formazione professionale
La preparazione al lavoro
La formazione professionale è il percorso teso a fornire a giovani e adulti le conoscenze e le competenze necessarie per svolgere un'attività lavorativa qualificata. Oggi, con l'accelerazione dei cambiamenti tecnologici e organizzativi, e quindi dei contenuti delle professionalità, la formazione professionale assume un ruolo di crescente importanza e si estende, attraverso la formazione continua, sempre più all'intero arco della vita lavorativa
Da sempre l'uomo ha svolto attività che gli consentivano di procurarsi il necessario per vivere dall'ambiente naturale. L'uomo ha sempre soddisfatto le sue esigenze primarie (cibo, riparo, sicurezza) e altre più raffinate e 'voluttuarie', mediante un'azione di trasformazione della natura, condotta con tecniche e procedimenti più o meno elaborati e complessi. L'apprendimento e la padronanza di queste tecniche e abilità sono il risultato di un percorso più o meno formalizzato.
Le prime società umane di cui abbiamo testimonianza, per esempio, si procuravano il cibo in forme molto semplici (caccia, raccolta). La riproduzione di queste capacità da una generazione all'altra avveniva in modo informale ed era basata in primo luogo sull'osservazione e sull'imitazione, attraverso un processo in cui si passava dal gioco imitativo nell'infanzia a una vera e propria attività lavorativa nell'età adulta.
Con l'agricoltura e l'allevamento le società tendono a stabilizzarsi e, potendo contare su maggiori quantità di cibo, diventano più numerose: aumenta la complessità sociale, si rendono necessarie forme progressive di divisione del lavoro, si raffinano e moltiplicano le attività e le tecniche necessarie alla vita sociale. Se prima, infatti, era sufficiente imparare a cacciare e a raccogliere (capacità richieste a tutti i membri della società), con l'agricoltura e l'allevamento diventa necessario anche produrre utensili, trasformare e conservare i prodotti, ripartirli tra i componenti della società, difendere i campi e il bestiame dagli animali selvatici, dagli eventi naturali, da altri uomini e così via. Compaiono, cioè, le prime forme di divisione e specializzazione del lavoro, basate su tecniche la cui acquisizione sarà sempre più il risultato di un processo intenzionale di formazione. Siamo, cioè, alle origini di quella che sarà poi chiamata la formazione professionale.
Se nelle società più semplici l'apprendimento di un'abilità si sviluppava attraverso il gioco, nelle società agrarie e pastorali le abilità lavorative si acquisiscono attraverso un processo di apprendistato. Il giovane, cioè, impara a svolgere un lavoro seguendo per periodi più o meno lunghi un adulto esperto in una determinata attività. Con il moltiplicarsi delle attività artigianali (artigianato) un mestiere si apprende mediante la permanenza presso la bottega di un artigiano, il maestro.
L'essere ammesso alla bottega artigiana rappresenta spesso una sorta di privilegio, in quanto solo così è possibile apprendere i segreti di una determinata arte. In epoca medievale, per esempio, furono create vere e proprie corporazioni di arti e mestieri (vasai, tessitori, fabbri e così via), cioè gruppi di artigiani esperti in un determinato mestiere, alle quali non era facile accedere e di cui spesso si riusciva a far parte solo in quanto figli o parenti di un membro della corporazione. L'artigiano, cioè, era in possesso di competenze rare e preziose, di una vera e propria arte, da difendere gelosamente e tramandare con cura.
A partire dalla seconda metà del Settecento, la nascita e lo sviluppo dell'industria comporta la progressiva riduzione del lavoro artigiano e delle complesse professionalità che lo caratterizzavano. La produzione industriale, infatti, si basa su un'organizzazione del lavoro sempre più razionale, cioè sulla scomposizione delle mansioni, vale a dire dei compiti necessari per la realizzazione di un prodotto.
Il lavoratore dell'industria non partecipa all'intero ciclo di produzione, ma soltanto a una parte di esso mediante l'esecuzione di attività semplici e ripetitive. A differenza dell'artigiano, paradossalmente il lavoratore dell'industria può svolgere un compito utile alla produzione anche senza sapere quale sarà il prodotto finale. La semplificazione del lavoro ha trovato espressione estrema, a partire dagli inizi del Novecento, nella teoria del taylorismo, chiamato anche organizzazione scientifica del lavoro, la cui realizzazione può essere sintetizzata dalla catena di montaggio. Tale semplificazione riduce fortemente l'esigenza di un periodo di apprendistato, necessario invece nella produzione artigianale.
Le mansioni semplici e parcellizzate cui il lavoratore dell'industria è destinato ‒ fatta eccezione per alcune attività più specializzate ‒ si possono ormai apprendere in poco tempo per semplice affiancamento, cioè osservando l'attività di un altro operaio. Prova evidente di ciò è il fatto che, fin dalla prima rivoluzione industriale, nelle fabbriche sono utilizzati moltissimi bambini e donne, cioè soggetti privi di qualsiasi qualificazione professionale.
Questo stato di cose, che si è protratto fino a tempi molto recenti, ha fatto sì che la formazione professionale fosse in Italia un'articolazione 'di serie B' del sistema educativo, destinata di norma alle classi più svantaggiate. Per esempio, fino alla riforma della scuola media attuata nel 1962, una volta finita la scuola elementare si doveva scegliere tra la scuola media (che consentiva il proseguimento degli studi) e l'avviamento professionale, percorso della durata di tre anni, al termine del quale il giovane non poteva proseguire gli studi e doveva 'avviarsi al lavoro'. Un lavoro, evidentemente, poco qualificato, mal retribuito e che difficilmente consentiva sviluppi di carriera.
Molte cose hanno cominciato a cambiare nel nostro paese ‒ e, più in generale, nei paesi industriali avanzati ‒ soprattutto a partire dagli anni Settanta del Novecento. Gli sviluppi scientifici e tecnologici applicati alla produzione e ai servizi (pensiamo, tra le altre, alle applicazioni informatiche e telematiche e all'automazione), il costituirsi di un mercato sempre più globale ‒ e il conseguente accentuarsi della competizione fra le imprese, con accelerazione dei ritmi di cambiamento e di innovazione delle tecnologie e dei prodotti ‒ hanno portato soprattutto i paesi più sviluppati a realizzare nuove forme di organizzazione del lavoro e a richiedere di conseguenza professionalità sempre più complesse. Non solo: mentre in passato quello che si imparava da giovani a scuola o nella formazione professionale era considerato un bagaglio sufficiente per tutta la vita (alfabetizzazione), oggi l'intensità dei cambiamenti e il ritmo dell'innovazione richiedono sempre più una capacità di rinnovare via via le nostre conoscenze e competenze, in modo da essere sempre all'altezza dei cambiamenti e, se possibile, anticiparli.
Tutto ciò sul piano della formazione delle professionalità comporta una sorta di rivoluzione, che si traduce in un'esigenza di ripensamento abbastanza radicale delle pratiche esistenti. I lavoratori, infatti, non solo hanno bisogno di una formazione adeguata allo svolgimento di compiti delicati e complessi, ma anche di un'ampia e solida formazione di base, che consenta loro di continuare ad apprendere, a migliorare e ad adattare nel tempo le proprie competenze professionali. Oggi si parla sempre più di società (o economia) postindustriale, di società (o economia) della conoscenza, nel senso che sempre più il valore di un prodotto e di un servizio ‒ e la conseguente competitività delle imprese ‒ è rappresentato in buona parte da un qualcosa di immateriale, da un valore aggiunto, cioè dalla capacità umana di migliorarne costantemente la qualità.
Questo insieme di cose non solo ha contribuito a una nuova considerazione della formazione professionale ‒ che si configura come un elemento sempre più importante delle politiche economiche e sociali ‒ ma ha dato luogo a una nuova impostazione e a un nuovo insieme di pratiche che tende a interessare l'intero sistema educativo. Questa impostazione va sotto il nome di formazione continua e si basa sull'idea che la formazione professionale, ormai uno degli elementi determinanti del sistema economico, deve proseguire ed essere sostenuta lungo l'intero arco della vita lavorativa.