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La Giamaica è, per estensione, la terza isola dei Caraibi, dopo Cuba e Hispaniola. A differenza di queste, tuttavia, il paese è abitato per il 90% da popolazione di origine africana. L’isola è formalmente una monarchia costituzionale (facendo parte del Commonwealth sottostà alla Corona britannica) e il suo assetto istituzionale interno è quello di un tipico sistema democratico a struttura bipartitica, calco diretto del sistema inglese. L’ordinamento giamaicano si contraddistingue però per due elementi originali. In primo luogo la legislatura, bicamerale, si compone di una Camera dei rappresentanti direttamente eletta dal popolo e di un Senato, i cui 21 membri sono nominati dal primo ministro (13 membri) e dal leader dell’opposizione (8 membri). In secondo luogo, il Jamaica Labour Party (Jlp) ha un programma orientato in senso conservatore, mentre è il People’s National Party (Pnp) ad abbracciare posizioni più vicine alla socialdemocrazia europea. Ad ogni modo la pratica politica dei due partiti si è rivelata sempre più simile, e lo storico ritorno al governo dei laburisti dopo 18 anni di opposizione, nel 2007, non ha avuto grandi conseguenze sulle dinamiche clientelari e di accentramento del potere nelle mani dei leader dei due opposti schieramenti. In termini di politica economica, la convergenza di maggioranza e opposizione è inoltre dettata dall’accumulo di un enorme debito pubblico: di qualunque colore sia l’amministrazione, su di essa incombe oggi la necessità di ricondurre il disavanzo entro dimensioni sostenibili. Con la recente crisi economica il debito ha infatti sfiorato il 125% del pil, e l’attuale governo laburista è stato costretto a varare politiche di austerità e a richiedere l’intervento del Fondo monetario internazionale per scongiurare il rischio di bancarotta. Nel febbraio 2010 il Fondo ha quindi approvato un prestito di 1,27 miliardi di dollari al fine di promuovere le riforme economiche.
Più che dalla tradizionale produzione di zucchero, l’economia di Kingston è oggi sorretta dalla presenza sul suo territorio delle quarte riserve mondiali di bauxite (la produzione del materiale grezzo e dell’alluminio che da esso si ricava contribuiscono alla formazione di quasi un terzo del pil del paese) e dal turismo (10% del pil). Entrambi i settori però sono stati fortemente scossi dalla crisi internazionale del 2009, che ha abbattuto i prezzi delle materie prime e ha scoraggiato gli arrivi stranieri. Anche le rimesse, che rappresentavano il 14,5% del pil (1,7 miliardi di dollari) nel 2008, hanno subito un calo dovuto alla crisi ma stanno ricominciando ad aumentare grazie alla ripresa economica, in particolare negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove vivono la maggioranza dei giamaicani residenti all’estero. Dal punto di vista energetico Kingston soffre della mancanza di giacimenti di idrocarburi, e dipende perciò dalla importazione di questi ultimi per soddisfare l’88% dei suoi consumi totali.
Sul piano dei rapporti internazionali la Giamaica, che per tradizione mantiene una postura sostanzialmente ‘isolazionista’, conserva tuttavia una stretta interdipendenza con gli Stati Uniti, a cui è legata da relazioni commerciali, turistiche e migratorie. Tanto la politica interna quanto la politica estera del paese sono tuttavia complicate dalla considerevole presenza sull’isola del crimine organizzato, che la utilizza come punto nevralgico per il traffico di droga. Nel 2008 la Giamaica è stata il terzo paese al mondo per numero di omicidi su 100.000 abitanti; dato ancora più allarmante se si pensa che ad esso si contrappone un sistema giudiziario sottodimensionato e che gode di scarsa credibilità agli occhi dell’opinione pubblica.