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Guido delle Colonne

di Mario Marti - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Guido delle Colonne

Mario Marti

Rimatore messinese, della scuola poetica siciliana; giudice operante intorno alla metà del sec. XIII, dacché sette documenti con firma autografa risalgono agli anni tra il 1243 e il 1277.

Nel primo di questi egli si firma " Guido de Columpnulis iudex Messanae " (9 marzo 1243); ma nel secondo (11 ottobre 1257) " Guido de Columpnis iudex Messanae ", e così nei successivi fino all'ultimo (3 giugno 1277). Partendo da questi soli dati sicuri, si dovrebbe arguire che egli fosse nato intorno al 1210. Ma questa data può sembrar troppo alta (cfr. Contini, Poeti I 95) al fine d'identificare nella stessa persona lo scrittore che rifece il Roman de Troie di Benoît de Sainte-More nella prosa latina dell'Historia destructionis Troiae; opera, questa, la cui composizione, iniziata poco prima il 1272 e portata avanti fino alla conclusione del I libro, fu poi completata in soli tre mesi nel 1287. D'altra parte, è stato giustamente osservato che l'ipotesi di una gagliarda vecchiaia di G. è meno improbabile dell'altra, secondo la quale si dovrebbe credere " all'esistenza immediatamente successiva e probabilmente in parte contemporanea di due omonimi entrambi messinesi, entrambi giudici, entrambi uomini di lettere a tempo perso, e accordatisi per giunta a scrivere, l'uno soltanto rime volgari, ma nient'affatto popolari, testi d'una raffinata cultura e tecnica, l'altro soltanto la prosa latina della Historia " (Dionisotti, Proposta..., p. 456).

Delle cinque canzoni che ci sono pervenute di G., due sono citate da D. nel De vulg. Eloquentia. Anzi si può dire che il rimatore siciliano maggiormente apprezzato in quel trattatello è appunto Guido. Di lui vengono trascritti i versi iniziali di due canzoni (I XII 2), Ancor che l'aigua per lo foco lassi e Amor che lungiamente m'hai menato, senza nome di autore, tanto il poeta le ritiene note e diffuse, a documentazione di questo preciso e rapido giudizio: perplures doctores indigenas invenimus graviter cecinisse. E di nuovo la canzone Ancor che l'aigua per lo foco lassi è altrove (II VI 6) allegata, col nome del suo autore questa volta in tutte lettere, come esempio del gradum constructionis excellentissimum proprio dei dictatorum illustrium, mentre fra le grandi (illustres) canzoni che cominciano con un endecasillabo, carmen superbissimum, ritorna Amor, che lungiamente m'hai menato dopo il nome del suo autore: Iudex de Columpnis de Messana (II V 4).

E tuttavia a una verifica tecnica effettuata attraverso il crivello delle teorie stilistiche dantesche, risulta che la canzone Amor che lungiamente m'hai menato risponde a tutti i requisiti richiesti alla consistenza dello stile ‛ tragico ', mentre l'altra, Ancor che l'aigua per lo foco lassi, se persuade per tutto ciò che riguarda la constructionis elatio, la excellentia vocabulorum e la gravitar sententiarum, lascia ben perplessi circa la fondamentale regola della superbia carminum. Infatti, è vero che essa si apre con un endecasillabo, ma par che indulga eccessivamente all'uso del settenario (sono 13 settenari in ciascuna stanza di 19 versi), che da D. è ammesso nella metrica ‛ tragica ', dummodo... vincat endecasillabum (VE II XII 6), a patto cioè che il numero dei settenari sia inferiore a quello degli endecasillabi. Segno che la valutazione dantesca nasce da un giudizio di gusto, così come al fondo più vivo del De vulg. Eloq. è sempre reperibile una motivazione autobiografica; ed è perciò probabile che in questo caso abbia sollecitato l'attenzione e l'adesione di D. quell'" usufruimento scientifico in forma di metafora " (Contini, Rime 195), che era stato anche suo e che di solito si dice iniziato dal Guinizzelli. Ancor oggi la poesia di G. è apprezzata per una tornante freschezza di attualità, che fa da lontano presagire la nuova sensibilità.

Bibl. - Tutte le rime pervenuteci di G.d.C. furono pubblicate in edizione critica da G. Contini, Le rime di G.d.C., in " Boll. Centro Studi Filol. e Ling. Siciliani " II (1954) 178-203, e poi ripubblicate, con qualche lieve modificazione, in Poeti I 95-110. Sulla vita e la figura del poeta: F. Torraca, Studi sulla lirica italiana del Duecento, Bologna 1902, 366-468; E. Monaci, Di G.d.C. trovadore e della sua patria, in " Atti R. Accad. Lincei " I (1892) 190-198; G.A. Cesareo, Le origini della poesia lirica - la poesia siciliana sotto gli Svevi, Palermo 1924², 149-157; R. Chianetera, G.d.C. poeta e storico latino del sec. XIII e il problema della lingua nella nostra primitiva lirica d'arte, Napoli 1956. Per le motivazioni del giudizio dantesco, v. M. Marti, Il giudizio di D. su G.d.C., in Con D. fra i poeti del suo tempo, Lecce 1966, 29-42. La più recente edizione della Historia destructionis Troiae è quella curata da N.E. Griffin, Cambridge Mass. 1936; sulla problematica di quest'opera vedi C. Dionisotti, Proposta per G. giudice, in Studi in onore di A. Schiaffini, Roma 1965, I 453-466.

Vedi anche
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  • SCUOLA POETICA SICILIANA
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