanzitutto è da segnalare la l. 6 agosto 1984 n. 425, che ha eliminato la cosiddetta giurisdizione domestica sui propri magistrati e dipendenti, riconducendo la giurisdizione stessa nell'alveo generale della giurisdizione sul pubblico impiego attribuita ai tribunali amministrativi in primo grado, e al Consiglio di Stato in sede di appello. L'innovazione rappresenta indubbiamente un elemento di ordine nell'ambito dell'attività di giurisdizione in quanto tutti i processi che riguardano questioni connesse al rapporto di pubblico impiego sono ora di competenza dei tribunali amministrativi.
Nell'attività giurisdizionale della C. dei c. si è operato, negli ultimi anni, un principio di decentramento.
In attesa di una riforma generale che dovrebbe prevedere sezioni giurisdizionali della C. in tutte le regioni, con la l. 8 ottobre 1984 n. 658 è stata istituita una sezione giurisdizionale con sede a Cagliari competente per i giudizi di conto e di responsabilità riguardanti tesorieri, amministratori e altri agenti contabili della regione sarda nonché degli uffici e organi statali aventi sede nella regione. Con la stessa legge sono stati decentrati tutti i giudizi in materia di pensioni civili, militari e di guerra presentati da ricorrenti residenti nella regione. Deve segnalarsi che la sezione era stata già istituita con una norma inserita nel d.P.R. 29 aprile 1982 n. 240, recante disposizioni di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna, ma era stata ritenuta viziata d'incostituzionalità la creazione di tale organo con un decreto sulle norme di attuazione, di modo che si è ricorsi alla legge ordinaria.
Sta di fatto che la competenza attribuita alla sezione sarda ha avuto conseguenze anche per quella già esistente nella regione siciliana. Infatti la Corte costituzionale, con sentenza 25 febbraio-10 marzo 1988 n. 422, ha ritenuto che il limitato decentramento già operato trasferendo alla competenza della sezione siciliana i soli giudizi pensionistici dei dipendenti regionali e non anche quelli di dipendenti statali o per pensioni di guerra di ricorrenti aventi residenza nella regione avesse creato una situazione di disparità. La Corte ha osservato che la legislazione della Repubblica è ispirata ai principi e metodi del decentramento o che vi è un'esigenza di ordine generale, a tutela degli art. 3 e 5 della Costituzione, perché il limitato decentramento operato per la Sicilia trovi una sua espansione in modo da evitare il contrasto con il decentramento operato in Sardegna. Di conseguenza sono venute meno le limitazioni esistenti e si è ampliata la competenza della sezione siciliana.
La l. 8 luglio 1986 n. 349, che ha istituito il ministero dell'Ambiente, ha stabilito (art. 18) che la giurisdizione per qualunque fatto doloso o colposo che comprometta l'ambiente appartiene al giudice ordinario, ponendo così un punto fermo, ribadito dalla sentenza della Corte costituzionale 17-30 dicembre 1987 n. 647: la C. dei c. non è "il giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela dei danni pubblici".
Il problema è connesso alla cosiddetta espansione della giurisdizione della C. dei c. che ha dato luogo, negli ultimi anni, a numerose pronunce sia della Cassazione, a sezioni riunite, sia della Corte costituzionale. Conviene rammentare che negli anni Settanta si è verificata una certa tendenza a favorire il potere espansivo della giurisdizione contabile con una maggiore attenzione ai problemi generali della finanza pubblica che viene evolvendosi da finanza statale e degli enti territoriali minori verso forme più complesse, comprendenti un'estesa pluralità di enti pubblici (Cass. Sez. unite 5 febbraio 1969 n. 363). Negli anni Ottanta soprattutto a seguito di precisazioni della dottrina e della Corte costituzionale, si ravvisa una controtendenza intesa a ridurre lo spazio della C. dei c. come giudice contabile entro più ristretti confini. Ciò esclude, quindi, la possibilità di perseguire amministratori pubblici che abbiano causato un danno all'ambiente.
In base alle più recenti precisazioni della Corte costituzionale, quindi, la materia di contabilità pubblica non è definibile oggettivamente ma occorrono apposite qualificazioni legislative e puntuali specificazioni non solo rispetto all'oggetto ma anche rispetto ai soggetti. Comunque, essa appare sufficientemente individuata nell'elemento soggettivo che attiene alla natura pubblica dell'ente (Stato, Regioni, altri enti locali e amministrazione pubblica in genere) e nell'elemento oggettivo che riguarda la qualificazione pubblica del danaro e del bene oggetto della gestione.
In sostanza la giurisdizione della C. dei c. viene a porsi come un limite funzionale alla giurisdizione del giudice ordinario che, nell'ordinamento, è il giudice dei diritti soggettivi, tranne le eccezioni legislativamente stabilite. È il legislatore che determina la sfera di giurisdizione dei giudici e in siffatta interpositio del legislatore deve individuarsi il limite funzionale delle attribuzioni giudicanti della C. dei conti. Ciò appare da ultimo confermato con la l. 8 giugno 1990 n. 142 sulle amministrazioni comunali e provinciali.
È da chiarire che l'art. 103, 2° comma, della Costituzione distingue due settori della giurisdizione della C. dei c., uno solo dei quali può ritenersi ad essa costituzionalmente riservato, e cioè quello che attiene alle materie di contabilità pubblica. Ogni altra competenza è ''attribuita dalla legge'' ed è, quindi, fuori di tale riserva. Fra le competenze non riservate si colloca anche quella attinente all'adempimento dei doveri di tutti gli agenti i quali, pur non avendo maneggio di pubblico danaro o specifica custodia di beni pubblici, tuttavia, col loro comportamento, nell'espletamento del rapporto di servizio, che in senso lato, li lega alla Pubblica amministrazione possono cagionare danni destinati a ripercuotersi direttamente o indirettamente sulle pubbliche finanze.
In questi casi l'attribuzione della giurisdizione alla C. dei c. non deriva dall'appartenenza delle controversie alla materia della contabilità pubblica, ma da una valutazione discrezionale del legislatore, fondata su considerazioni di opportunità politica, circa la maggiore idoneità di detto giudice, rispetto a quello ordinario, alla decisione delle controversie medesime.
Occorre fare infine menzione anche della l. 13 aprile 1988 n. 117, che, nell'occuparsi del risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei giudici, ha istituito presso la C. dei c. − ancorché la l. n. 117 riguardi ben diverso argomento − un organo di autogoverno modificando il vecchio Consiglio di presidenza. Il nuovo organo ha dei componenti di diritto: il presidente della C., il procuratore generale, il presidente di sezione più anziano; quattro cittadini scelti d'intesa fra i presidente delle due Camere fra professori universitari e avvocati, e dieci magistrati della C. eletti dai loro colleghi. La creazione dell'organo di autogoverno era divenuta urgente perché il TAR del Lazio (10 giugno 1987 n. 1148) aveva dichiarata illegittima la norma che prevedeva la composizione del Consiglio di presidenza mentre, a sua volta, la Corte costituzionale (17 giugno 1987 n. 230) si era espressa nel senso che l'ordinamento non garantiva sotto alcun aspetto l'indipendenza dei magistrati della C. dei conti. L'intervento del legislatore era quindi necessario e urgente e, non potendosi in breve tempo provvedere a un riesame dell'organizzazione della C., si è preferito legiferare in via di urgenza sul nuovo organo di autogoverno inserendo la relativa norma in un complesso normativo concernente la responsabilità di tutti i magistrati.
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