(gr. ῞Ηϕαιστος, lat. Hephaestus) Divinità greca del fuoco terrestre. Figlio di Zeus e di Era secondo i poemi omerici, avendo in una contesa celeste parteggiato per la madre, Zeus lo scaraventò dall’Olimpo giù fino nell’isola di Lemno; un’altra tradizione narrava che Era, irata perché il figlio le era nato zoppo, lo aveva gettato dall’Olimpo in mare, dove era stato accolto dalle ninfe Eurinome e Tetide. Secondo l’Iliade ebbe in moglie Charis, secondo la Teogonia Aglaia, ma più diffuso fu il mito della sua unione con Afrodite; dalla contaminazione con il mito che faceva questa dea sposa di Ares, ebbe origine l’episodio cantato dall’aedo Demodoco nell’Odissea: E., saputo che Afrodite lo ingannava con Ares, sorprese gli adulteri e li avvinse in una mirabile rete. Secondo un altro racconto, E. per vendicarsi della madre le costruì un trono d’oro con dei lacci inestricabili per chi vi si fosse seduto; Era vi rimase avvinta, ma Dioniso riuscì a convincere E., inebriandolo, a salire nell’Olimpo per liberare Era dai legami che egli solo sapeva sciogliere.
Sede principale del culto di E. fu l’isola di Lemno. Il tempio di E. sorgeva là dove il dio sarebbe caduto. In Attica il culto di E. fu messo in rapporto con quello di Atena; in Occidente fiorì in tutta la regione vulcanica fra la Campania e la Sicilia, specialmente a Lipari considerata sede del dio, dove era localizzata, come anche nella regione dell’Etna, la sotterranea officina in cui lavoravano con il dio i Ciclopi. Dio del fuoco che produce e crea, E. è il fabbro divino di mirabili opere; secondo il 18° libro dell’Iliade E., pregato da Tetide, prepara le armi per Achille. Presso i Romani E. fu identificato con Vulcano.
L’arte antica lo ha raffigurato barbato, vestito di una corta tunica da lavoro, con le tenaglie e il martello, accennando solo parcamente al difetto della gamba zoppa (statue di Alcamene e di Eufranore, il vaso François del museo di Firenze, pitture parietali).