COLLECINI, Francesco
Delle sue origini si sa solo che era romano, come egli stesso si definisce firmando nel 1750 i disegni per la sua prima attività professionale: il concorso clementino di Roma per l'architettura sul tema "un magnifico collegio capace di potervi separatamente insegnare le Matematiche e le Belle Arti", disegni che gli valsero un secondo premio ex aequo (P. Marconi-A. Cipriani-B. Valeriani, I disegni diarchitettura nell'Archivio storico dell'Accademia di S. Luca, Roma 1974, p. 18, figg. 471-476). Allievo e aiutante di Luigi Vanvitelli e quindi architetto particolare di Ferdinando IV di Borbone, il C. lavorò a Caserta e negli altri "siti reali" borbonici, eseguendo importanti opere architettoniche e urbanistiche, che permettono di considerarlo "l'ultimo importante architetto del Settecento napoletano" (Venditti, 1961).
Già nel gennaio del 1752 il C. è a Caserta da dove invia un resoconto della posa della prima pietra della reggia al principe Camillo Borghese, il quale lo aveva probabilmente introdotto nella cerchia del Vanvitelli, dato che l'artista stesso ne riconosce nella lettera il ruolo di patrocinatore (L. Demoulin, L. Vanvitelliet la pose de la première pierre dela "reggia" de Caserte,d'après lerécit de F. C., in Bull. de l'Inst. histor. belge de Rome, XLII [1972], pp. 445-452). L'anno dopo, sempre a Caserta, esegue, in qualità di primo aiutante del Vanvitelli, la livellazione dell'acquedotto Carolino, destinato ad alimentare le cascate nel parco della reggia. Nel 1769, durante l'assenza del maestro dirige, come responsabile generale dei lavori, la costruzione della Peschiera Grande nel parco e rimoderna l'edificio della Castelluccia, nell'estremità orientale del bosco, trasformandolo in padiglione di giochi per il diciottenne re Ferdinando.
Il ruolo svolto non gli permette, tuttavia, alla morte del Vanvitelli nel marzo 1773, di succedergli nella carica di "direttore generale della fabbrica" della reggia: il posto, dopo quasi un anno di discussioni, viene infatti dato a Carlo Vanvitelli, che il padre aveva associato alla direzione qualche tempo prima di morire, e il C. deve accontentarsi della qualifica di architetto particolare di Ferdinando IV. Nonostante questa delusione professionale, gli anni che seguono sono i più dinamici e interessanti della vita dell'architetto, che si vede affidati due incarichi di grande impegno: il progetto e la direzione dei lavori del sito reale di Carditello, e il progetto e la direzione dei lavori delle fabbriche della colonia di San Leucio, presso Caserta.
Il sito reale di Carditello era stato creato nel 1744 da Carlo di Borbone, che vi aveva impiantato un allevamento di cavalli; ricevette nuovo sviluppo con Ferdinando IV, che vi introdusse - nel quadro dei suoi progetti sociali ed economici di stampo illuminista anteriori alla rivoluzione napoletana - l'allevamento dei bovini e la fabbricazione dei formaggi, incaricando il C. (1787) della costruzione di un grande complesso, comprendente una residenza reale e ambienti destinati ad azienda agricola.
La soluzione adottata è quella di un organismo a doppio T, rigorosamente simmetrico: al centro il casino reale - di nobili linee classiche, coronato da una balaustra e da un belvedere - da cui partono i lunghi corpi bassi delle ali riservate all'azienda. Otto torri, negli snodi dei corpi di fabbrica, ritmano la composizione. Lo spazio retrostante viene diviso in cinque cortili destinati alle attività agricole, mentre l'area antistante - riservata alle corse dei cavalli - è risolta alla maniera di un antico circo romano: una pista in terra battuta, con i lati brevi semicircolari, circonda un prato centrale; alle estremità due fontane con obelischi in marmo, al centro del prato un tempietto circolare, da cui il re assisteva agli spettacoli ippici (il modello del sito è stato esposto alla mostra napoletana del 1980). Nell'Archivio di Stato di Napoli nel fondo Dipendenze della Sommaria (fasci nn. 69, 69II, 74, 74II) sono conservate ricevute di pagamento firmate e controfirmate dal C. "capitano ingegnere delle Reali fabbriche di Carditello" sino al 19 genn. 1804 (per la storia di Carditello v. anche: G. Starrabba-G. B. Rosso-S. Gavotti, Il "real sito" di Carditello, Caserta 1979).
Ancora più complessi sono i compiti che attendono il C. a San Leucio, dove a partire dal 1778 circa viene posto in pratica un progetto di sperimentazione economica e sociale che sfocia nella creazione di una colonia industriale di tessitori, autosufficiente e comunitaria, direttamente dipendente dal re e retta da uno statuto speciale. L'impegno richiesto a San Leucio è infatti un impegno globale, che prevede non solo - come dimostra la ricca documentazione d'archivio - la prestazione dei più svariati servizi tecnici e professionali (dal progetto e dalla direzione dei lavori architettonici alla manutenzione delle macchine e delle attrezzature, all'organizzazione delle feste della comunità, ecc.), ma anche una sorta di adesione morale agli obiettivi del progetto.
La presenza del C. a San Leucio data con tutta probabilità dal 1773, epoca in cui Ferdinando IV comincia ad attrezzare il territorio come luogo di svago e di caccia, chiudendolo con un muro di cinta, facendo costruire un casino di caccia, una vaccheria, una "canetteria" e abitazioni per i guardacaccia e guardiani del bosco, e restaurare il palazzo del Belvedere. Ed è ampiamente documentata a partire dal 1778, quando inizia, sotto la sua direzione, la trasformazione del palazzo del Belvedere in "edificio della seta".
A seguito di una serie di lavori di scavo nel fianco della montagna, allo scopo di fornire una piattaforma sufficiente ai nuovi edifici industriali, l'antico casino diviene così il corpo centrale di un grande edificio rettangolare con cortile interno comprendente, oltre agli appartamenti reali, abitazioni per i maestri e direttori della fabbrica, scuola normale e, nel lato a monte, una "sala regolare per filanda" (realizzata nel 1793), incannatoio, filatoio (1787) e altri locali accessori della manifattura (vedi la Pianta dell'edificio della seta di San Leucio, firmata dallo stesso C. e datata 1789, Caserta, Archivio della Reggia).
Nel 1786, il C. inizia la costruzione, di fronte al Belvedere, di due quartieri di abitazioni per gli operai della manifattura: i quartieri di San Carlo e di San Ferdinando, atti a contenere trentasette unità familiari, venti nel primo e diciassette nel secondo. Mostrando di saper brillantemente risolvere problemi di natura pratica e funzionale: in questo caso la realizzazione di una "unità modulare ripetitiva, che potesse rispondere a problemi di terreni scoscesi, e di orientamento del sole" (Plunz, 1977, p. 110).
L'unità di abitazione dei quartieri - ancora esistenti e funzionanti - era composta di due moduli quadrati, di sei metri di lato, alti due piani, con seminterrato; e conteneva spazi definiti (il modulo formato dalla cucina, dal bagno, dalle scale e dalla zona pranzo) e spazi flessibili, senza mura interne.
Nel 1794 viene costruita la "Trattoria", adiacente a uno dei due quartieri, i cui lavori saranno terminati nel 1798; e si completa così il primo settore di una città radiale di grandi dimensioni, il cui asse prospettico principale doveva concludersi nella facciata del palazzo-fabbrica del Belvedere.
L'inizio dei lavori della nuova città, Ferdinandopoli, su progetto dello stesso C., furono bloccati nel 1799 dalla rivoluzione napoletana e dalla successiva fuga del re. Ne resta soltanto la descrizione di un contemporaneo:
"Centro della cittadina era una gran piazza circolare del diametro di palmi seicentotrenta il cui punto medio era a perfetto intraguardo col mezzo del Real Casino... Da questo centro a guisa di raggi partivano tutte le strade, e collo stesso centro venivano circoscritte le altre, che le attravarsavano in linee di circonferenze. In questa piazza circolare, e precisamente nella parte verso settentrione, che guardava il Real Casino, o Palazzo, stabilì il Re che fosse costruita la Cattedrale con elegante prospetto, e nell'opposta parte della piazza, che guardava il Mezzogiorno, il Teatro. I restanti casamenti a due descritti, sino a chiudere la stessa piazza doveano essere nel prospetto tutti semplici, ed uniformi, ad un livello, ed a due soli piani coverti a tetto; solo però nel mezzo di ogni spazio, che si frapponea tra l'una strada, e l'altra vi era immaginato un casamento più alto, e più decorato degli altri ricoverto da loggia con balaustrata, per dare un grazioso gioco alle fabbriche, e togliere ogni sorta di monotonia disgustevole all'occhio" (Patturelli, 1826, pp. 84 s.).
Con il ritorno del re l'attività del C. riprende per un paio d'anni, che lo vedono impegnato soprattutto nei lavori di restauro della residenza di Carditello, danneggiata dall'occupazione francese (per questa attività riceveva "ducati dieci per una mesata come Capitano Ingegnere delle Reali Fabbriche di Carditello", oltre a un rimborso di 35 carlini, "un rotolo di aglio ogni due mesi e due rotoli d'insogna rancida", come contributi per le spese del cocchiere che l'accompagnava sui lavori: Alisio, 1976, p. 61).
L'ultimo progetto del C. (1801) è la chiesa del quartiere della Vaccheria, presso San Leucio, dedicata a S. Maria delle Grazie, che verrà terminata nel 1805 dal suo allievo Giovanni Patturelli: una sorprendente conferma - con la sua facciata di linee neogotiche - del suo costante aggiornamento culturale.
Il C. morì tra il 19 genn. 1804, data della sua ultima firma nei documenti di Carditello, e il 1º febbr. 1806, quando al suo posto firma il Brunelli. Il 2 apr. 1775 era stato fatto accademico di S. Luca (Roma, Arch. stor. dell'Acc. di S. Luca, XXVIII, c. 19r; LIII, cc. 60, 71).
Fonti e Bibl.: L. Vanvitelli jr., Vita di Luigi Vanvitelli [1823], a cura di M. Rotili, Napoli 1975, pp. 168, 170, 190, 248; F. Patturelli, Caserta e San Leucio, Napoli 1826, pp. 14 s., 75 s., 81-85; Id., Della vita e delle opere di G. Parturelli,architetto il più antico tra quelli della Real Casa, Napoli 1849, pp. 7-12; G. Tescione, L'arte della seta a Napoli e la colonia di San Leucio, Napoli 1932, pp. 96-111; G. Chierici, La reggia di Caserta, Roma 1937, pp. 72-75; A. Schiavo, San Leucio, in Atti dell'VIII Congr. naz. di storia dell'archit., Caserta 1953, pp. 165-178; A. Venditti, L'architettura dell'età neoclassica a Napoli, Napoli 1961, pp. 90-132; R. De Fusco, L'archit. della seconda metà del Settecento, in Storia di Napoli, VI, Napoli 1971, pp. 400-410; C. Severati, Stupinigi e Carditello: architettura e paesaggio nell'Italia del '700, in L'Architettura, XVI (1971), pp. 760-764; E. Battisti-G. Rosso Del Brenna, Recupero di un'utopia; San Leucio presso Caserta, in Controspazio, dicembre 1974, pp. 52-54; P. Melis, G. B. Piranesi: un "ampio Magnifico Collegio" per l'architettura, in Psicon, 1975, n. 4, pp. 85-87; G. Alisio, Siti reali dei Borboni, Roma 1976, pp. 48-55, 60-64; G. Rosso Del Brenna, La storia dell'esperimento, in San Leucio,archeologia,storia,progetto (catal.), Milano 1977, pp. 44-48, 72-74; R. Plunz, San Leucio,vitalità di una tradizione,ibid., pp. 110 s.; G. Afisio, Urbanistica napoletana del Settecento, Bari 1979, pp. 40-43; A. Gambardella, Sabatini,Sintes,C., tre architetti per il concorso Clementino del 1750, in Luigi Vanvitelli e il 700 europeo. Atti d. Congresso internazionale di storia dell'architettura,1973, I, Napoli 1979, p. 275-281; F. Divenuto, Un allievo del Vanvitelli: F. C., ibidem, II, pp. 65-80; Civiltà del'700 a Napoli... (catal.), I-II, Napoli 1980, ad Indicem.