I contesti della musica: il simposio
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il simposio è uno dei contesti principali della musica greca antica, e la poesia che vi nasce non è concepibile senza la musica. Ma se conosciamo gli strumenti, le forme e le dinamiche dell’esecuzione, non sappiamo nulla delle linee melodiche originarie: l’unico mezzo per salvarle, la scrittura musicale, è sì nota ai Greci, ma solo in determinate classi professionali, lontane nel tempo e nella cultura dai frequentatori abituali dei simposi, ancora legati a un modo di comunicazione orale e a un approccio alla musica dilettantesco.
Tra i tanti contenuti culturali, sociali, letterari che fanno del simposio un’istituzione centrale della civiltà letteraria greca, quello della musica è uno dei più importanti e al tempo stesso dei meno conosciuti.
Contribuisce a questo stato di cose la caratteristica invisibilità delle testimonianze musicali, soprattutto di quelle simposiali: per un complesso di ragioni storico-culturali spesso non chiaramente ricostruibili – e in cui ha un ruolo centrale la paziente opera di reperimento di tutto il patrimonio letterario noto curata dalla filologia alessandrina – possediamo almeno in parte i testi dei maggiori poeti simposiali della tradizione lirica greca; al contrario, non abbiamo resti delle musiche corrispondenti, per motivi legati da un lato alla circostanza che fa della scrittura musicale una professionalità tecnica assai specifica, dall’altro alla data relativamente recente cui dobbiamo farne risalire la diffusione nel mondo greco. In sostanza, se già alle fasi più antiche della storia della poesia lirica greca appartiene un tipo di sensibilità che, pur in un ambito totalmente orale, ha comunque lasciato spazio a forme di conservazione scritta del testo e che ha contribuito alla salvezza della parola poetica, lo stesso non si può dire per la musica, ugualmente legata a una tradizione orale, ma non a una prassi scrittoria diffusa e sviluppata: così, anche se i poeti del simposio greco sono sempre anche musicisti, delle loro melodie non possiamo sapere nulla e dei loro brani vocali rimane solo il nudo testo. In realtà, il problema della mancata conservazione scritta della musica coinvolge fattori molteplici e interessa anche epoche di molto successive alla diffusione della scrittura musicale stessa: ed è proprio il simposio che, sulla base delle testimonianze in nostro possesso, sembra configurarsi come uno dei luoghi che più oppongono resistenza al nuovo medium.
Anche se il principale vettore della tradizione musicale, di qualsiasi ambito essa sia, rimane quello orale, vi sono contesti in cui sembra che la scrittura si sia mano a mano inserita: le ragioni dell’isolamento del simposio stanno nella sua dimensione, almeno formalmente, privata. Si tratta di un luogo in cui ritrovarsi fra amici, fare poesia (e quindi musica), restando lontani dalla dimensione più tecnica, e in cui i protagonisti delle esecuzioni non appartengono alle categorie professionali cui, di contro, è plausibile attribuire l’uso delle scritture musicali, soprattutto nelle fasi successive all’età arcaica.
Quando si parla di simposio è infatti sempre opportuno evitare di confondere periodi e fasi storiche molto diverse fra loro: dal punto di vista storico, sociale e letterario, la fase più importante è quella arcaica (grosso modo VII-V sec. a.C.), ma abbiamo ricche testimonianze che riguardano anche i secoli successivi, dalle quali sappiamo, per esempio, di grandi cambiamenti nei repertori dei canti eseguiti.
Le testimonianze relative agli strumenti, letterarie e iconografiche, ne indicano alcuni che sembrerebbero “specializzati” per l’uso a simposio, ma in genere è sempre bene attenersi a una certa prudenza nell’attribuire a tali strumenti esclusivamente questo ambito, che, in quanto privato e non professionale, non è regolato da parametri fissi.
Il maggior numero di strumenti appartiene alla famiglia dei cordofoni: la lira, strumento “di base” della formazione musicale di ogni membro di una famiglia aristocratica greca, per la quale non è necessaria una preparazione tecnica altamente specializzata, costituisce lo strumento da simposio per eccellenza, con cui grandi poeti e anonimi simposiasti accompagnano il loro canto (la tecnica antica non prevede un accompagnamento paragonabile a quello moderno, per accordi, ma un raddoppio della melodia, forse in prevalenza all’unisono, anche se esistono testimonianze letterarie di una pratica di un accompagnamento “eterofonico” al canto). Un impiego collegato all’area eolica, e in particolare all’isola di Lesbo, vede un ruolo centrale assegnato al barbitos, un tipo particolare di lira dai bracci più lunghi e dal suono più grave: le celeberrime raffigurazioni di Alceo e Saffo che impugnano questo strumento ed eseguono i loro canti valgono più di qualsiasi discorso per illustrare la centralità della musica nella loro arte e all’interno dei contesti simposiali o rituali loro specifici. Il caso del barbitos è utile anche per illustrare il fenomeno dell’interscambio continuo fra cerchie simposiali appartenenti a luoghi diversi del mondo greco arcaico: così si spiega il fatto che l’invenzione dello strumento veda chiamati in causa ora Terpandro di Lesbo ora Anacreonte di Teo. Da questo come da tanti altri casi emergono continui segnali di contatti reciproci fra comunità appartenenti a zone anche lontane fra loro; contatti che determinano scambi di conoscenze e di novità tecniche, siano esse nuovi strumenti o nuove forme poetiche. Notevole risalto hanno anche vari esponenti della famiglia delle arpe (in particolare la sambyke e il trigonon), che alcune fonti antiche attribuiscono insistentemente al contesto simposiale, sia come strumenti di accompagnamento del poeta cantore, sia perché impiegate da quelle donne che molto spesso curavano l’intrattenimento musicale (e non solo) dei simposiasti.
In effetti la musica del simposio non è solo quella composta e cantata dagli ospiti: è anche quella del sottofondo, dell’intrattenimento assicurato durante la fase conviviale. Spesso lo strumento di questa musica è l’aulos, che, oltre a essere uno degli strumenti maggiormente rappresentativi della cultura musicale greca antica, è a sua volta tradizionalmente associato a una forma poetica anch’essa tipica del simposio come l’elegia, in cui il testo poetico, probabilmente non cantato, ma eseguito in una forma di recitativo, era appunto sostenuto dall’aulos.
Del resto, finché si cerca di definire l’ambito di pertinenza degli strumenti in uso ai simposiasti, il novero delle possibilità sembra abbastanza definito, tra lira, barbitos, arpe e aulos (con tutte le possibili integrazioni che l’irregolarità della documentazione in nostro possesso lascia intravedere); se invece dobbiamo cercare di ricostruire il contesto marginale e ancora più sfuggente dell’intrattenimento e della musica di sottofondo, il quadro si fa estremamente incerto, e, potenzialmente, ogni forma di strumento può avervi accesso: non esistono regole né limiti né in un caso né nell’altro.
Dal processo di mutamento del simposio nelle fasi successive all’età classica derivano un profondo rinnovamento nel repertorio dei canti eseguiti, una progressiva specializzazione delle competenze musicali e, quindi, una profonda frattura fra musicisti professionisti e contesto simposiale. Se cioè nel simposio arcaico chiunque sembra capace di imbracciare una lira e improvvisare versi propri o riprendere canti tradizionali, a partire dalla seconda parte del V secolo a.C., si apprende dalle fonti un progressivo cambiamento nei gusti e nelle abilità richieste e si nota una massiccia intromissione di testi provenienti da altri ambiti letterari.
Nel simposio classico ed ellenistico gli antichi canti lirici (gli skolia) lasciano spazio a brani tratti dalle tragedie: non solo le parti liriche cantate (le “arie” delle tragedie), ma anche i discorsi recitati. Le conoscenze musicali di base non sono in grado di sopperire alle difficoltà tecniche dei brani musicali contemporanei (siamo nell’età della “nuova musica”, difficile e impervia per chi non è del mestiere) e le possibili alternative sono o affidarsi a professionisti (ma da qui in poi i luoghi della musica sono sempre di più lontani dal simposio e diventano i grandi teatri, i luoghi pubblici, in cui gli spettatori si affollano ad ascoltare i grandi virtuosi) o ripiegare sui brani letti, recitati.
I papiri che contengono brani di natura, contenuto e destinazione sicuramente simposiale, e che quindi possono essere interpretati come testimonianze dirette delle nuove abitudini dei simposi contemporanei (a partire dal III sec. a. C.), non recano traccia alcuna di musica.
Quando comincia a circolare, la scrittura musicale si distingue come una competenza riservata ai professionisti e il simposio non è luogo per loro.