Opera narrativa, cinematografica ecc. il cui argomento è costituito da un delitto, o da una serie di delitti, e dalle indagini svolte da agenti di polizia o da investigatori privati. Nato in letteratura alla metà del 19° sec. con E.A. Poe ed entrato nel cinema ai primi del Novecento, ha conosciuto una ininterrotta fortuna. In Italia è noto come giallo, dal colore delle copertine dei libri del genere pubblicati dall’editore Mondadori dal 1929.
Per la sua complessità, per la vasta articolazione e in ragione della sua evoluzione che ha implicato contaminazioni con generi di tipo diverso, il p. può essere considerato un vero e proprio macrogenere nell’ambito del quale sono collocabili generi più circoscritti, come il gangster film, il film di spionaggio, il film giudiziario, il film carcerario, più legati a determinate atmosfere e alla sensibilità di certi periodi storici (il noir) o alla costruzione di una specifica struttura (il ‘film a enigma’, o giallo).
L’affiatamento immediato tra letteratura poliziesca e cinema è testimoniato dai cosiddetti serial del muto, dalla serie di Nick Carter (inaugurata nel 1906 da Victorin Jasset) alla trilogia di G.B. Seitz (nella prima serie in coregia con L.J. Gasnier) tra il 1914 e il 1915, alle serie di L. Feuillade, a quella italiana di E. Ghione (regista e interprete degli otto episodi di I topi grigi, 1918). Il fenomeno della serialità sarebbe poi rimasto un attributo peculiare del genere, legato soprattutto a personaggi di derivazione letteraria di grande popolarità. Non c’è grande scrittore del genere p. le cui storie non siano state trasposte sul grande schermo.
Al di là dei numerosi adattamenti da opere letterarie, dagli anni 1920 il cinema iniziò a sviluppare una vocazione alla rappresentazione del mondo del crimine in quanto tale, con film come Il dottor Mabuse (1922) di F. Lang o Le notti di Chicago (1927) di J. von Sternberg; nel decennio successivo fu soprattutto A. Hitchcock a metabolizzare definitivamente nel linguaggio cinematografico provvisto del sonoro lo schema originale del film d’inchiesta e del mistero di derivazione letteraria trasformandolo in un sistema codificato di effetti psicologici (minaccia, pericolo, sollievo), e questa accentuata connotazione emotiva è diventata la cifra di immediata riconoscibilità del p. cinematografico.
Il modello della costruzione a enigma (con il disvelamento graduale di segni e indizi che porta alla spiegazione di un evento criminoso) coesiste con differenti generi nei quali non necessariamente la trama è centrata su un mistero da risolvere, ma dove dominano la medesima manipolazione degli stati di tensione dello spettatore e un analogo interesse verso la dialettica tra ordine costituito e mondi dell’illegalità, così come nei confronti della rappresentazione della violenza e degli stili di vita che sul suo uso si fondano. Per questa ragione spesso si può far rientrare nel p. il film carcerario, o il gangster film o quello giudiziario, nei quali il cinema adotta raffinati strumenti di accumulo e scarico dell’ansia, della costruzione ingegnosa dell’azione e dei suoi esiti imprevedibili, che sono i tratti costituitivi della struttura e dell’identità del genere.
Con il noir, sviluppatosi negli Stati Uniti a partire dagli anni 1940, lo spostamento del baricentro del genere p. dall’armonia logico-deduttiva dell’indagine di stampo anglosassone allo stress psicofisico contrassegnò il raggiungimento di una originalità narrativa ed espressiva che portò il genere p. alla piena maturità e originalità. Il noir, la cui parabola aurea si suole racchiudere tra Il falcone maltese (1941), di J. Huston, e Un bacio e una pistola (1955), di R. Aldrich, marcò in profondità tutto l’immaginario del p. con la sua angoscia legata alla vendetta e al tradimento, le figure tipiche (il poliziotto frustrato, il criminale incastrato dai compagni, il detective privato e la dark lady), lo stile di racconto in cui l’ossessione del tempo e della fatalità impongono spesso la narrazione in prima persona e la ricostruzione non lineare degli eventi che la compongono. Non vi è stato regista di valore dell’epoca che non si sia cimentato nell’ampio spettro del p. che dentro e intorno al noir gravitava, da H. Hawks (Il grande sonno, 1946) a O. Welles (L’infernale Quinlan, 1958).
Con Psycho (1960) Hitchcock amplifica e radicalizza la tradizione di tensione e ansia del genere p., gettando le fondamenta del thriller moderno, il cui modello segna in profondità il paesaggio del p. contemporaneo. D. Argento e altri autori come J. Carpenter (Halloween, la notte delle streghe, 1978) hanno spinto la rappresentazione della violenza direttamente nell’horror, dal quale il p. è diventato spesso indistinguibile: soprattutto a partire da Il silenzio degli innocenti (1991) di J. Demme, il primo thriller a vincere un Oscar, p. e horror sembrano aver prodotto uno stabile ibrido.
Nello stesso periodo si è assistito a un revival di gusto neoclassico del noir, mentre, a conferma dell’universalità del richiamo del p., nel suo ambito si è verificata la formazione di autori e produzioni al di là della tradizione statunitense (J. Woo, T. Kitano). La cinematografia francese, in particolare, vanta una ricca e solida attitudine al p. e soprattutto C. Chabrol ha esplorato con stile raffinato e personale tutta la gamma del genere.
In Italia, il genere p., bocciato dal fascismo e relegato a letteratura inferiore da pregiudizi umanistici, emerse solo dopo la Seconda guerra mondiale con Il bandito (1946) di A. Lattuada e Caccia tragica (1947) di G. De Santis. Oltre alla fortunata stagione dei thriller di Argento, peculiare rilevanza ha avuto il giallo politico con F. Rosi, E. Petri, D. Damiani, che ha inaugurato una miscela di cinema d’impegno e poliziesco, formula ripresa anche fuori d’Italia (per es. C. Costa-Gavras e A.J. Pakula).
L’emergere dagli anni 1990 di personaggi diabolici e geniali tipici dei primordi del p., con film come I soliti sospetti (1995) di B. Singer, o la reinvenzione del gangster film e del noir nei film di Q. Tarantino (a partire da Pulp fiction, 1994), il costante emergere di nuovi autori (tra cui C. Hanson, D. Fincher, C. Nolan) così come la persistenza sotterranea di uno sguardo femminile, tanto più sorprendente in un genere per tradizione consacrato alla supremazia maschile e alla violenza (da La belva dell’autostrada, 1953, di I. Lupino a Point break, 1991, di K. Bigelow a La fine è nota, 1993, di C. Comencini), attestano uno stato di salute che nessun altro genere cinematografico, altrettanto longevo, può vantare.
Le origini del romanzo p. vengono dai più individuate nel racconto di E.A. Poe The murders in the rue Morgue (1841), seguito da altri come The purloined letter (1842), The mistery of Marie Roget (1842-43) ecc. In essi compaiono tutti gli elementi che diventeranno tipici del genere: a) trama fondata su un mistero apparentemente inspiegabile; b) sospetto di innocenti; c) indagine basata sull’osservazione e il ragionamento; d) soluzione difficilmente prevedibile ma più semplice di quanto si possa sospettare; e) presenza costante dello stesso investigatore (Auguste Dupin), più abile della polizia ufficiale e accompagnato da un collaboratore meno acuto che funge da interlocutore e ‘biografo’, diventando, dal punto di vista narrativo, l’intermediario tra i ragionamenti e i progressi dell’investigatore e il lettore.
Va comunque detto che una delle prime apparizioni in opere letterarie del procedimento indiziario usato dal Dupin di Poe, si trova in un racconto di Voltaire, Zadig (1748), nel quale il protagonista omonimo risolve piccoli misteri ipotizzando le soluzioni sulla base di tracce apparentemente insignificanti. Sono peraltro rintracciabili nella letteratura di tutti i tempi caratteristiche che riconducono al genere p., come nell’antichissima leggenda orientale tradotta in italiano da Cristoforo Armeno (Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re di Serendippo, Venezia, 1557), o in numerose novelle delle Mille e una notte, nei resoconti delle inchieste del giudice cinese Di Renze (7° sec. d.C.), e nello stesso Edipo re di Sofocle. La differenza sostanziale tra questo tipo di antecedenti e il romanzo p. quale si è sviluppato nel 19° sec. non è tanto nel tipo di ragionamento logico utilizzato per la conoscenza degli elementi e la soluzione dell’enigma, ma nel fatto che il romanzo p. è una rappresentazione pianificata dello scontro tra ragione e mistero.
Precursori più diretti del p. sono i tales of crime, storie vere di delitti, popolari in Inghilterra nel 17° sec., e le «confessioni autentiche dei condannati a morte», pubblicate nel 1698 dal cappellano della prigione di Newgate di Londra. A questo, che fu un vero e proprio successo editoriale, seguì la pubblicazione periodica di processi in The Newgate calendar. Più tardi, sempre in Inghilterra, lo Illustrated police news, contenente storie vere di crimini, superava in tiratura qualunque altro periodico.
Nel 1794 l’inglese W. Godwin pubblicò il romanzo Caleb Williams, che sviluppa i temi del delitto insoluto, della fuga e dell’inseguimento, del metodo psicologico dell’indagine, della sorpresa finale. Nel 1828 apparvero in Francia i Mémoires di E.F. Vidocq, ex forzato divenuto chef de sûreté. Conoscitore di ambienti e di gerghi della malavita, intuitivo e insieme analitico, è il primo poliziotto a trovare successo presso il grande pubblico. Svolgono indagini di tipo indiziario anche i pionieri e le guide dei Leatherstocking tales (1823-41) di J.F. Cooper. Dopo Barnaby Rudge (1841), in cui è inserito un vero e proprio racconto di crimine, C. Dickens si cimenta con una narrativa a sfondo p. anche nei romanzi Bleak house (1851-53) e The mistery of Edwin Drood (1870).
Il genere p. segue la stessa evoluzione della civiltà occidentale moderna, con la nascita delle metropoli, i suburbi, la polizia pubblica, e con l’ampliamento del pubblico dei lettori, in seguito alla diffusione dei giornali e della stampa popolare. A quest’ultimo fenomeno si collega la nascita del feuilleton e quindi della letteratura poliziesca di largo consumo. Ne è esempio É. Gaboriau, che pubblicò il primo roman judiciaire (L’affaire Lerouge, 1866). Il suo investigatore, Lecoq, non è un paladino del ragionamento analitico ma un ex delinquente riconciliatosi con la legge, dotato di una mentalità criminale. Il p. inglese si afferma nel 1868 con The moonstone, scritto da W. Collins, che apre un nuovo corso sfidando l’intelligenza del lettore, messo nella condizione di risolvere da sé l’enigma (fair play). La suspense prevale sulla detection. Lo Sherlock Holmes di A.C. Doyle apparve per la prima volta in A study in scarlett (1887). Pur modellato sul Dupin di Poe e sul Lecoq di Gaboriau, come ammise lo stesso Doyle, in Holmes si ritrova un’investigazione più legata a fatti semplici e concreti, tanto che l’eroe può definire i suoi ragionamenti «elementari». Per quanto riguarda lo stile narrativo, Doyle, che già s’inscrive in quella che si può definire industria del romanzo, inserisce nella sua narrativa azione, suspense e qualche carattere del genere horror.
La diffusione del romanzo p. ebbe un ulteriore incremento negli USA con i dimes (romanzi da 10 cents), fra cui popolarissime le Adventures of Nick Carter (1884), estrema commercializzazione del genere. Si tratta di storie scritte da più autori (tra i quali Nicholas Carter, pseudonimo dello scrittore J.R. Coryell), che facendo prevalere l’azione e l’emozione sulla detection, inaugurano la varietà del thriller destinata ad avere grande fortuna fino quasi a superare nel gradimento del pubblico il p. d’impostazione classica.
Al modello più alto di Poe si ricollega la scrittrice A.K. Green (The Leavenworth case, 1878), che, per la cura con la quale tratta la psicologia dei personaggi e i dettagli tecnici dell’inchiesta, è da annoverare tra i perfezionatori della macchina narrativa del romanzo poliziesco. Altri contributi in questo senso vennero da J. Futrelle, che ideò la figura del coltissimo professor Augustus Van Dusen (The thinking machine, 1907), e da R.A. Freeman, creatore del dottor John Thorndyke, medico legale investigatore (The red thumb mark, 1907). G.K. Chesterton, tra il 1910 e il 1934, scrisse 51 racconti p. con protagonista un prete di nome Padre Brown, in cui fa la prima apparizione l’inchiesta psicologica. Alla pura detection si rifà E. Orczy con le novelle The old man in the corner (1901-05), protagonista un investigatore che risolve tutti i casi senza mai muoversi dal tavolino di un caffè.
In Francia G. Leroux sfida Doyle e Poe con un mistero della camera chiusa (Le mystère de la chambre jaune (1907), e negli USA con The circular staircase (1908) esordisce nel genere la scrittrice M.R. Rinehart, che caratterizza i suoi romanzi distogliendo l’attenzione dalla figura dell’investigatore per dedicarsi al mondo delle vittime e dei carnefici: nasce così la mistery story.
Nel primo ventennio del 20° sec., stagione feconda e felice per il romanzo p., appare il popolarissimo e mediocre E. Wallace, con The four just men (1905), protagonisti i quattro «giustizieri» che arrivano dove la legge non riesce, e con Mr. John G. Reeder (1925), storie imperniate sull’investigatore omonimo. Ma è alla fine del ventennio che si afferma A. Christie, maestra nella costruzione di meccanismi narrativi, che fonde abilmente i vari temi del genere, fair play e suspense, indagine razionale e psicologica, e crea due detective famosi: Hercule Poirot (che nasce in The mysterious affair at Styles, 1920), tutto intelligenza e acume psicologico, e Miss Marple (che vede la luce in una serie di racconti e si afferma con The murder at the vicarage, 1930), con le stesse qualità di Poirot, ma in più una conoscenza empirica dei tipi umani. Altra signora del p. è D.L. Sayers, scrittrice colta che tenta di fondere romanzo puro con romanzo di genere. Negli USA, J. Dickson Carr (noto anche come Carter Dickson), si specializza in delitti di camera chiusa e altri crimini apparentemente impossibili, indulgendo alla contaminazione con l’horror. S.S. Van Dine si riallaccia al Dupin di Poe nel personaggio di Philo Vance; mentre al modello della Green e della Rinehart si collega M.G. Eberhart. Vanno segnalate anche le collaborazioni tra F. Dannay e M.B. Lee, che pubblicano sotto il nome di Ellery Queen, inventori di enigmi ingegnosi, e tra RW. Webb e H.C. Wheeler, che pubblicano sotto il nome di Patrick Quentin o di Jonathan Stagge, e che si distinguono per la varietà dei congegni romanzeschi, mentre il diplomatico e sinologo olandese R. van Gulik ha preso come modello i romanzi polizieschi cinesi del 17° e 18° secolo.
Malgrado l’abilità di molti autori, il romanzo p. si andava usurando in giochi enigmistici. Il genere riprese vitalità con la hard-boiled school, la scuola dei duri che vide la luce sulle pagine della rivista statunitense Black mask. Caratterizzata dall’esposizione asciutta e impersonale di fatti o temi, emotivamente neutra e aliena da considerazioni d’ordine morale, ne fu capostipite D. Hammett, che nei suoi romanzi (famoso The Maltese falcon, 1930) investì il genere di una forte istanza realistica e polemica. L’esempio di Hammett fu seguito principalmente da R. Chandler, con il romanzo The big sleep (1939), il cui detective Philip Marlowe diventerà figura mitica di investigatore cinico e sentimentale. Il romanzo hard-boiled si diffuse anche in Inghilterra e in Francia, decadendo però rapidamente in un prodotto standardizzato in cui all’esaltazione del senso di giustizia si sostituiva quella della violenza. In questo culto dell’individualismo ferino e asociale, i due antagonisti, detective e criminale, diventano gemelli, differenziati solo dalla qualificazione professionale, così come accade soprattutto nei romanzi di M. Spillane.
In Europa, invece, emerge su tutti il belga G. Simenon. Il suo commissario Maigret, protagonista di un centinaio di avventure, è il prototipo dell’investigatore psicologico, tenace e dotato di empatia. In Francia, uno dei maggiori rappresentanti del romanzo p. è L. Malet, creatore del commissario Nestor Burma.
Negli Stati Uniti E.S. Gardner, nel romanzo The case of the velvet claws (1933), inventa la figura di Perry Mason, conosciuta anche attraverso una lunga serie televisiva. Nel 1934, dalla penna di R. Stout, nasce il corpulento Nero Wolfe, investigatore colto e misogino, appassionato di libri, musica e orchidee. C. Woolrich imposta la macchina narrativa verso la suspense, diventando un maestro del genere con The bride wore black (1940) e Rear window (1945), da cui A. Hitchcock trasse il film omonimo. Woolrich influenzò il genere noir francese, tra i cui autori spicca A. Le Breton, il ‘cantore della mala’, con il suo Du rififi chez les hommes (1953), scritto in argot.
Nel 1965 appare, nel romanzo In the heat of the night, il più conosciuto investigatore nero: Virgil Tibbs, americano come il suo autore, J. Ball. Fra gli altri scrittori statunitensi, Ed McBain continua la saga della giungla d’asfalto con The blackboard jungle (1954), spietata radiografia del degrado urbano, proseguita con la serie dell’87° distretto.
Diverso il lavoro di D.E. Westlake, che con vari pseudonimi racconta il mondo della criminalità (The mercenaries, 1960; The hunter, 1969), e scrive romanzi intrisi di umorismo (The fugitive pigeon, 1965). S. Kaminsky ambienta le sue storie nella Los Angeles degli anni 1940; P. Highsmith meglio di altri ha saputo dare il senso della crisi contemporanea. L. Block ha creato Matt Scudder, un ex poliziotto disadattato e disilluso che indaga per umana passione in una New York sanguinosa e violenta. J. Ellroy si è affermato ritraendo una Los Angeles infernale, corrotta, disperata.
Autori principali nel genere del legal thriller sono J. Grisham (da A time to kill, 1989, a The appeal, 2008) e S. Turow (da Presumed innocent, 1987, a Limitations, 2006, trad. it. Prova d’appello, 2007), mentre nel thriller hanno dato notevoli contributi R. Ludlum (The Osterman weekend, 1972; The Bourne identity, 1980; The Prometheus deception, 2000), K. Follett (Eye of the needle, 1978; The key to Rebecca, 1980; A dangerous fortune, 1993; Whiteout, 2004), P. Cornwell, creatrice dell’anatomopatologa Kay Scarpetta e ideatrice di un nuovo genere di crime story in cui la soluzione dei casi è legata ad analisi di medicina legale (Postmortem, 1990; Point of origin, 1998; Book of the dead, 2007).
In Europa, si ricordano J.-P. Manchette, che ha dato al nuovo romanzo p. francese un deciso taglio politico e sociologico, M. Vázquez Montalbán, creatore di Pepe Carvalho, protagonista di svariate avventure in una Barcellona notturna e sorprendente, P. Markàris, creatore del commissario Charitos, in azione per le strade di Atene.
In Italia il ‘giallo’ è soprattutto lavoro di traduzione da letterature straniere; tuttavia un prototipo di p. italiano potrebbe considerarsi Il cappello del prete (1888) di E. De Marchi. Solo alla fine degli anni 1920, si crea un interesse editoriale e di pubblico nei confronti del genere. Il romanzo p. fu dapprima promosso dal governo fascista, che impose alle collane specializzate la presenza di firme italiane; poi condizionato, con il divieto che l’assassino fosse italiano e potesse sfuggire alla giustizia; infine, nel 1941, dichiarato e messo fuorilegge perché considerato antieducativo. Ad aprire la strada fu A. Varaldo (Il sette bello, 1931), ma il personaggio più riuscito fu il commissario De Vincenzi di A. De Angelis (Il candeliere a sette fiamme, 1936), colto e pessimista interprete dell’animo umano. Da non dimenticare è anche G. Scerbanenco, che ottenne riconoscimenti anche all’estero. Notevole successo ebbe negli anni 1970 il romanzo La donna della domenica (1972) di C. Fruttero e F. Lucentini. Nello stesso decennio esordirono A. Perria, A. Veraldi e L. Macchiavelli, autore della serie del sergente Sarti Antonio.
Cultori occasionali del p. possono essere considerati C.E. Gadda (Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, 1957), L. Sciascia (Il giorno della civetta, 1961) e M. Soldati (I racconti del maresciallo, 1967), che in ciò si accomunano ad altri celebri autori come G. Bernanos, A. Robbe-Grillet, F. Dürrenmatt, J.L. Borges, A. Bioy Casares, i quali utilizzano gli schemi del p. per meglio rappresentare la tortuosità e le contraddizioni del nostro tempo. Ancora diverso il caso del romanzo di U. Eco Il nome della rosa (1980), ricco di citazioni intertestuali (da Voltaire a Poe a Doyle), in cui però l’impianto ‘giallo’ del racconto sembra essere al servizio di ben più complesse intenzioni narrative. Più classico l’approccio al genere di A. Camilleri, creatore del commissario Montalbano, mentre sconfinano nel thriller autori come C. Lucarelli e G. Faletti.