consecutive, frasi
Nelle frasi consecutive si esprime l’effetto dell’evento o dello stato di cose espresso nella principale o in una frase precedente:
(1) ha piovuto talmente tanto che il fiume è straripato
In quest’esempio la principale esprime una causa (l’abbondanza di piogge) da cui discende l’effetto codificato nella subordinata consecutiva (l’esondazione del fiume). La relazione di conseguenza può essere considerata come la realizzazione particolare di una relazione di causa (➔ causalità, espressione della). Possiamo infatti riformulare l’esempio (1), convertendolo in una sequenza causale + reggente:
(2) poiché ha piovuto tanto, il fiume è straripato
Per trasformare la relazione consecutiva in un nesso causale è stato necessario formulare la causa sotto forma di subordinata, spostando l’espressione dell’effetto nella reggente; inoltre, si è dovuto eliminare l’avverbio talmente che in (1) intensificava la causa. Proprio la presenza di una causa intensificata contraddistingue la relazione di conseguenza:
(3) si è sentito male perché ha mangiato troppo
(4) ha mangiato talmente tanto che si è sentito male
In (3) la subordinata codifica il motivo dell’azione presentata nella reggente: tra i due fatti non vige la relazione di obbligo come invece in (4). La relazione consecutiva implica «l’idea che l’effetto scatta nel momento in cui la causa raggiunge una soglia critica» (Prandi 2006: 245). Intensificando la causa, l’effetto acquisisce un valore di necessità. Tra relazione causale e relazione consecutiva è possibile pertanto istituire la seguente proporzione (Cuzzolin 1996: 104):
effetto : causa = conseguenza : causa intensificata.
Le frasi consecutive si possono classificare in base a criteri semantici e a criteri formali e sintattici.
Dal punto di vista semantico le consecutive si suddividono in esoforiche ed endoforiche (Cuzzolin 1996), distinte per i seguenti parametri: il tipo di causa da cui discende la conseguenza, la condizione logica (di sufficienza o necessità) vigente tra le due proposizioni e il rapporto temporale che si instaura tra i due eventi o stati di cose codificati.
Quanto al tipo di causa, le consecutive esoforiche (o risultative) codificano una conseguenza che deriva da un processo enunciato in precedenza:
(5) ha mangiato così tanto che si è sentito male
Nelle consecutive endoforiche, invece, la conseguenza deriva dall’intensificazione di una qualità:
(6) Mario è talmente ingenuo che crede a tutto quel che gli si dice
Insita nello stesso stato di cose posto nella principale, la conseguenza non dipende da un avvenimento esterno.
La condizione logica instaurata dalla consecutiva è di necessità nelle esoforiche e di sufficienza nelle endoforiche. In (5) il malore è necessariamente legato al fatto di aver mangiato troppo, in (6) l’ingenuità di Mario è condizione sufficiente affinché egli creda a qualsiasi cosa gli si racconti.
Le differenze tra consecutive esoforiche ed endoforiche si riflettono sul rapporto temporale tra reggente e subordinata. Nelle esoforiche la conseguenza si realizza solo in un momento successivo al compiersi dello stato di cose che ne è condizione (in 5 il malore si verifica dopo che si è mangiato troppo). Nelle endoforiche, al contrario, i due stati di cose sono concomitanti (in 6 Mario è stato talmente ingenuo che crede a tutto quel che gli si dice).
Al pari di altre subordinate, le consecutive possono avere valore metadiscorsivo (Lombardi Vallauri 2000: 84):
(7) l’appartamento è talmente in ordine che deve esserci passata la domestica
Nell’es. (7) lo stato affermato nella reggente (l’appartamento in ordine) non è di per sé la causa dell’evento codificato nella consecutiva. In realtà la relazione di conseguenza si istituisce tra il contenuto della principale e l’atto linguistico costituito dalla consecutiva:
(8) l’appartamento è talmente in ordine (che dico) che deve esserci passata la domestica
Quanto alla distinzione di tipo formale, le realizzazioni del rapporto di conseguenza possono essere classificate a seconda che l’effetto sia espresso mediante subordinazione o coordinazione. La relazione di conseguenza può porsi tra due proposizioni collocate nello stesso enunciato, tra due enunciati o tra due porzioni testuali.
Limitando l’analisi alle consecutive facenti parte dello stesso periodo, si distinguono i seguenti tipi:
(a) consecutive subordinate:
(i) forti (o con antecedente o correlate): ha studiato con tanto impegno che è stato promosso con il massimo dei voti;
(ii) deboli (o libere o non correlate): ha superato il limite di velocità, cosicché è stato multato;
(b) consecutive coordinate:
(i) con congiunzione coordinante specializzata: ha studiato con tanto impegno, quindi è stato promosso con il massimo dei voti;
(ii) con congiunzione coordinante non specializzata: ha studiato con tanto impegno ed è stato promosso con il massimo dei voti;
(iii) per giustapposizione (o asindeto): ha studiato con tanto impegno: è stato promosso con il massimo dei voti.
Esiste dunque un continuum nell’espressione del rapporto di conseguenza, ai cui estremi stanno le subordinate consecutive forti, caratterizzate dall’ipercodifica del rapporto consecutivo, e le coordinate giustapposte, in cui l’eventuale relazione di conseguenza, non marcata da espliciti segnali sintattici o lessicali, è affidata a processi inferenziali (Frenguelli 2009).
Nel gruppo (a) del paragrafo precedente la distinzione tra consecutive forti (tipo i) e consecutive deboli (tipo ii) riguarda la natura dell’elemento da cui scaturisce la conseguenza. Nelle consecutive forti esso è rappresentato da un singolo elemento della reggente:
(9) la rapina è avvenuta con una tale rapidità che nessuno ha avuto il tempo di intervenire
Le consecutive forti sono introdotte in forma esplicita dalla congiunzione che o dalla preposizione da in forma implicita. Nella principale è presente un elemento (l’antecedente) che intensifica o enfatizza la causa. La reggente e la subordinata formano così una struttura a dittico o correlativa (➔ correlative, strutture), caratterizzata da una relazione ‘ana-cataforica’: l’antecedente opera un riferimento in avanti (➔ catafora) verso la consecutiva; il connettivo che introduce la subordinata attua invece un rinvio all’indietro (➔ anafora). Tra le due proposizioni si crea infatti un senso d’attesa «che esige una risoluzione nella subordinata» (Agostini 1978: 381) e che ne limita l’autonomia semantica.
L’elemento intensificato può consistere in un aggettivo (➔ aggettivi) in posizione predicativa o attributiva:
(10) Maria è così irresponsabile che non le si può affidare nessun compito
(11) Maria è una ragazza così cara che nessuno vuole deluderla
L’aggettivo in posizione attributiva può stare sia dopo il nome sia prima (è una così cara ragazza che nessuno vuole deluderla).
La consecutiva può anche dipendere da un avverbio (12) o da un sintagma nominale (13):
(12) ha corso tanto velocemente da battere il suo record personale
(13) ha parlato con tanta veemenza che ha convinto l’uditorio
L’intensificatore dell’elemento da cui la consecutiva dipende è rappresentato da aggettivi e avverbi. Gli intensificatori più frequenti sono:
(a) così: intensifica aggettivi, participi con funzione di aggettivi e avverbi, mettendone in rilievo l’aspetto qualitativo;
(b) tanto: oltre a svolgere le stesse funzioni di così, può assumere anche il ruolo di pronome, agendo dunque come argomento del predicato verbale (ha mangiato tanto da sentirsi male). Rispetto a così, tanto mette in rilievo l’aspetto quantitativo dell’elemento che intensifica.
Da segnalare inoltre l’uso di tanto in espressioni pressoché fisse come tant’è vero che, tant’è che, particolarmente frequenti nel parlato, ma anche nella prosa giornalistica:
(14) aveva inoltre timore che il figlio fosse entrato in qualche brutto giro, tant’è vero che lo obbligava a rispettare precisi orari di ritorno a casa («Corriere della sera» 31 dicembre 1992, p. 13)
Espressioni di questo tipo, alla cui base è riconoscibile un’origine consecutiva (ciò è tanto vero che ...), mostrano ormai un carattere esplicativo tanto da poter esser riformulate con un semplice infatti (Moretti 1982: 151);
(c) tale: in quanto aggettivo si colloca prima o dopo il nome:
(15) i bambini facevano una tale confusione [o una confusione tale] che la maestra decise di chiamare il preside
(d) talmente: si accompagna a elementi aggettivali e avverbiali (con l’eccezione degli avverbi in -mente):
(16) era talmente nervosa che le tremavano le mani
(17) è arrivata talmente tardi che il film era già finito
L’elemento cataforico con funzione di intensificatore può anche essere omesso: l’intensificazione della causa deve però essere suggerita da fattori semantici:
(18) l’ha detto con un odio da far gelare il sangue
Le consecutive prive di elemento cataforico sono sempre implicite. Il costrutto esplicito infatti ammetterebbe anche un’interpretazione relativa (in 18, l’ha detto con un odio che faceva gelare il sangue).
Le consecutive deboli (tipo ii del gruppo a del § 2.2) funzionano come avverbiali di frase (➔ avverbi): non dipendono da un singolo costituente della principale, ma si riferiscono all’intero processo o stato di cose codificato nella principale. Anche in questo tipo di consecutiva compare un intensificatore, adiacente, se non amalgamato, alla congiunzione subordinante. Si formano in tal modo locuzioni congiuntive che ammettono anche la forma univerbata: così che / cosicché, (sì che) / sicché, tanto che / tanto che, talché.
(19) il romanzo ha avuto molto successo, tanto che se ne prevede un’imminente riedizione
Dal momento che nelle consecutive deboli l’intensificatore non si riferisce a un singolo costituente ma è agglutinato alla congiunzione subordinante, ciò che risulta intensificato è il contenuto proposizionale complessivo della reggente: le consecutive deboli tendono dunque ad assumere un valore esoforico.
Rientrano nelle consecutive deboli anche le subordinate introdotte da congiunzioni composte da preposizione + modo (o maniera) punto + che, accompagnate o meno dall’elemento intensificatore (tale):
(20) era stato bendato in maniera tale che non potesse vedere nulla
Frasi di questo tipo potrebbero anche essere classificate tra le consecutive forti: modo, maniera e punto potrebbero essere altrettanti antecedenti della subordinata. Tuttavia, tali espressioni paiono piuttosto cristallizzate, tanto da potersi ritenere perifrasi congiuntive.
Le consecutive ammettono sia la forma esplicita sia quella implicita. Nella forma esplicita il modo più ricorrente è l’indicativo. Se la conseguenza è probabile, cioè non posta come certa, si ricorre al ➔ condizionale o al ➔ congiuntivo, che può anche comparire in presenza di una causa negata:
(21) era così triste che niente avrebbe potuto sollevarle il morale
(22) parlale sinceramente così che si convinca delle tue ragioni
(23) non hai un atteggiamento così trasparente che possa metterti al riparo dalle maldicenze altrui
Ammessa sia nel tipo forte sia in quello debole, la selezione della forma implicita (da + infinito) è preferita (ma non richiesta) quando il soggetto della reggente coincide con quello della subordinata (ha mangiato tanto da sentirsi male / ha mangiato tanto che si è sentito male). Tuttavia, tale corrispondenza non sempre si realizza; è sufficiente che il soggetto della subordinata corrisponda al soggetto logico della reggente o che il soggetto della reggente sia uno degli argomenti della subordinata:
(24) a Luca piace tanto il cinema da andarci almeno tre volte a settimana
(25) a. Luca è così generoso che tutti gli chiedono soldi
b. Luca è così generoso da chiedergli tutti dei soldi
La frase in (25), in cui il soggetto della reggente compare nella subordinata come complemento di termine, ammette sia la costruzione esplicita sia quella implicita.
Tra consecutive implicite ed esplicite sussistono differenze di ordine semantico e pragmatico. Le consecutive all’infinito, come tutte le frasi infinitive, veicolano un minor numero di tratti semantici: in particolare alcuni caratteri del verbo, come l’agentività, la dinamicità e l’aspetto sono neutralizzati. Le strutture implicite sono impiegate per ragioni di economia, specialmente quando tra reggente e subordinata vi è persistenza degli stessi tratti (soggetto, tempo, aspetto), oppure per occultare l’agente (nelle costruzioni passive o in presenza di un soggetto indefinito):
(26) si comporta in modo così scorretto da essere considerato un poco di buono
(27) inoltre, mi auguro che la Finanziaria stanzi fondi sostanziosi, così da poter attuare interventi radicali («Corriere della sera» 23 maggio 1994)
Un trattamento particolare è riservato alle cosiddette proposizioni di adeguatezza (Tekavčić 1980: 455) o consecutive valutative (Ferrari & Zampese 2000: 201), che non tutti considerano propriamente consecutive:
(28) Luca è abbastanza esperto affinché gli si possa affidare questo compito
(29) Luca è troppo poco esperto affinché gli si possa affidare questo compito
Rispetto alle consecutive prototipiche le proposizioni di adeguatezza non esprimono una conseguenza di una causa intensificata, ma il grado di compatibilità dello stato di cose contenuto nella reggente rispetto all’eventuale realizzarsi di un effetto. La conseguenza non è mai posta come certa: per questo motivo nella costruzione esplicita compare sempre il congiuntivo. Il tipo di connettivi impiegati permette inoltre di avvicinare tali frasi alla subordinazione finale.
Come le consecutive, anche le proposizioni di adeguatezza formano una struttura a dittico: nella sovraordinata l’antecedente è intensificato dagli avverbi troppo, abbastanza, troppo poco, non abbastanza; la subordinata è invece introdotta da affinché o perché nella costruzione esplicita (28-29) o da per / da nella costruzione implicita:
(30) Luca è abbastanza grande per andare in vacanza da solo.
Da un punto di vista pragmatico, la codifica della consecuzione mediante subordinazione (da ritenersi la strategia prototipica) diverge dall’alternativa mediante coordinazione per via del tipo di azione linguistica compiuta dal parlante (Ferrari 1994: 200-201). Ricorrendo a una consecutiva subordinata si afferma l’esistenza di un rapporto consecutivo tra due fatti per mezzo di un’unica asserzione. Al contrario, impiegando due frasi non gerarchicamente ordinate, il parlante compie due asserzioni, la seconda delle quali si pone come conclusione rispetto alla prima.
Le consecutive coordinate (gruppo b del § 2.2) possono essere introdotte da congiunzioni coordinanti di tipo conclusivo (allora, dunque, perciò, quindi):
(31) ha fatto molto freddo, quindi la strada si è ghiacciata
La relazione consecutiva tra due proposizioni può sussistere anche in assenza di connettivi specializzati:
(32) ha fatto molto freddo, e la strada si è ghiacciata
Nella frase in (32) l’interpretazione consecutiva è suggerita da fattori di enciclopedia. Lo stesso processo inferenziale si determina in (33), dove le due proposizioni sono semplicemente giustapposte:
(33) ha fatto molto freddo: la strada si è ghiacciata
Quando si determina oltre le frontiere dell’enunciato, il rapporto di conseguenza realizza una movenza testuale che permette di organizzare il discorso in base a particolari esigenze argomentative:
(34) Dada non pretendeva di dare inizio a una corrente artistica con canoni codificati, come invece fu, ad esempio, per il fotodinamismo futurista di Balla e Boccioni. Dada fu provocazione pura. Sicché Futurismo e Dada possono avere punti in contatto soltanto per la fase destruens («La Repubblica» 3 dicembre 2009)
Oltre a sicché, assumono la funzione di connettivi consecutivi anche i pronomi di origine relativa per cui (considerato da molti erroneo) e onde.
Le subordinate consecutive si collocano obbligatoriamente dopo la principale:
(35) a. Elena è talmente bella che tutti si girano a guardarla
b. * che tutti si girano a guardarla Elena è talmente bella
Tale restrizione è stata spiegata ricorrendo al principio iconico, in base al quale la posposizione della consecutiva rifletterebbe iconicamente la posteriorità cronologica della conseguenza. Si è anche ipotizzato che l’impossibilità di anteporre la consecutiva alla reggente derivi dalla natura rematica delle consecutive, che dunque tenderebbero a collocarsi dopo il tema, cioè dopo la reggente (ma sull’esistenza di consecutive tematiche cfr. Lombardi Vallauri 2000: 82). In realtà, l’impossibilità di formulare consecutive preposte sembra dovuta alla particolare fisionomia ‘a dittico’ delle frasi formate da reggente + consecutiva: la consecutiva è infatti il secondo membro di una struttura correlativa (➔ correlative, strutture). Nelle consecutive deboli, l’inversione è comunque bloccata per la presenza di un connettivo (cosicché, ecc.) che realizza un rimando anaforico all’indietro.
Che la posposizione obbligatoria delle consecutive dipenda da un fattore sintattico sembra dimostrato dal fatto che i rari casi di inversione interessano sempre consecutive non correlate alla sovraordinata, come la seguente:
(36) Mangiavano come lupi, e non era possibile neppure servirli in regola tanto erano impazienti e turbolenti (A. Palazzeschi, Sorelle Materassi, in Tutti i romanzi, Milano, Mondadori, 2004, p. 667)
Nell’esempio (36) la conseguenza precede la causa, ma tra le due componenti non si determina la correlazione, che invece contraddistingue una consecutiva prototipica (erano tanto impazienti e turbolenti che non era possibile neppure servirli in regola).
In italiano antico, il tipo di antecedente più diffuso nelle consecutive forti è sì, anteposto ad aggettivi, nomi ed avverbi. Presente nella fase antica, ma ridottosi negli sviluppi successivi, è l’uso di sì o tanto come intensificatori del verbo:
(37) ‘Beati pauperes spiritu!’ voci
cantaron sì, che nol diria sermone
(Dante, Purg. XII, 110-111)
Nelle varietà antiche il tipo forte è nettamente più frequente rispetto a quello debole (Herczeg 1974: 113). Molte delle congiunzioni atte a introdurre consecutive deboli si sono costituite infatti nel Quattrocento, probabilmente per processi di ➔ grammaticalizzazione, in base ai quali l’intensificatore tende ad agglutinarsi alla congiunzione subordinante che. Nei testi duecenteschi e trecenteschi, le consecutive deboli sono introdotte in genere da sì che, che sovente gli editori univerbano in sicché. Molto spesso tale congiunzione perde il proprio valore subordinante, finendo con l’assumere un semplice valore conclusivo (Agostini 1978: 383):
(38) Ogne cosa quasi o è generale, sicché comprende molte altre cose, o è parte di quella generale (Brunetto Latini, Rettorica XVII, 2)
A partire da usi di questo tipo, in cui il valore intensificante di sì appare desemantizzato, si sarebbe originato il connettivo sicché, nella fase attuale molto frequente specialmente nelle varietà toscane (Mazzoleni 2007: 90-95)
Si registrano inoltre costrutti particolari. Molto diffuso è il modulo fare + intensificatore + che:
(39) con grande stanzia [il giullare] adomandava che li facesse ragione, e fece tanto che fece restare lo cavaliere (Novellino IV, 22)
Frequente è anche il ricorso a consecutive prive dell’elemento cataforico e introdotte dal solo che:
(40) e pareami vedere lo sole oscurare, sì che le stelle si mostravano di colore ch’elle mi faceano giudicare che piangessero (Dante, Vita Nova XXIII, 5)
Infine, anche in italiano antico si registrano casi di consecutive giustapposte in cui la conseguenza precede la causa intensificata:
(41) Quel ch’ella par quando un poco sorride,
non si pò dicer né tenere a mente,
sì è novo miracolo e gentile
(ivi, XXI, 4, 12-14)
Anche se maggiormente concentrate nello scritto, le consecutive sono ben rappresentate anche nei diversi tipi di parlato, dove esibiscono però una minore varietà di realizzazioni: gli elementi cataforici più spesso selezionati nell’orale si riducono a tanto e così. Si segnalano inoltre fenomeni di ridondanza: l’elemento cataforico tanto appare spesso intensificato da così (ero così tanto stanco che mi addormentai subito).
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