FRANCO Bolognese
Poche, le notizie certe relative a questo miniatore, attivo tra il XIII e il XIV secolo, ricordato da Dante Alighieri in due terzine della Divina Commedia (Purg., XI, 79-84) in cui mette a confronto F. con il ben più noto miniatore Oderisi da Gubbio. In sei secoli di indagini non una fonte documentaria, non un'opera certa sono emerse a sostenere con dati concreti l'autorevole presentazione: ancora trenta anni fa Longhi (1966, p. 3) rilevava che le sue ipotesi attributive erano confortate solo "dalla fiducia nell'autorità somma della selezione dantesca".
Il problema trova le sue radici nell'interpretazione dei versi danteschi in cui Oderisi deplora la superbia e sottolinea la vanità della fama terrena, osservando come Cimabue fosse stato superato in celebrità da Giotto e Guido Guinizzelli da Cavalcanti (Purg., XI, 85-117). La lettura in chiave estetica di un parallelo dagli intenti apertamente moralistici, ha trasformato il passo dantesco in una delle fonti più problematiche della storia dell'arte, attribuendo a F., dati i fantasiosi e poco attendibili tentativi di identificazione del personaggio e delle presunte opere, un ruolo di prim'ordine.
L'illustre tradizione muove dal Vasari (1568), che ritaglia a F. e Oderisi un piccolo spazio all'interno della vita di Giotto. Quest'ultimo, mentre era al lavoro in Vaticano, avrebbe intercesso presso il papa in loro favore, consentendo agli stessi di dipingere "assai cose eccellentissime" per la Biblioteca Vaticana. Che F. fosse legato a Oderisi da un rapporto di apprendistato poteva essere frutto di una libera interpretazione del passo dantesco; ma che il parallelo con Giotto e Cimabue volesse alludere a un sodalizio, e che questo sodalizio fosse causa di committenze illustri nasce dalla presunta fama del personaggio e dall'assoluto silenzio delle fonti. Il vero divulgatore della leggendaria attività di F. fu il Malvasia (1678), che nella Felsina pittrice, lo pone a capo del rinnovamento della pittura bolognese e di una scuola "molto a que' tempi famosa", pur dichiarando di non aver trovato sue tracce negli archivi.
Sperimentate tutte le combinazioni possibili fra i personaggi citati ed esaurito il dibattito sulle origini dell'arte di F. e dei suoi maestri (Baldinucci, 1681), si apre la spinosa questione delle opere. Sul finire del Settecento, nel tentativo di dare corpo e consistenza al personaggio, non si esitò a costruire un falso storico, siglando col suo nome un dipinto anonimo: nella collezione Malvezzi (Lanzi, 1808) spuntarono dal nulla "due quadrettini assai graziosi" - non meglio identificati - e "una Nostra Signora sedente in trono", datata 1313. La promozione ex abrupto dalle "arti minori" valse a F. altri due secoli di letteratura critica. La storia della tavoletta fu ricostruita da Busuioceanu (1934), ma la lunga parentesi si protrasse fino al 1966, anno in cui Longhi propose per il dipinto il nome di Michele di Matteo. Dal primo Novecento si è cercato di ricostruire la più legittima attività dell'artista, ma con scarsi risultati. Denominatore comune a tutti i tentativi di ricerca è stato il ricorso all'autorità di Dante. Partendo dal passo dantesco i critici hanno attribuito variamente a F. alcuni codici assai significativi nella storia della miniatura. Emblematico in tal senso è l'intervento di Gioseffi (1987), che gli ha attribuito le miniature della Summa di Azzone (Oxford, Bodleian Library), nonostante il fatto che l'unico nome che compare nel codice sia quello di un maestro Guglielmo, che ha firmato la c. 15r, del manoscritto, e che Conti (1981) aveva avvicinato al Maestro della Bibbia di Gerona.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite (1568), a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, p. 385; C.C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), I, Bologna 1841, pp. 25 s.; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno (1681), Firenze 1845, pp. 158-160; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Bassano 1808, p. 8; A. Busuioceanu, Intorno a F. B., in In memoria lui Vasile Parvan, Bucarest 1934, pp. 68-76; R. Longhi, Postilla all'apertura sugli umbri, in Paragone, XVII (1966), 195, pp. 3-8; A. Conti, La miniatura bolognese, Bologna 1981, ad Indicem; D. Gioseffi, Una traccia per Oderisi e un'ipotesi per F., in Miniatura in Friuli crocevia di civiltà, Atti del Convegno intern. (Passariano-Udine 1985), a cura di L. Menegazzi, Pordenone 1987, pp. 83-92; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, pp. 364 s.; Enc. Italiana, XVI, p. 3; Enc. Dantesca, III, p. 47; Enc. dell'arte medievale, VI, p. 385 (con bibl.).