Demografia
di Antonio Golini
Tra il 1950 e il 2005 la popolazione mondiale è cresciuta di 4 miliardi, passando da 2,5 a 6,5 miliardi di persone: un fenomeno che, se si guarda alla storia dell'umanità, è assolutamente straordinario, ma che era stato essenzialmente previsto già intorno al 1950. Anche se la velocità di crescita è fortemente rallentata nell'ultima parte del periodo citato, per effetto di una consistente diminuzione della fecondità, si valuta che fra il 2005 e il 2050 la popolazione mondiale possa aumentare di ulteriori 2,6 miliardi (ipotizzando una fecondità 'media': v. tabella).
In molti Paesi del mondo, infatti, si attua una politica demografica che favorisce la riduzione della fecondità, anche attraverso un giusto rafforzamento della posizione della donna e della sua autonomia. Ma se il numero medio di figli per donna va diminuendo, la crescita della popolazione mondiale continua e continuerà ancora per effetto della forte inerzia che caratterizza i processi demografici: le affollate leve di bambine nate negli anni Settanta del 20° sec., 30 anni dopo sono in piena età di procreazione, e pertanto, anche se la loro fecondità è fortemente diminuita, il numero di figli che viene al mondo è comunque assai elevato. Nella catena delle generazioni che caratterizza la dinamica demografica, occorrono infatti diversi decenni perché l'alta fecondità del passato vada spegnendo i suoi effetti. Ciò vale anche al contrario, nel senso che, per es., le ridottissime leve di bambine italiane nate alla fine del 20° sec., anche se da adulte aumentassero la loro 'produzione pro capite' di nascite, daranno luogo nel breve-medio periodo a pochi figli, e quindi provocheranno un'inevitabile diminuzione della popolazione.
In sostanza, le nascite che in un certo Paese si verificano in un determinato anno di calendario, l'anno t, derivano dalle donne nate da 15 a 50 anni prima, e in media da quelle nate 30 anni prima, moltiplicate per il numero medio di figli che decidono di procreare nell'anno t. Quindi il numero di nascite dell'anno t è il frutto di due fattori: la fecondità del passato, che si riflette nel numero di donne che, nate mediamente nell'anno t−30, si ritrovano a procreare nell'anno t; la fecondità del presente, che si riflette nel loro comportamento riproduttivo. A loro volta le bambine nate nell'anno t costituiranno dopo 30 anni il nucleo forte delle donne che daranno luogo alle nascite dell'anno t+30, e così via nella catena delle generazioni.
Naturalmente il numero di nascite dell'anno t sarà influenzato anche dal numero di immigrate che nel frattempo sono arrivate in quel determinato Paese, nonché dal loro comportamento riproduttivo, il quale normalmente tende ad avvicinarsi a quello delle donne del Paese di arrivo piuttosto che a quello delle donne del Paese di origine; e le figlie degli immigrati nate nell'anno t contribuiranno a loro volta, ove restassero nel Paese, a dar luogo alle nascite dell'anno t+30.
Quando il numero di nascite è decrescente, come sta accadendo in tutti i Paesi, si ha un invecchiamento della popolazione, e precisamente: quanto più forte è la riduzione delle nascite, tanto più forte è l'invecchiamento. Infatti le nascite decrescenti fanno sì che diminuisca, anno dopo anno, il numero assoluto dei giovani, e quindi anche il loro peso proporzionale all'interno della popolazione, nella quale di conseguenza aumenta quello delle affollate generazioni di anziani, che sono il prodotto delle assai più numerose nascite del passato. Inoltre, anziani e vecchi si ritrovano a vivere sempre più a lungo, dal momento che negli ultimi decenni del 20° sec. la durata media della vita nei Paesi sviluppati è aumentata di 3-4 mesi per ogni anno di calendario. Il processo di invecchiamento della popolazione consiste dunque nella più o meno forte riduzione del numero e della proporzione dei giovani da un lato, e nel parallelo forte incremento del numero e della proporzione degli anziani e vecchi dall'altro.
Tale processo trae quindi origine da due fenomeni positivi - la vittoria sulle nascite indesiderate e quella sulla morte precoce - ma come conseguenza richiede un difficile, continuo riaggiustamento delle strutture sociali e di quelle economiche. Attraverso il controllo sempre più diffuso e vincente sulle nascite indesiderate e sulla morte precoce, i due eventi che stanno alla base della dinamica demografica - il nascere e il morire - vanno diventando sempre meno eventi 'naturali' e sempre più eventi sociali, per i quali è straordinariamente rilevante l'influenza dell'ambiente in senso lato (compreso quindi quello tecnologico). Perché si manifestino i due eventi, diventano più che mai fondamentali i comportamenti e le scelte individuali, ed è per questo che per la d. assume sempre maggiore importanza un'analisi congiunta che consideri i tre livelli e i cinque contesti che influenzano i comportamenti delle persone.
I livelli sono: macro, che considera la popolazione e la società nel suo complesso; meso, che considera la struttura e la composizione della famiglia, oltre che l'ambiente dei parenti, colleghi e amici; micro, che considera le singole persone e l'eventuale rapporto di coppia. I contesti sono: culturale e psicologico; politico, normativo e organizzativo; sociale ed economico; ambientale; demografico.
Attraverso complesse raccolte di dati - fatte sia con indagini correnti, sia con indagini speciali - si tenta, con raffinate metodologie statistiche, di mettere in relazione i tre livelli e i cinque contesti citati, per arrivare a capire sempre meglio e più in profondità le relazioni causali che stanno alla base dei comportamenti demografici.
La spinta generalizzata alla riduzione della fecondità va producendo nel Nord e nel Sud del mondo una dinamica demografica relativamente uniforme, ma temporalmente assai differenziata; essa fa sì che i 2,6 miliardi di persone aggiuntive che ci si aspettano sulla faccia della Terra per il 2050 dovrebbero essere localizzati pressoché tutti nel Sud (che passerebbe da 5,3 a 7,8 miliardi, nonostante una consistente emigrazione), mentre nel ricco Nord la popolazione dovrebbe rimanere sostanzialmente stazionaria (intorno a 1,2 miliardi, nonostante una consistente immigrazione).
Come si è detto, il processo di modernizzazione che si è avuto nelle popolazioni e nelle società ha portato - tramite la cosiddetta transizione demografica - alla forte discesa della fecondità e della mortalità, arrivate entrambe a livelli bassissimi. Ma tale processo sta continuando, e va innescando una seconda transizione demografica, caratterizzata da un numero di figli ancora più basso e da un invecchiamento ancora più intenso e veloce, caratteristiche che rischiano di rendere insostenibili le tendenze in atto.
Le politiche demografiche saranno quindi ancora più importanti in futuro, nel senso che nel Sud del mondo sarà importante 'guidare' la fecondità - vale a dire i comportamenti individuali - verso un'ulteriore diminuzione, che sia però graduale nel tempo, dal momento che in una popolazione, come si diceva precedentemente, più veloce è il calo della fecondità, più rapido è il suo invecchiamento. E contemporaneamente, in molti Paesi del Nord del mondo - con una fecondità 'eccessivamente' bassa, cioè con un numero medio di figli per donna di gran lunga inferiore a 1,5 (il che, in altri termini, vuol dire meno di 15 figli per ogni 20 genitori) - sarà importante guidare la fecondità - di nuovo attraverso i comportamenti individuali - in direzione di un'auspicabile ripresa, che la porti verso livelli meno straordinariamente bassi. Operazione, questa, particolarmente complessa, dal momento che nel Nord del mondo gli interessi delle donne (e in generale delle coppie) a tenere bassa o bassissima la fecondità sembrano essere in contrasto con quelli della collettività nel suo complesso, che la richiederebbe invece in ripresa.
Nei primi anni del nuovo secolo non c'è una piena e convinta consapevolezza di quanto l'arco della d. sia teso, e di quale possa essere il percorso della popolazione mondiale nei successivi decenni (v. tab.): se cioè essa continuerà a crescere, fino a raggiungere i 10,6 miliardi nel 2050 (ipotesi di una fecondità alta) o se, viceversa, raggiunto un massimo di 7,8 miliardi nel 2040 comincerà poi a flettersi, fino ai 7,7 del 2050 (ipotesi di una fecondità bassa).
In termini di incremento annuo di popolazione, il picco di crescita, pari a 87 milioni addizionali di persone, si è avuto alla fine degli anni Ottanta del 20° sec.; nel 2005 la crescita è stata di circa 76 milioni, mentre per il 2050 se ne aspetta una di 29 milioni, un po' più di un terzo di quella del 2005.
Dal punto di vista tecnico, si sa bene che l'accumulazione dei comportamenti precedenti nella struttura per età delle popolazioni rende strettissimo il 'percorso ottimale della popolazione', nel senso che anche differenze molto piccole nei livelli di fecondità possono portare - se persistono nel lungo e nel lunghissimo periodo - a differenze molto grandi nell'ammontare delle popolazioni, e anche nella loro struttura.
La tabella lascia inoltre chiaramente vedere quanto già affermato, e cioè come la velocità di crescita della popolazione mondiale sia inversamente proporzionale alla velocità del suo invecchiamento: l'ipotesi di una fecondità bassa presenta infatti il valore più basso di popolazione e quello più alto di percentuale di anziani. Fra il 1950 e il 2000 la popolazione mondiale si è accresciuta di 3,6 miliardi di persone e la proporzione di ultrasessantenni di 1,9 punti (dall'8,1% al 10%); fra il 2000 e il 2050 potrebbero - nell'ipotesi di una fecondità media - crescere l'una di 3,0 miliardi e l'altra di 11,7 punti. Dalla d. deriva perciò per la popolazione del mondo una grande doppia sfida per la prima metà del 21° secolo.
La terza sfida - a cui si è già accennato - deriva dal percorso straordinariamente differenziato atteso per la popolazione del Nord del mondo, ormai stazionaria se non addirittura declinante, rispetto a quella del Sud; in quest'ultimo, come già si è detto, dovrebbe concentrarsi fra il 2005 e il 2050 l'intero incremento di 2,6 miliardi di persone, la maggior parte delle quali in età lavorativa, il che richiederà la creazione di una smisurata quantità di nuovi posti di lavoro, addirittura superiore all'intero stock di posti attualmente esistente nel Nord.
Facciamo due esempi. Nel 1950 la popolazione dell'Europa era circa 3 volte quella dell'Africa; nel 2005 le due popolazioni erano quasi alla pari, mentre per il 2050 ci si aspetta che sia quella africana a essere 3 volte quella europea: un vero e proprio rovesciamento nel giro di un solo secolo. Nel 1950 la popolazione della Russia era 2,6 volte quella del Pakistan (considerando i due Paesi nei loro confini attuali); nel 2005 le due popolazioni erano all'incirca uguali, mentre nel 2050 la popolazione del Pakistan (fra l'altro molto giovane) dovrebbe essere 3 volte quella della Russia (fra l'altro molto vecchia). Le relazioni fra i popoli non potranno non essere completamente sconvolte, da tutti i punti di vista, da tali fenomeni.
In questo quadro di assai difficile gestione della fecondità, variabile decisiva diventa anche quella migratoria, assai più complessa da regolare che non nel passato, sia perché non ci sono più nuovi mondi interamente da popolare, sia perché la pressione migratoria dei Paesi poveri è di una intensità e di una dimensione mai registrate in precedenza nella storia, sia infine per l'atteggiamento protezionistico dei Paesi economicamente più avanzati. Sono all'incirca 2 milioni le persone che ogni anno si muovono per migrazioni internazionali.
La variabile migratoria diventa più complessa da regolare anche per l'assai diversa portata e impatto che ha sui Paesi di destinazione e su quelli di origine: essa può risultare demograficamente ed economicamente decisiva per ribilanciare la vecchia e declinante popolazione dei Paesi ricchi a bassissima fecondità, ma non l'atteso eccesso di crescita dell'offerta di lavoro dei Paesi poveri a medio-alta fecondità.
Nelle due grandi globalizzazioni del mondo - quella della fine del 19° sec. e dell'inizio del 20°, e quella attuale - si ritrovano parti invertite: in quella passata era praticamente libera la circolazione delle persone e assai protetta quella delle merci; attualmente è molto contenuta o ostacolata la circolazione delle persone e tende a essere sempre più libera quella delle merci. Questa situazione sembra in futuro dover necessariamente sfociare in nuovi assetti geopolitici, in cui si abbiano unioni regionali - delle quali sono in atto processi di formazione più o meno avanzati, a partire da quello dell'Unione Europea - nelle quali si abbia legittima e piena circolazione sia di persone sia di merci.
Gli oggetti dell'analisi e della ricerca demografica sono quindi strettamente legati alle tendenze e ai problemi che caratterizzeranno la popolazione mondiale nella prima metà del 21° sec.: gestione della fecondità; capacità di fronteggiare al meglio cause e conseguenze del fortissimo processo di invecchiamento della popolazione; valutazione dei processi di spinta e di attrazione dei flussi migratori; intensissima, se pur diversa, urbanizzazione tanto nei Paesi del Sud del mondo quanto in quelli del Nord; falcidie dovuta all'AIDS, in particolare nell'Africa subsahariana, di bambini e di persone in età adulta che lasciano privi di sostegno folle di orfani e di genitori anziani; clamoroso e inatteso incremento della durata della vita in moltissimi Paesi occidentali; mutamenti culturali e geopolitici che derivano dai mutamenti demografici, i quali a loro volta li influenzano.
Bibliografia
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