DOBRUGIA (.A. T., 79-80)
Il nome Dobrugia (romeno Dobrogea) deriva da quello del principe Dobrotich, che dominò il paese alla metà del sec. XIV; esso designa il territorio compreso fra il Mar Nero a E. e il Danubio a N. e a O.; appartiene alla Romania e ha una superficie di 23.260 kmq., con 722.000 ab. (calcolo 1927).
Rilievo e struttura geologica. - La regione presenta aspetti molto differenti nel delta del Danubio (v., per questo, danubio), nelle alture del nord e nelle pianure del centro e del sud. Le alture del nord della Dobrugia costituiscono un paese che presenta talvolta aspetto montuoso, sebbene le maggiori altitudini non raggiungano i 500 m. I punti culminanti fiancheggiano il Danubio a O. (Jacobdeal, Pricopan) e a N. (477 m.); la maggior parte dei fiumi scorrono verso SE., in vallate via via più ampie, che finiscono in lagune. In questa regione i geologi riconoscono i residui di una catena in relazione con il Cretacico. Gli scisti primarî, violentemente piegati, sono metamorfizzati e iniettati di graniti e porfidi; queste pieghe livellate sono state ricoperte da sedimenti triassici, liassici e giurassici, che a loro volta furono dislocati e iniettati di rocce eruttive; un movimento di altalena verso E. avrebbe infine annegato le vallate inferiori.
Gli altipiani predominano nella parte centrale e meridionale della Dobrugia. Già dopo Hârṣova la scarpata danubiana s'abbassa; le pieghe terziarie ricoperte di loess nascondono lo zoccolo antico, e questo scompare definitivamente a S. della depressione di Medjidia: si è ormai in presenza del prolungamento della piattaforma prebalcanica bulgara, formata di terreni del Cretacico quasi orizzontali, con un rivestimento di terreni del Sarmatico soprattutto calcarei. La superficie sale lentamente verso S., circondata da vallate sempre più rare e profonde, e tormentata da fenomeni carsici. Nel "quadrilatero" (la parte meridionale della Dobrugia a S. della linea Silistra-Mangalia) si giunge ad altitudini di circa 400 m., e la costa del Mar Nero da Cavarna a Balcic presenta falesie pittoresche.
Clima e vegetazione. - Il clima e la vegetazione della Dobrugia recano nel complesso l'impronta delle steppe dell'Europa sud-orientale. Sulla costa del Mar Nero l'escursione della temperatura è ridotta (Costanza: gennaio −1°, luglio 22°,3; Sulina: gennaio − 1°,7, luglio 21°,8). Le piogge superano i 600 mm. soltanto nella regione montuosa del nord; altrove i thalwegs sono dovunque generalmente a secco durante tutta l'estate. Nelle pianure del centro e del sud si ritrova l'aridità del Bărăgan valacco. Nelle alture del nord, malgrado il disboscamento inconsiderato operato sotto il regime turco, si trovano ancora grandi estensioni di boschi di querce, olmi, tigli, ecc., con un ricco sotto-bosco di arbusti e piante erbacee ad affinità pontiche. Il delta del Danubio presenta belle foreste sui cordoni litoranei antichi (Letea); i vasti spazî inondati sono coperti da una curiosa formazione di zattere galleggianti (plaur in romeno), costituite quasi esclusivamente da Phragmites communis.
Caratteri etnici e demografici. - La popolazione della Dobrugia offre l'esempio di un singolare mosaico etnico, che rispecchia le particolari vicende storiche (v. appresso) della regione. Dal 1890 al 1911 la popolazione della Dobrugia è salita da 190.000 a 338.000 ab.: i Romeni da 72.000 (32%) sono giunti a 186.000 (55%); i Turchi e Tatari sono scesi da 43.000 (22%) a 35.000 (11%); i Bulgari sono aumentati solo come valore assoluto (da 33.000 a 48.000) e cosi pure i Russi, passati da 22.000 a 34.000 (10% nel 1911), che sono per la più parte pescatori stabiliti nel delta del Danubio, specialmente emigranti della setta dei Lipovani. Fra gli altri elementi stranieri vanno ancora ricordati i Greci (8400 nel 1911, circa 2,6%), che esercitano il commercio nelle città, come gli Armeni (3500 nel 1911) e gli Ebrei (4400); vi è infine un certo numero di Tedeschi, il cui aumento percentuale è stato il più forte (da 4000 a 8500), venuti per lo più dalla Bessarabia per stabilirsi nelle migliori terre del Naul. Tutte queste cifre si riferiscono alla Dobrugia nei confini del 1912. Il "quadrilatero" è quasi esclusivamente popolato di Turchi e di Bulgari; i primi dominano ancora nell'O. (eccezione fatta della riva del Danubio ove Bulgari e Romeni sono misti), dove sono stati respinti a poco a poco dopo l'annessione alla Bulgaria nel 1878 dalla colonizzazione bulgara proveniente dalla costa.
La vita economica. - La vita economica della Dobrugia ha segnato uno sviluppo inatteso dopo l'annessione alla Romania; fino a tale data il paese non aveva mai conosciuto la sicurezza, e l'amministrazione turca trascurava le vie di comunicazione, le scuole, ecc.; le steppe del centro e del sud erano incolte e servivano di pascolo alle greggi deì Tatari. Dopo tale data una vera e propria colonizzazione ha trasformato il paese: per la prima volta la proprietà è stata delimitata da un catasto, la rete delle strade raggiunse 940 km. di sviluppo nel 1915, 309 scuole primarie sono state aperte, e 139 banche popolari funzionavano nel 1916 con un capitale di 3.000.000 di lei. In conseguenza dello stabilirsi di coloni sulle terre incolte le condizioni della proprietà rurale divennero più favorevoli in Dobrugia che nel resto della Romania: i possedimenti inferiori a 10 ha. occupavano infatti più della metà della superficie; i grandi possedimenti superiori a 100 ha. neppure la centesima parte. La estensione della terra coltivata era salita da 241.000 a 608.000 ha.; il bestiame a corna da 100.000 a 177.000 capi. Fra le coltivazioni quella del grano ha fatto grandi progressi, e dà una produzione di 4.000.000 di ettolitri, la maggior parte dei quali esportati.
Centri. - L'importanza relativa delle città non è di molto aumentata; sotto il regime turco, quando le campagne erano quasi deserte, le città concentravano all'incirca una metà della popolazione. Tuttavia la loro prosperità si è accresciuta come pure quella dei villaggi; alcune dovettero un più rapido sviluppo all'organizzazione delle vie di comunicazione e allo sviluppo del commercio. Anzitutto Costanza è diventata il capolinea della strada ferrata che attraversa il Danubio a Cernavoda e il primo porto di mare della Romania, con 7 km. di banchine, due grandi magazzini di grano della capacità di 30.000 tonnellate, e un bacino petrolifero, il cui serbatoio, della capacità di 150.000 litri, comunica per mezzo di un condotto di 300 km. con i giacimenti dei Carpazî. I danni prodotti dalla guerra mondiale sono stati ormai riparati, e il porto ha ripreso la sua attività con un traffico che arriva a circa 2 milioni di tonnellate. La popolazione, che contava 27.000 ab. nel 1912, è giunta nel 1929 a 65 .000. La seconda città della Dobrugia è Tulcea (22.465 ab. nel 1915), all'inizio del delta del Danubio. Vengono in seguito: Silistra (o Silistria: 11.802 ab. nel 1915), porto danubiano di fronte a Călăraṣi; Turtucaia (10.153 ab.), di fronte a Olteniţa (7580 abitanti), porto di mare all'imboccatura del braccio del Danubio sfruttato dalla Commissione internazionale per la navigazione; Medjidia (6389 ab. nel 1915), a NE. di Costanza; infine Balcic (6650 ab.), grosso borgo del "quadrilatero".
V. tavv. XVII-XX.
Bibl.: K. Peter, Grundlienin der Geographie und Geologie der Dobrudscha, in Denkschr. der K. Akad. der Wissenschaften, Vienna 1867; G. M. Murgoci, Cercetari geologice in Dobrogea nordica, in An. Institutului Geologic al României, Bucarest 1914; G. Antipa, Wissenschaftliche und wirtschaftliche Probleme des Donaudeltas, in An. Inst. Geologic al României, VII, 1915; L. Colescu, Progrès de la Dobrodja 1880-1906, Bucarest 1907; E. Pittard, La Roumanie, Parigi 1917 (specialmente interessante per la Dobrugia); Dobrogea, Ciucizeci de ani de viaţa romǎneascǎ, Bucarest 1928 (opera collettiva; laparte geografica è opera di I. Brǎtescu).
Storia. - Provincia di frontiera dell'Impero romano (dopo il 270), presso il delta del Danubio, che rappresentava il punto più comodo per passare il fiume, la Dobrugia ebbe a patire molto dalle invasioni dei Goti e degli Unni (secoli IV e V), degli Slavi, dei Protobulgari Kutruguri e degli Avari (sec. VI). Dopo il 660, come vassalla di Bisanzio, una tribù di Protobulgari, guidata da Isperih, s'installò nella Dobrugia, facendo centro del suo dominio il villaggio di Nikulicel (a S. di Isakča) ed estendendosi anche in Bessarabia. Profittando poi della debolezza dell'Impero, Isperih si dichiarò indipendente e si fece riconoscere tale nel 679.
Così la Dobrugia divenne fino al sec. IX il nocciolo di un potente stato bulgaro, ma, quando i Magiari conquistarono la Bessarabia, la Dobrugia, tornata provincia di confine, fu di nuovo esposta alle invasioni. Cominciarono i Magiari stessi aizzati da Bisanzio nell'895, ma furono ricacciati dallo zar bulgaro Simeone (893-927) secondato dai Peceneghi, che avevano occupato la Bessarabia, la Moldavia e la Valacchia orientale. Seguirono i Russi del principe dì Kiev, Svetoslav, con due spedizioni (968 e 969), sempre per istigazione di Bisanzio, finché l'imperatore bizantino Isacco I Comneno (1057-1059) non riuscì a fare della Dobrugia un tema con capitale Drastar. Morto Isacco, la Dobrugia fu teatro di lotte sanguinose fra Peceneghi e Bizantini, terminate con la vittoria dell'imperatore Alessio I Comneno nel 1094. Ma i Cumani, altra popolazione barbarica, riuscirono a installarsi in Dobrugia nel sec. XII e a mantenervisi finché nella seconda metà del sec. XIII i Tatari chiamati dall'imperatore Michele VIII Paleologo, non invasero la regione.
Cacciati i Tatari dal re bulgaro Teodoro Svetoslav (1295-1322), la Dobrugia continuò a essere dominata dai Cumani sotto l'alto protettorato bulgaro, e anche quando i Cumani divennero pienamente indipendenti - prima a Karvona, poi nell'intera Dobrugia, nella seconda metà del sec. XIV - rimasero alleati dei Bulgari nella politica estera.
Il re Dobrotitsa emancipa del tutto la Dobrugia dal vassallaggio bulgaro; insedia sul trono di Bisanzio il cognato Michele Paleologo nel 1374; lotta contro i Genovesi padroni della Crimea, nel Mar Nero, dietro istigazione del bailo veneto Giovanni Muazzo, ma in quest'ultima impresa fallisce e muore nel 1385, costringendo il figlio Ivanko a firmare un trattato vantaggioso per Genova nel 1387. Sotto lo stesso Ivanko, i Turchi compaiono in Dobrugia e occupano nel 1388 Silistra.
Morto Ivanko, il voivoda valacco, Mirce I (1386-1418), profittando che i Turchi dopo la battaglia di Kosovo erano impegnati nella Balcania occidentale, occupò la Dobrugia. Ma ben presto fu obbligato, due volte, a dichiararsì vassallo di Bāyazīd I (1391-1393) ed essendosi ribellato, fu vinto a Rovine (presso Gordzi) nel 1394 e costretto a fuggire in Ungheria. Da allora la Dobrugia seguì le vicende della Penisola Balcanica sotto la dominazione turca.
La Dobrugia negli ultimi cinquant'anni. - I lunghi secoli di dominazione turca avevano importato in questa regione, in cui si trovavano già abbondanti vestigia di Sciti, Traci, Greci, Romeni, Bulgari, Bizantini, Veneziani, Genovesi e Tedeschi, un nuovo elemento costituito da numerosi Tatari e Turchi, insediatisi nel mezzo del paese; i Romeni s'erano mantenuti lungo il Danubio, i Bulgari lungo il mare. Nell'avvicinarsi della liquidazione turca i Bulgari accamparono pretese, storiche e nazionali, tanto che nel trattato di Santo Stefano del 3 marzo 1878 la Russia fece assegnare alla Grande Bulgaria storica la parte meridionale della Dobrugia fino alla linea Rasova-Costanza, circa. I Bulgari non ebbero di più, perché la Russia, con l'art. 9 di quel trattato, si fece cedere il sangiaccato di Tulcea (ossia la parte maggiore della Dobrugia odierna) con la riserva di darla alla Romania in cambio di quella parte della Bessarabia, che era stata data a quest'ultima nel 1856.
Nel trattato di Berlino del 13 giugno 1878 la Romania dovette acconciarsi a lasciare la Bessarabia alla Russia e a ricevere, a titolo di "retrocessione", la Dobrugia, senza Silistra, quindi con un confine strategico meridionale sfavorevolissimo. Durante le trattative la Romania aveva protestato e rifiutato il cambio, non già perché la Dobrugia fosse esclusa dalle sue rivendicazioni territoriali e nazionali, ma perché la Bessarabia aveva la precedenza, come valore morale e materiale, nella creazione della Grande Romania. Adattandosi alle circostanze, la Romania si accinse subito a redimere la nuova provincia dall'abbandono in cui era stata tenuta dai Turchi, riuscendo a dare alla vita economica del paese uno sviluppo inatteso. Nelle trattative che precedettero la guerra del 1912 contro la Turchia, la Romania aveva dichiarato alla Bulgaria di voler mantenere una rigorosa neutralità fino a tanto però che non si fosse trattato di cambiamenti territoriali; avvenendo questo anche a favore della Bulgaria, la Romania avrebbe chiesto una rettifica, in senso geografico e strategico (non nazionale) del confine meridionale della Dobrugia fino a una linea che andasse dal sud di Turtucaia giù al Mar Nero, fra i porti di Balcic e Varna, linea che le era stata rifiutata dal congresso di Berlino.
Le vicende delle guerre balcaniche del 1912-1913 permisero alla Romania di far valere le sue ragioni con l'impiego delle armi. Nella pace di Bucarest (v.) dell'agosto 1913 la Romania, arbitra della situazione, avrebbe potuto imporre alla Bulgaria la cessione di tutto il quadrilatero di Silistra, Rustciuk, Sciumla e Varna e anche un indennizzo di guerra. Prevalse invece la moderazione di Take Ionescu, che si contentò della linea Turtucaia-Balcic. Il nuovo acquisto della Romania fu di soli 7609 kmq. con 289.131 ab., dei quali erano bulgari una metà circa.
Nella guerra mondiale la Dobrugia fu invasa e occupata da truppe tedesche e bulgare. Nella pace separata di Bucarest del 7 maggio 1918, la Bulgaria avrebbe preteso tutta la Dobrugia; ma la Germania si oppose per non indebolire eccessivamente la Romania. Fu presa allora una soluzione intermedia: i Bulgari ebbero la parte meridionale sino alla ferrovia Cernavoda-Costanza; la parte settentrionale passò sotto il condominio della Quadruplice. La pace di Neuilly (27 novembre 1919), che chiuse definitivamente nei Balcani il conflitto mondiale, ristabilì fra Romania e Bulgaria il confine del 1913.
Da allora la Dobrugia meridionale fa parlare di sé per il malcontento e per le agitazioni della minoranza bulgara. Per mettere un freno alle incursioni di bande bulgare e per dar ricetto a gruppi di Aromuni, cacciati dalla Macedonia, il governo di Bucarest colonizzò il confine con elementi nazionali, combattivi e fidati. La tensione è abbastanza grave; ma la soluzione, più che da accordi di governi, sarà maturata, anche qui, dal tempo.
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