Visconti-Venosta, Emilio
Patriota e uomo politico (Milano 1829 - Roma 1914). Studiò giurisprudenza all’università di Pavia e aderì in gioventù al movimento mazziniano, ma se ne allontanò già in occasione del tentativo insurrezionale del febbraio 1853 a Milano e poi, definitivamente, nel corso degli eventi del 1859-61, spostandosi su posizioni moderate e favorevoli alla politica di Cavour. Deputato della Destra nel primo Parlamento italiano, ricoprì la carica di ministro degli Esteri nel governo Minghetti dal marzo 1863 al settembre 1864 e partecipò alle trattative che prepararono la Convenzione di settembre. Di nuovo ministro dal giugno 1866 al giugno 1867 e dal dicembre 1869 alla caduta della Destra, ebbe una parte determinante nell’orientare la politica estera italiana. Affrontò i gravi problemi politico-diplomatici connessi alla conquista di Roma (1870) e alla legge delle guarentigie (1871), le questioni relative ai rapporti con la Francia, dominata in quegli anni da correnti clerico-monarchiche ostili all’Italia, e si adoperò, tra il 1873 e il 1875, per un avvicinamento agli Imperi centrali volto a stabilire buoni rapporti diplomatici senza un’alleanza diretta; la sua fu insomma una politica prudente ed equilibrata, tesa ad assicurare al paese un periodo di tranquillità per potersi concentrare sulle questioni interne. La caduta della Destra nel marzo 1876 allontanò Visconti-Venosta dalle responsabilità di governo per un ventennio. Furono gli anni in cui venne costituita e rinnovata la Triplice alleanza ed ebbe inizio l’avventura coloniale con la conquista dell’Eritrea e con il protettorato in Somalia, un periodo in cui la politica di Francesco Crispi portò al massimo grado la tensione con la Francia. Nel 1896 Visconti Venosta, che nel 1886 era stato nominato senatore, tornò al ministero degli Esteri nel terzo governo Rudinì, poco dopo la caduta di Crispi e all’indomani di Adua (marzo 1896), e vi rimase fino al 1898. Fu ancora ministro dal 1899 al 1901 e, nella mutata situazione, si preoccupò di contemperare il mantenimento della Triplice alleanza con il miglioramento delle relazioni con la Francia, imprimendo comunque quello che egli stesso definì «un colpo di timone» alla diplomazia italiana. A tale direttiva si ispirarono le trattative per le convenzioni italo-francesi del 1896, volte a regolare la posizione degli italiani in Tunisia, quelle del 1898 per un nuovo trattato commerciale e infine quelle del 1900, che sanzionarono l’accordo tra i governi di Roma e di Parigi sulle questioni della Libia e del Marocco e costituirono la base della più ampia intesa italo-francese del 1902. Per i suoi meriti nel 1901 fu insignito del Collare dell’Annunziata. A suggellare la nuova fase dei rapporti internazionali dell’Italia, fu inviato nel 1906, come primo delegato italiano, alla Conferenza di Algeciras, dove svolse un’opera di abile mediazione. Dopo questo impegno si ritirò definitivamente a vita privata.