Vedi Filippine dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Repubblica delle Filippine è uno stato insulare che si estende su un arcipelago composto da più di 7000 isole, suddivise in tre aree geografiche: Luzon, Visayas e Mindanao. La peculiare collocazione geografica del paese contribuisce a determinarne l’orientamento di politica estera. Geograficamente vicine alla Cina, le Filippine intrattengono con Pechino una relazione altalenante, complicata dall’esistenzadi dispute territoriali relative alle Isole Spratly, nel Mar Cinese Meridionale, e alla secca chiamata Scarborough Shoal o Huangyan Island o Bajo de Masinloc, a ovest dell’Isola di Luzon. Tuttavia, l’aumento, in anni recenti, dell’interscambio commerciale, così come l’ingente portata degli investimenti che Pechino indirizza verso il settore estrattivo filippino, hanno contribuito a migliorare le relazioni tra i due paesi.
Rimane invece solida la relazione di Manila con Washington, che affonda le proprie radici nel periodo di dominazione coloniale che ha avuto termine il 4 luglio 1946. Gli Stati Uniti rappresentano il primo partner commerciale delle Filippine, così come il principale alleato del paese, al quale garantiscono assistenza militare con esercitazioni congiunte e collaborazione nel settore dell’intelligence.
Oltre ai rapporti con le due grandi potenze che si affacciano sul Pacifico, le Filippine intrattengono fitte relazioni con gli stati della penisola indocinese all’interno dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (Asean), della quale, nel 2008, hanno ratificato lo statuto, e del Forum di cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec). La politica estera di Manila risente molto degli interessi dei numerosi cittadini che vivono e lavorano all’estero, e che generano un flusso di rimesse pari a circa l’8% del pil nel 2012. Al fine di tutelarli, e in ragione della migrazione verso stati mediorientali di molti degli espatriati, le Filippine – il solo stato asiatico a maggioranza cristiana, assieme a Timor Est – mirano a diventare membro osservatore dell’Organizzazione della conferenza islamica (Oic). Tale tentativo è stato ostacolato dal veto opposto, in seno all’Organizzazione, dal Fronte islamico di liberazione moro (Milf), formazione secessionista che da un quarantennio aspira all’indipendenza da Manila dell’area di Mindanao, a maggioranza musulmana e, dal 2002, regione autonoma. L’accordo di pace siglato nell’ottobre 2012 dalle parti, oltre a contribuire a risolvere una delle più spinose questioni del paese, potrebbe spianare la strada all’ingresso delle Filippine nell’Oic come stato osservatore.
Le Filippine sono una repubblica presidenziale, il cui sistema istituzionale si basa sulla separazione dei poteri tra il ramo esecutivo, affidato al presidente, il ramo legislativo, affidato a un parlamento (Congresso) bicamerale, e il ramo giudiziario, affidato a una magistratura indipendente. Il presidente riveste i ruoli di capo dell’esecutivo, capo di stato e comandante delle forze armate; dispone del potere di approvare le leggi del Congresso (composto da 24 senatori e 278 rappresentanti della Camera), oppure di esercitare il diritto di veto, rendendo in quest’ipotesi necessaria una maggioranza di due terzi dei voti dell’assemblea perché la legge possa considerarsi approvata. Le elezioni presidenziali del maggio 2010 hanno sancito la netta vittoria di Benigno Aquino III, con un margine di quasi sei milioni di voti. Tale esito, assieme alla vasta popolarità di cui gode anche in campo internazionale, dovrebbe permettere al presidente di garantire al paese una certa stabilità nei prossimi anni.
Circa un terzo della popolazione ha meno di quindici anni e più della metà degli abitanti non supera il venticinquesimo anno d’età.
La speranza di vita alla nascita è aumentata notevolmente negli ultimi 60 anni, passando da un’aspettativa di 49 anni nel 1950 agli attuali 68,8. Negli anni è aumentata anche l’urbanizzazione: nel 2012, la percentuale della popolazione urbana è pari al 49,1%, mentre gli abitanti delle aree rurali rappresentano il 50,9% della popolazione.
La composizione etnica dell’arcipelago riflette la storia delle popolazioni che nel tempo vi si sono stabilite: l’etnia principale ha origine dall’Asia continentale e soprattutto dalla Cina; seguono americani e ispanici. Il retaggio storico della dominazione plurisecolare spagnola e poi di quella americana spiega il fatto che la maggioranza della popolazione sia di religione cristiana (circa il 90%).
Per quanto riguarda il livello di libertà civile e politica, rimangono molte ombre: i meccanismi democratici sono minacciati dalla diffusa violenza tra clan che si contendono il potere, mentre la libertà di stampa è compromessa dalle violenze ai danni dei giornalisti e dall’impunità di cui godono i colpevoli.
Le Filippine si collocano tra gli stati più poveri dell’Asia. Nonostante ciò, negli ultimi anni l’economia è cresciuta a un tasso medio superiore al 5%, e, dopo la brusca frenata causata dalla congiuntura globale del 2009, è tornata a crescere in maniera sostenuta. Il tasso di crescita del PIL, spinto da una crescente domanda interna, dovrebbe stabilizzarsi attorno a una media del 6% fino al 2016. Si prevede una crescita della stessa percentuale – 6% – anche per i consumi privati e gli investimenti. Un’ulteriore sfida che impegnerà il presidente Benigno Aquino fino al termine del suo mandato, nel 2016, sarà la creazione di posti di lavoro, necessaria a ridurre l’elevato tasso di disoccupazione.
Benché il 2012 abbia segnato una nuova fase di espansione dell’export, dopo la contrazione del 2011, nel medio periodo la bilancia commerciale filippina è destinata a rimanere in deficit. Tuttavia, le previsioni sul progressivo miglioramento della situazione economica globale lasciano supporre un’accelerazione dell’export. Un altro potenziale è rappresentato dalle riserve minerarie (cromo, nichel, rame, oro e ferro), considerate tra le più ingenti al mondo.
Nonostante la crisi finanziaria internazionale e la conseguente riduzione dell’offerta di lavoro nei paesi tradizionalmente meta dell’emigrazione filippina, il flusso di rimesse ha continuato a crescere nel corso dell’ultimo biennio, giungendo ai circa 23 miliardi di dollari nel 2011, a fronte dei 19,7 del 2009.
Sotto il profilo energetico, a un aumento della produzione petrolifera, a partire dal 2007, grazie anche allo sfruttamento dei depositi offshore al largo dell’Isola di Palawan, non è corrisposta una minora dipendenza di Manila dalle importazioni di petrolio (la produzione interna copre meno del 10% della domanda) e di carbone. D’altra parte, lo sviluppo dell’energia geotermica e idroelettrica ha contributo a diminuire la dipendenza dall’estero. A crescere è stata soprattutto l’energia geotermica, la cui produzione è inferiore solo a quella statunitense: in un’ottica di medio-lungo periodo può rappresentare una risorsa significativa.
A causa della loro posizione geografica, le Filippine sono frequentemente colpite da disastri naturali, fra i quali terremoti e tifoni. L’ultimo, il tifone Haiyan, si è abbattuto sul paese nel novembre 2013, causando più di 2000 morti.
Legate fin dal 1951 agli Stati Uniti da un trattato di difesa reciproca, le Filippine sono state al fianco di Washington durante l’intero periodo della Guerra fredda, sostenendo l’impegno statunitense nelle guerre di Corea e Vietnam. All’indomani dell’11 settembre, Manila ha aderito alla coalizione a guida statunitense intervenuta nell’operazione Iraqi Freedom. Va tuttavia sottolineato che in un contesto strategico come quello del Sud-Est asiatico, le Filippine dedicano alla spesa militare una quota del pil inferiore rispetto a tutti gli stati Asean che si affacciano sul Pacifico. Analogamente, le importazioni filippine di armi – il 72% delle quali proviene dagli Usa – hanno fatto registrare nell’ultimo decennio una spesa decisamente più bassa rispetto alla media della regione.
In termini di sicurezza, la minaccia principale per Manila deriva dal fronte interno. Dopo la firma dell’accordo di pace con il Moro Islamic Liberation Front (MILF), la stabilità e l’effettivo esercizio della sovranità statale sono stati messi a rischio dalla presenza sul territorio di molti gruppi armati: dal New People’s Army sino ai gruppi minori Rajah Solaiman e Abu Sayyaf – quest’ultimo legato alla rete di al-Qaida – , che negli ultimi anni sono stati responsabili di vari attentati e rapimenti. A questa sfida si affianca quella rappresentata dalla diffusione della violenza e dagli omicidi extragiudiziali o di carattere politico.
Il Fronte islamico di liberazione moro (MILF) è nato nel 1984 da una costola del Fronte nazionale di liberazione moro (MNLF), movimento di liberazione nazionale che, negli anni Sessanta, aveva dato inizio a un’attività di guerriglia contro il governo filippino allo scopo di ottenere l’indipendenza dallo stato centrale delle aree abitate dalla popolazione di etnia Moro, di religione musulmana. Nonostante più volte negli ultimi trent’anni il MILF e il governo filippino siano giunti vicini a un accordo, la puntuale ripresa delle violenze ha sempre ostacolato un vero processo di pace. Nell’ottobre 2012, la firma di un accordo tra il MILF e il governo ha riacceso le speranze, messe di nuovo in forse dagli scontri del settembre 2013. L’accordo prevede la concessione dello status di semi-autonomia alla regione del Bangsamoro, che andrebbe a sostituire la già esistente Regione autonoma del Mindanao musulmano.