AGNELLI (dell'Agnello), Guglielmo
Converso del convento domenicano di S. Caterina in Pisa, come tale è ricordato nella Chronica conventus antiqua, necrologio redatto in gran parte nel sec. XIV da fra' Domenico de Peccioli (m. 1408) su documenti lasciati da fra' Bartolomeo da S. Concordio (m. 1347) e da fra' Ugolino dei Cavallosari (m. 1364). Il passo della Chronica afferma che "frater Guilielmus conversus magister in schulptura peritus multum laboravit in augmentando conventum", e poi si diffonde a narrare il furto della reliquia di s. Domenico, che il frate avrebbe compiuto a Bologna nel 1267, nonostante la minaccia di scomunica, durante la traslazione del corpo del patriarca "in sollemniori tumulo... quem schulpserant magistri Nichole de Pisis policretice manus", furto facile per l'A. perché "sociatus dicto architectori". Il passo ricorda ancora l'occultamento della reliquia nell'altare di S. Maria Maddalena nella chiesa del convento di Pisa, e, infine, la confessione della colpa in punto di morte, avvenuta dopo cinquantasei anni di vita nell'Ordine. Poiché il suo ricordo nella Chronica segue quello del beato Giordano da Rivalto, che mori nel 1310, si è supposto che l'A. morisse poco dopo, intorno al 1311-12, fosse nato circa il 1238 e fosse entrato nell'Ordine circa il 1255.
Nella Chronica non è detto della famiglia Agnelli: ma l'argomento e silentio non pare poter aver valore per negare la tradizione locale che tra l'altro vuole il frate beato, giacché nella Chronica l'omissione del cognome è frequente.
Se poté essere compagno di Arnolfo di Cambio e di Giovanni Pisano durante i lavori del pergamo del Battistero di Pisa, finito nel 1260 (per alcune sculture più rozze e di più accentuato sapore arcaico specie nel Giudizio finale),il suo nome è però particolarmente legato all'Arca di S. Domenico a Bologna, eseguita nel 1267. La lunga vicenda di discussioni da parte di critici per stabilire quanto spetti a Nicola Pisano, ad Arnolfo di Cambio o all'A. nell'esecuzione di quest'opera parrebbe doversi conchiudere, secondo lo Gnudi, nell'assegnare all'A. la scena della Vocazione, sul fianco sinistro; l'A. avrebbe inoltre condotto a termine il lato posteriore dell'Arca, già iniziato da Arnolfo. Secondo il Bottari avrebbe anche lavorato alle figure di primo piano dei rilievi anteriori.
All'A. viene invece attribuito, senza troppe opposizioni, il pulpito di S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia, anche perché un'iscrizione in mosaico, andata perduta nello spostamento del pulpito dal luogo primitivo nel 1778, portava il nome di fra' Guglielmo e la data di esecuzione, 1270; ma il Vasari, forse ricordando il nome di "un Guglielmo di nazione (credo io) tedesca" quale fondatore, insieme con Bonanno, del campanile di Pisa, lo attribuisce, senz'altra indicazione, a "un tedesco che ne fu molto lodato". L'A. risulta orientato verso forme tradizionali e arcaicizzanti: la libertà e sicurezza di composizione è quasi sempre annullata o limitata dalla qualità delle sculture, greve nei panneggì, impacciata nei movimenti, rozza e talora appena sbozzata nei volti.
Quanto all'attribuzione all'A. di alcune altre opere, la critica più recente ha concluso negativamente: è inaccettabile ormai la tesi di una sua collaborazione al pulpito di Siena, o di una sua partecipazione ai lavori della cattedrale di Orvieto; né si riscontra la sua mano nella Madonna del Museo della stessa città, oggi invece creduta di Arnolfo, o nel gruppo di Accoliti del Museo del Bargello di Firenze, troppo superiore alle sue capacità. Possono, invece, essere avvicinati alla sua maniera i due gruppi ora a Londra, nel Victoria and Albert Museum, l'uno con tre Profeti, l'altro coi simboli degli Evangelisti. Della sua attività di scultore, dopo il pulpito di Pistoia, non rimane che la decorazione della facciata di S. Caterina e di S. Michele in Borgo a Pisa, pur esse attribuitegli con molte riserve. Ma almeno per quest'ultima opera si ha notizia di un'iscrizione, un tempo ricorrente in una cornice della fronte, che ricordando il compimento della facciata nel 1312 diceva: "Guglielmus sane Pisanus sumite plane hic operis factor caput extat et Ordinis actor" (dove il tempo presente, come accade in siffatte iscrizioni laudatorie, non necessariamente implica che l'autore fosse ancora in vita). Ma si sa tanto poco della vita dell'A. - talvolta confuso, persino ai primi di questo secolo, con l'altro Guglielmo, scultore del pulpito ora nella cattedrale di Cagliari ed un tempo in quella di Pisa, vissuto un secolo prima - che i dubbi sulla sua operosità prendono facilmente consistenza e non basta a colmare le grandi lacune il sapere che egli fu testimone in atti notarili pertinenti al suo convento nel 1292 e nel 1298, e neppure conoscere la retribuzione che percepiva per un lavoro, che non sembra troppo impegnativo, presso l'Opera del duomo di Pisa "pro scacchis lapidum factis ad opus Magiestatis", nel 1301.
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