Deformità
Dal punto di vista fisiologico, con il termine deformità si definisce ogni deviazione permanente - congenita o acquisita - dalla normale forma dell'intero organismo o di alcune parti di esso, in seguito ad alterazioni anatomiche o anche a disturbi funzionali, che comportino anomalie morfologiche. Nella prima metà dell'Ottocento, più precisamente nell'età della Restaurazione, il tema della deformità diviene oggetto privilegiato dell'indagine critica, parallelamente, in tre diversi ambiti, ponendosi all'origine della teratologia, della poetica del grottesco e dell'estetica del brutto.
di Giancarlo Urbinati
Le deviazioni permanenti dalla norma di una o più parti dell'organismo possono essere congenite o acquisite. L'uso del termine deformità appare più appropriato nel caso delle alterazioni acquisite, per es. per definire gli esiti di una frattura ossea consolidata in posizione viziata, o le lesioni dovute a un grave traumatismo o, ancora, il gibbo del morbo di Pott, di origine tubercolare.
Le deformità di natura congenita sono invece più comunemente denominate malformazioni. Una stessa deviazione morfologica può essere infatti il risultato tanto di un'alterazione dei normali processi ontogenetici quanto di azioni lesive di vario tipo, anche prodotte artificialmente, che si esercitano sull'individuo normalmente conformato, e la differenziazione terminologica serve quindi a discriminare tra queste diverse origini dell'alterazione della forma.
Con il nome di paramorfismi vengono invece indicate le alterazioni acquisite della forma esterna del corpo e dei suoi atteggiamenti funzionali abituali, dovute in genere ad astenia e ipotonia dell'apparato muscololegamentoso. Si tratta per lo più di quadri clinici correlati con la sindrome ipocinetica, cioè con quella serie di modificazioni anatomofunzionali che riconoscono nel mancato uso delle strutture muscoloscheletriche, e quindi nella sedentarietà, la causa del loro insorgere e instaurarsi. Per tale motivo, il termine è stato esteso, con aggettivazioni varie, a indicare anche altri effetti negativi dell'inattività fisica sullo stato di salute psicofisica (paramorfismi metabolici, paramorfismi dell'apparato cardiocircolatorio e respiratorio, paramorfismi psicologici).
Le deformità, se si eccettuano quelle di più comune riscontro in soggetti peraltro normali (quali le cifoscoliosi, il varismo e il valgismo delle ginocchia, il piattismo dei piedi ecc.), e i cui confini con i paramorfismi appaiono spesso alquanto sfumati, sono praticamente infinite e sfuggono dunque a qualsiasi tentativo di classificazione.
Meglio inquadrabili da un punto di vista nosografico sono, invece, le malformazioni, pure assai numerose, ma che è possibile classificare in rapporto ai tessuti, organi o apparati interessati, oppure alla natura degli agenti causali, oppure al livello al quale si sono prodotte. Le malformazioni possono essere suddivise in due grandi gruppi: quelle che insorgono per alterazioni dell'assetto genico o cromosomico, e quelle conseguenti a embriopatie. Le prime comprendono le malformazioni associate ad aberrazioni del cariotipo (anomalie cromosomiche), quelle dovute a mutazioni in un singolo gene (anomalie geniche) e quelle legate a un'eredità multifattoriale (anomalie genetiche), cioè all'interazione di due o più geni (oltre che di fattori ambientali, i quali possono essere anche causa di mutazioni, come per es. le radiazioni ionizzanti). Globalmente, però, circa il 60% delle cause di malformazione resta sconosciuto.
Le anomalie cromosomiche (cromosoma) determinano il 6-10% dei casi di malformazione congenita. Poiché sono dovute a difetti della gametogenesi, queste malformazioni non hanno carattere familiare. La più frequente aberrazione del cariotipo è la sindrome di Down o trisomia 21 (presente in circa l'1‰ di tutti i nati), seguita nell'ordine dalle sindromi di Turner, o disgenesia gonadica (1 caso su 2500 nati di sesso femminile), e di Klinefelter (1 caso su 1000 nati di sesso maschile).
Le anomalie geniche consistono in genere in mutazioni di un singolo gene e si trasmettono secondo le leggi dell'eredità mendeliana; la frequenza delle malformazioni da esse prodotte è inferiore all'1‰ di tutti i nati, e tra le più comuni vanno ricordate le polidattilie, le sindattilie e le brachidattilie. Le anomalie genetiche (v. genetiche, malattie) che interagiscono con fattori ambientali rappresentano la causa più comune di malformazioni, cioé almeno il 20% di tutti i casi. La massima incidenza si registra per le malformazioni cardiache, l'ipospadia, il piede torto equino varo, la labiopalatoschisi, gli angiomi, l'idrocefalo, le ostruzioni delle vie urinarie, la spina bifida, la microencefalia e l'anencefalia.
Le malformazioni dovute a fattori ambientali sono per lo più la conseguenza di infezioni virali, o dell'azione di sostanze chimiche o di radiazioni ionizzanti, cui la madre è stata esposta nel corso della gravidanza. Tra le cause ambientali vanno poi annoverate alcune malattie croniche materne, tra cui il diabete insulinodipendente precedentemente mal compensato e alcune endocrinopatie.
Un particolare tipo di anomalie congenite multiple, riferibile a cause indipendenti materne, placentari e fetali (agenesia renale), è quello dovuto all'oligoidramnios, ovvero alla scarsezza di liquido amniotico, che è il risultato della perdita cronica di liquido amniotico, o di un'insufficienza uteroplacentare in rapporto con una condizione di tossemia gravidica, o ancora di una scarsa produzione di fluido amniotico (come nel caso di agenesia renale, in quanto l'urina fetale fornisce a tale fluido uno dei più importanti apporti); l'oligoidramnios genera, a causa dello schiacciamento del feto contro le pareti dell'utero, una serie di anomalie (la cosiddetta sequenza di Potter), responsabili di un caratteristico fenotipo del nato (faccia appiattita, anomalie di posizioni delle mani e dei piedi, lussazione dell'anca, ipoplasia polmonare da scarso accrescimento della cassa toracica ecc.).
Per quanto riguarda i virus, un'importanza critica riveste l'epoca della gestazione nella quale questi agiscono; così, le manifestazioni della cosiddetta rosolia congenita conseguono a esposizioni materne al virus rubeolico nel periodo che va da subito prima del concepimento alla 16ª settimana dopo che questo è avvenuto, e sono molto più gravi se l'azione del virus si è esplicata nelle prime 8 settimane della gravidanza. Il periodo di maggiore rischio per l'infezione da citomegalovirus (la più comune tra tutte quelle che colpiscono il feto) corrisponde al secondo trimestre di gestazione; poiché a quest'epoca l'organogenesi è largamente completata, le malformazioni sono meno frequenti che nel caso della rosolia, ma le conseguenze dell'azione del virus sugli organi già formati possono essere egualmente gravi.
Farmaci e agenti chimici di vario tipo sono responsabili, nel complesso, di circa l'1% di tutte le malformazioni congenite. Vanno qui ricordati, quali agenti teratogeni classici, l'alcol, la talidomide (responsabile di malformazioni nel 50-80% delle donne che avevano assunto questo tranquillante durante la gravidanza), l'antiepilettico fenilidantoina, il warfarin (anticoagulante), gli estrogeni e gli androgeni (causa, rispettivamente, di femminilizzazione di feti maschi e virilizzazione di feti femmine), e gli antifolici. In generale, molti agenti chimici che agiscono quali carcinogeni nella vita postnatale, hanno sul feto effetti teratogeni. Le radiazioni ionizzanti, oltre a essere provviste di potere mutagenico e carcinogenico, sono anche teratogene.
Oltre a fornire un notevole contributo alla mortalità perinatale, le malformazioni, anche se compatibili con la sopravvivenza dopo la nascita, compromettono comunque in misura più o meno grave la salute. La frequenza delle malformazioni che comportano un pregiudizio funzionale o estetico, calcolata in circa il 3% di tutte le nascite (almeno per quanto riguarda le forme maggiori), è certamente sottostimata, per numerosi motivi.
Innanzitutto, alcune gravi anomalie fetali sono incompatibili con la vita intrauterina fin dagli stati iniziali e sono causa di abortività. Inoltre, la notifica obbligatoria avviene soltanto per quelle più gravi, mentre spesso non è eseguita per quelle ritenute minori; altre, soprattutto relative a organi interni, sfuggono poi completamente alla notifica, in quando vengono rilevate solo a distanza di tempo, talora anche assai lungo, dalla nascita. In alcuni paesi, come pure in qualche regione italiana, sono stati istituiti dei registri, che certamente renderanno possibili stime più accurate.
Praticamente tutti gli organi e sistemi possono essere interessati da malformazioni. Una classificazione sistematica contempla le alterazioni a carico del sistema nervoso centrale e degli organi di senso (encefalo e midollo spinale, occhio, orecchio), degli apparati cardiovascolare (cuore, vasi arteriosi e venosi, linfatici, milza), respiratorio (naso, vie aeree superiori e inferiori), digerente (labbra e palato, denti, lingua, faringe, esofago, stomaco, intestino tenue, colon, retto, ano, fegato, colecisti e vie biliari, pancreas), genitourinario (reni, vescica, organi sessuali maschili e femminili) e tegumentario (alterazioni pigmentarie della cute, dermatoglifi), il sistema muscoloscheletrico (cranio e scheletro facciale, cingolo toracico, colonna vertebrale, costole, cingolo pelvico, arti superiori e inferiori, mani e piedi, muscoli, pareti toracica e addominale, perineo), le ghiandole endocrine. Una categoria a parte è poi rappresentata dalle asimmetrie, nonché dalle anomalie riguardanti il cordone ombelicale e i gemelli.
Quanto ai paramorfismi, cui si è fatto cenno sopra, manca in molti di essi il carattere permanente della deviazione dalla normale forma, trattandosi non di rado di condizioni emendabili con idonei trattamenti correttivi. Si tratta di deformità che possono essere largamente prevenute per mezzo di un atteggiamento più incline alle attività di movimento, da assumere fin dalle epoche più precoci della vita e da mantenere anche in seguito, con beneficio, oltretutto, di quasi tutte le funzioni vitali dell'organismo.
di Gianni Carchia
Alla fine del Settecento, J.-B. Robinet, P.-L. Moreau de Maupertuis e Ch. Bonnet avevano già attribuito ai fenomeni mostruosi lo statuto di 'esperimento cruciale'. Nel secolo successivo, Étienne Geoffroy Saint-Hilaire e suo figlio Isidore forniscono, per la prima volta, uno statuto scientifico autonomo alla teratologia. Tale elaborazione si situa nel contesto di una disputa accesasi a Parigi nel 1830 fra G.-L.-Ch. Cuvier ed É. Geoffroy Saint-Hilaire. Cercando di dimostrare la priorità della struttura sulla funzione, Geoffroy elabora l'ipotesi che esista un unico piano di composizione organica universalmente valido, in possesso dello schema delle possibili trasformazioni di tutti gli esseri viventi: qualunque forma organica, sia pure deforme e mostruosa, eccentrica e casuale in apparenza, sarebbe comunque riconducibile a quella struttura unitaria, all'unico piano di organizzazione valido per gli organismi normali; la deformità rappresenterebbe, anzi, addirittura la prova manifesta e inconfutabile che la natura si è servita di un solo e unico principio indistintamente.
Le anomalie, le deformazioni, le mostruosità, non devono più essere situate fra i fatti miracolosi, sconcertanti o meravigliosi, ma vanno inserite, al pari di ogni altro evento suscettibile di metamorfosi, all'interno di una logica che collega in un sistema unitario qualunque manifestazione della realtà. L'origine della deformità viene, allora, spiegata attraverso la legge dell'arresto di formazione e sviluppo.
L'intera scienza zoologica sarebbe dominata, secondo I. Geoffroy Saint-Hilaire (1832-37), dall''unità di piano' che si spiega appunto sulla base della teoria delle ineguaglianze di formazione e sviluppo. Per questa teoria diviene allora possibile concludere che le mostruosità non si allontanano dalle forme della loro specie, se non per rivestire quella di un'altra: un'anomalia in un caso ricade in 'ciò che è regola' altrove (É. Geoffroy Saint-Hilaire 1822).
Di pari passo con la loro legittimazione scientifica nell'ambito dell'anatomia, il deforme e il mostruoso acquistano un significato di rilievo nelle poetiche e nelle teorie della creazione artistica, soprattutto in Francia. Il deforme non viene più considerato il polo negativo della normalità, della regola e dunque della bellezza, bensì è visto come manifestazione evidente della potenza della natura, della sua carica vitale, capace di trasformazioni e metamorfosi.
Per V. Hugo, che è stato insieme a H. de Balzac e, in parte, a Ch. Baudelaire il principale interprete di questa costellazione spirituale, la natura nasce dal caos e dall'eccesso e si sviluppa come metamorfosi del deforme e del mostruoso. Conseguentemente, l'artista è colui che possiede la capacità di cogliere il deforme allo stato nascente, ponendolo come l'origine della creazione. Nel William Shakespeare (1864) Hugo scrive: "Sì, senza che ciò possa per nulla distruggere e sminuire l'idea di perfezione attribuita alle evoluzioni successive delle leggi naturali, sì, secondo la nostra ottica umana, all'inizio delle cose il brancolamento terribile del sogno è confuso; la creazione, prima di raggiungere il proprio equilibrio, ha oscillato dall'informe al difforme, è stata nuvola, è stata mostro e ancor oggi l'elefante, la giraffa, il canguro, il rinoceronte, l'ippopotamo, ci mostrano, fissa e viva, l'immagine di questi sogni che hanno attraversato l'immenso cervello sconosciuto".
La categoria che traduce sul piano della poetica la scoperta secondo cui l'informe e il deforme sono gli elementi costitutivi del reale, l'autentico prodotto dell'immagine creatrice, è quella del grottesco, così come essa è stata delineata da Hugo soprattutto nella Prefazione al Cromwell del 1827: "Il cristianesimo conduce la poesia alla verità. Al pari di esso, la musa moderna vedrà le cose da un punto di vista più elevato e più ampio. Sentirà che tutto nella creazione non è umanamente bello, che il brutto vi esiste accanto al bello, il deforme accanto al grazioso, il grottesco sul rovescio del sublime, il male con il bene, l'ombra con la luce".
La figura di Quasimodo, corpo deforme nel quale è racchiusa un'anima sublime, esprime icasticamente, in Notre-Dame de Paris (1831), il significato creativo e innovativo che il tema della deformità possiede nella poetica romantica del grottesco. Ancora, si possono ricordare le parole che Josiane rivolge a Gwynplaine nell'Homme qui rit (1869): "Tu non sei brutto, tu sei deforme. Chi è brutto è piccolo, chi è deforme è grande. Il brutto è la smorfia del diavolo alle spalle del bello. Il deforme è il rovescio del sublime".
Nella terza parte della sua Estetica del brutto, apparsa nel 1853, K. Rosenkranz condurrà l'estetica a confrontarsi con questa nuova legittimazione del deforme che era stata promossa dalla modernità romantica. Proprio nell'idea di deformità, nella deformazione intrinseca della forma concepita come condizione della disarmonia e della innaturalezza esteriori, deve essere colto secondo il pensiero di Rosenkranz il fondamento ultimo di tutte le forme del brutto, come per es. l''assenza di forma' e la 'scorrettezza'. Rosenkranz si oppone a ciò che egli considera eccessi romantici e ritiene che si debba, dialetticamente, controllare e assoggettare al bello lo scatenamento del caos estetico esaltato dalla poetica del deforme. Il grande artista è colui che, guardando in faccia e quasi sfidando le insidie che gli tende il brutto, riesce, grazie proprio a questa lotta, a realizzare un più consapevole e più alto dominio della forma.
Anatomia del mostro. Antologia di scritti di É. e I. Geoffroy Saint-Hilaire, a cura di M. Mazzocut-Mis, Firenze, La Nuova Italia, 1995.
G. Caldarone et al., Sedentarietà ed attività fisica, in Età evolutiva ed attività motoria, a cura di G. Caldarone, M. Giampietro, Milano, Mediserve, 1997, pp. 9-24.
É. Geoffroy Saint-Hilaire, Philosophie anatomique des monstruosités humaines, Paris, Baillière, 1822.
I. Geoffroy Saint-Hilaire, Histoire générale et particulière des anomalies, Bruxelles, Société Belge de Libraire, 1832-37.
V. Hugo, Sul grottesco, Milano, Guerini, 1990.
Human malformations and related anomalies, ed. R.E. Stevenson, J.G. Hall, R.M. Goodman, 2 voll., New York, Oxford University Press, 1993.
M. Mazzocut-Mmis, Mostro. L'anomalia e il deforme nella natura e nell'arte, Milano, Guerini, 1992.
K. Rosenkranz, Aesthetik des Hässlichen, Königsberg, Bornträger, 1853 (trad. it. Palermo, Aesthetica, 1994).