Vedi Filippine dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Le Filippine sono formate da un arcipelago di più di 7.000 isole e hanno un confine marittimo superiore ai 36.000 chilometri. È proprio tale peculiare morfologia a determinare i principali interessi di Manila: la sicurezza delle vie di navigazione, la tutela delle risorse marine e la conservazione ambientale.
La collocazione geografica contribuisce poi a spiegare le principali direttrici della politica estera filippina, rivolte verso i due giganti del Pacifico: Stati Uniti e Cina. I primi rappresentano, storicamente, il principale alleato del paese, al quale garantiscono assistenza militare tramite esercitazioni congiunte e nel settore dell’intelligence nella lotta ai movimenti separatisti. Gli Usa sono anche il primo partner commerciale del paese. La Cina, invece, ha acquisito per lo stato una rilevanza crescente negli ultimi anni sia in ragione dell’aumento dell’interscambio commerciale, sia per gli investimenti che Pechino indirizza verso il settore estrattivo filippino e le sue infrastrutture. Proprio con la Cina rimane irrisolta la disputa relativa alle Isole Spratly nel Mar Cinese Meridionale, nei pressi delle quali si trovano grandi riserve di idrocarburi e l’area è ritenuta strategicamente importante come riserva di pesca e come base per il controllo delle rotte da e verso lo stretto di Malacca. Alle dispute territoriali sino-filippine si aggiunge anche quella su Scarborough Shoal, a ovest dell’isola di Luzon, dove potrebbero essere presenti riserve di idrocarburi.
Oltre ai rapporti con le due grandi potenze che si affacciano sul Pacifico, le Filippine intrattengono fitte relazioni con gli stati della penisola indocinese all’interno dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean), di cui nel 2008 hanno ratificato lo statuto, e del Forum di cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec). Va sottolineato come la politica estera di Manila risenta molto degli interessi dei numerosi cittadini – oltre 4 milioni nel 2010 – che vivono e lavorano all’estero, generando un flusso di rimesse pari a circa il 10% del pil. Al fine di tutelare questi ultimi e in ragione della migrazione verso stati mediorientali di molti degli espatriati, le Filippine – il solo stato asiatico a maggioranza cristiana, insieme a Timor Est – mirano a diventare membro dell’Organizzazione della conferenza islamica (Oic). Tale tentativo è stato ostacolato dal veto opposto, in seno all’organizzazione, dal Moro Islamic Liberation Front (Milf), formazione secessionista che da un quarantennio aspira all’indipendenza da Manila dell’area a maggioranza musulmana di Mindanao, dal 2002 regione autonoma. L’accordo di pace siglato nell’ottobre 2012 dalle parti, oltre a contribuire a risolvere una delle più spinose questioni per la vita del paese, potrebbe spianare la strada all’ingresso delle Filippine nell’Oic.
Le Filippine sono una repubblica presidenziale. Il presidente riveste i ruoli di capo dell’esecutivo, capo di stato e comandante delle Forze armate; dispone del potere di rimettere le leggi al Congresso (composto da 24 senatori e 278 rappresentanti della Camera), rendendo in quest’ipotesi necessaria una maggioranza di due terzi dei voti dell’assemblea perché la legge possa considerarsi approvata. Le elezioni del maggio 2010 hanno sancito la netta vittoria di Benigno Aquino, con un margine di quasi sei milioni di voti. Tale esito, insieme alla vasta popolarità di cui gode anche in campo internazionale, dovrebbe permettere al presidente di garantire al paese una certa stabilità nei prossimi anni.
Popolazione, società e diritti
Circa un terzo della popolazione ha meno di quattordici anni e più della metà degli abitanti non supera il venticinquesimo anno d’età.
La speranza di vita alla nascita è aumentata notevolmente negli ultimi 60 anni, passando da un’aspettativa di 49 anni nel 1950 agli attuali 68,5. Negli anni è aumentata anche l’urbanizzazione.
La composizione etnica dell’arcipelago riflette la storia delle popolazioni che nel tempo vi si sono stabilite: l’etnia principale è quella asiatica, che ha origine dall’Asia continentale e soprattutto dalla Cina; seguono Americani e Ispanici. Il retaggio storico della dominazione plurisecolare spagnola prima e americana poi, spiega il fatto che la maggioranza della popolazione sia di religione cristiana (oltre il 90%).
Dal punto di vista delle libertà civili e politiche le Filippine non possono essere considerate uno stato libero: i meccanismi democratici sono minacciati dalla diffusa violenza tra clan che si contendono il potere, mentre la libertà di stampa è compromessa dalle violenze che spesso colpiscono i giornalisti e dalla circostanza che tali reati restano spesso impuniti. Nell’estate del 2012, la nomina presidenziale al vertice del potere giudiziario, dopo una serie di scandali che hanno investito le istituzioni, di Maria Lourdes P. A. Sereno, una donna apparentemente vicina ad Aquino, fa temere per il bilanciamento dei poteri dello stato.
Economia, energia ed ambiente
Le Filippine si collocano tra gli stati più poveri dell’Asia. Nonostante ciò, negli ultimi anni l’economia filippina è cresciuta a un tasso medio superiore al 5%, e dopo la brusca frenata causata dalla congiuntura globale del 2009 è tornata a crescere in maniera sostenuta. Il tasso di crescita del pil, spinto da una crescente domanda interna, dovrebbe stabilizzarsi attorno a una media del 6% fino al 2016. Decenni di sottoinvestimento hanno comunque indebolito la struttura produttiva, che dovrà essere una delle principali sfide del governo Aquino. Nonostante la bilancia commerciale negli anni scorsi abbia registrato un forte deficit, il 2012 sembra aver segnato una nuova fase di espansione dell’export, dopo la contrazione del 2011. Un altro potenziale per l’economia del paese sono le riserve minerarie (cromo, nichel, rame, oro e ferro), considerate tra le più ingenti al mondo, sebbene attualmente gran parte del territorio sia ancora inesplorato.
Nonostante la crisi finanziaria internazionale e la conseguente riduzione dell’offerta di lavoro nei paesi tradizionalmente meta dell’emigrazione filippina, il flusso di rimesse ha continuato a crescere nel corso dell’ultimo biennio, giungendo ai circa 23 miliardi di dollari nel 2011 a fronte dei 19,7 del 2009.
Sotto il profilo energetico, ad un aumento della produzione petrolifera a partire dal 2007, grazie anche allo sfruttamento dei depositi off-shore al largo dell’Isola di Palawan, non è corrisposta una minora dipendenza di Manila dalle importazioni di petrolio (la produzione interna copre meno del 10% della domanda) e di carbone. D’altra parte, lo sviluppo dell’energia geotermica e idroelettrica ha contributo a diminuire la dipendenza dall’estero. Soprattutto la prima, la cui produzione è inferiore solo a quella statunitense, rappresenta un potenziale significativo in un’ottica di medio-lungo periodo.
Difesa e sicurezza
Nell’ottobre 2010 il Dipartimento della difesa filippino ha reso pubbliche le nuove direttive in materia di difesa e sicurezza, volte a rafforzare ulteriormente l’esercito, modernizzare l’arsenale, contrastare la minaccia del terrorismo e aumentare la cooperazione regionale ed internazionale. Va tuttavia rimarcato che in un contesto strategico come quello del sud-est asiatico, le Filippine dedicano alla spesa militare una quota del pil inferiore rispetto a tutti gli stati Asean che si affacciano sul Pacifico. Analogamente, le importazioni filippine di armi – il 72% delle quali proviene dagli Usa – hanno fatto registrare nell’ultimo decennio una spesa decisamente più bassa rispetto alla media della regione.
In termini di sicurezza, la minaccia principale per Manila deriva dal fronte interno. Infatti, dopo la firma dell’accordo di pace con il Moro Islamic Liberation Front, la stabilità e l’effettivo esercizio della sovranità statale sono stati messi a rischio dalla presenza sul territorio di una pluralità di gruppi armati: dal New People’s Army sino ai gruppi minori Rajah Solaiman e Abu Sayyaf – legato alla rete di al-Qaida – , che negli ultimi anni sono stati responsabili di vari attentati e rapimenti. A questa sfida si affianca quella rappresentata dalla più generale diffusione della violenza, soprattutto per ciò che riguarda gli omicidi extragiudiziali o di carattere politico, che anche in occasione delle elezioni del 2010 ha portato all’uccisione di vari candidati. Solo riconquistando il monopolio dell’esercizio dell’autorità su tutto il territorio, le Filippine potranno affermarsi come una democrazia consolidata e affrancarsi dalla condizione di relativa povertà in cui vive ancora gran parte della popolazione.
Come accade da alcuni anni nel corso delle tornate elettorali, nelle Filippine si sono registrati quasi 300 omicidi. Questo dato evidenzia il pericolo, costante nel paese, che la competizione politica sfoci nell’eliminazione fisica dell’avversario. Nel 2006 il presidente Gloria Arroyo, attraverso l’Ordine esecutivo numero 546, ha di fatto concesso ai vari clan la possibilità di dotarsi di veri e propri eserciti privati e le indagini successive al massacro di Maguindanao (nel corso del quale una milizia armata del clan degli Ampatuan ha ucciso in maniera efferata 58 persone del convoglio elettorale di un candidato a governatore provinciale) hanno rivelato il coinvolgimento di 63 poliziotti e di quattro membri dell’esercito affiliati al clan. La forza di questi gruppi, soprattutto a livello locale, e la possibilità data loro di dotarsi di uomini armati, costituiscono una seria minaccia alla stabilità democratica e all’effettivo esercizio della sovranità da parte di Manila.