frasi nucleari
Frase nucleare è un’etichetta generica e imprecisa con cui si indicano le frasi ‘più piccole’ di una lingua, cioè quelle non composte da altre frasi, combinando le quali si ottengono costruzioni più complesse (espressioni equivalenti e ugualmente diffuse sono frasi elementari e, benché minoritario, frasi minime; ➔ argomenti). Nella grammatica tradizionale (che ha avuto duraturi riflessi anche nella pratica scolastica) la combinazione di frasi nucleari dà luogo a una struttura più complessa denominata periodo. L’idea sottostante è che la grammatica della frase nucleare sia diversa da quella del periodo, sicché, per avviare l’➔analisi grammaticale e l’apprendimento linguistico, la frase nucleare costituisce pur sempre il punto di partenza.
Dal punto di vista dell’analisi linguistica, però, l’idea di frase nucleare è poco convincente, dato che per definirla si applica un numero eccessivo di restrizioni arbitrarie e anche fantasiose. Per es., nella tradizione si trattano come frasi nucleari solo le frasi dichiarative attive: cioè frasi assertive (non interrogative, non imperative, non subordinate) di tipo attivo. Un esempio scolastico di frase nucleare potrebbe quindi essere il seguente:
(1) Carlo mangia la frutta
Nella concezione tradizionale, inoltre, una frase nucleare deve rispondere a due condizioni: contenere un verbo di modo finito ed esprimere un pensiero compiuto. Nessuna di queste è però immune da obiezioni. La prima condizione può essere sfumata dicendo che il verbo di modo finito può essere sia semplice (leggo) che composto (ho letto), può comportare anche un verbo seguito (con o senza preposizione) da infinito (voglio uscire, intendo parlare, pretendo di mangiare); d’altronde, il verbo di una frase nucleare può essere anche all’infinito:
(2) io sfruttare la tua buona fede?
La seconda condizione, secondo cui per definire la frase nucleare il senso compiuto è essenziale, benché usata sin dal medioevo specie nell’insegnamento scolastico, non supera un’analisi approfondita: che cos’è infatti il senso compiuto? Quando il senso di una frase si può definire compiuto?
Una via d’uscita da queste difficoltà consiste nel dire che il requisito minimo perché una frase sia nucleare è che contenga almeno un predicato (cioè deve dire qualcosa di qualcos’altro; ➔ verbi). Ciò si ottiene innanzitutto mediante un verbo di modo finito (ma, come si vedrà più avanti, anche con altri mezzi). Sebbene quella di frase nucleare sia (insieme a quella di periodo) una nozione che la linguistica moderna ha accantonato data la difficoltà di individuarne proprietà sicure, di essa si fa spesso uso non solo perché è il fondamento dell’➔analisi logica e dell’analisi grammaticale. Un’altra ragione della sua utilità sta nel fatto che è proprio nella frase nucleare (anche se identificata intuitivamente) che appaiono meglio in evidenza le proprietà sintattiche fondamentali di una lingua. Inoltre, a dar credito all’analisi logica tradizionale, nella frase nucleare si osserva meglio che altrove il comportamento delle funzioni grammaticali primarie (➔ soggetto; ➔ oggetto; ➔ predicato, tipi di). Guardando la questione da un angolo più vasto e moderno, si osserva che, per essere nucleari, le frasi devono avere anche altre proprietà:
(a) ciascuno dei loro costituenti è nucleare, cioè non riducibile ad altri elementi più piccoli;
(b) nessuno di questi è messo in rilievo (tecnicamente, nessuno è focalizzato; ➔ focalizzazioni).
Per il primo parametro, per es., il soggetto della frase nucleare può essere costituito solo da un ristretto numero di componenti: un ➔ sintagma nominale, un pronome o un elemento zero (tutti, cioè, costituenti nucleari) ma non una frase completiva (➔ completive, frasi). Ad es., (3) è una frase nucleare, (4) – il cui soggetto è una completiva, racchiusa tra parentesi quadre – no:
(3) il bambino piange continuamente
(4) [che il bambino pianga continuamente] mi preoccupa
Del pari, nella frase nucleare l’oggetto può essere costituito da un pronome (clitico o no), un sintagma nominale o un elemento zero, ma non da una frase completiva, che non è nucleare. Non sono previsti, per questo tipo di frase, né argomenti diversi dall’oggetto né circostanziali (➔ argomenti), con la sola eccezione degli argomenti imposti dalla ➔ reggenza del verbo (per es., di te in mi sono accorto di te). Inoltre, la frase nucleare può contenere avverbi di vari tipi (di negazione, di maniera e altri; ➔ avverbi; ➔ maniera, avverbi di). Infine, il verbo che costituisce il predicato può essere di tipo pieno o lessicale (come uccidere, mangiare o partire) ma anche copulativo (come essere o costituire; ➔ copulativi, verbi). In quest’ultimo caso farà parte della frase anche un predicato nominale (➔ predicato, tipi di) o un elemento predicativo in generale. La seguente lista, che non pretende di esser completa, contiene esempi di frasi nucleari di diverso tipo (l’indicazione soggetto è tra parentesi dato che in italiano il soggetto non è obbligatorio e può quindi mancare):
(5) verbo impersonale: piove
(6) (soggetto) + verbo intransitivo: (io) dormo
(7) (soggetto) + verbo intransitivo + avverbio: parte improvvisamente
(8) (soggetto) + verbo intransitivo con reggenza + sintagma nominale: (io) mi accorgo del danno
(9) (soggetto) + verbo intransitivo con reggenza + clitico: (io) me ne accorgo
(10) soggetto nominale + verbo transitivo + sintagma nominale: il bambino mangia una mela
(11) soggetto nominale + verbo transitivo + clitico oggetto: il bambino la mangia
(12) (soggetto) + verbo copulativo + predicato nominale: (io) sono ingegnere
(13) avverbio di frase + (soggetto) + clitico oggetto + verbo transitivo: onestamente (io) lo odio
(14) (soggetto) + verbo transitivo: (egli) mangia
(15) (soggetto) + verbo modale di modo finito + verbo all’infinito + clitico: (egli) vuole mangiarla.
Le frasi nucleari si classificano in più modi, soprattutto secondo il livello sintattico a cui appartengono o la forma. Si distinguono, ad es., le principali, le subordinate, le isolate e i frammenti.
Le frasi nucleari principali si distinguono in nominali e verbali. Le prime contengono una predicazione pur senza presentare un verbo di modo finito:
(16) povero me!
(17) una cosa da non credere!
(18) buoni, questi fagioli
(19) che carino il tuo bambino
(20) ecco tuo fratello
(21) proprio tu!
(22) questa poi!
(23) ci mancava anche questa!
(24) ci mancherebbe altro!
(25) roba da pazzi!
(26) chi l’avrebbe mai detto?
(27) che fare?
Una parte notevole di queste frasi va ascritta alla categoria delle espressioni idiomatiche o delle frasi fatte, dato che il significato di esse non si desume dall’insieme dei significati delle parole che le compongono ma da altri fattori.
Diversi tipi di frasi nucleari hanno il verbo all’infinito:
(28) io finire in miseria!
(29) lui fare una cosa simile!
(30) che dire?
(31) saperlo!
(32) averlo saputo prima!
In alcuni tipi la testa è formata apparentemente da un aggettivo o un nome; in realtà si tratta di «assertori» (Marchello-Nizia 1999: 68), un gruppo di strutture che servono a introdurre frasi nucleari (sottolineati negli esempi):
(33) peccato perdere tutto questo tempo
(34) volesse il cielo che mio fratello torni sano e salvo
(35) certo che vengo
Altre hanno tipicamente un elemento di quantificazione che incorpora un predicato (come l’avverbio niente):
(36) oggi niente lezione
(37) niente da fare!
(38) troppa gente qui!
Come è chiaro da diversi di questi esempi, la predicazione può essere espressa anche senza verbo. Nondimeno, le migliori rappresentanti di questa categoria di frasi sono le frasi verbali, che contengono invece un predicato formato da un verbo di modo finito.
Esse si presentano con argomenti in numero variabile secondo la natura del verbo (anche qui, il soggetto tra parentesi è facoltativo):
(39) 0 argomenti: piove a dirotto
(40) 1 argomento: (io) non parto subito
(41) 2 argomenti: prendo il treno
(42) 2 argomenti: non lo voglio vedere
(43) 3 argomenti: consegno il libro a tuo fratello
Questi esempi, a dispetto della loro semplicità, esibiscono alcune peculiarità sintattiche dell’italiano rispetto alle lingue romanze (➔ lingue romanze e italiano):
(a) in italiano il soggetto è nullo (cioè non obbligatorio), salvo che quando ci sono ragioni di contrasto (pago io) o altre motivazioni speciali;
(b) se il soggetto invece appare, la sua posizione naturale è prima del predicato;
(c) la negazione non precede il verbo che modifica; solo con negazioni in due parti (comprendenti un intensificatore come non … mica e sim.; ➔ negazione; ➔ intensificatori) la prima parte è in posizione preverbale, la seconda in posizione post-verbale (non voglio mica);
(d) il complemento oggetto segue il predicato, ma non quando è costituito da un clitico (➔ clitici): voglio la frutta → la voglio;
(e) il clitico oggetto può avere alcune posizioni ma non altre. In particolare, può stare prima del verbo finito: io lo voglio;
(f) se il predicato è del tipo Verbo + Infinito (voglio vedere, posso aspettare, ecc.), il clitico può stare prima del verbo finito o dopo quello di modo non finito (stavo vedendolo, volevo vederlo), ma non può stare dopo il participio passato (* ho vistolo); l’italiano non usa la soluzione intermedia, in cui il clitico è tra i due verbi, come in francese o in romeno: fr. je veux le voir (lett. «voglio lo vedere»);
(g) la posizione dell’avverbio varia secondo la natura dell’avverbio stesso: se si tratta di un avverbio di predicato, può stare prima o dopo il verbo secondo la sua natura; se è un avverbio di frase, si trova di solito o all’inizio o alla fine della frase stessa.
In conclusione, l’ordine normale (tecnicamente: l’ordine «non marcato») degli elementi della frase nucleare italiana è il seguente (immaginando che tutti gli elementi siano presenti; ➔ ordine degli elementi):
Soggetto + Negazione + Predicato + Oggetto + altri Argomenti
E, più in particolare, l’argomento si colloca di norma subito dopo la testa a cui si ricollega:
(44) mi sono subito accorto di lui
(45) do un libro a tua sorella
(46) prendi la macchina di tua zia
Quanto alle frasi con avverbio, la situazione è diversa secondo la natura dell’avverbio. Se l’avverbio modifica il predicato, può stare normalmente prima o dopo del predicato stesso:
(47) Avverbio sul predicato
a. Avverbio + Verbo: subito arrivò
b. Verbo + Avverbio: arrivò subito
Se invece l’avverbio modifica l’intera frase (come fanno alcuni avverbi: francamente, onestamente, sinceramente, ecc.), questo per lo più sta all’inizio o alla fine della frase stessa:
(48) Avverbio di frase
a. Avverbio di Frase + [Frase]: francamente è bellissimo
b. [Frase] + Avverbio di Frase: è bellissimo, francamente
c. [Frase] + Avverbio di Frase + [Frase]: è francamente bellissimo
Queste considerazioni permettono di dire che dal punto di vista tipologico l’italiano – almeno per quanto riguarda le frasi nucleari, e salvo i casi di diverso segno indicati sopra – è una lingua del tipo SVO (Soggetto - Verbo - Oggetto), in cui cioè il primo elemento è un soggetto, il secondo un predicato e il terzo un oggetto.
Le cose si fanno più complesse quando il predicato non è costituito da un verbo; in altre parole, quando la frase nucleare è nominale (➔ nominali, enunciati):
(49) i fagioli no!
Questa frase significa più o meno «i fagioli non li mangio» oppure «non parlatemi di fagioli»: è chiaro che i fagioli non è soggetto, ma è tutt’al più il tema di cui si sta parlando (➔ tematica, struttura), e che la predicazione è condensata nel no successivo. In casi come questi, sarà più preciso dire che la frase nucleare ha al primo posto un elemento che rappresenta il tema, seguito dall’elemento predicativo.
Esempi come questi suggeriscono di aggiungere a quelle già date un’ulteriore definizione di frase nucleare: essa ha almeno un tema, cioè qualcosa di cui parla (sia pure sottinteso, cioè non menzionato ma facilmente desumibile dal contesto o dal cotesto: vedi es. 50; ➔ ellissi; ➔ contesto), e un rema, cioè qualcosa che viene detto a proposito del tema (es. 51):
(50) che meraviglia!
(51) questo bambino è una meraviglia!
Malgrado questi affinamenti, alla definizione convenzionale di frase nucleare continuano a sfuggire diversi casi, il che induce a sfumarla ancora. Alcuni verbi e costruzioni, ad es., hanno il soggetto in posizione seconda, cioè dopo il predicato e non prima, in violazione del principio accennato in (46). Ciò accade per es. coi verbi inaccusativi (➔ inaccusativi, verbi), che per ragioni diverse hanno il verbo prima del soggetto:
(52) è nato un bambino biondo
(53) non mi è arrivato nessun regalo
(54) qui passa l’autobus
Lo spostamento del soggetto dopo il verbo è tipico anche della costruzione passiva, che può essere attribuita senza troppa difficoltà (malgrado l’esclusione della grammatica tradizionale) alla categoria delle frasi nucleari:
(55) è stato appena pubblicato un bellissimo libro
(56) è stato arrestato un terrorista
Nondimeno ci sono una varietà di casi (ancora poco spiegati) in cui il soggetto è post-verbale anche se il verbo non è inaccusativo:
(57) sss! parla il presidente
(58) ieri è successa una cosa bruttissima
Del pari, hanno il soggetto posposto al verbo quasi tutti i verbi di esistenza, una proprietà che era tipica già dell’italiano antico:
(59) c’è una persona che ti vuol parlare
(60) Fue uno re molto crudele … (Novellino XXXVI)
(61) Nelle parti di Grecia ebbe [= ci fu] un signore che portava corona di re e avea grande reame (Novellino III)
(62) Avevavi uno uomo di corte, il quale era grandissimo favellatore (Novellino LXXXXIX).
Sono poche le operazioni che possono essere applicate alla frase nucleare, senza che questa cessi di essere nucleare: lasciando da parte alcuni dettagli minori, menzioniamo qui solo la negazione e l’ellissi.
La negazione semplice si colloca prima del verbo; la negazione in due membri con intensificatore (non … mica, non … già, non … mai) invece colloca normalmente la sua seconda parte dopo il verbo.
Vanno inoltre ascritte alle frasi nucleari le frasi ellittiche di questo o quel costituente, che sono strutturate nondimeno sul modello di una frase nucleare. Esse si presentano in più forme (Simone 200718: 244 segg.): come prosecuzione (in bocca allo stesso parlante o a un altro parlante) di iniziali frasi nucleari (si parla allora di frasi-sequenza, come in 63 e in 64):
(63) Con te sto bene. Ma con lui [Ø] meglio
(64) a. – finora hai detto solo sciocchezze
b. – perché io dico solo sciocchezze
o come risposta a una domanda (come in 65 b. rispetto a 65 a.):
(65) a. andate al cinema?
b. loro sì, noi no
o come entrate in dialogo da parte del parlante:
(66) non quello, quell’altro!
(67) quello proprio no.
L’ordinamento degli elementi nelle frasi nucleari descritto sopra è il risultato di un lungo processo storico, all’inizio del quale diversi fenomeni si presentavano in modo completamente diverso da oggi. L’➔italiano antico, per es., collocava gli elementi della frase nucleare in modo difforme da quello attuale. In generale in italiano antico qualunque tipo di costituente poteva essere collocato prima del verbo, mentre il soggetto era normalmente post-verbale:
(68) Taceva già Pampinea (Boccaccio, Dec. I, 3)
(69) Così, per comandamento della reina, cominciò Filomena (ivi, V, 8)
(70) meravigliossi l’abate che in un rubator di strada fosser parole sì libere (ivi, X, 2)
L’oggetto clitico era per lo più posposto al verbo di modo finito:
(71) Antinogo prese la cetera e ruppela e gittolla nel fango (Novellino XIII)
In generale, tutti gli argomenti fondamentali potevano essere disposti in ordine diverso da quello attuale. Nel brano seguente di Boccaccio, tutti i segmenti sottolineati sono anteposti alla loro testa, come la lista successiva mette in evidenza:
(72) alcuna persona questo nostro amore seguire non dee […] ma impossibile mi pare che la giovane età degli uomini e delle donne, senza questo amore sentire, trapassare possa (Boccaccio, Il Filocolo, VIII)
(a) questo nostro amore precede seguire
(b) impossibile precede mi pare
(c) questo amore precede sentire
(d) trapassare precede possa.
In ➔ Niccolò Machiavelli il processo era ancora attivo (es. 73) sebbene non più generale (es. 74):
(73) debbe adunque uno principe non avere altro obietto né altro pensiero […] fuora della guerra (Niccolò Machiavelli, Il principe XIV)
(74) uno principe […] savio sempre ha fuggito queste arme (ivi, XIII)
Per questi motivi, la frase nucleare in italiano moderno è il risultato di una serie di spostamenti, a seguito dei quali è stato raggiunto l’ordine basico visto in (42).
Tra le frasi nucleari si possono porre anche alcuni tipi di subordinata: si tratta in particolare delle cosiddette subordinate libere, che hanno funzione diversa dalle frasi dipendenti corrispondenti. Si tratta infatti di frasi subordinate solo in apparenza, dato che portano la congiunzione che le introduce ma non hanno frase principale da cui dipendono. Tra queste le più notevoli sono le ipotetiche libere, le temporali libere e le completive libere.
Le ipotetiche libere sono frasi introdotte da un se, ma prive di frase principale (Lombardi Vallauri 2004). Esse hanno anche un’intonazione sospesa tipica, che le rende immediatamente riconoscibili:
(75) se vuoi metterti qui …
(76) se facessimo una passeggiata?
(77) se solo la piantassi!
È chiaro che queste frasi non hanno il valore ipotetico connesso con il se, ma rendendosi indipendenti da una reggente hanno preso altro valore: indicano in partic. un ordine presentato in forma mite (75), una richiesta indiretta (76) e un augurio (77).
Ci sono anche ipotetiche libere che servono a confermare un dato di fatto, anche in modo ironico:
(78) se le cose stanno così …
(79) se lo dici tu …
Anche le temporali libere sono indipendenti dalla reggente e non danno più informazioni temporali, bensì hanno assunto un valore pragmatico specifico:
(80) quando si dice la fortuna …
(81) quando vuoi …
(82) dopo tanto sforzo …
Le completive libere invece si presentano perlopiù in forma interrogativa:
(83) che voglia parlare con me?
(84) che ce l’abbia con me?
Le frasi nucleari possono combinarsi per coordinazione, sia per asindeto (cioè senza congiunzione visibile) che per polisindeto (con più congiunzioni manifeste):
(85) Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare
(Gabriele D’Annunzio, “I pastori”, in Alcyone, vv. 1-3)
In questo famoso passo di D’Annunzio appaiono frasi nucleari coordinate con congiunzione e senza. Una parte delle frasi nucleari coordinate serve per descrivere sequenze di azioni e di operazioni che possono essere assimilate alle enumerazioni (➔ enumerazione):
(86) aprite il rubinetto e verificate il getto dell’acqua
(87) prendi il martello e pianta bene il chiodo
È possibile anche coordinare una frase nucleare nominale con una verbale:
(88) uno sforzo ancora e ci siamo
(89) un altro brutto voto e ti bocciano
Questa combinazione ha un particolare valore pragmatico: la prima frase (quella nominale) serve a indicare una condizione (positiva o negativa) il cui realizzarsi dà luogo all’evento espresso dalla seconda frase: l’interpretazione di (89), ad es., è del tipo di «se prendi un altro brutto voto, ti bocciano».
Lombardi Vallauri, Edoardo (2004), Grammaticalization of syntactic incompleteness. Free conditionals in Italian and other languages, «SKY Journal of linguistics» 17, pp. 189-215.
Marchello-Nizia, Christiane (1999), Le français en diachronie: douze siècles d’évolution, Paris, Ophrys.
Salvi, Sergio (1988), La frase semplice, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 1º (La frase. I sintagmi nominale e preposizionale), pp. 29-113.
Simone, Raffaele (200718), Fondamenti di linguistica, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 1990).