Il mare e le altre acque
Gli oceani, le grandi masse d'acqua che avvolgono la Terra, svolgono funzioni importantissime per il clima, e dunque per la vita. Gli oceani e i grandi mari sono sempre in movimento e dalle loro profondità possono anche giungere fin sulla terraferma terribili catastrofi
L'acqua del mare fa vivere miliardi di pesci e altri animali. Inoltre, contiene una grande quantità di elementi chimici, perfino l'oro, anche se talmente disperso da non potere essere estratto.
Ma il ruolo più importante degli oceani è quello di funzionare come immensi nastri trasportatori di calore: questo, dopo essere stato immagazzinato nelle acque calde dell'equatore, viene distribuito su tutta la Terra per via delle correnti. In conseguenza di ciò, alcuni paesi, anche se molto vicini, possono avere climi diversi: fa più caldo dove arrivano le acque equatoriali (come quelle della corrente del Golfo del Messico) e più freddo dove non arrivano.
I mari non stanno mai fermi. Ce ne accorgiamo quando vediamo le onde del mare in tempesta o quando osserviamo che il livello del mare si alza o si abbassa per effetto delle maree. Queste sono dovute all'attrazione esercitata dalla Luna sulla Terra. Il vento trascina e mette in movimento le acque superficiali: forma così le correnti marine, come quella che nasce nel Golfo del Messico e arriva a sfiorare l'Europa. Nel passato, quando le navi non erano mosse da motori, si riusciva ad attraversare velocemente gli oceani proprio sfruttando le correnti marine. Non c'è però solo il movimento delle acque superficiali: le acque dell'oceano si spostano anche in verticale. Quando spirano venti costanti che allontanano dalla costa le acque di superficie, quelle profonde, che sono più fredde, risalgono rimescolandosi. Insomma, ci sono anche correnti messe in moto dal fatto che le acque degli oceani non hanno tutte la stessa temperatura.
Sappiamo bene cosa succede quando si verifica un terremoto, specie se vicino a una città: tutto trema e possono cadere anche i palazzi. Ma cosa accade se un terremoto avviene sul fondo del mare? Le rocce si rompono, allo stesso modo, lungo una spaccatura chiamata faglia e tutto il fondale del mare viene scosso, come una scodella piena d'acqua a cui diamo un colpo dal basso. Così dalla zona d'origine del terremoto, nota come epicentro, partono grandi onde che solcano tutto l'oceano e che percorrono anche migliaia di chilometri. Queste onde non vengono quasi avvertite dalle navi in mare aperto. Ma quando arrivano vicino alla riva, dove la profondità del mare diminuisce rapidamente, le onde crescono fino a diventare alte come palazzi e si scaraventano a terra, distruggendo ogni cosa. Il terremoto sottomarino, che è molto frequente in Giappone, viene chiamato con la parola giapponese tsunami, che significa "onda sul porto".
L'acqua dei mari evapora e diventa nube, poi precipita come pioggia o neve e finisce sottoterra, per confluire in sorgenti e fiumi, oppure viene direttamente utilizzata dalle piante. In ogni caso finisce per tornare al mare, da dove ricomincerà il suo viaggio.
Quando fa caldo una parte dell'acqua degli oceani evapora, cioè si trasforma in vapore. Il vapore acqueo è formato da acqua sotto forma di gas che si condensa in minutissime goccioline disperse nell'aria. L'acqua che evapora dagli oceani e dai mari non contiene il sale perché questo rimane disciolto nell'acqua liquida. Ecco perché l'acqua piovana, l'acqua delle sorgenti e dei fiumi è dolce.
Seguiamo una goccia d'acqua nel suo giro sulla Terra. Arrivata nell'atmosfera, insieme a miliardi di altre gocce, diventa una nube: potrà viaggiare ancora ma, prima o poi, cadrà di nuovo a terra sotto forma di goccia di pioggia o di cristallo di neve o di chicco di grandine (se fa molto freddo). A terra, la nostra goccia scivolerà fino ad arrivare a un fiume che la trasporterà in mare da dove, ancora una volta, potrà evaporare e ricominciare il suo giro.
Potrebbe però seguire un altro percorso, cioè infiltrarsi sotto terra e scorrere tra le rocce. Comunque, anche in questo caso, prima o poi raggiungerà un fiume e quindi il mare. Infine, la nostra goccia, insieme a tante altre, può essere utilizzata dalle piante o può servire per abbeverare gli animali.
In questo caso, se viene espulsa dagli organismi viventi con le escrezioni, la goccia d'acqua finirà in un fiume, come prodotto di scarico, oppure tornerà a formare nubi se fa abbastanza caldo da evaporare prima di arrivare in mare.
La quantità totale di acqua che in un anno si diffonde dall'atmosfera sulla Terra è enorme. Se l'acqua presente sul nostro pianeta diventasse improvvisamente tutta liquida, ricoprirebbe ogni cosa con uno strato alto circa un metro. Ma, per fortuna, prima o poi la maggior parte dell'acqua evapora. L'evaporazione riguarda tutte le acque di superficie: quelle degli oceani, dei fiumi, dei laghi. Tutto il ciclo dell'acqua dipende comunque dal Sole: è il Sole il 'motore'che trasforma l'acqua in vapore e la fa partire per il suo lungo giro.
La quantità di acqua sulla Terra è sempre la stessa e, se vogliamo considerare soltanto quella dolce, ce ne sarebbe in teoria tantissima per tutti, animali, uomini e piante. Ogni uomo del Pianeta ha a disposizione oltre 15.000 litri di acqua al giorno per bere, lavarsi, irrigare i campi, fabbricare cemento oppure per tante lavorazioni industriali che richiedono acqua in grande quantità.
Però, anche se 15.000 litri a testa sembrano tanti, il problema è che l'acqua non si trova dappertutto: ci sono paesi che ne sono ricchissimi, come l'America Settentrionale e anche molte zone d'Italia, e ci sono paesi che ne hanno pochissima. Quella che, sicuramente, è sempre abbondante è l'acqua del mare, ma per utilizzarla bisogna toglierle il sale e trasportarla dove serve. Entrambe le operazioni sono molto costose.
Ci sono luoghi in cui le stagioni non sono quattro, ma solo due, anche se più lunghe delle nostre. In certe regioni dell'India e dell'Africa orientale sia gli uomini sia gli animali aspettano con ansia la stagione delle piogge, quella in cui i venti portano grosse nuvole e c'è finalmente la possibilità di avere a disposizione acqua per coltivare i campi, per bere e per cucinare. Ma le piogge durano solo pochi mesi o qualche settimana. Poi torna il Sole e con esso il caldo che rende di nuovo tutto arido e secco. Non resta che aspettare la stagione delle piogge successiva.
L'acqua della Terra deriva dai gas dei vulcani e da antiche comete che si sono schiantate sul nostro pianeta miliardi di anni fa. Sulla superficie del nostro pianeta c'è molta più acqua che terre emerse. E l'acqua non esiste solo sulla Terra: si trova negli spazi più lontani e forse anche sui pianeti a noi più vicini.
L'acqua costituisce gli immensi oceani, i grandi laghi e i lunghissimi fiumi. L'acqua forma le nuvole, la pioggia, la neve, la nebbia. C'è acqua dappertutto, anche nelle piante e negli animali. Noi stessi siamo fatti principalmente di acqua: in un bambino che pesa 30 kg, 25 sono acqua! Il sangue, le cellule, i tessuti ne contengono molta. Non è proprio possibile pensare alla vita senza l'acqua!
La presenza di tutta quest'acqua in ogni luogo ha colpito l'immaginazione dell'uomo sin dall'antichità. Alcuni filosofi greci dicevano che tutte le cose sono fatte di acqua nelle più diverse forme. In realtà non è così: le cose sono formate anche da molte altre sostanze. Però è vero che l'acqua è uno dei beni più preziosi. Ricordiamocene prima di lasciare un rubinetto aperto!
Per scoprire da dove viene l'acqua della Terra bisogna studiare bene gli oceani. Si è scoperto che alcuni elementi chimici sono molto abbondanti in mare; per esempio, c'è più zolfo che sulla terraferma. Lo zolfo è un elemento tipico dei vulcani. Si è capito che una gran parte dell'acqua degli oceani deriva dalla perdita di gas dei vulcani, avvenuta durante le eruzioni di 4 miliardi e mezzo di anni fa. In effetti, in quel periodo la Terra si stava raffreddando e le eruzioni erano molto frequenti. Dalla lava fuoriuscita durante quelle eruzioni si sono formate valli di crosta raffreddata e le nubi originate dai gas vulcanici hanno scaricato la loro pioggia che si è raccolta a terra. Non è tutto. Una parte dell'acqua primordiale potrebbe essere stata portata addirittura dalle comete. Le comete sono palle di ghiaccio e polvere che vagano nello spazio e che, se colpiscono un pianeta ancora caldo, possono fondersi e liberare acqua.
Non c'è acqua allo stato liquido su nessuno dei pianeti del Sistema Solare. Tuttavia una sonda spaziale statunitense ha scoperto che sulla Luna, all'interno di uno dei più grandi crateri del Sistema Solare, c'è qualcosa che potrebbe essere ghiaccio. Infatti, i sensori della sonda (non ci sono piloti a bordo, ma solo strumenti scientifici) hanno registrato che il fondo del cratere, a oltre 12.000 metri di profondità, è diverso rispetto al terreno del cratere stesso. è stato ipotizzato che sul fondo del cratere esista un lago simile a quelli vulcanici che si trovano in tante parti d'Italia. Non un lago vero e proprio, però: infatti la sua acqua non è liquida ma ghiacciata, visto che su quella faccia della Luna non si vede mai il Sole e la temperatura arriva a −230 °C.
C'è un pianeta del Sistema Solare che mostra chiarissimi segni del passaggio dell'acqua: Marte. I dati registrati dalle sonde spaziali inviate su quel pianeta hanno permesso di ricostruire al computer molte zone della superficie. Così sono stati scoperti letti di fiumi lunghi chilometri e rocce simili a quelle che vengono normalmente trasportate dai corsi d'acqua sulla Terra. Oggi questi fiumi sono secchi. Dove è andata a finire l'acqua? Le sonde continuano il loro lavoro: è possibile che un giorno ci potranno dire che l'acqua di Marte può essere rintracciata sotto la superficie, magari a centinaia di metri di profondità.
Anche se non siamo ancora riusciti a scoprirla su nessun pianeta, siamo però sicuri che l'acqua esiste non solo sulla Terra, ma anche nel resto dell'Universo. Potenti strumenti hanno infatti messo in evidenza la presenza di grandi quantità di acqua allo stato gassoso nello spazio interstellare.
Un ghiacciaio non è solo ghiaccio in perenne movimento, ma è una ruspa che lavora il suolo e le rocce trasformando il paesaggio e appiattendo le valli, almeno fino a quando non farà troppo caldo. Infatti, se la temperatura del Pianeta continuerà a salire, questi giganteschi ghiacciai potrebbero sciogliersi e trasformare definitivamente la vita dell'uomo sulla Terra.
Perché nasca un ghiacciaio deve fare molto freddo e la neve deve compattarsi bene sotto il peso di altra neve, fino a trasformarsi in ghiaccio. La caratteristica principale di un ghiacciaio è il fatto che questo enorme blocco di ghiaccio si muove continuamente. Insomma, non è una montagna di ghiaccio immobile, ma una specie di grande ruspa che modifica lentamente la superficie terrestre. Infatti, nel suo continuo movimento il ghiacciaio scava e trasporta terra e massi anche giganteschi.
Dopo i mari, i ghiacciai sono il posto della Terra dove si concentra più acqua. Si tratta di acqua dolce: i ghiacciai sono perciò i più grossi contenitori di acqua da bere del nostro pianeta. Il clima della Terra sarebbe molto diverso se non ci fossero i ghiacciai che lo influenzano e ne sono, allo stesso tempo, influenzati. Se fa freddo si formano i ghiacciai, ma più ghiacciai ci sono più il clima si raffredda. Al tempo dei dinosauri, oltre 65 milioni di anni fa, il Polo Nord e il Polo Sud quasi non possedevano ghiacciai e il clima era molto più caldo di oggi. Invece, circa 600 milioni di anni fa, tutta la Terra era quasi interamente ricoperta di ghiaccio, tanto da somigliare a una palla di neve, e faceva molto, ma molto più freddo di oggi.
Se i ghiacciai del mondo fondessero improvvisamente tutti insieme, le conseguenze sarebbero terribili. Il ghiaccio si trasformerebbe in acqua: questa finirebbe prima o poi in mare e ne provocherebbe un innalzamento di circa 70 metri. Le città sul mare, come Venezia, sarebbero subito sommerse, così come tutte le pianure costiere della Terra, compresa la nostra Pianura Padana. Le isole degli oceani e gli atolli con le palme, così come le barriere coralline, scomparirebbero coperti dalle acque. Rimarrebbero fuori solo montagne e colline. La vita sulla Terra cambierebbe drasticamente, soprattutto per gli uomini.
Un tempo i ghiacciai erano molto più estesi di oggi: in Europa il ghiaccio ricopriva la Svezia, la Norvegia, la Finlandia e gran parte della Russia. I ghiacciai delle Alpi erano molto più grandi e si trovavano ghiacciai anche negli Appennini, dove oggi ne è rimasto solo uno molto piccolo. Se sulla superficie terrestre c'è più ghiaccio vuol dire che nel mare c'è meno acqua, cioè che il suo livello è più basso. Solo i geologi, che studiano come è fatta la superficie della Terra, sanno come ritrovare le tracce dell'antico livello del mare. Noi però possiamo vedere ancora oggi i segni lasciati dagli antichi ghiacciai sul paesaggio. Le valli piatte dal fondo a forma di 'u', che si trovano nell'Italia Settentrionale, sono quello che resta del passaggio dei ghiacciai di migliaia di anni fa: ritirandosi, essi hanno scavato valli e spianato pianure, che possiamo riconoscere ancora oggi.
I fiumi cambiano la faccia della Terra poiché spianano le montagne e creano pianure vaste come continenti. Quando si ingrossano, per effetto di forti piogge e nevicate, e il loro letto non riesce a contenere tutta l'acqua, i fiumi straripano, provocando le alluvioni. Un grande pericolo per chi vive nelle loro vicinanze.
La pioggia e la neve che cadono in montagna creano piccoli torrenti che poi precipitano a valle trasformandosi in corsi d'acqua. Ma è soprattutto dalle sorgenti che nascono i fiumi. Una sorgente è quel posto dove l'acqua che si è raccolta nel sottosuolo sbocca in superficie e poi comincia a correre verso il mare. L'acqua delle sorgenti è in realtà sempre acqua che viene da piogge o nevicate. Solo che, invece di scorrere subito in superficie, si è infiltrata sotto terra. Ha impregnato le rocce come fossero spugne fino a quando non è stata fermata da rocce impermeabili: da quel momento si fa nuovamente strada fino al punto da dove può fuoriuscire naturalmente. Dalle sorgenti sgorgano, in genere, alcuni litri di acqua al minuto. Da quelle più grandi oltre 10.000 litri al secondo!
I fiumi non sono tutti uguali: possono scorrere lenti e maestosi nelle grandi pianure, come il Mississippi e il Po, o essere veloci e impetuosi, come i fiumi di montagna che precipitano a valle carichi di energia. Spesso, lo stesso fiume si comporta come un bambino vivace in alta montagna, dove cade fragoroso in cascate e poi precipita tutto spumeggiante, e come un signore maturo nelle pianure vicino al mare. Lì si accontenta di passeggiare carico di sedimenti e sinuoso come un serpente. Visto dall'alto un grande fiume maturo che scorre in pianura ha un percorso a 's' molto caratteristico.
I fiumi che scendono dalle montagne portano via, pezzo dopo pezzo, le rocce e le trasportano a valle. Dove vanno a finire quelle rocce? Triturate e sminuzzate in sedimenti, le rocce vengono trasportate fino al livello del mare dove il fiume le lascia depositare. Nascono così le grandi pianure costiere della Terra, da quella del Nilo a quelle del Danubio e del Po. Nonostante tutta la terra che trasporta, l'acqua di un fiume è sempre più dolce di quella del mare, cioè contiene meno sali minerali: per questo è più faticoso nuotare in un fiume che non in mare, dove le acque più salate, e perciò più dense, ci sostengono meglio.
Se facciamo una passeggiata nel letto di un fiume ormai secco possiamo vedere grandi massi e tronchi di alberi, trasportati dal fiume. Per quanto piccolo, infatti, un corso d'acqua ha un'energia grandissima. È in grado di strappare massi anche enormi dalla montagna e di farli rotolare a valle insieme ai grandi alberi che può sradicare dal terreno. Quando piove molto, il fiume si carica di energia e in alcuni casi porta più acqua di quella che può contenere il suo letto.
Per questo straripa e causa le alluvioni. Ma non per questo possiamo dire che un fiume è 'cattivo'. Fa semplicemente il suo mestiere, che è anche quello di spianare costantemente le montagne riducendole a pianure.
Per ragioni commerciali molte città, sin dalla antichità, sono state costruite in riva ai fiumi: ma, per evitare catastrofiche inondazioni, come quella dell'Arno che nel 1966 inondò Firenze, è necessario alzare grandi argini o costruire a monte sistemi di dighe e chiuse.
Un lago si forma quando un fiume trova un ostacolo o quando l'acqua piovana si raccoglie nel corso dei millenni dentro il cratere di un vulcano. Anche i laghi più grandi, che somigliano un po' al mare, non durano per sempre. Prima o poi si riempiono di terra e diventano una palude e successivamente una pianura.
Per far nascere un lago naturale c'è bisogno di un fiume che, però, deve essere bloccato da qualche sbarramento. In tal modo può espandersi e ingrossarsi fino a raggiungere dimensioni anche enormi. Basti pensare che alcuni laghi assomigliano molto a piccoli mari, con tanto di onde e anche di tempeste.
Ma esistono anche laghi nati in luoghi e modi diversi. Ce ne sono alcuni che si formano dove c'erano ghiacciai che poi sono scomparsi. Altri vengono creati dalle piogge che cadono in antichi crateri vulcanici ormai spenti, come i laghi del Lazio. Esistono poi, anche se molto rari, laghi che si formano dove qualche meteora caduta sulla Terra ha lasciato un bel cratere. Infine, ci sono i laghi artificiali, che vengono creati dalle dighe costruite dall'uomo.
Nessun lago dura per sempre, neanche i più grandi. Infatti, i fiumi che arrivano nei laghi ‒ chiamati immissari ‒ portano con sé anche i sedimenti, ossia quelle piccolissime particelle di roccia o terra che fanno sì che l'acqua non sia mai completamente limpida. Il fondo del lago pian piano si riempie di terra fino a diventare prima una palude e poi una pianura completamente emersa dalle acque. Bastano poche migliaia di anni per riempire di terra un piccolo lago: un niente se pensiamo all'età del nostro pianeta. Certo, ci sono quasi sempre anche fiumi ‒ chiamati emissari ‒ che portano via l'acqua dai laghi: ma gli emissari non riescono a portare via i sedimenti. Dobbiamo poi ricordare che la fine di un lago è dovuta anche al fatto che l'acqua evapora e, se fa molto caldo, le piogge non fanno in tempo a rimpiazzarla.
Gli uomini creano laghi artificiali con le dighe per vari motivi. Prima di tutto si procurano così una riserva d'acqua: anche se non sempre, nei periodi di siccità, le acque di un lago artificiale sono sufficienti a risolvere le situazioni di crisi. Sperano poi di tenere meglio sotto controllo i fiumi e impedire che provochino alluvioni. Infine, ottengono energia elettrica attraverso le centrali provviste di speciali eliche (chiamate turbine) che vengono fatte girare dall'acqua incanalata a forza. Tutti i più grandi fiumi del mondo sono ormai sbarrati da dighe, ma questo non è sempre un vantaggio: l'uomo, infatti, deve fare grande attenzione alle caratteristiche del luogo in cui costruisce le dighe, altrimenti esse non riescono a evitare la piene, ma al massimo le spostano. A volte, perciò, le dighe causano gravi danni all'ambiente, perché inondano aree dove le persone vivono, modificandone addirittura il clima locale. Inoltre, il sedimento del fiume resta intrappolato nel lago sbarrato dalla diga e non arriva più al mare: ciò contribuisce a far sì che l'erosione delle spiagge, provocata dalle onde e dalla risacca, non sia più controbilanciata dall'arrivo di nuovi sedimenti.
Per fortuna, mentre molti laghi si prosciugano, se ne creano di nuovi. A dire il vero, sono più i laghi che muoiono di quelli che nascono. In Russia il Lago di Aral è ormai ridotto alla metà della sua grandezza originaria e ci sono addirittura alcune navi abbandonate in secco perché non c'è più acqua per navigare. Anche in Italia molti laghi hanno perso buona parte delle acque per i molti pozzi che gli uomini scavano intorno al lago e perché fa sempre più caldo e piove sempre di meno.
L'acqua che usiamo ogni giorno viene soprattutto dal sottosuolo, dove si raccoglie a causa delle spaccature del terreno e dove riempie i pori delle rocce. Crea così un mondo sotterraneo fatto di grotte, adorne di luccicanti e aguzze colonne di calcare, e corsi d'acqua in continua evoluzione
L'acqua che piove dal cielo si infiltra nel sottosuolo sfruttando la presenza di spaccature e infilandosi nei vuoti che hanno tutte le rocce, anche quelle che ci sembrano più dure e compatte. Le rocce del sottosuolo si comportano, insomma, come una gigantesca spugna. Questa può riempirsi di acqua e può anche essere 'spremuta', per esempio scavando pozzi. Le rocce del sottosuolo, che hanno i pori pieni di acqua, formano quella che si chiama falda acquifera: è da qui che proviene l'acqua che beviamo. Ma siccome l'acqua ci mette un po' di tempo prima di riempire i vuoti delle rocce, quella che beviamo a casa è un'acqua che è piovuta anni o addirittura secoli fa: una vera e propria acqua… fossile.
Ci sono alcune regioni della Terra in cui le rocce del sottosuolo non si comportano esattamente come spugne: è il caso delle rocce calcaree, che possiedono la caratteristica unica di lasciarsi sciogliere, seppur lentamente, dall'acqua. In questo modo permettono la formazione di quelle cavità sotterranee che chiamiamo grotte, in cui potranno formarsi perfino fiumi e laghi. Parte del calcare di queste rocce si deposita nelle grotte in forma di stalattiti e stalagmiti: bellissime colonne di pietra che pendono dall'alto di una grotta o si innalzano dalla sua base.
Quando le gocce di acqua, che cadono sempre dallo stesso punto del soffitto di una grotta, lasciano sul soffitto stesso una parte del calcare che contengono, questo forma un sottile deposito a forma di anello. Anello dopo anello, nel corso di milioni di anni, si forma la stalattite. Le stesse gocce che cadono al suolo portano ancora un po' di calcare e in parte lo depositano, costruendo molto lentamente una colonna che nasce dal basso: la stalagmite. Siccome grotte, stalattiti e stalagmiti sono fenomeni assai diffusi in Slovenia e nella Venezia Giulia, nella regione chiamata Carso, carsismo è il nome con cui è conosciuto questo fenomeno.
Sappiamo che i calcari e in genere le rocce che sono fratturate e spaccate contengono tantissima acqua. Ma cosa succede quando non ci sono fratture? In quel caso tutto dipende dagli spazi vuoti presenti nella roccia. Non conta tanto che i vuoti siano molti, ma è importante che tali vuoti siano in comunicazione fra loro e che siano grandi abbastanza. L'argilla, per esempio, ha vuoti molto piccoli: per questo è una roccia praticamente impermeabile, e dunque fa da sbarramento al cammino delle acque nel sottosuolo: così impedisce il formarsi di grotte e caverne mentre favorisce la formazione di falde acquifere, cioè di giacimenti d'acqua.
Le acque che piovono vicino a un vulcano, anche se spento da secoli, una volta che finiscono nel sottosuolo cominciano a riscaldarsi. Ciò accade per via della presenza di una specie di cuore caldo (chiamato camera magmatica) che in passato alimentava il vulcano stesso. Così, se nei paraggi nasce una sorgente, anche questa sarà calda: lo sapevano bene gli antichi Romani, che cercavano queste sorgenti calde per costruirci accanto grandiose terme. Un'altra sorgente di acqua calda, anzi caldissima, sono i geyser, sorgenti termali di acqua bollente che fuoriesce a intermittenza da aperture del suolo, spinta da gas di origine vulcanica.
L'acqua dei rubinetti e quella in bottiglia nascono esattamente dalle stesse sorgenti. La prima, però, deve percorrere in tubi e acquedotti il tragitto dalla sorgente alle nostre case, mentre la seconda viene imbottigliata vicino alla fonte. Per questo motivo l'acqua che compriamo è molto più costosa di quella del rubinetto: non è detto però che sia sempre più buona.
L'acqua che beviamo proviene generalmente dalle grandi sorgenti di montagna. Qualche volta viene direttamente dai fiumi o dai laghi. L'acqua può essere anche prelevata, attraverso pozzi, dalle falde acquifere. In ogni caso, l'acqua deve essere incanalata negli acquedotti e nelle tubature che arrivano fino ai nostri rubinetti. Per questa ragione viene disinfettata con il cloro o con l'acqua ossigenata e deve essere controllata più volte al giorno. Gli acquedotti venivano costruiti già dagli antichi Greci e Romani. Per realizzarli bisognava essere ingegneri molto bravi, visto che non c'erano pompe o altri mezzi per 'spingere' l'acqua dalla sorgente fino nelle città. Per esempio, si doveva fare in modo che ci fosse sempre una piccolissima pendenza dell'acquedotto per evitare il ristagno dell'acqua.
A Roma ancora oggi funziona perfettamente un acquedotto costruito al tempo dell'imperatore Augusto. Esso è lungo più di 20 km e convoglia nella città circa 400 litri al secondo di acqua purissima che alimenta le fontane monumentali della capitale, come la fontana di Trevi. Dalla sorgente alla fontana la pendenza è meno di 4 metri, eppure l'acqua arriva sempre fresca e abbondante!
Anche l'acqua minerale che si compra in bottiglia è acqua di sorgente, solo che non percorre lunghi acquedotti per essere bevuta, ma viene imbottigliata vicino alla fonte.
Spesso l'acqua minerale naturale è ricca di anidride carbonica: questa è in parte disciolta nell'acqua, determinando un piacevole sapore acidulo, e in parte è allo stato gassoso sotto forma di bollicine. La quantità di anidride carbonica dipende dai sali disciolti nell'acqua (soprattutto bicarbonati). A volte l'anidride carbonica viene aggiunta. L'acqua minerale non è migliore dell'acqua di rubinetto se non per il gusto, poiché le manca il sapore sgradevole del cloro che a volte si sente nell'acqua di rubinetto. Entrambe le acque sono minerali perché entrambe contengono disciolti diversi sali. Bisogna però tener presente una cosa: l'acqua minerale è da 200 a 400 volte più costosa dell'acqua potabile del rubinetto!
Ogni giorno abbiamo bisogno di almeno due litri e mezzo di acqua che ingeriamo bevendo o mangiando. Allo stesso tempo, ogni giorno ci liberiamo di due litri e mezzo di acqua tra urina, feci e sudore: ci manteniamo così in equilibrio. Ma nella vita quotidiana usiamo molta più acqua di quella di cui abbiamo realmente bisogno: ne usiamo almeno 50 litri per una doccia, più di 150 per un bagno. Poi c'è l'acqua sprecata per perdita delle condutture e… quella degli sciacquoni: basti pensare che uno sciacquone scarica fino a 15 litri d'acqua, quando ne basterebbe la metà! Tutto questo ci sembra normale, ma le cose altrove vanno diversamente. Molta gente nel mondo non ha nemmeno l'acqua necessaria a soddisfare le necessità primarie: un nomade del deserto ha a disposizione in media una sola bottiglia di acqua al giorno per lavarsi.
Se vogliamo bere l'acqua in bottiglia ricordiamoci di leggere l'etichetta per sapere come è composta. Prima di tutto guardiamo il residuo fisso, ossia la quantità di sostanze solide minerali disciolte che rimangono dopo aver fatto evaporare l'acqua per ebollizione. È meglio che il residuo non sia troppo alto, così l'acqua è più leggera, cioè facilmente digeribile. Tuttavia le acque minerali con poco residuo sono più insipide. Dobbiamo infine guardare se l'acqua è indicata per tutti: per esempio, chi soffre di stomaco non può bere acque ricche di silicio, mentre per chi soffre di calcoli renali ci sono acque povere di calcio che aiutano a non peggiorare questo disturbo.
Gli abissi oceanici, a volte profondi più di dieci chilometri, sono tra i luoghi più inesplorati della Terra. Eppure l'uomo, con sommergibili e batiscafi, è arrivato a scandagliare anche quei luoghi fino a poco tempo fa inaccessibili.
Per esplorare i fondali marini ci vogliono respiratori, bombole con ossigeno, muta, maschere e pinne. Una volta sott'acqua ci sono diversi problemi da affrontare: l'aria delle bombole che è limitata, il freddo (più si va giù, più la temperatura diminuisce) e la pressione dell'acqua che già a 100 metri è quasi insopportabile. Nonostante queste difficoltà, ci sono uomini e donne che, a rischio della vita, hanno raggiunto grandi profondità senza respiratori. In certi paesi, i pescatori di perle scendono fino a oltre 80 metri per trovare le preziose conchiglie che le contengono. Enzo Majorca e Jacques Mayol per anni si sono sfidati, nelle acque del Mediterraneo, spingendosi, a gara, sott'acqua fino a superare i cento metri. Più recentemente, nelle immersioni senza respiratore, si è andati anche oltre, superando i 130 metri di profondità.
Gli oceani sono ancora in gran parte inesplorati. Poco sappiamo delle maggiori profondità, come le Fosse delle Marianne o delle Filippine che superano i 10.000 metri. Per esplorare gli abissi del mare, gli uomini hanno inventato i sommergibili o sottomarini, e i batiscafi, imbarcazioni speciali in grado di resistere alla pressione elevatissima dell'acqua. Dentro i sottomarini ci sono provviste d'acqua e d'aria, oltre a moltissimi strumenti per esplorare il fondo del mare, con i sonar o gli ecoscandagli. Questi strumenti sono ecometri, funzionano cioè in modo simile all'eco: emettono ultrasuoni che 'rimbalzano' sugli ostacoli e ritornano allo strumento che li ha emessi. è come l'eco che, in montagna, fa tornare un nostro grido alle nostre orecchie. Con gli ecometri è così possibile studiare il fondo del mare.
C'è un battello sottomarino che si chiama Alvin: è lungo solo 8 metri ma può scendere fino a 4.000 metri di profondità, in luoghi che gli uomini altrimenti non avrebbero mai potuto vedere. Dentro ci possono stare il pilota con due passeggeri, e ha un'autonomia di otto ore; viene utilizzato per fotografare i fondali più profondi e per raccogliere campioni di roccia dal fondo. L'Alvin ha permesso, per esempio, di verificare che la crosta oceanica non è liscia e piatta, ma movimentata come quella terrestre: ci sono canaloni, gole, vulcani sottomarini in perenne eruzione e montagne alte fino a 3.000 metri. Inoltre ha trovato geyser, sorgenti calde e addirittura organismi viventi. A oltre 3.000 metri si possono trovare infatti microscopici batteri.
Ci sono anche pesci che riescono a vivere a grandi profondità, dove regnano il buio e il freddo e non ci sono sorgenti calde. Essi hanno un corpo sottile, adatto a resistere a fortissime pressioni, e grandi occhi opachi, spesso provvisti di una specie di esca luminosa per cacciare le prede attraendole con la luce. Rimanere a lungo sul fondo può essere pericoloso per gli uomini: per questo gli abissi in genere vengono esplorati con robot automatici comandati dalla superficie. Ciò nonostante nel 1960 Auguste Piccard e suo figlio si sono infilati in un batiscafo di loro progettazione, una specie di sommergibile semplificato ma irrobustito per reggere le grandi profondità. Con questo batiscafo hanno raggiunto addirittura gli 11.521 metri della Fossa delle Marianne: un vero e proprio record.
Gli oceani sono ancora poco conosciuti, ma sappiamo bene di quale tipo di crosta sono fatti i fondali oceanici. Questa è costituita in massima parte da lave come i basalti. Questo tipo di crosta non ha niente a che vedere con la crosta dei continenti, che è formata soprattutto di granito, una roccia di composizione molto diversa. Perciò è molto scarsa la probabilità di ritrovare sul fondo degli oceani le tracce della mitica terra di Atlantide, che invece dovrebbe poggiare su un fondale granitico.
"E cominciò a sentire un canto di voci lontane, poi sempre più vicine: era un canto strano, diverso da ogni altro che avesse mai ascoltato... Era come sentire la canzone del suo corpo bambino. Ulisse si agitava e piangeva, felice".
Ulisse sa che il canto delle sirene è pericoloso: chi lo ascolta perde la ragione.
Ma è curioso: e non rinuncia a sapere. Il mare aumenta la voglia di conoscere.
Sarà la vastità del mondo marino, il desiderio per ciò che c'è oltre l'orizzonte: Ulisse ha imparato a non indietreggiare davanti alle difficoltà. Ma sa anche che deve agire con furbizia. Prima di arrivare all'isola delle sirene, riempie di cera le orecchie dei compagni e si fa legare all'albero della nave. Così quando il canto lo attira, non può liberarsi e si salva.
Ulisse non è il primo uomo a sentire il richiamo del mare. È un canto antico, che risale alla notte dei tempi, quando gli antenati del genere umano vivevano nelle acque marine. In fondo tutti noi siamo stati un po' pesci nella pancia della mamma. Forse è per questo che ci rimane la nostalgia per il mondo acquatico.
A dar retta alle fiabe, per i vasti mari ci sono ancora donne-pesce. Di solito vivono negli abissi, in meravigliosi castelli fatti di corallo e conchiglie. La più famosa tra tutte è la Sirenetta, che un giorno salva da un naufragio un giovane principe e se ne innamora. Il mondo terrestre l'affascina e farebbe qualunque cosa per raggiungerlo! Cerca allora la strega del mare e baratta la coda e la voce con un paio di gambe.
Ma senza la sua voce il giovane principe non la riconosce e la poveretta torna a essere schiuma del mare. Ma non finisce così! Nel cartone animato ispirato alla fiaba, la sirenetta Ariel riesce a sposare il principe. In entrambe le versioni si vede quanto è forte l'attrazione tra il mondo terrestre e quello marino. Per vivere in uno dei due, però, bisogna rinunciare all'altro. Il mare è un mondo parallelo al nostro: immenso e pieno di vita, ma diverso. È un pianeta senz'aria dove gli uomini non possono vivere. Ma se noi laggiù non possiamo respirare, gli abitanti del mare non stanno meglio nel nostro mondo. Se rimangono pochi minuti fuori dal loro ambiente si sentono soffocare. Si salvano solo se nei paraggi c'è un uomo generoso che li ributta in acqua. Succede, per esempio, a quel famoso rombo che riprende il largo grazie a un povero pescatore. Quando l'uomo rincasa, la moglie lo costringe a tornare indietro per chiedere qualcosa in cambio. Il rombo, che in verità è un principe stregato, acconsente. Ma la donna è ingorda e non si accontenta della capanna che ottiene e vuole sempre di più. Alla fine il pesce punisce i due facendoli tornare poveri come prima. Il regno del mare è generoso con chi lo rispetta ma non si lascia dominare dall'uomo. L'acqua, per sua natura, è incontenibile. Tutto in lei guizza e sfugge. Se sulla terra ogni cosa è solida e pesante, in quel mondo diventa leggera. Nel mare non si precipita in picchiata come dal cielo. Basta abbandonarsi fiduciosi e si sta a galla.
Tra le sue correnti anche i pesci più grossi scivolano agili come anguille. Nascoste sotto la superficie gironzolano, leggere come piume, gigantesche creature. Il guaio è che questi mostri marini sono silenziosi e non li sentiamo arrivare. Sbucano dall'acqua all'improvviso e mettono davvero paura. Quando avvistiamo questo genere di pesci non abbiamo scampo: o li affrontiamo o rischiamo grosso! Il re dei pesci Ainaholo che vive nelle acque di Haiti fa proprio paura:
"... ha squame dei colori dell'arcobaleno, pinne taglienti come rasoi, una grande bocca irta di tre file di denti acuminati e due occhi rotondi, bombati, enormi...".
Se i marinai incontrano il suo sguardo nel mare illuminato dal sole muoiono fulminati. Ma il giovane re Lono non ha paura: lo affronta e lo uccide.
Non tutti, però, sono così fortunati. Il capitano Achab insegue per tutti i mari la terribile balena Moby Dick, che si è presa la sua gamba. E alla fine sarà lei a vincere. Anche il povero Pinocchio, partito in cerca del papà, si imbatte in un'orribile creatura marina. Per paura di essere divorato, il burattino comincia a nuotare a perdifiato. Ma il mostro lo tira a sé e con un solo respiro se lo beve come un uovo di gallina.
Finito in una pancia grossa e puzzolente, che non era di balena ma di un enorme pescecane, Pinocchio trova Geppetto. Per fortuna il mostro marino soffre di asma e dorme a bocca aperta. Così il burattino si carica il babbo sulle spalle e, senza che il pescecane se ne accorga, si tuffa in mare per raggiungere la riva.
In mare non si può stare mai tranquilli. Le sue acque non sono sempre calme. Il mare è potente, se si arrabbia mostra tutta la sua forza. A volte si gonfia e avanza silenzioso verso la riva. Altre volte urla e si dimena ringhioso. Per scongiurare la furia del mare, dice un aneddoto persiano, c'è un uomo che dritto su uno scoglio lo tiene a bada raccontandogli storie. Per questo il mare per giorni è pacifico! Ma ogni buon marinaio sa che dopo la bonaccia dovrà fare i conti con una nuova rabbia. Tutto succede all'improvviso. Nuvole nere e venti poderosi appaiono all'orizzonte e, come impastata da mille mani, l'acqua si solleva trascinando la nave sui flutti.
"… quel che hanno di buono le tempeste è che esse ci liberano da ogni preoccupazione. Contro gli elementi scatenati non c'è niente da fare. Allora non si fa niente. Si lascia fare al destino", dice il capitano della galeotta olandese del Robinson protagonista di Venerdì o la vita selvaggia. Poco dopo, un'onda gigantesca investe in pieno la nave e, come il più famoso Crusoe, il nostro amico viene trascinato in mare. Quando riprende i sensi, si ritrova su una delle isole misteriose di cui è pieno l'oceano. Di queste, alcune sbucano dall'acqua all'improvviso e altre vengono inghiottite dai flutti. Atlantide era bella, ricca, potente, grande come un continente. Poi un giorno il suolo cominciò a tremare e l'intera isola si inabissò in mare.
Nessuno crede che la terra degli Atlantidi sia sparita per davvero e c'è chi continua a cercarla. Chi compie un viaggio nelle profondità marine è sicuro di incontrarla. Il professore di Ventimila leghe sotto i mari scopre i resti del continente scomparso durante il viaggio che compie nell'oscurità degli oceani. Lo studioso è a bordo di un curioso sommergibile, che tutti credono un mostro. Nemo, il capitano che ha costruito l'incredibile imbarcazione, lo tiene prigioniero. Ma la traversata degli abissi si rivela presto una straordinaria avventura alla scoperta dei misteri del pianeta sommerso. A pensarci bene, viaggiare in un sottomarino è un po' come galleggiare nella pancia della mamma. E se si vuole continuare a vivere, prima o poi bisogna abbandonarlo. (Maria Cristina Paterlini)
Hans Christian Andersen, La Sirenetta e altre fiabe, Edizioni EL, Trieste 1994
Hans Christian Andersen, La Sirenetta, Franco Panini Editore, Modena 1994 [Ill.]
Jean-Claude Carrière, Il circolo dei cantastorie, Milano, Garzanti 2001
Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, Giunti, Firenze 1994
Carlo Collodi, Pinocchio, Rizzoli, Milano 1991 [Ill.]
Daniel Defoe, Robinson Crusoe, Edizioni EL, Trieste 1993
Walt Disney, La Sirenetta, Walt Disney video, Milano 1991 [Ill.]
Henry Gougaud, Storia di Lono, in Sulle onde dell'oceano, Edizioni EL, Trieste 2002 [Ill.]
Jacob e Wilhelm Grimm, Il pescatore e sua moglie, in Fiabe, Einaudi, Torino 1992
Jacob e Wilhelm Grimm, Il pescatore e sua moglie, in Fiabe classiche, Mondadori, Milano 1999 [Ill.]
Herman Melville, Moby Dick, Mursia, Milano 1999
Roberto Piumini, Il re dei viaggi: Ulisse, Nuove Edizioni Romane, Roma 1988 [Ill.]
Michel Tournier, Venerdì o la vita selvaggia, Vallardi, Milano 1993 [Ill.]
Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari, Mursia, Milano 1983 [Ill.]