Ayyubidi, dinastia
Dinastia fondata da Salāḥ al-Dīn Ibn Ayyūb (Saladino) alla fine del XII sec., giunse alla fine del secolo successivo a dominare, nei suoi diversi rami familiari, l'Egitto (v.), la Siria-Palestina, la Ǧazīra (Alta Mesopotamia) e lo Yemen, prima di essere sostituita dal regime mamelucco a ovest e dai Regni mongoli a est.
Di origine curda, gli antenati di Saladino furono comandanti militari al servizio dei turchi selgiuchidi prima, quindi degli Zengidi, governanti su Aleppo e Mossul, e dei Buridi, signori di Damasco. L'unificazione della Siria musulmana, in seguito alla minaccia proveniente dai Regni franchi di Siria, accrebbe notevolmente l'influenza dei capi militari ayyubidi sotto l'autorità di Nūr al-Dīn, signore zengide e famoso campione del ǧihād contro i franchi, il quale li inviò in Egitto, nel 1169, a sostegno del califfo fatimide, all'epoca suo alleato. Fu proprio in Egitto che Salāḥ al-Dīn Ibn Ayyūb cominciò la sua folgorante carriera che lo condusse, nel 1171, a deporre il califfo fatimide sciita e a proclamare il ritorno al sunnismo e alla fedeltà al califfato abbaside, che reciprocamente riconobbe l'autorità del nuovo potere ayyubide. Saladino intraprese subito una politica di contrasto della presenza cristiana in Egitto e Siria-Palestina e, alla morte di Nūr al-Dīn, nel 1174, ne ereditò l'idea del ǧihād da combattere in nome dell'unità dei popoli musulmani. Tale politica, che avrebbe richiesto un imponente sforzo di potenziamento dell'esercito mercenario, condusse alla schiacciante vittoria di Ḥaṭṭīn sui franchi nel 1187, alla riconquista di Gerusalemme e di gran parte del territorio cristiano, con l'eccezione di poche piazzeforti, ma anche a una grave crisi di risorse e al logoramento del regime di Saladino. Il lancio della terza crociata, originato dall'offensiva musulmana, pur non conducendo alla riconquista di Gerusalemme, recuperò in parte il territorio costiero siro-palestinese e convinse Saladino, negli ultimi anni della sua vita, a ricercare una politica distensiva nei confronti della presenza cristiana.
La morte di Saladino nel 1193 mise alla prova il regime familiare da lui ideato, che è stato assimilato a una federazione semifeudale su base consanguinea, nella quale tutti i principi di rango minore, indipendenti all'interno dei loro stati, erano in teoria tenuti ad assicurare lealtà formale al capo della famiglia, ossia al sultano d'Egitto. Pur avendo Saladino diviso il Regno fra i suoi eredi maschi, fu suo fratello, al-Malik al-῾Ādil, a prendere le redini della famiglia, arrivando, non senza contrasti, a regnare sull'Egitto, dividendo fra i suoi figli minori, al-Mu῾aẓẓam e al-Ashraf, la Siria e l'Alta Mesopotamia, mentre lo Yemen era sotto il controllo del fratello Tūrān-shāh. Alla morte di al-῾Ādil nel 1217, all'inizio della quinta crociata, fu il primogenito al-Malik al-Kāmil a ereditare l'Egitto e l'autorità sul resto della famiglia. Durante il regno ventennale di al-Kāmil (1217-1237) il regime ayyubide uscì, nel suo complesso, rafforzato da una serie di guerre contro i regimi islamici confinanti, soprattutto contro i Selgiuchidi, che condussero all'acquisizione di nuovi territori nel Nord dell'Iraq, sebbene, negli stessi anni, lo Yemen passasse definitivamente sotto il controllo dei Rasulidi, ex governatori per conto degli Ayyubidi. I conflitti interfamiliari, originati dai tentativi del sultano d'Egitto d'imporre la propria autorità ai regimi consanguinei, caratterizzarono l'epoca ayyubide, e furono temporaneamente accantonati solo in presenza di minacce esterne. In questa situazione al-Kāmil fu spinto ad adottare nei confronti dei cristiani, sia quelli di Oriente che quelli europei, una politica di distensione e di negoziato, giungendo a proporre a più riprese, fin dalla quinta crociata, la restituzione di Gerusalemme in cambio della non belligeranza. Tale accordo fu infine raggiunto all'epoca della crociata cosiddetta di Federico II, che si concluse con la cessione di Gerusalemme ai cristiani per dieci anni (v. Musulmani). Analoga apertura fu mostrata nei confronti dei commercianti cristiani, ai quali, proseguendo una politica già perseguita dai predecessori Fatimidi, furono accordati spazi portuali e privilegi di varia natura, che promossero Alessandria al ruolo di principale porto mediterraneo per gli scambi con l'Oriente.
I destini della dinastia ayyubide si decisero infine nei territori più orientali, il cui assetto territoriale veniva messo in crisi dalla pressione mongola. Questa aveva in particolare dislocato il temibile esercito dei corasmi (v.), che, al comando del Khwārazm-shāh, si pose al servizio di diversi principi ayyubidi, e in particolare di al-Mu῾aẓẓam, contro al-Kāmil. La necessità di combatterli, ma anche la crescente diffidenza del sultano egiziano nei confronti dell'esercito curdo-turco che pure aveva deciso della vittoria di Saladino, aveva condotto, in misura crescente, al reclutamento di schiavi (mamālik, mamelucchi) di origine turca, che avrebbero preso definitivamente il potere nell'arco di vent'anni dalla morte di al-Kāmil. Al-Malik al-Ṣāliḥ (1240-1249), l'ultimo sultano ayyubide d'Egitto, successore di al-Kāmil pur non essendone stato l'erede designato, combatté contro i propri fratelli in Siria per la conquista dell'egemonia familiare, avvalendosi dei corasmi e dei mamelucchi, e contro i franchi, occasionali alleati degli Ayyubidi siriani. Tale circostanza avrebbe condotto alla ripresa momentanea del ǧihād, contro la tradizionale e ben più influente politica dinastica di détente, e al massacro dei cristiani di Gerusalemme nel 1244.
Il prestigio dei mamelucchi nella gerarchia militare ayyubide divenne preponderante, soprattutto dopo la vittoria sugli eserciti cristiani della crociata di Luigi IX a Maṇsūra, nel 1250, al punto che, morto al-Ṣāliḥ, i loro capi ressero di fatto il sultanato egiziano in nome di vari eredi ayyubidi minorenni, finché la vittoria sui mongoli a ῾Ayn Ǧālūt, nel 1260, legittimò definitivamente il loro potere, sancendo la fine del regime ayyubide d'Egitto e l'inizio del sultanato di Baybars (1260-1277). Negli stessi anni i mongoli annientavano i resti del potere ayyubide in Siria e in Alta Mesopotamia, lasciando in vita, per breve tempo, piccoli emirati sottomessi nella Siria-Palestina e nell'Alta Mesopotamia, il più duraturo dei quali sarà quello di Hamah, sopravvissuto fino al 1324.
fonti e bibliografia
Cl. Cahen, La Syrie du nord à l'époque des Croisades et la principauté franque d'Antioche, Paris 1940.
R.S. Humphreys, From Saladin to the Mongols. The Ayyubids of Damascus, 1193-1260, New York 1977.
The Cambridge History of Egypt, I, Islamic Egypt, 640-1517, a cura di C. Petry, Cambridge 1998.
Encyclopédie de l'Islam, Leiden 19682, s.v. Ayyubides.