RINNOVABILI, ENERGIE
- Energia solare. Fotovoltaico. Solare termodinamico. Solare termico. Energia eolica. Parchi eolici. Minieolico. Le altre fonti. Idroelettrico. Biomasse e biocarburanti. Energia geotermica. Energia marina. Bibliografia.
Il decennio 2004-14 ha segnato l’affermazione delle fonti rinnovabili di energia. La crescita degli investimenti globali nelle tecnologie per il loro sfruttamento, passati dai 45 miliardi di $ ai 270 (figg. 1 e 2), con il massimo assoluto del 2011 (279 mld $), ne testimonia lo sviluppo che ha consentito nel 2013 il soddisfacimento del 19,1% dei consumi mondiali di energia finale.
Gli impianti complessivamente installati nel 2014 corrispondono a una potenza di 95 GW, con un notevole incremento rispetto al 2013 e al 2012 (rispettivamente 74 GW e 79 GW), e soprattutto rispetto al 2011 (70 GW). Questa tendenza all’aumento dell’efficacia degli investimenti in termini di potenza realizzata si spiega con la riduzione dei costi delle tecnologie applicate.
All’origine della diffusione delle e. r. si trovano concause di diversa connotazione, industriali, di politica energetica e ambientali. La generale riduzione dei costi delle tecnologie rinnovabili a maggiore impatto, tipicamente misurata in termini di levelised cost of electricity (LCOE, o costo annuo equivalente, CAE) – una misura del costo unitario dell’energia (dollari o euro per kWh) di un progetto, calcolato sull’intero ciclo di vita economica dello stesso attualizzandone i costi – ne ha favorito la concorrenzialità con l’energia prodotta da fonti fossili. Per l’energia elettrica, non sono rari, per es., i casi di produzione da e. r. che si trovano nella condizione di cosiddetta grid parity (costo dell’energia prodotta equivalente alla parte variabile del costo dell’energia venduta in rete). Il maggiore ricorso alle fonti rinnovabili consente inoltre sia di combattere un importante fattore di sottosviluppo in molte aree povere e rurali del pianeta, ossia il mancato accesso all’energia elettrica che colpisce ancora circa 1 miliardo di persone (delle quali il 55% nell’Africa subsahariana e il 35% in Asia meridionale), sia di contribuire a un sistema di approvvigionamento energetico meno esposto alle criticità di tipo geopolitico che caratterizzano le fonti fossili (v.). Una percentuale progressivamente maggiore delle rinnovabili nel mix energetico mondiale è infine richiesta da tutti i programmi internazionali di contrasto ai cambiamenti climatici (v.). Peraltro, un modello di produzione e consumo energetici basato sulle e. r. comporta anche rimarchevoli elementi innovativi economico-sociali. Oltre al contributo diretto alla green economy (v.) in posti di lavoro (circa 10 milioni, IRENA 2015), l’affermazione di una struttura di rete policentrica e tecnologicamente evoluta nella dinamica di risposta alle variazioni (smart grid, v. sistema elettrico italiano; tecnologie per la transizione energetica), non più sostanzialmente organizzata in grandi unità di produzione centralizzate, che prevede il ruolo dell’utente prosumer (produttore/consumatore) e la funzione ottimizzante di distretti efficienti di produzione e autoconsumo, ha notevoli implicazioni, per es., nella prospettiva della sharing economy (v. trasporto: Flussi, tipologie e integrazione dei trasporti). Tuttavia, il percorso di ulteriore crescita delle rinnovabili non è privo di ostacoli, tra i quali è particolarmente gravoso il conflitto potenziale con gli interessi della finanza per le dimensioni del mercato finanziario delle fonti fossili (più di un ordine di grandezza superiore agli investimenti in rinnovabili e il maggiore tra i mercati delle materie prime, v. petrolio). Fatta eccezione per i biocombustibili, le fonti rinnovabili, in quanto tecnologia applicata a sorgenti non confinate, non contemplano la possibilità di alimentare un mercato di derivati finanziari. La riduzione dei consumi delle commodities fossili causata da una forte crescita delle e. r., con ogni probabilità a maggior danno del gas naturale, per la concorrenza nella produzione di energia elettrica, che del petrolio, protetto dalla sua maggiore specializzazione in impieghi a minor rischio concorrenziale (trasporti, industria chimica), potrebbe causare una forte flessione del mercato finanziario consolidato su tali sottostanti, e determinare gravi conseguenze economiche se non bilanciata dall’espansione di cicli economici compensativi.
Energia solare. – Fotovoltaico. – Il solare fotovoltaico ha raggiunto nel 2014, a sessant’anni dalla prima dimostrazione pubblica del funzionamento di una cella fotovoltaica, una potenza installata mondiale di 177 GWe. Questo livello di capacità di produzione di energia elettrica, che eleva definitivamente il settore dalla marginalità, è stato l’esito di un decennio di sviluppo sempre più marcato con tassi di crescita annuale in costante aumento (fig. 3). Parimenti sono cresciuti gli investimenti a scala mondiale che nel 2014 (135 miliardi di $) sono tornati ai livelli massimi del 2011, costituendo la quota maggiore delle spese complessive in rinnovabili. Il fotovoltaico è in grado attualmente di soddisfare circa l’1% della domanda di energia elettrica mondiale, attraverso numerosi impianti (sei milioni a inizio 2015; erano 100.000 nel 2000) di taglia variabile, dai pochi kW (utenze domestiche prevalentemente connesse in rete) ai MW dei complessi di scala industriale (utility-scale). Sono circa 70 gli impianti fotovoltaici di potenza superiore ai 50 MWe (distribuiti in 14 Paesi), dei quali i primi dieci per capacità si trovano in Cina, India e Stati Uniti. In quest’ultimo Paese, in California, sono collocate le due centrali fotovoltaiche più grandi in assoluto (ognuna da 550 MWe, di taglia analoga a una centrale a carbone o nucleare), Topax solar e Desert sunligth, realizzate con tecnologia a film sottile in tellururo di cadmio, CdTe (circa 9 milioni di moduli fotovoltaici ognuna). Diciannove Paesi sono dotati di una capacità fotovoltaica sufficiente a coprire l’1% della domanda elettrica nazionale. Tra questi, si posizionano ai primi tre posti Italia, Grecia e Germania, rispettivamente con il 7,9%, il 7,6% e il 7,1%. Nel 2014 si è rinforzata la tendenza allo spostamento verso l’Asia dell’installazione di nuovi impianti. Cina e Giappone hanno incrementato la capacità fotovoltaica rispettivamente di 10,6 GWe (conseguendo 28,2 GWe di potenza fotovoltaica cumulativa, Pcpv) e 9,7 GWe (23,3 GWe Pcpv), mentre gli Stati Uniti hanno realizzato una quota incrementale comunque significativa (6,2 GWe; 18,3 GWe Pcpv) e in Europa, che negli anni precedenti era stato il luogo di maggiore sviluppo, soltanto Gran Bretagna (2,4 GWe; 5,2 GWe Pcpv) e Germania (1,9e GW; 38 GWe Pcpv) hanno superato la soglia di 1 GWe in nuova capacità installata. L’Italia, che detiene una capacità installata di 18,5 GWe, quinta in ordine di potenza al mondo, ha subito una forte contrazione nel mercato dei nuovi impianti (0,4 GWe nel 2014), anche a causa di una politica di restrizione applicata agli incentivi economici in precedenza erogati con il Conto energia (v. mercati energetici).
Anche la produzione industriale dei moduli fotovoltaici ha subito una migrazione verso l’Estremo Oriente, in particolare in direzione della Cina che dal 2009 domina il settore (64% della produzione mondiale nel 2014), dopo che nell’ultimo decennio se ne era avuto lo spostamento dagli Stati Uniti al Giappone, in una prima deriva orientale, e poi in Europa. Il panorama industriale continua a mantenersi dinamico, con molti costruttori, in particolare statunitensi, cinesi, sudcoreani, giapponesi e tedeschi interessati a partnerships strategiche per fronteggiare con maggiori forze le sfide della ricerca per il miglioramento dei prodotti e l’integrazione verso produzioni complementari ai sistemi fotovoltaici (per es., l’ottimizzazione dei sistemi di accumulo di energia).
Riguardo agli aspetti economici, anche se con significative variazioni locali attribuibili ai cosiddetti soft costs (installazione degli impianti, costi finanziari, adempimenti regolatori ecc.), dal 2008 è in corso una marcata riduzione dei costi degli impianti fotovoltaici (fig. 4), determinata dalla diminuzione del costo dei componenti (moduli, inverter, elementi strutturali) e dall’estensione di nuove formule di finanziamento dei progetti (per es., negli Stati Uniti, con la raccolta di capitali a basso costo attraverso la collocazione dei titoli di società ad azionariato diffuso, cosiddette yieldcos, destinate al possesso degli impianti con il mandato di trasferire buona parte dei flussi di cassa agli azionisti come dividendi). Il costo dell’energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici sta diventando conseguentemente competitivo con quello degli impianti da fonti fossili (fig. 5).
Nel determinare modelli di business esenti da incentivi pubblici, questo fattore, del quale si prevede una conferma marcata nel prossimo quinquennio, sarà centrale nell’ulteriore affermazione del fotovoltaico. In numerosi Paesi il fotovoltaico ha raggiunto, per alcune categorie di consumo, la cosiddetta grid parity e sono diffusi i casi in cui per questa fonte il costo LCOE è già inferiore al costo dell’energia elettrica al consumatore (v. tabella).
Le relazioni periodiche (outlook) sullo stato del settore energetico prospettano per il fotovoltaico una forte crescita generalizzata, prefigurando anche il raggiungimento nei prossimi vent’anni della quota del 10% nella produzione mondiale di elettricità (Deutsche Bank 2015).
I progressi della tecnologia fotovoltaica hanno prodotto miglioramenti nell’efficienza di conversione dell’energia solare, nella durata dei dispositivi (25 anni per i moduli a tecnologia consolidata) e nella loro efficacia in una finestra più ampia di condizioni (per es., alte temperature, umidità, deposizione di polveri e sabbia). Negli ultimi dieci anni l’efficienza dei moduli commerciali di silicio cristallino è aumentata con un tasso annuo dello 0,3% raggiungendo il 16% (2013). Tra questi le migliori prestazioni (21% di efficienza) sono offerte dai moduli a tecnologia IBC (Intergitaded Back Contact, back-junction, contatti della cella nella parte posteriore). I pannelli di silicio cristallino (c-Si, crystalline silicon), monocristallino (sc-Si, single-crystalline silicon) o policristallino (mc-Si, multicrystalline silicon) continuano a dominare il mercato (90%, 2013). Anche per i moduli commerciali a film sottile (realizzati in telluluro di cadmio, CdTe, in diseleniuro di indio e rame/ diseleniuro di indio, gallio e rame, CIS/CIGS, o in silicio amorfo, a-Si), che coprono il 10% (2013) del mercato (in riduzione rispetto al 16% del 2009), sono stati realizzati miglioramenti di efficienza di conversione: in particolare, i pannelli in CdTe hanno raggiunto il 15%. Sono numerose le ricerche rimarchevoli che si avvalgono delle nanotecnologie e sono finalizzate a ottenere dispositivi fotovoltaici ad alta efficienza e basso costo, per es. sui concentratori solari luminiscenti a specchi fotonici e punti quantici in seleniuro di cadmio, CdSe, e solfuro di Cadmio, CdS. Quest’ultima tecnologia aprirebbe la prospettiva di ridurre notevolmente i costi, e ampliare la versatilità d’uso (per una minore complessità impiantistica), dei sistemi fotovoltaici a concentrazione (CPV), basati su celle multigiunzione altamente efficienti (Em=25-35%) e su dispositivi ottici reiflettenti o rifrattivi, in configurazioni che continuano a essere economicamente competitive soltanto in aree a soleggiamento rilevante e irraggiamento diretto notevole (potenza mondiale installata pari a circa 350 MW).
Nello sviluppo dei materiali foto-voltaici innovativi, cosiddetti di terza generazione, sono di rilievo le ricerche sulle celle a perovskite (ibride, organiche/inorganiche) che fanno prefigurare efficienze prossime ai moduli in silicio e significative riduzioni dei costi di produzione. Avanzamenti sono stati inoltre realizzati riguardo le caratteristiche dei moduli OPV (Organic Photo-Voltaic) e DSSC (Dye Sensitized Solar Cells, v. elettronica molecolare; ingegneria molecolare; liquidi ionici). I dispositivi basati su queste celle, anche se non garantiscono ancora efficienze comparabili con quelle dei pannelli commerciali, denotano qualità (flessibilità, semitrasparenza) che ne prefigurano incrementate potenzialità applicative. Peraltro la maturità dell’industria fotovoltaica consente già un’apprezzabile varietà d’uso dei suoi prodotti, come dimostra in modo emblematico nel trasporto aereo il progetto del velivolo Solar impulse, ideato in Svizzera con l’affiliazione della confederazione elvetica e il contributo di università e industrie. Nella sua seconda versione, l’aereo ultraleggero che ne è scaturito (2300 kg di peso, con apertura alare di 72 m comparabile a quella di un Boeing 747), la cui propulsione è assicurata da 17.000 celle fotovoltaiche, disposte sulla superficie alare, le quali alimentano 4 motori elettrici da 17,5 CV ognuno (assistiti da batterie al litio del peso di 633 kg), nel corso di un programma di volo dimostrativo a più tappe finalizzato a completare la circumnavigazione del globo, ha compiuto la trasvolata record dell’Oceano Pacifico dal Giappone alle Hawaii (7212 km, in 4 giorni 21 ore e 52 minuti dal 28 giugno al 3 luglio 2015).
Solare termodinamico. – Il solare termodinamico, o solare a concentrazione (CSP, Concentrated Solar Power), che sfrutta l’energia solare, attraverso superfici riflettenti che ne convogliano i raggi sul fluido termovettore alloggiato in opportuni ricevitori, per produrre calore ad alta temperatura da impiegare poi per generare energia elettrica o per usi termici, nell’ultima decade ha avuto uno sviluppo significativo. Nel periodo 2009-14 la potenza installata globale CSP è cresciuta a un tasso annuo medio del 46% raggiungendo 4,4 GW. La Spagna, malgrado un forte rallentamento negli ultimi due anni, rimane il Paese con la maggiore capacità CSP (2,3 GW), seguita dagli Stati Uniti che invece hanno molto incrementato la loro dotazione nel 2014 (+0,9 GW per un tolate di 1,6 GW) anche con l’ingresso in esercizio della più grande centrale CSP al mondo (l’impianto a torre di Ivan-Pah da 377 MWe). Oltre all’India, nei cui confini sono state realizzate grandi centrali CSP (in particolare con tecnologia a concentratori lineari Fresnel), vari Paesi hanno in corso programmi per impianti di scala industriale (Repubblica Sudafricana, Marocco, Cina, Cile) e in numerosi altri sono presenti centrali di produzione o pilota (Emirati Arabi, Algeria, Egitto, Australia, Thailandia, Francia, Germania, Repubblica di Corea, Turchia, Italia). Notevole l’interesse nei confronti dei progetti di impianti ibridi che integrano la fonte solare con altre, sia fossili (per es., in Arabia Saudita e in Kuwait con il gas naturale) sia rinnovabili (per es., negli Stati Uniti e in Israele, rispettivamente con energia geotermica e biomassa); ne sono esempi in Italia la centrale CSP pilota Archimede (5MWe), integrata con la centrale termoelettrica a gas Enel di Priolo Gargallo (Siracusa), e l’impianto CSP da 1 MWe realizzato da Falck Renewables per essere integrato con una centrale a biomassa (Rende).
L’integrazione di più fonti, complementari nelle modalità di erogazione della produzione, è un’opzione tecnologica, insieme ai sistemi di accumulo, per limitare gli effetti della disponibilità variabile dell’energia solare. Oltre al miglioramento delle miscele di sali fusi, già utilizzate nei sistemi commerciali (per es., nella tecnologia dell’Enea per la centrale Archimede, dove sono impiegate anche come fluido termovettore), continuano a essere centrali le ricerche sulla fase di accumulo dell’energia termica (TES,Thermal Energy Storage).
Solare termico. – Anche il solare termico ha seguito negli ultimi dieci anni una curva di crescita marcata, prevalentemente per la produzione di acqua calda sanitaria e per il riscaldamento, e con tendenza in aumento per la produzione di energia di processo industriale. Dal 2004 al 2014 la potenza termica globale dei collettori ad acqua, la tipologia di gran lunga più diffusa, è aumentata di oltre quattro volte, da poco meno di 100 GWt a 406 GWt (nel settore residenziale, il solare termico soddisfa l’1,2% circa della domanda mondiale di acqua calda sanitaria e riscaldamento). La Cina domina il mercato con il 70% della potenza cumulativa installata (con incremento di 44,5 GWt nel 2013, prevalentemente a tecnologia a tubi sotto vuoto). Seguono, con dati incrementali al 2013, Stati Uniti (4,5%; +0,7 GWt, in prevalenza a tecnologia unglazed collectors), Germania (3,3%; +0,7 GWt, in prevalenza a tecnologia piana vetrata), Turchia (2,9%; +1,3 GWt, con contributo grosso modo equivalente delle tecnologie piana vetrata e a tubi sotto vuoto), Brasile (1,8%; +1 GWt, con contributo sostanziale della tecnologia unglazed collectors), Australia (1,5%; +0,6 GWt, in prevalenza a tecnologia unglazed collectors), India (1,2%; +0,8 GWt, prevalentemente a tecnologia a tubi sotto vuoto). L’Italia, come in generale tutti i maggiori Paesi europei, negli ultimi quattro anni ha subito una forte contrazione delle nuove installazioni (+0,2 GWt e 0,188 GWt, rispettivamente nel 2013 e 2014), mantenendo comunque lo 0,7% della potenza cumulativa mondiale. Malgrado costituiscano quote sempre minoritarie rispetto agli impianti convenzionali per il residenziale, sono in aumento i sistemi per il riscaldamento di gros si complessi (alberghi, scuole) e i sistemi a collettori avanzati (temperature di esercizio nell’intervallo 60-120 °C), in particolare nell’Europa centro-settentrionale, per distretti cosiddetti solar-assisted, spesso in configurazione ibrida associati ad altra fonte energetica (per es., biomasse), e per impianti industriali. Queste applicazioni si possono avvalere dei progressi delle tecnologie a concentrazione solare.
Energia eolica. – Nel 2014 la produzione da fonte eolica ha soddisfatto su scala mondiale il 3,1% dei consumi di energia elettrica. Nel decennio 2004-14 la potenza installata globale è cresciuta considerevolmente da 48 GWe a 370 GWe (di cui 8,5 offshore, ovvero in mare), con il record di crescita annuale stabilito nel 2014 (51 GWe), anche grazie all’incremento realizzato in Cina (23,2 GWe per 115 GWe cumulativi in grado di assicurare il 2,8% della produzione elettrica). Tale capacità è prevalentemente (84%) concentrata in dieci Paesi: oltre alla Cina, Stati Uniti (65 GWe), Germania (39,2 GWe), Spagna (23 GWe), India (22,5 GWe), Gran Bretegna (12,4 GWe), Canada (9,7 GWe), Francia (9,3 GWe), Italia (8,6 GWe), Brasile (5,9 GWe). Tuttavia l’evoluzione della tecnologia e la diminuzione dei costi, in particolare per gli impianti onshore (ovvero in terraferma) che hanno pressoché raggiunto la competitività con quelli a carbone e a gas (fig. 5), stanno favorendo diffusamente l’apertura di nuovi mercati (oltre a quello asiatico che è già divenuto il maggiore), in aree emergenti (per es., nel 2014, in Turchia dove sono stati aggiunti 0,8 GWe per una capacità totale di 3,8 GW, o in Uruguay, che ha avuto in assoluto il maggior incremento annuale pro capite). I Paesi dotati della più grande potenza eolica installata pro capite rimangono Danimarca, Svezia, Germania, Spagna e Irlanda. L’Unione Europea, che sta concertando una politica energetica comune finalizzata al conseguimento della cosiddetta Energy Union, detiene ancora il primato mondiale della capacità eolica (129 GWe, ossia il 7,5% del mix elettrico comunitario), e si ritiene possa raggiungere nel 2030 i 320 GWe (di cui 66 offshore) per soddisfare a quella data circa il 24,4% dei consumi elettrici dell’UE (EWEA 2015).
Parchi eolici. – Per la produzione relativa ai parchi eolici (wind farms), l’evoluzione tecnologica delle turbine (per es., nello sviluppo del design e dei materiali delle pale) verte alla riduzione dei costi, all’aumento dell’efficienza in regimi di velocità di vento più ampi e alla realizzazione, in particolare per i campi offshore, di aerogeneratori di maggiori dimensioni (altezze maggiori per venti più forti, fattori di capacità superiori). Una turbina da 8 MWe, primato assoluto in termini di potenza, e diametro del rotore di 164 m (tecnologia Vestas) è stata installata nel 2014 nel centro test di Osterild (Danimarca). Questa tendenza risponde anche all’esigenza di ridurre l’impatto ambientale dei sistemi eolici (Caduff, Huijbregts, Althaus 2012). Lo sviluppo dei parchi eolici offshore è più marcato in Europa, in particolare nel Mare del Nord. In queste acque è operativo il più grande complesso al mondo (London Array, Gran Bretagna, 630 MWe), ne è in costruzione uno equivalente (Gemini, Paesi Bassi, 600 MWe) e altri sono stati autorizzati, alcuni di dimensioni anche superiori (area Dogger Bank, Gran Bretagna) e diversi distribuiti in modo prossimale in zone pianificate (per es., area del Borkum reefground, Germania). L’industria europea del settore individua nel prezzo di 122 $/MWh l’obiettivo di riduzione dei costi dell’elettricità prodotta al 2020 (inclusi quelli delle infrastruttre di trasmissione), oggi ancora più alti del 50-60% rispetto ai sistemi onshore e variabili nella fascia ampia di 125-204 $/MWh. Anche le nuove installazioni in terraferma tendono a utilizzare areogeneratori di dimensioni sempre più grandi. Negli Stati Uniti, per es., dove sono situati numerosi parchi eolicionshore – tra questi il parco Alta wind energy center (California, 1320 MWe) è il secondo a scala globale dopo il cinese Jiuquan wind power base (provincia di Gansu, 5150 MWe nel 2010 e in espansione) –, le nuove turbine in esercizio hanno una potenza media di 1,9 MWe (altezza torre, 83 m; diametro rotore, 100 m; fattore di capacità, 33%).
Minieolico. – Cina (305 MWe) e Stati Uniti (221 MWe) detengono anche le maggiori quote del non trascurabile mercato del minieolico, che conta nel mondo 870.000 impianti per 775 MWe di potenza installata (2013) e che continua a trovare applicazione nell’elettrificazione di zone rurali, nelle pompe per il sollevamento dell’acqua, nella ricarica di sistemi di accumulo a batteria, nelle telecomunicazioni, oltre a conquistare campo anche nell’immissione di energia elettrica in rete con lo sviluppo delle smart grids e con la diffusione anche di microimpianti (<0,5 kWe) a elevata integrazione architettonica per utenze domestiche (per es., turbine ad asse verticale e design evoluto). Nel segmento del minieolico sono significativi anche i mercati britannico (113 MWe), italiano (29,1 MWe) e tedesco (21,8 MWe).
Le altre fonti. – Fatta eccezione per il settore del grande idroelettrico, che costituisce ancora la parte maggiore della potenza elettrica mondiale da fonti rinnovabili (1055 GWe), e cronologicamente ne rappresenta il primo e più maturo nucleo, le altre fonti, biomasse e biocombustibili, piccolo idroelettrico, geotermico ed energia marina, hanno veicolato nel 2014 una quota minoritaria degli investimenti (fig. 2).
Idroelettrico. – Il grande idroelettrico (centrali idroelettriche di taglia grande), che trova ancora qualche prospettiva nella realizzazione di nuove dighe e nel potenziamento degli impianti (39 GWe nel 2014, in buona parte in Cina e poi in Brasile, Canada, Turchia, India e Russia), con vincoli comunque dettati dalle valutazioni sull’impatto ambientale (e talvolta geopolitico) dei progetti, ha ricevuto nuovo impulso dalle innovazioni finalizzate ad aumentare la flessibilità e l’efficienza della produzione idroelettrica, anche per equilibrare e integrare la porzione crescente in rete dell’energia elettrica prodotta dalle fonti rinnovabili non programmabili. Ne rappresentano un esempio gli impianti di pompaggio per accumulo idraulico a velocità variabile (un impianto di questo tipo da 1 GWe è in completamento sulle Alpi svizzere, Linthal). Nel settore idroelettrico, un altro ambito accreditato di un buon potenziale di crescita è quello del piccolo idroelettrico (potenza impianti <50 MWe; potenza mondiale installata di 75 GWe) per la sua capacità a ridotto impatto ambientale di elettrificare zone rurali. Lo sviluppo della tecnologia delle turbine idrauliche a velocità variabile ne ha promosso la crescita in configurazione ad acqua fluente, in particolare in Italia (anche con il sostegno degli incentivi previsti dal d.m. 6 luglio 2012). L’affermazione delle smart grids ne potrà favorire un ulteriore incremento.
Biomasse e biocarburanti. – Le biomasse sono utilizzate come materia prima per le bioraffinerie, impianti in forte sviluppo secondo le prospettive delle chimica verde (v. chimica, industria), e per usi energetici. Le biomasse tradizionali (legno, carbone da legna, scarti agricoli, deiezioni animali) costituiscono ancora parte significativa dei consumi energetici mondiali (6-9%), prevalentemente per usi domestici nei Paesi non sviluppati. Le biomasse per usi energetici a tecnologia avanzata trovano applicazioni nella produzione di calore, di energia elettrica e dei biocarburanti. Gli impianti per la produzione di calore, alimentati da biomassa solida, liquida o gassosa, a scala mondiale forniscono una potenza installata di 305 GWt che è stata incrementata nel 2014 di 9 GWt. I combustibili a biomassa consentono di produrre calore (200-400 °C) sia per usi industriali, reti di teleriscaldamento, processi agroalimentari, impianti di cogenerazione, sia a temperature inferiori (<100 °C) per il riscaldamento di acqua residenziale, commerciale e industriale e di ambienti. In Europa, dove si realizza la maggiore produzione di biocalore (861 TWh contro 750 TWh dei Paesi asiatici), oltre all’uso di biomassa solida è impiegato a questo fine circa il 50% del biogas disponibile. Nell’Ame rica Settentrionale (722 TWh), in particolare negli Stati Uniti, la biomassa per usi termici è in buona parte impiegata in ambito industriale (prevalentemente nell’industria carta-ria) e per il riscaldamento domestico (800.000 stufe a pellet e 2,7 milioni di case riscaldate principalmente a legna).
Le centrali a biomassa per produzione di energia elettrica compongono un parco mondiale da 93 GWe. L’Unione Europea ne dispone per una potenza installata di 35,5 GWe, con impiego di biogas (da scarti di lavorazioni agricole, letame, coltivazioni energetiche, discariche, fanghi di depurazione) tendenzialmente in crescita (7,9 GWe nel 2014) e rispetto al quale suscita particolare interesse, anche in Italia (deliberazione AEEGSI 12 febbr. 2015 46/3015/R/Gas), la prospettiva del biometano (più di 200 impianti, 154 in Germania, 54 in Svezia, 23 nei Paesi Bassi), un suo derivato, attraverso processi di raffinazione (upgrading) che ne consentono gli impieghi consueti propri del gas naturale (immissione in rete ed extra rete, per es. nell’autotrazione). Sono di rilievo anche le capacità elettriche a biomassa di Stati Uniti (16,1 GWe, prevalentemente legno e residui agricoli in cogenerazione e anche rifiuti solidi urbani), Cina (10 GWe, prodotti agricoli e forestali e rifiuti soliti urbani) e Giappone (4,7 GWe, rifiuti solidi urbani e biogas).
Anche grazie a un quadro normativo favorevole sia in Europa sia negli Stati Uniti (v. petrolio), la produzione annuale mondiale di biocarburanti per autotrazione ha raggiunto nel 2014 il massimo storico di 127,7 miliardi di litri, costituita da bioetanolo per il 74% e biodiesel per il 23% (prevalentemente metil-estere di acidi grassi, FAME). La produzione di bioetanolo si realizza in gran parte negli Stati Uniti (58% del totale mondiale), in Brasile (28%), in Europa (6%) e in Cina (3%, ma con tasso di incremento 2014 del 5%). Quella di biodiesel in Europa (39%), Stati Uniti (16%), Brasile (11%), Indonesia (10%) e Argentina (9%). Di notevole rilievo sono anche gli sviluppi dei biocarburanti per aviazione, già utilizzati per voli commerciali in Europa, Brasile e Stati Uniti.
Energia geotermica. – L’energia geotermica contribuisce alla produzione di energia mondiale con una capacità elettrica installata di 12,8 GWe e con una potenza per usi termici diretti (riscaldamento e raffreddamento ambienti, con esclusione delle pompe di calore) di 20,4 Gwt. Tra i Paesi maggiori utilizzatori si annoverano: Cina, 6,1 GWt; Stati Uniti, 3,5 GWe, 0,6 GWt; Turchia, 2,8 GWt, 0,4 GWe; Islanda, 2 GWt, 0,7 GWe; Giappone, 2,1 GWt, 0,5 GWe; Filippine, 1,9 GWe ; Italia, 0,9 GWe, 0,8 GWt; Indonesia, 1,4 GWe ; Unione Indiana, 1 GWt; Nuova Zelanda, 1,0 GWe; Messico, 0,9 Gwe; Kenya, 0,6 GWe ; Ungheria, 0,9 GWt. Le linee di sviluppo di rilievo in questo settore riguardano i sistemi geotermici stimolati o assistiti (EGS, Enhanced Geothermal Systems), per l’estensione dello sfruttamento ad aree diverse dalle convenzionali idrotermali (il cui potenziale nei soli Stati Uniti è stimato intorno ai 100 GW) e i sistemi ibridi che consentono lo sfruttamento dell’energia geotermica in combinazione ad altra di diversa provenienza (per es., da solare termodinamico o da biomassa, con esempi anche in Italia secondo tecnologia Enel).
Energia marina. – La conversione dell’energia delle acqua marine (onde, maree, correnti di marea, correnti marine, gradienti di temperatura e di salinità) apporta globalmente soltanto 540 MW di potenza per produzione di energia. Malgrado siano molti, e a tecnologia e principi diversi, gli impianti prototipo realizzati, i soli in uso commerciale rientrano nella tipologia a sbarramento di marea. Tuttavia il grande potenziale di questa fonte continua a motivare gli sforzi della ricerca e nel 2014 il settore ha beneficiato del maggiore incremento percentuale dei finanziamenti tra tutte le rinnovabili (110%). I più promettenti risultati sono attesi dalle tecnologie per maree, correnti e onde in mare aperto.
Bibliografia: M. Caduff, M.A.J. Huijbregts, H.-J. Althaus et al., Wind power electricity: the bigger the turbine, the greener the electricity?, «Environmental science and technology», 2012, 46, pp. 4725-33; IEA, Technology roadmap, solar photovoltaic energy, Paris 2014; Deutsche Bank, Crossing the chasm, Frankfurt-New York 2015; EWEA, Wind energy scenarios for 2030, Brussels 2015; IEA, Tracking clean energy progress, Paris 2015; IRENA, Renewable energy and jobs, annual review, Masdar city (Abū Dhābi) 2015; Ren21, Renewable 2015, global status report, Paris 2015.