Pisanelli, Giuseppe
Giurista e uomo politico (Tricase, Lecce, 1812 - Napoli 1879). Studiò giurisprudenza a Napoli e vi esercitò poi l’avvocatura, acquistando notevole fama. Liberale, fu eletto deputato nel 1848 al Parlamento napoletano; dopo la reazione borbonica, perseguitato per i suoi sentimenti politici, fuggì a Civitavecchia e poi a Genova insieme con Pasquale Stanislao Mancini e altri patrioti, ma fu condannato in contumacia alla pena di morte e alla confisca dei beni. Recatosi a Londra e poi a Parigi, conobbe Guglielmo Pepe e Vincenzo Gioberti. Nel 1852 si stabilì a Torino dove, in collaborazione con Mancini e Antonio Scialoja, si dedicò alla pubblicazione di un Commentario del codice di procedura civile per gli stati sardi (8 voll., 1855-63). Tornato a Napoli nel luglio 1860, fu nominato da Garibaldi ministro di Grazia e giustizia, ma rimase in carica appena ventidue giorni. Eletto deputato per il collegio di Taranto, dopo i fatti di Aspromonte e la caduta del ministero Rattazzi fu ministro di Grazia e giustizia nel ministero Farini e successivamente in quello Minghetti fino alle dimissioni di questi nel settembre 1864. Al nome di Pisanelli è strettamente legato il Codice civile emanato nell’aprile del 1865 dal suo successore al ministero di Grazia e giustizia Giuseppe Vacca, un codice che rappresenta il superamento della frammentazione giuridica preunitaria e il punto di arrivo del processo costituente che cementò l’unità del paese. Nominato consigliere di Stato, continuò a partecipare ai lavori della Camera schierato con la Destra. Tra le sue ultime opere si ricorda Dei progressi del diritto civile in Italia nel sec. XIX (1871) nella quale Pisanelli difende l’opera di unificazione legislativa italiana considerata l’erede della tradizione giuridica preunitaria, in particolare di quella napoletana.