Nato da modesta famiglia a Siracusa verso il 306 a. C., dopo aver militato con onore contro i Cartaginesi, fu riconosciuto stratego, insieme ad Artemidoro, in seguito a iniziativa dei soldati (275-74). Sconfitto dai Mamertini sul fiume Ciamosoro, ebbe una rivincita decisiva nella piana di Milazzo, presso il fiume Longano (265; meno probabilmente 270-69), a seguito della quale (secondo Polibio e la maggior parte degli storici moderni) ottenne dai Siracusani il titolo di re. A Messina intanto i Mamertini introducevano un presidio cartaginese, poco dopo espulso e sostituito da un presidio romano; e contro Romani e Mamertini, i Cartaginesi e Gerone assediarono la città (264). L'anno seguente, quando i Romani sbarcarono quattro legioni nell'isola, G. si ritirò da Messina e, incalzato da Marco Valerio, venne a patti con lui, promettendo di aiutare Roma contro Cartagine, promessa alla quale rimase sempre fedele durante la prima e la seconda guerra punica. A questa politica filoromana di G. si deve un periodo di grande splendore per Siracusa, e, se è vero che preparò l'asservimento della Sicilia greca ai Romani, è altrettanto vero che la soggezione era ormai inevitabile. G. perseguì una politica di pace anche con l'Egitto e Cartagine, nel periodo fra le due guerre puniche, e dette al proprio popolo un solido ordinamento tributario che i Romani estesero anche a quella parte della Sicilia che non era stata a lui soggetta; ma ciò dovette contribuire ad alienargli le simpatie popolari. Poco prima del 240 associò al trono il figlio Gelone, che non gli sopravvisse. G. morì nel 215 a. C. lasciando erede il nipote, minorenne, Geronimo.