Pittore (S. Angelo in Vado 1540 circa - Ancona 1609). Allievo del fratello Taddeo, fu attivo in tutta Italia, specie a Firenze (affreschi della cupola del duomo, 1575-79), e a Venezia (Federico Barbarossa e Alessandro III in Palazzo Ducale, 1582). Grande rilievo ebbe anche il ruolo da lui svolto a Roma nella rifondazione dell'Accademia di S. Luca.
Chiamato a Roma come aiuto dal fratello Taddeo, già lavorava autonomamente alla decorazione del Casino di Pio IV e del Belvedere (1561-63). Nel 1564 fu a Venezia per il completamento della decorazione della cappella Grimani in S. Francesco della Vigna, interrotta alla morte di Battista Franco. Dopo un viaggio di studio in Lombardia (in parte in compagnia di A. Palladio), tornò a Roma e alla morte del fratello (1566) terminò tutti i lavori da questo lasciati incompiuti (a Trinità dei Monti, nei palazzi Farnese di Roma e di Caprarola, a S. Marcello, nella Sala Regia in Vaticano). Lavorò inoltre in Villa d'Este a Tivoli (1566-72); a Roma in S. Caterina dei Funari (1570-73) e nell'oratorio del Gonfalone (1573). Nel 1574 viaggiò in Francia, Paesi Bassi, Inghilterra; tornato in Italia, a Firenze ebbe l'incarico di terminare gli affreschi della cupola del duomo, iniziati da Vasari. Dal 1580 lavorò in Vaticano al completamento degli affreschi della Cappella Paolina; contemporaneamente dipinse la Processione di s. Gregorio per S. Maria del Baraccano a Bologna: il dipinto (disperso ma noto da disegni e incisioni) fu aspramente criticato nell'ambiente bolognese per il suo stile manieristico, e Z. replicò con un dipinto satirico contro i suoi detrattori, la Porta virtutis (di cui resta un disegno a Oxford, Christ Church picture gallery), per il quale fu espulso da Roma da papa Gregorio XIII. Nel 1582 a Venezia affrescò Federico Barbarossa e Alessandro III nella sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale, che accoglie suggestioni venete soprattutto nello schema compositivo, pur mantenendo una sostanziale indipendenza stilistica. Ottenuto il perdono del papa, a Loreto (1583) eseguì gli affreschi della cappella Della Rovere nella Santa Casa, nei quali la semplicità e la chiarezza compositiva si uniscono con la capacità di descrizione naturalistica, in una normalizzazione del linguaggio manieristico perfettamente in sintonia con le nuove istanze controriformistiche. Nel 1585-89 eseguì affreschi all'Escorial, che non incontrarono il favore della committenza. Tra la fine del sec. 16º e l'inizio del 17º a Roma iniziò (1590) la costruzione della sua bizzarra dimora sul Pincio (in parte modificata; ora sede della Biblioteca Hertziana), decorata secondo un programma iconografico incentrato sulla propria concezione dell'arte e del ruolo dell'artista; decorò la cappella degli Angeli nella chiesa del Gesù e la cappella di S. Giacinto in S. Sabina, opere di estrema eleganza e di un rigore formale quasi arcaizzante, permeato di richiami al Quattrocento toscano. Di nuovo in viaggio dal 1603, lavorò in Italia settentrionale e nelle Marche. Z. ebbe un'importanza fondamentale nella pittura romana del tardo Cinquecento, anche per la sua attività teorica (Il lamento della pittura, 1605; Idea de' pittori, scultori et architetti, 1607; Passaggio per l'Italia, 1608) e per il suo ruolo nella rifondazione, sul modello della fiorentina Accademia del disegno, dell'Accademia di S. Luca (1593), della quale fu eletto principe nel 1598. Le teorie artistiche di Z. trovano compiuta affermazione nell'Idea de' pittori, opera nella quale Z. teorizza il concetto di disegno come concetto metafisico originato nella mente dell'artista.