DIPLOMAZIA (XII, p. 962; App. III, 1, p. 493)
L'evolversi della d. nel tempo - e in particolare nel corso di un quindicennio (1960-1975) - può considerarsi in un quadruplice aspetto: innanzitutto, intendendo la d. come metodo di condotta delle relazioni internazionali, nel senso, cioè, di metodo diplomatico; in secondo luogo, dando alla d. stessa il significato di sistema di organi, preposti all'istituzione e allo svolgimento delle relazioni internazionali stesse; considerando, inoltre, la d. in funzione di quel complesso di procedure, onde l'instaurazione e lo sviluppo delle relazioni internazionali sono circondati, e il cui insieme, organicamente concepito, costituisce il procedimento protocollare internazionale; ponendo mente, infine, al sistema di norme giuridiche - il diritto diplomatico - che regola, a un tempo, gli organi e le procedure stesse delle relazioni internazionali. Concettualmente separabili, i quattro accennati aspetti e momenti della d. sono in effetti inscindibilmente connessi. E, invero, gli organi della d. agiscono, per definizione, applicando il metodo diplomatico; in ogni momento della loro attività pratica, gli organi stessi sono oggetto di procedure non prescindibili; e in tanto esistono, e possono correttamente funzionare, in quanto sono previsti dal diritto diplomatico, e agiscono in conformità delle sue norme.
Intesa come sistema di organi preposti alla condotta delle relazioni internazionali, la d. ha conosciuto, nel quindicennio 1960-75, sviluppi vari e molteplici, che sono, da un lato, il riflesso dell'evolversi della tecnica delle relazioni degli stati; e costituiscono, dall'altro, la riprova dell'idoneità della d. stessa ad aderire alle nuove multiformi esigenze della comunità internazionale. Soccorrono al riguardo le osservazioni che seguono.
La tradizionale istituzione delle missioni permanenti, create dagli stati presso gli altri stati, ha conosciuto una dinamica varia e complessa. Innanzitutto, il numero di esse si è grandemente accresciuto, per l'avvento all'indipendenza di una moltitudine di stati. Il fenomeno della decolonizzazione ha avuto, invero, la conseguenza giuridico-diplomatica di moltiplicare le missioni diplomatiche permanenti, nel senso che al sorgere di ogni nuovo stato è corrisposta, nei riguardi degli stati preesistenti, l'istituzione di due missioni diplomatiche, e di altrettante missioni tra gli stessi stati nuovi nei rapporti inter se (si pensi che le missioni diplomatiche estere istituite presso lo Stato italiano erano, nel 1960, ottantasei, e nel 1975 sono centoventisette). L'aumentare del numero delle missioni diplomatiche è dovuto, inoltre, al normalizzarsi dei rapporti tra stati che, dopo aver a lungo denegato il riconoscimento di stati sorti per effetto di vicende belliche e insurrezionali, hanno finito, in progresso di tempo, per riconoscere gli stati stessi (si pensi alla Repubblica democratica tedesca, riconosciuta dagli stati occidentali; si pensi al riconoscimento da parte degli stati stessi - e, segnatamente, degli Stati Uniti - della Repubblica popolare cinese).
L'istituzione diplomatica più antica - le missioni speciali - è divenuta la più attuale. Facilitate dai progressi tecnici delle comunicazioni; rese opportune dalle esigenze di una cooperazione internazionale sempre più varia e intensa; divenute indispensabili per i subitanei sviluppi della politica internazionale, che impongono l'immediato avvio di procedure e di negoziati, le missioni speciali sono così inerenti alla tecnica e alla prassi delle relazioni internazionali, che la realtà delle relazioni stesse quasi non si potrebbe comprendere, ove si prescindesse da siffatta istituzione diplomatica.
Nelle missioni speciali si rispecchia l'odierna pluralità degli aspetti delle relazioni internazionali. Missioni speciali di cerimonia, e missioni speciali di affari; missioni speciali di studio, e missioni speciali di assistenza tecnica; missioni assumenti la forma solenne di visite ufficiali, e missioni attuate nella forma semplificata di visite di lavoro: sono altrettante manifestazioni di una stessa istituzione, chiamata a soddisfare le molteplici e multiformi esigenze della cooperazione internazionale. Le missioni speciali hanno una loro dinamica, nel senso che, originariamente concepite come organi operanti nell'ambito dei rapporti bilaterali che sussistono tra stato inviante e stato ricevente, esse tendono a dilatare la loro necessità e capacità di azione a un più complesso sistema di rapporti internazionali. Le missioni speciali itineranti, che sono effettuate successivamente in plurime capitali, site in una medesima area geopolitica; le missioni speciali congiunte, che le delegazioni di due o più stati compiono insieme presso il medesimo stato ricevente; le missioni speciali comuni, che una delegazione, operante come organo comune a due o più stati, effettua presso un altro stato; le missioni speciali di mediazione, con la quale uno stato attua l'interposizione richiestagli, o da lui stessa offerta tra due o più stati, per rendere possibile la soluzione pacifica di una controversia insorta tra gli stati stessi; la missione speciale di patrocinio, intesa a difendere innanzi a un'istanza internazionale (corte di giustizia, collegio arbitrale) le tesi di uno stato, parte di un procedimento istituitosi innanzi alla corte o al collegio giudicante: sono altrettante forme che l'istituzione delle missioni speciali sa assumere, superando i singoli schemi dei rapporti bilaterali, quando le esigenze della vita internazionale ciò possono richiedere.
La d. - considerata nel senso istituzionale di cui sopra è cenno - comprende, nel suo concetto generale e nella sua evoluzione più recente, anche gli organi centrali delle relazioni internazionali. Essi sono: il capo dello stato, in quanto organo supremo delle relazioni stesse; il primo ministro, il quale, presidente del consiglio dei ministri cui competono le decisioni collegiali della politica estera dello stato, non può non avere una responsabilità sulla realizzazione diplomatica delle decisioni stesse; il ministro degli Affari esteri, promotore e coordinatore primo, politico e tecnico a un tempo, delle relazioni internazionali dello stato; e, infine, il ministero degli Affari esteri, o dicastero diplomatico, organo istituzionale o burocratico, che alle relazioni internazionali assicura la necessaria continuità e l'organicità non prescindibile, ponendosi come propulsore degli organi diplomatici dello stato istituiti all'estero, e come naturale interlocutore degli organi diplomatici esteri accreditati presso lo stato medesimo.
Per ognuno dei menzionati organi centrali delle relazioni internazionali, la recente codificazione del diritto diplomatico ha ribadito le funzioni e la condizione giuridica. (a) Per quanto attiene al capo dello stato: la Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche ha riaffermato la funzione di organo accreditante dei capi delle missioni diplomatiche inviati all'estero e appartenenti alle due prime classi, e, d'altra parte, di organo accreditatario degli stessi agenti diplomatici inviati presso lo stato di cui trattasi (art. 14, par.1); la Convenzione di vienna del 1969, sul diritto dei trattati, ha implicitamente confermato la qualità a emanare i pieni poteri per la sottoscrizione degli accordi internazionali, e quella di esprimere, nella solennità della ratifica, il definitivo consenso dello stato all'accordo stesso; la Convenzione di New York del 1969, sulle missioni speciali, ha riaffermato lo speciale status che compete al capo di uno stato in visita ufficiale presso un altro stato (art. 21); la Convenzione di Vienna del 1975, sulla rappresentanza degli stati nei loro rapporti con gli enti internazionali, ha previsto espressamente il potere del capo dello stato ad accreditare, mercé l'emanazione di uno specifico strumento diplomatico (lettere credenziali), il capo delle rappresentanze permanenti presso un ente internazionale (art. 10), o il capo della delegazione dello stato stesso a una conferenza internazionale (art. 44); e ha contemplato, altresì, lo status del capo dello stato che assume la funzione di capo della delegazione stessa (art. 50). (b) Per quanto concerne il primo ministro e il ministro degli Affari esteri: la Convenzione di Vienna del 1969, sul diritto dei trattati, ha posto il principio secondo il quale né l'uno né l'altro devono essere titolari di pieni poteri per la sottoscrizione di un accordo internazionale (art. 7, par. 2); la stessa regola ha posto la Convenzione di Vienna del 1975, sulla rappresentanza degli stati presso le organizzazioni internazionali; la Convenzione di New York, sulle missioni speciali, ha previsto la condizione giuridica di entrambi gli organi quando si trovino nel territorio di un altro stato come capi di missioni speciali (art. 21); analoga regola è contenuta nella Convenzione di Vienna del 1975, avuto riguardo alla possibilità che le delegazioni ai consessi internazionali e alle conferenze da esse convocate siano presiedute dal primo ministro o dal ministro degli Affari esteri (art. 50, par. 2). (c) Per quanto si riferisce, infine, al ministero degli Affari esteri, o dicastero diplomatico: la Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche ha codificato la regola secondo la quale le missioni diplomatiche permanenti devono trattare con detto dicastero gli affari ufficiali (art. 41, par. 2). Norma nello stesso senso è contenuta nella Convenzione di New York del 1969 sulle missioni speciali (art. 15). La Convenzione di Vienna del 1975 ha stabilito che i provvedimenti che lo stato ospitante di missioni estere presso enti internazionali è legittimato a prendere, per assicurare la propria protezione, devono essere decisi con l'approvazione del ministero degli Affari esteri (art. 73, par. 5).
La prassi internazionale consolidatasi nel quindicennio 1960-75 ha contribuito anch'essa, notevolmente, agli sviluppi della tecnica diplomatico-funzionale degli organi centrali delle relazioni internazionali degli stati. (a) Le missioni speciali presiedute dal ministro degli Affari esteri, dal primo ministro e dallo stesso capo dello stato, si sono moltiplicate, assumendo varietà di forme: missioni di cerimonia, visite ufficiali, visite di lavoro, missioni di affari, partecipazione a conferenze cosiddette "al vertice". (b) Le visite di stato tendono ad acquistare, oltre al valore politico generale, e di là dagli aspetti diplomatico-protocollari che sono loro propri, contenuto politico-economico tanto più intenso quanto più gravi sono, in tale ambito, le esigenze della cooperazione internazionale. (c) Il procedimento protocollare internazionale prevede più frequenti contatti tra il capo dello stato e il corpo diplomatico: in particolare, tende ad assumere notevole importanza il discorso che il capo dello stato usa pronunziare alla fine dell'anno, rispondendo all'indirizzo di augurio rivoltogli dal decano del corpo diplomatico stesso, in occasione dell'udienza solenne all'uopo prevista.
Nel quindicennio 1960-75, ha avuto particolare sviluppo la d. plurilaterale. Con tale espressione, s'intende il complesso delle istituzioni, varie e complesse, mercé le quali gli stati attuano una più vasta cooperazione internazionale, operando in un ambito all'uopo giuridicamente predisposto.
Istituzioni sono le conferenze internazionali, che possono essere di varia natura (politica, economica, giuridica, tecnicamente specializzata); possono assumere diversa portata (limitate a un ristretto gruppo di stati, estese agli stati appartenenti allo stesso ambito regionale, aperte a tutti gli stati della comunità internazionale e di vocazione, quindi, universale); e possono essere convocate su iniziativa di uno stato o di un gruppo di stati, ovvero per decisione di un ente internazionale. Nella categoria delle conferenze di vocazione generale, di natura giuridica, convocate da un ente internazionale per definizione di portata universale, si possono ricordare le conferenze delle Nazioni Unite, riunitesi a Vienna per la codificazione del diritto diplomatico e del diritto dei trattati; nel 1961, la Conferenza sulle relazioni diplomatiche; nel 1963, la Conferenza per le relazioni consolari; nel 1968-69, la Conferenza sul diritto dei trattati; nel 1975, la Conferenza sulla rappresentanza degli stati, nei loro rapporti con le organizzazioni universali internazionali. Istituzioni della d. plurilaterale sono, altresì, gli organi diplomatici presso gli enti internazionali. Duplice è la categoria di detti organi: alcuni di carattere permanente generale, altri transeunti nella durata e specializzati nel compito da assolvere. I primi sono le rappresentanze permanenti istituite presso l'ente internazionale (si pensi alle rappresentanze permanenti italiane presso le Nazioni Unite, presso l'UNESCO, presso l'ECAO, presso la FAO, presso le Comunità europee, presso il Consiglio atlantico, presso il Consiglio d'Europa, ecc.). La seconda categoria di organi è costituita dalle delegazioni inviate dagli stati ai consessi dell'ente internazionale, e, altresì, le delegazioni presso conferenze convocate dall'ente internazionale. Gli organi diplomatici degli stati presso gli enti internazionali, oltre che emanare dagli stati membri dell'ente, possono essere strumenti degli stati non membri, e assumere essi stessi natura di organi permanenti, ovvero di organi transeunti: appartengono alla prima categoria le missioni permanenti di osservazione; alla seconda, le delegazioni di osservazione ad organi specifici dell'ente medesimo e a conferenze convocate dall'ente stesso.
La d. non limita la sua portata giuridica e tecnica al sistema degli organi istituiti dagli stati per condurre le loro relazioni con gli altri stati, ma la estende a un altro sistema di organi, diplomatici anch'essi: sono gli organi diplomatici che gli stati medesimi istituiscono presso enti internazionali, a titolo permanente (rappresentanze permanenti degli stati membri dell'ente, o missioni di osservazione degli stati non membri dell'ente e pur interessati alla sua vita giuridica e alle opere di esso); ovvero, gli organi che gli stati inviano presso i consessi di un ente internazionale, a titolo transeunte e specifico (delegazioni alle sessioni di organi dell'ente internazionale); oppure, gli organi che detti stati creano presso le conferenze internazionali convocate dagli enti medesimi o da stati. La Convenzione di Vienna del 14 marzo 1975 ha codificato le norme di diritto diplomatico regolatrici di detti organi in ogni loro aspetto: avuto riguardo, cioè, alle procedure istitutive di essi, alle funzioni cui sono chiamati, al loro status, ai multiformi rapporti con lo stato ospitante.
Uno speciale aspetto e un particolare momento della d., manifestatosi intensamente nell'ultimo quindicennio, sono costituiti dal complesso di organi mercé i quali gli enti internazionali, in quanto tali, intrecciano a loro volta rapporti con gli stati, membri e non membri, e con gli altri enti internazionali, ed esercitano le capacità giuridiche connesse con la loro personalità di diritto internazionale.
Si pensi alle recenti missioni compiute all'estero dal segretario generale delle Nazioni Unite, dal presidente della Commissione delle Comunità europee, dal segretario generale del Consiglio atlantico, ecc. si ponga mente alle rappresentanze permanenti create da enti internazionali - quale la Comunità economica europea - presso stati esteri non membri. Si ricordino, infine, le delegazioni degli enti internazionali per negoziare accordi tra gli enti stessi e gli stati (accordi di collaborazione commerciale da parte della CEE, accordi di sede degli enti con lo stato ospitante).
Concepita come sistema di organi operanti per l'istituzione e lo svolgimento delle relazioni internazionali, la d. comprende nel suo ambito anche gli organi consolari: gli uffici, cioè, e le persone, onde gli uffici stessi sono diretti e formati, mercé i quali si stabilisce e si sviluppa tra gli stati quel particolare modo di essere delle relazioni internazionali che sono, per l'appunto, le relazioni consolari. La Convenzione di Vienna del 1963 ha codificato le norme generali regolatrici delle procedure attraverso le quali tale sistema di relazioni s'istituisce: la costituzione degli uffici consolari, le funzioni di essi estremamente varie e complesse, lo status degli uffici stessi e dei funzionari consolari, la dinamica multiforme delle relazioni consolari, la possibilità eccezionale che funzioni consolari siano svolte dalla missione diplomatica e, viceversa, che funzioni diplomatiche siano esercitate da organi consolari; e, infine, la crisi, di vario momento e natura, onde le relazioni consolari possono essere travagliate.
Assai vari nella loro struttura, nel loro ambito e nella loro tecnica operativa, gli organi delle relazioni internazionali, dei quali abbiamo sin qui discorso, sono tutti organi diplomatici. Ciò in quanto si servono tutti del metodo diplomatico, e sono tutti rappresentativi degli stati, e degli altri soggetti di diritto internazionale, dai quali emanano. Per tale loro duplice qualità, essi tendono a imprimere alla d., intesa come tecnica generale della condotta delle relazioni internazionali, alcune qualificazioni, che ne indicano, espressamente, i più moderni sviluppi.
Si parla, così, di d. centrale, in quanto esercitata al centro dello stato, dagli organi centrali delle sue relazioni internazionali, e di d. periferica, perché svolta all'estero presso stati esteri o consessi internazionali. La d. tradizionale, che si attua attraverso l'incontro di organi degli stati istituzionalmente preposti alla funzione diplomatica, non è superata, ma tende a essere preparatoria e complementare, dalla d. diretta: quella, cioè, che consiste nell'incontro immediato degli organi centrali delle relazioni internazionali, i quali, prima di essere tali, sono i responsabili delle decisioni di politica estera.
I convegni tra primi ministri, e quelli tra ministri degli Affari esteri; le visite di capi di stato, di primi ministri, di ministri degli Affari esteri, offrono caratteristici esempi al riguardo. La d. diretta si chiama, poi, d. "al vertice", se gli organi centrali che s'incontrano immediatamente sono quelli stessi costituzionalmente chiamati a prendere, per i propri stati, le decisioni di politica estera di più alto momento (tali sono, di regola, i capi di stato e i capi di governo). Alla d. permanente o sedentaria, affidata alle missioni durevoli, si contrappone quella delle missioni speciali, o d. ad.hoc, posta in essere da organi aventi un fine specifico e di carattere transeunte. Dalla d. bilaterale, che si svolge nell'ambito delle singole combinazioni di stati, si distingue la d. plurilaterale, la cui sfera di azione abbraccia contemporaneamente una pluralità di stati. Tipica manifestazione di d. plurilaterale è quella che si attua nelle conferenze internazionali, o d. congressuale. La d. puramente politica coesiste con quella tecnicamente specializzata (commerciale, finanziaria, culturale, giuridica, ecc.). La d. tra gli stati non è incompatibile con la d. degli stati stessi presso gli enti internazionali. La d. degli stati non ignora la d. degli enti internazionali, attuata mercé organi degli enti medesimi. La d. affidata a organi individuali (i singoli agenti diplomatici e gli altri organi delle relazioni internazionali individualmente considerati) si distingue dalla d. costituita dagli organi istituzionali o complessi (la missione diplomatica, l'ufficio consolare, la missione speciale, la rappresentanza permanente, ecc.). La d. aperta - non priva, per altro, di quel minimo di riservatezza che è indispensabile per l'istituzione e lo svolgimento di qualsiasi negoziato internazionale - si contrappone alla d. segreta ufficiale: l'azione, cioè, condotta con particolare riservatezza dagli organi responsabili delle relazioni internazionali, e destinata a non essere conosciuta, nei suoi atti conclusivi, dal parlamento e dalla pubblica opinione, se non al momento opportuno. La d. moderna è incompatibile, invece, con la d. segreta, non ufficiale: quella, cioè, di ricerca e raggiungimento di intese internazionali, prescindendo dagli organi naturali della politica estera e delle relazioni esterne (quale, tipicamente, il ministro degli Affari esteri).
Bibl.: G. Balladore Pallieri, Diritto internazionale pubblico, Milano 19628, p. 491 seg.; A. Cabier, Le droit diplomatique contemporain, Ginevra-Parigi 1962; A. Maresca, Le relazioni consolari, Milano 1966; G. Cansacchi, Istituzioni di diritto internazionale pubblico, Torino 19674, p. 90 seg.; A. Maresca, La Missione diplomatica, Milano 19672; id., Il procedimento protocollare internazionale, voll. 2, ivi 1969; id., Il diritto dei trattati, ivi 1971; id., Le missioni speciali, ivi 1975; R. Quadri, Diritto internazionale pubblico, Palermo 19634; M Miele, Diritto internazionale, Padova 19602; R. Monaco, Manuale di diritto internazionale pubblico, Torino 1971.