Pittore (Venezia 1683 - ivi 1754), figlio di Giacomo, scultore e intagliatore in legno. L'espressione artistica di P. fu frutto di straordinaria intensità di sentimento, non diluita, ma volutamente concentrata in dense e brevi sintesi pittoriche. Infatti P., sebbene veneziano di nascita, d'educazione e d'arte, sembra abbia voluto tormentosamente inseguire un miraggio di assolutezza plastica: sicché la sua opera oscilla, per questa sua intima estrema difficoltà, tra i più alti culmini dell'arte e la delusione del non raggiunto. Tecnicamente il pittore si distingue dai Veneti del suo tempo per una forza disegnativa inconsueta, benché il suo sia un disegno pittorico, senza nulla di lineare in sé: e basti, a conferma, ricordare com'egli sia stato il maggior disegnatore del Settecento. La scuola veneziana e forse anche il Crespi maturo trovarono nei suoi esempi quel solido scheletro formale che loro mancava, e che era necessario per dar vita agli aerei ma evidentissimi sogni del Tiepolo.
Allievo di A. Molinari, a circa vent'anni si recò a Bologna per studiare le opere dei Carracci e del Guercino. Tuttavia per la formazione della sua personalità fu fondamentale la conoscenza dell'opera di G. M. Crespi, nella cui bottega pare che entrasse intorno al 1703. Nel 1711 P. risulta di nuovo a Venezia; nel 1727 a Bologna fu nominato socio dell'Accademia Clementina. Tornato a Venezia, dove nel 1750 divenne direttore dell'Accademia di pittura, fu uno dei maggiori interpreti della corrente patetico-chiaroscurale, in opposizione a quella chiarista. Malgrado il pubblico riconoscimento del suo lavoro, gli ultimi anni della vita del pittore furono tristi e dolorosissimi. Li trascorse nella miseria, e in una dignitosa ma amara solitudine.
Dopo l'insuccesso della pala della Madonna e l'Angelo custode per la scuola dell'Angelo custode (sostituita da una altra di S. Ricci), le sue opere, che rivelano anche la conoscenza del barocco napoletano, furono apprezzate nell'ambiente veneziano (Martirio di s. Iacopo, 1717, S. Stae; S. Filippo Neri adora la Vergine, 1725-27, S. Maria della Fava; L'angelo custode e i ss. Luigi e Antonio, 1732-33, S. Vidal). Nella Gloria di s. Domenico (affresco, 1727 circa, SS. Giovanni e Paolo), P. affrontò un grande tema decorativo alla maniera rococò di Ricci e di Giambattista Tiepolo, maniera ripresa poi nell'Assunta (1735, Louvre, già a Lille, Musée des Beaux-Arts) e nel suo capolavoro, la pala dei Ss. Giacinto, Ludovico e Vincenzo (1738, chiesa dei Gesuati). Notevoli, tra gli altri dipinti, per la presenza di motivi arcadico-pastorali: l'Indovina (1740, Venezia, Accademia), Scena pastorale (1740 circa, Chicago, Art Institute) e Passeggiata campestre (1745 circa, Colonia, Wallraf-Richartz Museum). Della pregevole produzione di disegni, ricordiamo quelli da cui M. Pitteri trasse le incisioni per la Gerusalemme Liberata (1745).