esperimento
Esperienza programmata per verificare un'ipotesi
L'esperimento è uno strumento fondamentale della scienza moderna. Esso consiste in un'esperienza artificiale progettata e costruita per verificare o per confutare una certa ipotesi. Per dirla nei termini del filosofo Immanuel Kant, fare un esperimento significa costringere la natura a rispondere a una nostra domanda
Secondo un'antica dottrina, la natura avrebbe "orrore del vuoto", ossia lo spazio del mondo fisico sarebbe completamente riempito dai quattro corpi elementari (terra, acqua, aria, fuoco) e dai loro misti. Nel Seicento questo dogma aristotelico entrò in crisi; i primi esperimenti con i barometri eseguiti a varie altitudini sul livello del mare da Evangelista Torricelli, Blaise Pascal e altri dimostrarono che l'aria è un fluido dotato di peso, densità, elasticità variabili, esercita una pressione sui corpi, fa salire e scendere il livello dei liquidi secondo proporzioni ben definite. La sua pressione diminuisce con l'altezza, fa calare il livello del mercurio di un tubo graduato opportunamente predisposto e crea un vuoto. Il dogma 'dell'orrore del vuoto' fu così confutato da una serie di esperimenti e misure che davano sempre la medesima prova: il vuoto esiste. L'immensa forza esercitata della pressione dell'aria fu dimostrata dallo spettacolare esperimento eseguito a Magdeburgo nel 1654 da Otto von Guericke: due emisferi di bronzo uniti a tenuta stagna e svuotati con la pompa ad aria non si staccarono l'uno dall'altro neppure sotto gli sforzi contrapposti di due pariglie di cavalli. Robert Boyle si servì della pompa ad aria per svuotare una campana di vetro e sperimentare che cosa accade sotto vuoto a piante, animali, reazioni chimiche, pendoli che oscillano. La pneumatica diventò un eccellente strumento per porre domande alla natura in circostanze artificiali, controllare le varianti in gioco e mettere a confronto i singoli risultati.
Le operazioni con le quali procediamo per tentativi ed errori alla ricerca di risultati pratici provengono forse dall'istinto di adattamento all'ambiente che Homo sapiens condivide con le specie animali. Una grande varietà di abilità tecniche, nate dall'esperienza e indirizzate a scopi di utilità immediata, si sono accumulate nella memoria della nostra specie fino a formare un patrimonio di pratiche tradizionali: basti pensare a strumenti noti da tempi immemorabili ‒ come la leva, il tornio, le ruote ad acqua ‒ o alle più antiche tecniche agricole, costruttive, idrauliche, metallurgiche, alla fabbricazione dei colori e dei profumi. Si poté parlare di esperimenti in senso proprio soltanto quando ci si propose consapevolmente di sottoporre a controllo idee o credenze già acquisite per vedere se reggevano alla prova dei fatti, per confutarle, per correggere gli errori oppure inserire un singolo dato tra altri risultati dell'osservazione come conferma di teorie generali. Entrarono in gioco generalizzazioni logiche tratte dall'esperienza, come la costanza dei fenomeni naturali che si ripetono invariabilmente (le 'leggi della natura'); si inventarono le tecniche di calcolo e i simboli matematici necessari per trascrivere e rielaborare in formule convenzionali i dati forniti dall'esperimento, in modo che fossero controllabili e ripetibili da altri. Queste premesse implicano un grado di astrazione e di consapevolezza che fu raggiunto forse per la prima volta dagli antichi geometri egizi e dai matematici greci.
È stato Vitruvio, il trattatista romano di architettura vissuto in età augustea, a tramandare il celebre aneddoto secondo il quale Archimede avrebbe scoperto il peso specifico dei corpi mentre era immerso nella tinozza del bagno. Questo racconto è quasi certamente leggendario, e non meno leggendario è l'esperimento, riferito da un biografo, con il quale Galilei avrebbe scoperto la legge di caduta dei gravi lasciando cadere dall'alto della torre pendente di Pisa corpi di masse e pesi diversi e dimostrando che tutti i corpi cadono simultaneamente. Avrebbe confutato così l'opposta tesi aristotelica, connessa alla teoria del pieno, secondo la quale i corpi pesanti cadono più rapidamente dei corpi leggeri. Sembra in realtà che la formula matematica della caduta dei gravi ("gli spazi percorsi crescono in misura proporzionale al quadrato dei tempi di caduta") abbia preceduto, nella mente di Galilei, i difficili esperimenti di conferma tentati da lui e dai suoi seguaci. In entrambi i casi la leggenda della 'scoperta' improvvisa e geniale maschera il lungo confronto tra teorie alternative e fenomeni, le prove e le conferme, le accurate misurazioni e le correzioni dei dati raccolti che gli esperimenti richiedono prima che se ne possa inferire una legge (conoscenza).
I passaggi intermedi tra le varie fasi di una scoperta possono comportare esperimenti puramente virtuali o 'mentali', come nella formulazione del principio galileiano della relatività dei moti. Aristotele aveva argomentato la tesi dell'immobilità della Terra osservando che, se si fosse mossa, i moti o la quiete di tutti i corpi posti sulla sua superficie sarebbero stati contrastati dal moto terrestre. Galilei oppose a questa tesi una serie di esperimenti mentali: tiri di artiglieria verso Occidente e verso Oriente, cadute di corpi su carri o navi in moto, traiettorie di proiettili. Raccolse in sintesi queste prove virtuali nella metafora di "un gran navilio" che si muove di moto uniforme ma impercettibile ai passeggeri, mentre al suo interno si svolge una grande varietà di moti ‒ cadono gravi, volano mosche, persone passeggiano e saltano ‒ che non appaiono minimamente influenzati dal moto rettilineo uniforme dello scafo.
Quando Newton ridusse a formule astratte le leggi della meccanica, e generalizzò il principio d'inerzia anticipò in base a tali leggi un caratteristico esperimento mentale. Argomentò che se si prova a lanciare un proiettile a breve distanza, esso ricadrà compiendo una certa curva; se si aumenta via via la gittata, ricadrà sempre più lontano sulla superficie terrestre, fino a compiere un'orbita completa come un satellite; se si aumenta la gittata all'infinito, il proiettile si staccherà dalla superficie terrestre e si allontanerà nei cieli con moto rettilineo uniforme. Un celebre esperimento reale fu quello con cui Newton dimostrò nel 1666 che la luce bianca è una composizione di raggi di diverso colore: questi raggi, passando attraverso un prisma, divergono in uno spettro oblungo di sette colori fondamentali, ciascuno con un proprio angolo di rifrazione. Poi, facendo passare i vari raggi colorati dello spettro attraverso un secondo prisma, dimostrò che ognuno conserva il proprio colore e il proprio angolo: era l'"esperimento cruciale" di prova della sua ipotesi, termine poi usato per ogni controllo sperimentale progettato con lo scopo di falsificare o confermare una teoria.
La previsione sul satellite artificiale e sulla sonda spaziale, che Newton formulò nel 1687 come una delle prove della gravitazione, poté invece avere una conferma soltanto pochi decenni fa, quando l'ingegneria spaziale e gli strumenti elettronici per il calcolo delle traiettorie sono stati in grado di effettuare il test sperimentale in cui verificarla. Oggi le sonde spaziali e i satelliti artificiali, come un tempo i barometri e la pompa ad aria, non sono soltanto il frutto della tecnica più sofisticata, sono, a loro volta, laboratori e strumenti di ricerca. Gli esperimenti che si compiono al loro interno in condizioni di assenza di gravità mostrano come la ricerca sperimentale inventata dalla specie umana, nutrita di simboli e di astrazioni teoriche, è in grado di porre alla natura domande sempre più precise e articolate, e di costringerla a rispondere in un linguaggio simbolico che cresce e si sviluppa con la crescita delle nostre conoscenze.