gioco
Un'attività fondamentale per gli esseri viventi
Il gioco è un'attività molto utile che ci consente di rafforzare e di affinare, in maniera piacevole, le potenzialità del corpo e della mente. Le origini del gioco sono antichissime e, come testimoniano i ritrovamenti archeologici, diversi passatempi ancora oggi molto popolari hanno una storia millenaria. Il livello di creatività che un gioco può sviluppare non dipende dal suo valore commerciale: anzi, quelli di fattura più semplice sono in genere i più stimolanti. È importante giocare anche in famiglia, tra persone di diversa età, per imparare a stare insieme e volersi bene. Possiamo dilettarci a cambiare le regole di un gioco: una volta stabilite, però, dobbiamo impegnarci a rispettarle
Nel linguaggio corrente, al vocabolo gioco vengono normalmente attribuiti vari significati. In genere, comunque, si intende per gioco una attività liberamente scelta a cui si dedicano, singolarmente o in gruppo, bambini e adulti senza altri scopi che la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive.
Questa definizione mette innanzitutto in risalto le valenze positive del gioco, sottolineando come anche un'occupazione piacevole di questo genere (e non solo una seria applicazione di studio o di lavoro) ci consenta di rafforzare e di affinare le potenzialità del corpo e della mente.
La stessa definizione, inoltre, sottolinea le due condizioni basilari che permettono di distinguere il gioco da altre importanti attività umane:
‒ la libera scelta (possiamo stabilire autonomamente quando iniziare e quando interrompere un gioco);
‒ la finalità di puro divertimento (ci mettiamo a giocare con l'obiettivo principale di trascorrere un po' di tempo in modo piacevole).
A questo proposito, dobbiamo considerare che a fare di un'attività un gioco non è il tipo di azioni che compiamo, ma è lo spirito con cui le svolgiamo. Per esempio, una stessa successione di calcoli aritmetici può essere fatta per studio ‒ se siamo degli studenti impegnati in una prova d'esame ‒, per lavoro ‒ se siamo dei contabili che stanno cercando di far quadrare i conti ‒ oppure per gioco ‒ se siamo degli appassionati di enigmi (giochi enigmistici) matematici e stiamo cercando di risolvere un problema numerico).
Il gioco inteso come passatempo spensierato veniva indicato in latino con il termine iocus; la competizione agonistica, invece, era chiamata ludus. Per motivi rimasti misteriosi, nella lingua italiana il vocabolo gioco ha finito per inglobare entrambi questi significati, mentre in inglese, per esempio, si usano ancora due parole distinte: play (nel senso di iocus) e game (nel senso di ludus).
In tutte le possibili accezioni del termine, comunque, per svolgere un'attività di gioco dobbiamo avere a disposizione delle specifiche risorse. In particolare, ci servono: dei materiali da maneggiare, dei compagni da coinvolgere, un regolamento da seguire, alcune competenze a cui attingere e, infine, il tempo, la voglia e uno spazio adeguato... Non è necessario, però, possederle proprio tutte.
Esistono molti giochi che non richiedono particolari attitudini e, volendo, abbiamo sempre l'opportunità di giocare da soli. Possiamo anche fare a meno delle regole, trastullandoci con dei semplici balocchi. E, paradossalmente, abbiamo pure la possibilità di divertirci senza ... niente: in fondo, il giocattolo più grande che abbiamo ricevuto in regalo dalla nascita, e che non ci lascia mai, è il cervello, sede della nostra fantasia e della nostra creatività.
D'abitudine viene chiamato genericamente giocattolo un oggetto ‒ come, per esempio, una palla, una bambola o una trottola ‒ con il quale possiamo divertirci senza essere tenuti a rispettare un regolamento prestabilito. A tale riguardo, dobbiamo considerare che i giocattoli di fattura più semplice risultano in genere i più stimolanti. Un giocattolo eccessivamente sofisticato rischia anzi di rendere passivo il nostro atteggiamento e di soffocare lo sviluppo della nostra creatività.
In maniera più specifica, viene denominato gioco un accoppiamento ben definito tra un particolare materiale e un insieme di regole a esso strettamente legato, come per esempio la dama, il gioco dell'oca o il monopoli. In casi del genere, quindi, con lo stesso termine possiamo indicare sia l'attività che svolgiamo per divertirci sia il prodotto che utilizziamo a tale scopo.
In ogni caso, non dobbiamo mai scordare che, pur se sono in grado di procurarci molto diletto, giochi e giocattoli non sono sempre nostri amici. Secondo autorevoli stime, solo nei paesi dell'Unione europea ogni anno si verificano circa 200.000 incidenti, più o meno gravi, causati da materiale di gioco difettoso o fabbricato senza accortezza. Una prima precauzione che dobbiamo adottare, per evitare di incorrere in rischi del genere, consiste nell'acquistare solo prodotti provvisti dei seguenti marchi:
‒ CE: certifica che l'azienda costruttrice ha rispettato tutte le norme di sicurezza previste dalla Comunità europea;
‒ Giocattoli sicuri: assicura che l'articolo in questione è stato testato dall'Istituto italiano sicurezza dei giocattoli;
‒ IMQ: nel caso in cui siano presenti delle componenti elettriche, garantisce che queste sono state collaudate dall'Istituto marchio di qualità.
È vero che, volendo, possiamo anche giocare da soli; è molto importante, però, riuscire a trovare il tempo e il modo per farlo insieme ad altre persone, possibilmente formando due squadre. Il gioco tra due compagini contrapposte, infatti, aiuta a consolidare lo spirito di collaborazione e il rispetto dei rapporti all'interno di un gruppo. Esistono diversi giochi che possono essere svolti solo in questo modo, ma è sempre possibile trasformare un qualsiasi gioco di competizione per due persone in una gara a squadre.
Molti genitori riempiono di giocattoli i propri figli, nell'intento di soffocare il senso di colpa che provano per non riuscire a trascorrere molto tempo con loro. Non dobbiamo, però, illuderci: nessun giocattolo al mondo può suscitare gli stessi stimoli cognitivi, creativi ed affettivi che procura il piacere di giocare e imparare divertendosi insieme ai propri genitori.
Tradizionalmente, nel nostro paese, si gioca in famiglia tra persone di diversa età solo durante le feste di Natale. Un momento del genere, però, è anche e soprattutto un modo piacevole per stare insieme e volersi bene. Sarebbe opportuno trovare il modo di viverlo più spesso durante l'anno. In Germania, dove è molto diffusa una particolare categoria di giochi in scatola, detta Familienspiele ("giochi per famiglia"), è radicata la convinzione che "figli e nipoti sono incapaci di mettere in un ospizio nonni, genitori, zii che hanno giocato insieme a loro quando erano bambini".
Esistono innumerevoli giochi (di competizione, enigmistici, linguistici, logici, e altro ancora) che possono essere effettuati solo rispettando un determinato regolamento. Come per gli sport, le regole dei giochi più popolari nel mondo sono state codificate a livello internazionale. La loro conoscenza è molto importante, perché consente di misurarci con altre persone, fuori dalla stretta cerchia dei nostri conoscenti, e volendo di partecipare a campionati e tornei. Come un linguaggio universale, il regolamento ufficiale di un gioco ci permette di giocare persino con degli stranieri, senza conoscere una parola della loro lingua.
Al di là di questo aspetto, però, quando le regole di un determinato gioco ci cominciano ad apparire noiose e ripetitive (ogni gioco è bello quando dura poco...) possiamo sempre modificarle. Il gioco più coinvolgente è proprio quello di inventare nuovi giochi. Con questo spirito, tra l'altro, sono nate le migliaia e migliaia di differenti modi di giocare con uno stesso materiale di gioco (dadi, mazzi di carte, scacchiere e pedine, biglie, palloni). Una volta stabilito il gioco da praticare, però, è essenziale che le regole siano conosciute e seguite correttamente da tutti i partecipanti. Se ci abituiamo a rispettare le regole dei giochi, ci esercitiamo anche a osservare le leggi della civile convivenza.
Tutte le attività di gioco, in un modo o nell'altro, ci aiutano a potenziare determinate nostre capacità. Esistono, però, dei giochi che non possiamo eseguire se non possediamo già delle particolari competenze. Per esempio, non siamo in grado di compilare un cruciverba se non sappiamo leggere e scrivere; così come non possiamo partecipare a una corsa ciclistica se prima non abbiamo imparato ad andare in bicicletta.
Per non vivere delle situazioni stressanti e improduttive, quindi, dobbiamo evitare di effettuare dei giochi che richiedono conoscenze e abilità non ancora in nostro possesso. Ma dobbiamo anche tendere a praticare giochi più impegnativi, man mano che aumentano i nostri livelli di esperienza e di cultura. Se continuiamo tutta la vita a effettuare gli stessi giochi che ci divertivano da bambini, ci confiniamo in uno stadio inferiore alle nostre effettive potenzialità, rischiando di non maturare completamente.
Le origini del gioco sono antichissime e, praticamente, coincidono con la comparsa dell'uomo sulla Terra. Se analizziamo i reperti conservati nei musei e osserviamo le scene raffigurate sugli antichi affreschi e mosaici, possiamo notare come gran parte degli attuali strumenti di gioco abbia un'origine molto remota.
Anche migliaia di anni fa, in Egitto, in Grecia, a Roma e in tutto il resto del mondo antico i nostri antenati si divertivano, come noi, con palle, palline, cordicelle, trottole, birilli, carretti, bambole e soldatini. Anche giochi più elaborati, come gli scacchi, il backgammon e il mah‒jong sono nati molto tempo fa.
In particolare, tra i resti della città di Ur, in Mesopotamia, è stata rinvenuta una scacchiera corredata di dadi e pedine, risalente al 2500 a.C. circa. Non possiamo, però, conoscere le regole con cui si giocava in quei tempi, ma solo intuirle. Infatti, nel passato il gioco non era considerato un'attività degna di attenzione e, quindi, non sono arrivate fino a noi molte testimonianze scritte al riguardo.
Una svolta significativa nella storia del gioco si è verificata nella metà del 18° secolo, quando, con l'avvento della rivoluzione industriale, sorsero le prime aziende costruttrici di giocattoli. Prima di allora, questo genere di materiale poteva essere realizzato solo a livello artigianale, in quantità limitate.
Altre notevoli innovazioni che hanno contribuito a cambiare il modo di giocare di milioni di persone possono essere considerate l'ideazione dei cruciverba (nel 1913: giochi enigmistici), dei giochi in scatola (nel 1935), dei videogiochi (nel 1971) e dei giochi di ruolo (nel 1974).
Come abbiamo appena sottolineato, siccome il gioco è un'attività non direttamente produttiva, si tende talvolta a non considerarlo degno delle persone 'serie'. Una rivalutazione dell'importanza del gioco ha cominciato a prendere forma nel 1938, con la pubblicazione del saggio Homo ludens ("Uomo che gioca") dello storico olandese Johan Huizinga. In quella fondamentale opera veniva per la prima volta sostenuto che il gioco non è una delle tante occupazioni dell'uomo, ma è il motore di tutte le sue più importanti attività: arte, letteratura, teatro, diritto, scienza, religione e filosofia. Inoltre, si affermava che l'istinto del gioco è comune a tutti gli esseri umani, in qualunque parte del mondo vivano e qualsiasi grado di cultura possiedano.
Oggi, la maggior parte degli studiosi concorda nel ritenere che il gioco sia un'esigenza biologica innata nell'uomo come in ogni altra specie animale e che, in quanto tale, costituisca un ottimo strumento per combattere la noia e la depressione a tutte le età.
Per noi, in effetti, è più divertente giocare, piuttosto che studiare o lavorare, perché lo possiamo fare con piacere e senza costrizioni. Ma anche lo studio e il lavoro possono apparirci meno impegnativi se riusciamo ad affrontarli come un gioco. Abbiamo visto prima, infatti, che la differenza tra queste occupazioni, in fondo, dipende solo dallo spirito con cui le viviamo.
La natura ha arricchito la nostra esistenza di alcuni grandi piaceri (mangiare, bere, sognare) con la primaria finalità di indurci a compiere azioni funzionali alle esigenze biologiche del nostro organismo, oltre che alla riproduzione e all'evoluzione della nostra specie. Paradossalmente, però, alcune delle piaghe che affliggono la nostra società (obesità, alcolismo, droga) hanno origine proprio dall'abuso, o dall'uso degenerato, di quelle che dovrebbero essere le maggiori gioie della nostra vita.
Un altro grande piacere che la natura ci offre è quello di giocare. Questa attività dovrebbe essere teoricamente la più innocua, perché finalizzata essenzialmente al piacere di trascorrere del tempo in maniera gioiosa. Ma l'esasperata pratica di uno stesso gioco, anche se potenzialmente di grande valore formativo, provoca la specializzazione di alcune determinate facoltà, inibendo lo sviluppo di tutte le altre.
I giochi elettronici, in particolare, ci impongono un tipo di passatempo solitario anche in momenti della giornata che potremmo dedicare ad attività più socializzanti.
In linea generale, quindi, dobbiamo cercare di praticare più giochi diversi possibile, in modo da riuscire a stimolare l'intera gamma di attitudini di cui il nostro cervello è potenzialmente dotato. Dobbiamo sempre tener conto che, in assoluto, il gioco più bello è la vita: nessun altro gioco, per quanto divertente possa essere, deve interferire pesantemente con il fluire della nostra esistenza.
Secondo una teoria elaborata dal saggista francese Roger Caillois, gli elementi costitutivi di un gioco sono essenzialmente quattro: la competizione, la fortuna , il mascheramento e il senso di vertigine. Esistono dei giochi in cui una di queste caratteristiche prevale sulle altre, come per esempio la competizione negli scacchi e negli incontri sportivi; la fortuna nel gioco dell'oca e nella tombola; il mascheramento nella recitazione e nei travestimenti; il senso di vertigine nella giostra e nelle montagne russe. In genere, però, le caratteristiche di ogni altro tipo di gioco possono essere ottenute da un'adeguata miscelazione di alcune di queste quattro componenti primarie.
Se prendiamo in considerazione i principali aspetti che contraddistinguono i giochi, possiamo pensare di classificarli in base a:
- il materiale utilizzato (giochi di carte, di dadi, di scacchiera e così via);
- il numero di partecipanti (giochi solitari, in due, in gruppo);
- il genere di regole (giochi di competizione, di simulazione, di ruolo e altri);
- le competenze necessarie (giochi di memoria, di logica, di manualità e via dicendo);
- l'ambiente più idoneo (giochi al chiuso e all'aperto).
Nessuno di questi criteri, però, risulta veramente funzionale: uno stesso gioco, infatti, può possedere caratteristiche che gli consentono di appartenere contemporaneamente a più di una potenziale categoria.
"Si può scoprire di più su una persona in un'ora di gioco che in un anno di conversazione" (Platone, filosofo greco);
"Il gioco è l'attività più importante di un bambino" (Michel Eyquem de Montaigne, filosofo francese); "I giochi aiutano i bambini a esplorare il mondo che li circonda" (Friedrich Wilhelm August Fröbel, pedagogista tedesco); "L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare" (George Bernard Shaw, commediografo irlandese);
"Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l'adulto che non gioca ha perso per sempre la sua possibilità di gioia" (Pablo Neruda, poeta cileno).