EPIRO
(gr. ῎ΗπειϱοϚ; lat. Epirus)
Regione storica del quadrante meridionale della penisola balcanica, dall'età tardoantica, in seguito alla riforma amministrativa dioclezianea, articolata in due province, Epirus vetus ed Epirus nova, ambedue facenti parte della diocesi di Macedonia nella prefettura dell'Illirico orientale.L'Epirus vetus, che aveva per capitale Nicopoli, si estendeva dai monti Cerauni alla foce del fiume Acheloo e dal mare Ionio fino alla catena montuosa del Pindo; appartenevano inoltre a questa provincia le isole di Corfù, Leucade e Itaca. L'Epirus nova, con capitale Durazzo, occupava i territori a N dei monti Cerauni fino al fiume Drin e verso E arrivava fin oltre il lago di Ochrida.Oltre alle città sedi episcopali, note dal ΣυνέϰδημοϚ di Ierocle (prima metà del sec. 6°), tanto le fonti quanto le indagini archeologiche testimoniano dell'esistenza di un notevole numero di insediamenti nella regione.Già dai primi secoli dell'era cristiana l'E. subì le invasioni di Eruli, Vandali e Goti, cui seguì, verso la fine del sec. 6°, la massiccia migrazione slava. Iniziò allora anche la decadenza di Nicopoli, che sopravvisse però probabilmente fino al sec. 10°, come dimostra anche la fondazione, intorno alla metà del sec. 9°, del tema omonimo, che ebbe come capitale Naupatto (Lepanto). Nello stesso periodo la provincia di Epirus nova venne sostituita dal tema di Durazzo, anch'esso creato in funzione della difesa dei confini occidentali dell'impero bizantino dalle incursioni arabe. A queste fecero seguito le invasioni dei Bulgari (sec. 10°) e dei Normanni (secc. 11°-12°), che conquistarono temporaneamente alcuni territori del tema di Durazzo, tra cui la stessa capitale.La popolazione dell'E., prevalentemente di lingua greca nel Sud e di cultura latina nel Nord, fu cristianizzata abbastanza tardi, anche se le origini della nuova religione nella regione risalgono molto probabilmente all'età apostolica; sono noti nomi di martiri locali del sec. 3°, ma non sono attestati vescovi antecedenti il 4° e quasi tutti i monumenti della regione non sono anteriori al 5° secolo.Durante il periodo paleocristiano la Chiesa epirota era divisa in due metropolie, Nicopoli e Durazzo, cui erano sottoposte le diverse diocesi e che, facendo parte dell'Illirico orientale, continuarono a dipendere dal punto di vista ecclesiastico dal papato fino alla metà del sec. 8°, quando l'intera prefettura dell'Illirico passò sotto la giurisdizione del Patriarcato costantinopolitano. Durante il regno di Basilio II (976-1025), accanto alle due vecchie metropoli epirote fece la sua comparsa anche quella di Ochrida, sede della nuova Chiesa autocefala, fondata dall'imperatore dopo la fine della guerra contro i Bulgari (1018-1025).Dopo la presa di Costantinopoli da parte dei crociati (1204), tra i nuovi stati sorti sui territori dell'impero bizantino vi fu anche quello noto come Despotato dell'E., fondato da Michele I Angelo Ducas Comneno (1204-1215), con capitale Arta, che si estendeva dal golfo di Corinto fino a Durazzo, mentre verso E comprendeva una parte della Tessaglia. Dopo una breve fase di espansione coincisa con il regno di Teodoro Angelo Ducas Comneno (1215-1230), soprattutto dopo la morte di Michele II Angelo Ducas Comneno (1231-1267/1268) il Despotato subì un progressivo ridimensionamento territoriale, cui corrispose una fase di instabilità interna culminata nell'intervento dell'imperatore bizantino Andronico III Paleologo (1328-1341), che riunì i territori dell'E. a Costantinopoli (1340).Già alla metà del sec. 14° la regione venne nuovamente occupata, a N dai Serbi e a S dagli Albanesi. Gli ultimi despoti dell'E. furono i Tocco, famiglia italiana che dominava a Cefalonia: Carlo I Tocco (1411-1429) liberò Arta dagli Albanesi e riunì nuovamente sotto di sé la regione (1416), che cadde però definitivamente nelle mani dei Turchi tra il 1431 (caduta di Giannina) e il 1449 (caduta di Arta); l'Albania venne conquistata nel 1468.
Il centro più importante dell'E. in epoca paleocristiana fu Nicopoli; nell'architettura religiosa della città domina il tipo basilicale a tre navate (raramente a cinque) con transetto, presente in quattro delle cinque chiese di cui è nota la pianta (della sesta è stata individuata solo l'abside). Lo stesso tipo di impianto ricorre, nell'Epirus vetus, nelle basiliche di Paleopoli a Corfù, nella prima fase di quella di Dodona, nella piccola chiesa a navata unica sull'isoletta di Kéfalos nel golfo di Arta e nelle basiliche di Butrinto e di Fenice; nell'Epirus nova esso si ritrova nelle basiliche di Byllis (A e B) e di Scampe (Elbasan). In tutti questi casi, tranne la basilica B di Nicopoli, il transetto a terminazioni rettilinee è sporgente. Le basiliche di Paramythia e di Dodona (seconda fase) presentano una variazione del tipo, anch'essa forse di origine nicopolitana, nella quale i bracci del transetto hanno terminazioni semicircolari. Lo stesso schema si ritrova inoltre nella basilica di Arapait, presso Durazzo, la più grande delle chiese albanesi.La maggiore chiesa nicopolitana è la cattedrale (basilica B), a cinque navate, costruita verso la metà del sec. 5° e poi arricchita, all'inizio del successivo, da una serie di ambienti annessi, solo parzialmente scavati, tra cui una sala absidata situata a S della basilica e dotata di un proprio atrio. Altre strutture caratteristiche, che si ritrovano anche nella basilica E di Nicopoli e in altre chiese greche, sono i c.d. pastofori di tipo greco, due piccoli ambienti aggiunti alle estremità orientali delle ali del transetto in un'epoca posteriore alla costruzione della chiesa. La basilica B è inoltre l'unica a Nicopoli che conservi tracce della collocazione dell'ambone, posto sul lato destro della navata centrale, come avveniva di regola nelle chiese dell'E. e in genere dell'Illirico orientale.Dal punto di vista tipologico merita di essere ricordata anche la basilica C di Nicopoli, databile all'ultimo quarto del sec. 6°, che costituisce il più antico esempio della regione, in cui i due ambienti absidati posti ai lati del santuario assumono il ruolo caratteristico della protesi e del diaconico nella liturgia bizantina.Nell'Epirus vetus la forma a triconco è attestata, a Butrinto nella chiesa legata probabilmente al culto del martire Terino, e ad Antigonea. L'importanza del battistero di Butrinto è legata alla sua peculiare articolazione architettonica, con un vano circolare inscritto in un rettangolo che origina quattro ambienti angolari; la vasca battesimale, posta al centro della sala circolare, è circondata da un doppio giro di colonne.Esempi notevoli di architettura civile sono stati rivenuti a Nicopoli: si tratta di un edificio pubblico a due piani, di destinazione ignota, e di una villa con un grande triclinio e altre stanze più piccole ornate di mosaici pavimentali. Ancora discussa è poi la cronologia delle mura della città, sviluppate su di un tracciato grosso modo rettangolare, per un perimetro di km. 2 ca., e rinforzate da torri rettangolari sui lati e rotonde agli angoli. Nonostante un passo di Procopio (De Aed., IV, 37) attribuisca il rifacimento della cinta a Giustiniano (527-565), appare molto più probabile che le mura siano state costruite all'epoca di Zenone (474-491) o a quella di Anastasio I (491-518).Nicopoli fu il centro più importante dell'arte musiva, soprattutto tra la fine del sec. 5° e la fine del 6°; le sue botteghe estesero la propria attività in diverse aree dell'Epirus vetus (Corfù, Butrinto, Kéfalos), mentre alcune zone dell'Epirus nova, come Lin, Tirana, Scampe e Santi Quaranta (Sarandë), sembrano più probabilmente legate alla scuola di Licnido. I più celebri mosaici pavimentali della regione epirota sono quelli che ornano le ali del transetto della basilica A di Nicopoli, eseguiti nella seconda metà del sec. 6°, che per l'iconografia simbolico-cosmologica e la qualità artistica si pongono tra le opere più significative dell'epoca.Anche per quanto riguarda la scultura di epoca paleocristiana, che attende peraltro ancora uno studio sistematico, è ancora Nicopoli a fornire i materiali più numerosi e significativi. Gli elementi della decorazione architettonica venuti alla luce nel corso degli scavi (capitelli, transenne, plutei, cornici) attestano che oltre ai pezzi importati dai grandi centri dell'impero, soprattutto Costantinopoli, esistevano anche produzioni regionali, alle quali possono essere attribuiti alcuni plutei in pietra locale, dalla decorazione semplificata.Il periodo che va dalla fine del sec. 6°, quando inizia la decadenza di Nicopoli, fino alla fondazione dell'omonimo tema, intorno alla metà del sec. 9°, è caratterizzato da una carenza di testimonianze monumentali. Gli edifici religiosi più antichi dell'epoca mediobizantina, che giunge fino alla fondazione del Despotato dell'E. (1204), risalgono alla fine del sec. 8° e possono essere raggruppati in pochi tipi. La maggior parte delle chiese dell'epoca presenta un tradizionale impianto basilicale a tre navate: a questa tipologia appartengono la primitiva chiesa del monastero delle Blacherne nei dintorni di Arta, quella di S. Giorgio nella stessa città, così come S. Fotina a Fotiki e la chiesa eretta su quella paleocristiana a Glyky (Euroia). La chiesa di S. Demetrio Katsuris presso Arta presenta invece una pianta a croce inscritta: si tratta di una rara variante di questa tipologia, che conserva ancora il senso longitudinale delle basiliche e rappresenta il più antico esempio di questa soluzione nella regione tra la fine dell'8° e gli inizi del 9° secolo.La chiesa della Nascita della Vergine a Koronissia, nel golfo di Arta, costituisce un'altra rara variazione del tipo a croce inscritta: i bracci del transetto risultano inseriti in un quadrato solo nella parte occidentale, mentre quella orientale rimane libera. Il tipo c.d. di transizione (gr. metabatikós) si incontra inoltre nella chiesa della Episkopi, nell'omonimo villaggio a S di Argirocastro, mentre il tipo a croce libera è rappresentato da due chiese: S. Basilio del Ponte, nei pressi di Arta, della seconda metà del sec. 9°, e S. Parasceve, nel villaggio di Ampelia, sempre nella regione di Arta.Il secondo quarto del sec. 13° segna in E. la nascita di una scuola locale di architettura religiosa, caratterizzata dall'adozione di una grande varietà tipologica e il cui centro fu Arta, dove si conserva la maggior parte dei monumenti. Le tipologie più frequentemente attestate sono la croce inscritta, il c.d. staurepístegos (un tipo di chiesa coperta da una volta a botte longitudinale, intersecata da un'altra trasversale più alta, che crea una copertura a croce), e le chiese a navata unica. S. Nicola di Rodià, nei dintorni di Arta, costituisce il più antico esemplare del primo tipo, nella variante più semplice, a due colonne. Alla stessa tipologia appartengono inoltre la Megali Panaghia di Paramythia e la Kokkini Ekklesia a Bulgarélli.Il katholikón del monastero della Pantanassa, circondato in una seconda fase da gallerie, così come la chiesa della Dormizione della Vergine di Apollonia, nell'Epirus nova, presenta invece una pianta a croce inscritta su quattro colonne.Il tipo di chiesa con copertura cruciforme a tetto su tre navate è molto frequente, il caso più noto è la Kato Panaghia presso Arta, opera del despota Michele II Angelo Ducas Comneno. Ugualmente legati alla famiglia reale sono altri due monumenti di Arta: S. Teodora, l'ex basilica di S. Giorgio, che subì alcune trasformazioni (aggiunta di nartece e di gallerie) ordinate dalla vedova di Michele II, Teodora, alla quale fu in seguito dedicata, e la chiesa del monastero delle Blacherne, a N di Arta, luogo di sepoltura dei despoti. Quest'ultima, in origine basilica a tetto con tre navate, venne in seguito trasformata in basilica voltata con l'aggiunta di tre cupole.Le chiese a navata unica sono assai numerose e la più famosa, soprattutto per la sua decorazione esterna in ceramica dipinta è il S. Basilio di Arta; altri esemplari caratteristici del tipo sono S. Ciriaca a Gardiki e la Kokkini Panaghia presso Kónitsa.Il capolavoro dell'architettura del Despotato è costituito dalla Parigoritissa di Arta, costruita dal despota Niceforo I (1271-1296) verso il 1290. Il suo esterno presenta un aspetto tipicamente occidentale, di forma cubica, scandito da due ordini di bifore e coperto da cinque cupole. Il sistema di sostegni della cupola centrale, con tre ordini di colonne poggianti su mensole, conferisce un aspetto di spazio libero al naós, che è circondato da gallerie disposte su due piani.Caratteristica della scuola architettonica epirota fu la sintesi di elementi della tradizione locale con altri tipici di diverse regioni, come la Grecia meridionale (muratura a cloisonné), Costantinopoli (deambulatori e cappelle laterali), la Macedonia (timpani curvi) e infine l'Occidente (facciata della Parigoritissa, volte a crociera), con l'introduzione di elementi nuovi e caratteristici, come la decorazione in ceramica dipinta presente in una varietà di motivi. L'influsso della scuola epirota si estese a tutte le regioni vicine e lo si può riconoscere in diversi monumenti in Acarnania, Macedonia, Tessaglia e Albania; l'esempio più noto è costituito dalla Porta Panaghia presso Trikkala, che riprende il tipo della Kato Panaghia.Per quanto riguarda la pittura, non sono note in E. opere di epoca mediobizantina e i più antichi affreschi del Despotato, per lo più concentrati nelle chiese della regione di Arta, non risalgono oltre il secondo quarto del 13° secolo. I primi cicli di affreschi finora scoperti sono quelli di S. Nicola di Rodià e di S. Demetrio Katsuris (prima fase), legati ancora alla tradizione artistica dell'epoca dei Comneni; tendenze più innovative si riconoscono invece nel ciclo frammentario della metà del sec. 13° che orna il diaconico della chiesa di Kato Panaghia.Gli affreschi della chiesa del monastero delle Blacherne vennero eseguiti in due fasi (metà e fine del sec. 13°), probabilmente da artisti tessalonicensi. Nel ciclo del nartece è incluso il tema della processione miracolosa dell'icona della Vergine, che aveva luogo ogni martedì a Costantinopoli e che costituisce un unicum nell'iconografia bizantina.I mosaici, pervenuti frammentari, che decorano la cupola e i pennacchi della Parigoritissa (Cristo Pantocratore e profeti) presentano i caratteri stilistici della prima età paleologa e sono attribuiti ad artisti provenienti da Costantinopoli o da Salonicco, mentre le poche icone riferibili al Despotato sono generalmente attribuite a un'ipotetica scuola di Giannina, attiva nella seconda metà del 14° secolo.In misura cospicua si è invece conservato il materiale scultoreo di epoca medio e tardobizantina: al primo periodo appartengono i capitelli trovati a Glyky, mentre alla fase del Despotato sono riconducibili gli arredi scolpiti di diversi monumenti della regione di Arta, tra cui le sculture della chiesa del monastero delle Blacherne e il sarcofago di s. Teodora, nella chiesa omonima, di stile piuttosto provinciale.Le sculture con figure di animali che compaiono sui sostegni dell'ultimo ordine di colonne che sorreggono la cupola della Parigoritissa sono invece direttamente legate alla tradizione artistica dell'Occidente, secondo un fenomeno riscontrabile anche in alcune sculture della Pantanassa e delle chiese di S. Nicola a Mesopotamo e della Dormizione della Vergine di Apollonia.
Bibl.: ABME 2, 1936; E. Kitzinger, Studies on Late Antique and Early Byzantine Floor Mosaics. I. Mosaics at Nikopolis, DOP 6, 1951, pp. 79-122; G.I. Konidaris, ᾽Εϰϰλησιαστιϰὴ ἱστοϱία τῆϚ ῾ΕλλάδοϚ [Storia ecclesiastica della Grecia], Athinai 1954, pp. 511-513 (19702, II, pp. 143-150); D.M. Nicol, The Despotate of Epiros, Oxford 1957; A.K. Orlandos, ῾Η Παϱηγοϱήτισσα τῆϚ ᾽ΑϱτηϚ [La Parigoritissa di Arta], Athinai 1963; D.I. Pallas, s.v. Epiros, in RbK, II, 1971, coll. 207-334; P.L. Vokotopulos, ᾽Ανασϰαϕὴ ΠαντανάσσηϚ ΦιλιππιάδοϚ 1972 [Scavi nella Pantanassa di Filippiade. 1972], ᾽Αϱχαιολογιϰὰ ᾽Ανάλεϰτα ἐξ ᾽Αθηνῶν 6, 1973, pp. 402-411; 10, 1977, pp. 149-164; A. Meksi, Deux églises byzantines du district de Gjirokastra, Monumentet, 1975, 9, pp. 77-105; P.L. Vokotopulos, ῾Η ἐϰϰλησιαστιϰὴ ἀϱχιτεϰτονιϰὴ εἰϚ τὴν δυτιϰὴν Στεϱεὰν ῾Ελλάδα ϰαὶ τὴν ῎Ηπειϱον, ἀπὸ τοῦ τέλουϚ τοῦ 7ου μέχϱι ϰαὶ τοῦ τέλουϚ τοῦ 10ου αἰῶνοϚ [L'architettura ecclesiastica nell'ovest della Grecia continentale e nell'E. dalla fine del sec. 7° alla fine del 10°], Thessaloniki 1975 (19922); H. Buschhausen, H. Buschhausen, Die Marienkirche von Apollonia in Albanien (Byzantina Vindobonensia, 8), Wien 1976; D.I. Pallas, Les monuments paléochrétiens de Grèce découverts de 1959 à 1973, Città del Vaticano 1977, pp. 134-142; P.L. Vokotopulos, ᾽Ανασϰαϕὴ τοῦ ϰαθολιϰοῦ τῆϚ ΜονῆϚ ΠαντανάσσηϚ ΦιλιππιάδοϚ [Scavo del katholikón del monastero di Pantanassa a Filippiade], PAE, 1977, pp. 149-153; 1987, pp. 123-124; 1988, pp. 94-98; D. Budina, Moziaku i trikonkës paleokristiane të Antigonesë [Il mosaico del triconco paleocristiano di Antigone], Iliria 7-8, 1977-1978, pp. 225-235; D.I. Pallas, Corinthe et Nikopolis pendant le bas Moyen-âge, FR, s. IV, 118, 1979, pp. 93-142: 114-142; A. Acheimastu-Potamianu, The Byzantine Wall Paintings of Vlacherna Monastery (Area of Arta), " Actes du XVe Congrès international d'études byzantines, Athènes 1976", Athinai 1981, II, A, pp. 1-14; D. Triantaphyllopulos, ῾Η ἐπισϰοπὴ ϰαὶ ἡ Μονὴ Κοζίλη στὴν ῎Ηπειϱο (συναγωγὴ στοιχείων-πϱοβλήματα) [Il vescovado e il monastero di Kozili nell'E. (raccolta di elementi-problemi)], ivi, II, B, pp. 839-862; E. Chrysos, Συμβολὴ στὴν ἱστοϱία τῆϚ ᾽Ηπείϱου ϰατὰ τὴν Πϱωτοβυζαντινὴ ἐποχή (Δ´Σ´Τ´ αἰ.) [Contributo alla storia dell'E. durante l'epoca protobizantina (secc. 4°-6°)], ᾽Ηπειϱωτιϰὰ Χϱονιϰά 23, 1981, pp. 9-111; D. Konstantios, Νέα παλαιοχϱιστιανιϰὴ βασιλιϰὴ στὴ Νιϰόπολη τῆϚ ᾽Ηπείϱου [Una nuova basilica paleocristiana a Nicopoli di E.], ivi, pp. 346-349; P. Soustal, Nikopolis und Kephallēnia -Tabula Imperii Byzantini 3 (Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 150), Wien 1981; A. Meksi, Bazilika e madhe dhe baptisteri i Butrintit [La grande basilica e il battistero di Butrinto], Monumentet, 1983, 25, pp. 47-75; D.I. Pallas, s.v. Epiro, in Dizionario patristico e di antichità cristiane, I, Casale Monferrato 1983, coll. 1178-1182; Z. Andrea, Archaeology in Albania 1973-1983, Archaeological Reports 30, 1983-1984, pp. 102-119; P. Asimakopulu-Atzaka, I mosaici pavimentali paleocristiani in Grecia, CARB 31, 1984, pp. 13-75: 58-62; id., Τὰ παλαιοχϱιστιανιϰὰ ψηϕιδωτὰ δάπεδα τοῦ ᾽Ανατολιϰοῦ ᾽Ιλλυϱιϰοῦ [I pavimenti musivi paleocristiani dell'Illirico orientale], " Actes du Xe Congrès international d'archéologie paléochrétienne, Thessalonique 1980", Città del Vaticano 1984, I, pp. 361-442: 423-436; D. Nicol, The Despotate of Epiros 1267-1479. A Contribution to the History of Greece in the Middle Ages, Cambridge 1984; V. Popovič, Byzantins, Slaves et autochtones dans les provinces de Prévalitane et Nouvel Epire, in Villes et peuplement dans l'Illyricum protobyzantin, "Actes du Colloque organisé par l'Ecole française de Rome, Rome 1982", Roma 1984, pp. 181-243; A. Vavilopulu-Charitonidu, Βυζαντινὴ ϰεϱαμιϰὴ στὴν ᾽Αϱτα [Ceramica bizantina ad Arta], DChAE, s. IV, 12, 1984, pp. 453-471; G. Velenis, ῾Εϱμηνεία τοῦ ἐξωτεϱιϰοῦ διαϰόσμου στὴ Βυζαντινὴ ἀϱχιτεϰτονιϰή [L'interpretazione dell'ornamentazione esterna nell'architettura bizantina], Thessaloniki 1984; J. Werner, Studien zur Archäologie der Awaren, II, Der Schatzfund von Vrap in Albanien (Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 184), Wien 1986; D.I. Pallas, Οἱ χαϱαϰτῆϱεϚ ϰαὶ ἡ ἀϰτινοβολία τῆϚ ἐϰϰλησιαστιϰῆϚ ἀϱχιτεϰτονιϰῆϚ τῆϚ ΝιϰόποληϚ [Le caratteristiche e la irradiazione dell'architettura ecclesiastica di Nicopoli], " Proceedings of the First International Symposium on Nicopolis, Nicopolis 1984", Prèvesa 1987, pp. 225-239; H. Hellenkemper, Die byzantinische Stadtmauer von Nikopolis in Epeiros. Ein kaiserlicher Bauauftrag des 5. oder 6. Jahrhunderts, ivi, pp. 243-251; T. Gregory, The Early Byzantine Fortifications of Nikopolis in Comparative Perspective, ivi, pp. 253-261; A. Guiglia Guidobaldi, Il mosaico dell'ambone della basilica "B" di Nicopolis, ivi, pp. 279-293; G. Hellenkemper-Salies, Zu Stil und Ikonographie in der frühbyzantinischen Mosaiken von Nikopolis, ivi, pp. 295-310; D. Konstantios, E. Chalkia, Παλαιοχϱιστιανιϰά γλυπτὰ ΝιϰοπόλεωϚ [La scultura paleocristiana di Nicopoli], ivi, pp. 317-325; P.L. Vokotopulos, ῾Η ῾Αγία Παϱασϰευὴ τοῦ Δϱάϰου [La chiesa di S. Parasceve tu Draku], DChAE, s. IV, 14, 1987-1988, pp. 49-59; T. Pazaras, ᾽ΑνάγλυϕεϚ σαϱϰοϕάγοι ϰαὶ ἐπιτάϕιεϚ πλάϰεϚ τῆϚ μέσηϚ ϰαὶ ὕστεϱηϚ βυζαντινῆϚ πεϱιόδου στὴν ῾Ελλάδα [Sarcofagi scolpiti e stele funerarie del medio e tardo periodo bizantino in Grecia], Thessaloniki 1988, pp. 41-44; K. Tsuris, ῾Ο ϰεϱαμοπλαστιϰὸϚ διάϰοσμοϚ τῶν ὑστεϱοβυζαντινῶν μνημείων τῆϚ ΒοϱειοδυτιϰῆϚ ῾ΕλλάδοϚ [La decorazione ceramoplastica dei monumenti tardobizantini della Grecia nordoccidentale], Kavala 1988; G. Velenis, Thirteenth-Century Architecture in the Despotate of Epirus: the Origins of the School, in Studenica et l'art byzantin autour de l'année 1200, Beograd 1988, pp. 279-285; G. Koch, Kunst und Kultur im Land der Skipetaren, Köln 1989; L. Theiss, Die Architektur der Kirche der Panagia Paregoretissa in Arta/Epirus, Amsterdam 1991; Z. Andrea, Archaeology in Albania 1984-1990, Archaeological Reports 38, 1992, pp. 71-88; D. Nicol, Τὸ Δεσποτάτο τῆϚ ᾽Ηπείϱου [Il Despotato di E.], ᾽Ηπειϱωτιϰά Χϱονιϰά 30, 1992, pp. 47-59; G. Subotić, Δῶϱα ϰαὶ δωϱεὲϚ τοῦ δεσπότη Θωμᾶ ϰαὶ τῆϚ βασίλισσαϚ ΜαϱίαϚ ΠαλαιολογίναϚ [Doni e donazioni del despota Tommaso e dell'imperatrice Maria Paleologina], in "Πϱαϰτιϰά τοῦ ΔιεθνοῦϚ Συμποσίου γιὰ τὸ Δεσποτᾶτο τῆϚ ᾽Ηπείϱου, ῎Αϱτα 1990", Arta 1992, pp. 69-85; A. Acheimastu-Potamianu, ῾Η ζωγϱαϕιϰὴ τῆϚ ῎ΑϱταϚ στο 13ο αἰῶνα ϰαὶ ἡ μονὴ τῆϚ ΒλαχέϱναϚ [La pittura ad Arta nel sec. 13° e il monastero delle Blacherne], ivi, pp. 179-203; M. Garidis, ῾Η ἐξωτεϱιϰὴ ζωγϱαϕιϰή διαϰόσμηση στὴν ῎Αϱτα. ΝαὸϚ ῾ΑγίαϚ ΘεοδώϱαϚ [La decorazione pittorica esterna ad Arta. La chiesa di S. Teodora], ivi, pp. 401-406; T. Papamastorakis, ῎ΑγιοϚ ΔημήτϱιοϚ τοῦ Κατσούϱη. Τὸ εἰϰονογϱαϕιϰὸ πϱόγϱαμμα τοῦ τϱούλλου [La chiesa di S. Demetrio Katsuris. Il programma iconografico della volta], ivi, pp. 419-454.E. Chalkia
La migrazione avaro-slava degli inizi del sec. 7° ebbe conseguenze particolarmente importanti per il territorio dell'E. settentrionale. Le nuove popolazioni si stabilirono principalmente nelle zone pianeggianti, collinari e nelle valli, determinando, con la loro lunga permanenza e con la particolare politica economica e amministrativa, un processo di slavizzazione in buona parte dell'antica Illiria.Ciò nonostante numerosi reperti archeologici ed elementi di natura linguistica, etnografica e antropologica testimoniano il conservarsi dei caratteri dell'antica cultura della popolazione autoctona nel periodo delle occupazioni romana e bizantina, caratteri che non scomparvero neppure nel torbido periodo delle invasioni avaro-slave. A differenza di quanto era avvenuto nei territori settentrionali dell'antica Illiria, dove le popolazioni slave costituirono una maggioranza che assimilò l'elemento etnico locale, nei territori meridionali, corrispondenti grosso modo all'od. Albania, i successori degli antichi Illiri avevano formato uno stato indipendente, conservando la propria identità etnica e la propria lingua. È questo il territorio definito nelle fonti bizantine con i termini Albanon, Albanum, Arbania, Albania.Le ricerche archeologiche compiute nell'ultimo trentennio confermano che in questo territorio nel corso dei secc. 7°-11° nacque e si formò l'antica cultura medievale della regione con due varianti principali: la cultura di Koman, nota anche come variante settentrionale, e la cultura di Vjosa o variante meridionale.La cultura di Koman è stata riportata alla luce nella fortezza di Dalmaces e nei tumuli di Koman, Mirdita, Krujë e Lezha. I suoi tratti fondamentali sono riconoscibili sia nella tipologia delle tombe sia nei rituali relativi alla sepoltura e nell'inventario dei corredi tombali. Le tombe hanno la forma di una cassa rettangolare circondata e coperta di lastre e pietre, in alcuni casi presentano una copertura a tetto. Le inumazioni avvenivano direttamente nella terra; i corredi tombali comprendono attrezzi da lavoro, armi, ornamenti e vasellame di terracotta. In un gruppo particolare di sepolture compaiono ornamenti, normalmente in bronzo, ma in qualche caso anche in argento e più raramente in oro, quali fibbie, braccialetti, orecchini, anelli, collane con vaghi in vetro, per lo più prodotto di botteghe locali. Caratterizzano la cultura di Koman le fibbie leggermente ripiegate, le collane circolari e in particolare gli orecchini in una grande varietà di forme, che riecheggiano motivi decorativi sia di tradizione illirica sia derivati dalle culture romana e bizantina.Una variante particolare della cultura di Koman è stata riconosciuta al di fuori degli odierni confini politici dell'Albania, a Mjele nel Montenegro. Essa è caratterizzata dall'uso dei tumuli illirici quali luoghi di inumazione anche durante l'Alto Medioevo. Il tipo fondamentale del tumulo è quello emisferico realizzato con lastre di pietra, mentre il cerimoniale di inumazione consisteva anche in questo caso nella semplice deposizione. La cultura materiale è rappresentata da semplici recipienti di terracotta e da ornamenti della persona (anelli, braccialetti, collane, orecchini) o da oggetti di uso quotidiano (fibbe, coltelli, uncini) che conservano i tratti fondamentali degli oggetti della cultura di Koman, ma realizzati con tratti locali.In una fase successiva, a partire dal sec. 11°, la rinascita delle città determinò le condizioni favorevoli per lo sviluppo delle arti, della cultura e in particolare dell'architettura. La nascita di scuole dipendenti dalle istituzioni ecclesiastiche ortodosse e cattoliche creò le condizioni per una continuità dell'uso del greco e del latino (e in misura più ridotta del paleoslavo) nei registri ufficiali, mentre la lingua albanese si affermò prevalentemente nell'uso quotidiano.Le più importanti manifestazioni artistiche dei secc. 11°-14° appartengono al settore dell'architettura. Per quanto riguarda l'architettura civile vanno ricordate le fortezze di Berat, Scutari, Shurdhah e Kanina (databili ai secc. 12°-15°), buona parte delle quali furono innalzate sulle fondamenta di nuclei fortificati di epoca tardoantica. La fortezza di Scutari per es., nonostante le numerose ricostruzioni di epoca ottomana, conserva nei tratti essenziali la struttura interna ed esterna del 14° secolo. La cinta era rinforzata da otto torri e circondata da un largo e profondo fossato, l'accesso era assicurato da un solo ingresso articolato da tre porte disposte in sequenza.Nel corso dei secc. 13°-14° vennero costruite alcune fortezze di minori dimensioni collocate in posizione strategica alla foce dei fiumi e a difesa dei porti commerciali, come per es. Pirgu alla foce del fiume Seman, Bashtova alla foce dello Shkumbin, o Rodoni sul fiume Ishm. Un altro tipo di fortezza è rappresentato dalle torri fatte erigere dai feudatari albanesi nelle regioni montane.Gli edifici religiosi si richiamano alla tipologia bizantina della chiesa a croce greca inscritta; elemento caratteristico è costituito dalla muratura in cui si combinano l'uso del mattone e quello della pietra. Tra gli esempi più interessanti dei secc. 12°-14° si possono citare la chiesa di Mborje nei pressi di Korçë, alcune chiese nella fortezza di Berat (per es. S. Maria Blacherniotissa, SS. Trinità), la chiesa di Kurjani nei pressi di Fier, quella di Mesopotamo nei dintorni di Sarandë (Santi Quaranta), quella di Marmiro nei pressi di Valona e quella della Dormizione della Vergine a Labova, nei pressi di Argirocastro. Tratti interessanti presenta la chiesa del monastero della Dormizione della Vergine di Apollonia, costruita alla fine del sec. 13° dall'imperatore bizantino Andronico II (1282-1328), il cui portico d'ingresso testimonia un influsso dello stile romanico che si diffuse ampiamente nelle regioni settentrionali e nordorientali dell'Albania.Tra le arti figurative grande sviluppo conobbero sia il mosaico pavimentale e parietale sia la pittura murale ad affresco e quella da cavalletto, mentre minore rilievo ebbe la scultura, intesa in funzione di decorazione architettonica.La tecnica del mosaico, ereditata dall'Antichità, è ben rappresentata da alcuni esemplari dei secc. 6° e 7°, per es. quello del battistero di Butrinto e delle basiliche di Antigonea e di Lin (nei dintorni di Pogradec). Particolarmente rilevante è il mosaico parietale di una cappella nella piccola chiesa sorta in epoca imprecisabile nell'anfiteatro di Durazzo, in cui sono probabilmente raffigurati l'imperatore bizantino Alessandro (912-913) e la consorte; alcuni dignitari di corte sono rappresentati in scala assai più piccola per sottolineare la distanza gerarchica che li separa dall'autocrate.La decorazione ad affresco si sviluppò in stretto legame con i monumenti architettonici cui era destinata, conservando i tratti propri dello stile bizantino, segnati però da una particolare gamma cromatica. Le prime realizzazioni appartengono ai secc. 9° e 10°, ma l'impulso più forte si ebbe nel 13°-14° secolo. Tra le numerose opere della seconda metà del sec. 13° si distinguono gli affreschi delle chiese della SS. Trinità a Berat, di Maligrad sul lago di Prespa e di Mborje nei pressi di Korçë.Insieme a quella delle icone, particolarmente significativa fu anche la produzione di manoscritti miniati, tra cui vanno ricordati almeno i codici di Berat e l'Ephitaphios-Threnos di Glavinica, del 1373, entrambi conservati a Tirana (Arch. di Stato, Mus. storico).
Bibl.:
Fonti. - Burime të zgjedhura për historinë e Shqipërisë (shek. VIII-XV) [Fonti principali per la storia dell'Albania (secc. 8°-15°)], II, Tiranë 1962; Acta et diplomata res Albaniae mediae aetatis illustrantia, a cura di L. de Thallóczy, C. Jireček, E. de Šufflay, I-II, Wien 1913-1918; Costantino Porfirogenito, De thematibus, a cura di A. Pertusi (Studi e testi, 160), Città del Vaticano 1952; Anna Comnena, Alexiade. Règne de l'empereur Alexis I Comnène, 1081-1118, a cura di B. Leib, P. Gautier (Collection byzantine), 4 voll., Paris 1937-1976; Giorgio Acropolita, Κϱονιϰὴ Συγγϱαϕή, in Georgii Acropolitae opera, a cura di A. Heisenberg (Bibliotheca scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana), Leipzig 1903, I, pp. 3-189; Giovanni VI Cantacuzeno, Historiarum libri IV, a cura di L. Schopen, in CSHB, XX-XXII, 1828-1832; P. Arabantinos, Χϱονογϱαϕία τῆϚ ᾽Ηπείϱου, I, Athinai 1856 (rist. 1969); G. Musachi, Historia e genealogia della casa Musachia (1510), in Chroniques gréco-romanes inédites ou peu connues, a cura di C. Hopf, Berlin 1873.
Letteratura critica. - S. Novaković, Zakonski spomenici srpskih drzava srednjega veka [Raccolta delle leggi medievali dello stato federale serbo], Beograd 1912; C. Praschniker, Muzakhia und Malakastra. Archäologische Untersuchungen in Mittelalbanien, Jahreshefte des Österreichischen archäologischen Institutes in Wien (Beiblatt) 21-22, 1922-1924, pp. 6-223; F. Cordignano, Catasto Veneto di Scutari, Scutari 1940; Sbornik dokumentov po socialno - ekonomiceskoi istorii Vizantii [Documenti per la storia socio-economica di Bisanzio], Moskva 1951; T. Popa, Tëdhana mbi princët mesjetarë shqiptarë në mbishkrimet e kishave tona [Dati sui principi albanesi nel Medioevo nelle iscrizioni delle nostre chiese], Buletin i Universitetit Shtetaeror të Tiranës, Seria për shkencat shoqërore 11, 1957, 2, pp. 185-206; Historia e Shqipërisë [Storia dell'Albania], I, Tiranë 1959, (rist. 1991); K. Frashëri, Histoire d'Albanie, Tiranë 1964, pp. 31-59; Fjalori Enciklopedik Shqiptar [Dizionario enciclopedico albanese], Tiranë 1985; A. Buda, Shkrime historike [Scritti storici], I, Tiranë 1986.M. Korkuti