infiammazione
Il nostro organismo si difende dall'ambiente circostante
L'infiammazione è un meccanismo di difesa con cui il nostro organismo cerca di proteggersi da traumi, ferite, scottature o infezioni. Ci accorgiamo di un'infiammazione soprattutto perché provoca fastidio. Se ci graffiamo, la zona di pelle che circonda il graffio diventa rossa, calda, si gonfia e fa male, ma senza questa reazione fastidiosa la nostra pelle non guarirebbe. L'infiammazione non è quindi una malattia: al contrario, ci serve proprio per ritornare sani. A volte, però, la risposta infiammatoria non è sufficiente o può provocare notevoli disturbi (dolore, febbre). In questi casi è necessario intervenire con l'utilizzo di farmaci
L'infiammazione, o flogosi, è la nostra risposta a danni di natura fisica (traumi, calore, radiazioni), chimica (acidi, sostanze corrosive) o biologica (virus, batteri) che possiamo subire nella vita quotidiana. Senza questa complessa reazione dell'organismo le infezioni si diffonderebbero rapidamente, le ferite resterebbero aperte e le contusioni non guarirebbero. L'infiammazione è quindi il tentativo che l'organismo fa per eliminare o isolare gli agenti dannosi (per esempio i batteri), limitare la zona colpita e infine guarire la ferita, la lesione o l'infezione. In alcuni casi la reazione infiammatoria (infiammazione acuta) è rapida e violenta, in altri dura molto a lungo (infiammazione cronica). Quando le difese messe in atto dal processo infiammatorio non sono sufficienti a guarire l'organismo, o provocano notevoli disturbi (dolore e febbre), diviene necessario intervenire con l'utilizzo di farmaci.
Tutti gli organismi, dai più semplici invertebrati ai mammiferi più evoluti come l'uomo, hanno sviluppato strategie di difesa. Gli organismi più semplici come i protozoi (microrganismi composti da una sola cellula, per esempio le amebe) si difendono dagli agenti dannosi inglobandoli e neutralizzandoli con un meccanismo chiamato fagocitosi. Il meccanismo della fagocitosi è stato mantenuto e migliorato nel corso dell'evoluzione, e nei vertebrati, incluso l'uomo, è affidato a diversi tipi di cellule specializzate presenti nel sangue e nei tessuti, chiamate genericamente fagociti.
I fagociti hanno la capacità di inglobare e digerire elementi dannosi come particelle solide di sostanze estranee, microrganismi o cellule morte. Per fare questo emettono delle estensioni della membrana cellulare che circondano la particella e la inglobano; in seguito entrano in azione speciali proteine (enzimi) il cui compito è quello di degradare la particella digerendola (cioè riducendo in frammenti le sue molecole complesse). Nel corso di questo processo i fagociti possono morire. La loro morte fa parte dello stesso meccanismo di difesa dell'organismo e prelude alla guarigione della lesione. I resti dei fagociti morti, delle particelle fagocitate e le cellule morte del tessuto danneggiato costituiscono il pus, come quello di una ferita infetta.
Nella risposta infiammatoria possono essere distinte tre fasi principali. Ipotizziamo che, giocando con il gatto, questo ci faccia un bel graffio sul braccio. La zona di pelle che circonda il graffio diventa rossa e calda. Questa è la prima reazione, causata dalla dilatazione dei vasi sanguigni che irrorano la nostra pelle, cosa che consente di aumentare la quantità di sangue nella zona danneggiata.
Nella seconda fase, i vasi dilatati diventano più permeabili, permettendo alle proteine presenti nella parte liquida del sangue (plasma) di diffondersi nel tessuto circostante. L'accumulo di questo liquido ricco di proteine (essudato infiammatorio) negli spazi tra le cellule provoca il gonfiore della zona attorno al graffio. La dilatazione dei vasi sanguigni determina anche una diminuzione della velocità con cui il sangue scorre.
Nella terza fase, il rallentamento del flusso del sangue consente ai globuli bianchi del sangue (o leucociti) di aderire alle pareti dei vasi e di fuoriuscire attraverso gli spazi dilatati tra le cellule che formano la parete del vaso. I leucociti fuoriusciti migrano verso il luogo del graffio aumentando ulteriormente il gonfiore del tessuto. L'aumento della tensione e il rilascio di particolari sostanze (mediatori chimici) stimolano le terminazioni nervose che provocano la sensazione di dolore. Fenomeni simili avvengono in qualsiasi tipo di infiammazione: per esempio nella tonsillite, che ci provoca il mal di gola. Il rossore (rubor), il rigonfiamento (tumor), il calore (calor) e il dolore (dolor) sono considerati i segni caratteristici dell'infiammazione sin dai tempi dell'antica Roma, quando furono descritti da Cornelio Celso, un medico vissuto nel 1° secolo a.C.
Le reazioni finora descritte non sono solo all'origine degli effetti spiacevoli dell'infiammazione, ma sono fondamentali per iniziare la risposta di difesa, la guarigione e il recupero di funzione della parte danneggiata. L'arrivo dei leucociti sul luogo della lesione avvia l'eliminazione degli agenti dannosi attraverso la fagocitosi. Questa eliminazione permette anche l'inizio del processo di riparazione del tessuto infiammato, un processo necessario per la completa guarigione. Nel caso di piccole ferite o traumi, la guarigione è raggiunta rapidamente grazie alla completa rimozione degli agenti estranei e dei residui di tessuto danneggiato e alla formazione di nuovo tessuto.
Nel caso di lesioni più serie, il tessuto distrutto può essere riparato attraverso un processo che porta alla formazione di un tessuto fibroso. In questo caso una cicatrice segna il luogo della precedente infiammazione. Nei casi più gravi, quando la causa che ha scatenato l'infiammazione (per esempio, un'infezione prolungata) non passa o quando l'azione dei fagociti è eccessiva, si può avere un'infiammazione cronica, che è necessario curare per evitare danni permanenti.
È bene ricordare, infine, che in molte occasioni ‒ in particolare quando l'infiammazione è provocata da microrganismi, come batteri o virus ‒ alla risposta infiammatoria si accompagna una risposta immunitaria. In questi casi collaborano attivamente alla lotta contro gli agenti dannosi altri globuli bianchi presenti nel sangue, nei linfonodi e nella milza: i linfociti.
Esistono vari tipi di leucociti.
I più importanti nelle prime fasi dell'infiammazione sono i neutrofili: questi leucociti si distinguono per la forma irregolare del nucleo (nucleo lobato) e per la presenza al loro interno di vescicole specializzate (granuli citoplasmatici), che contengono gli enzimi necessari per la distruzione dei microrganismi e delle particelle fagocitate.
I macrofagi sono, invece, i leucociti predominanti nelle fasi successive dell'infiammazione: derivano dai monociti del sangue e, una volta migrati nei tessuti, vivono più a lungo dei neutrofili e possono fagocitare una varietà più ampia di sostanze e materiali. Per queste capacità, i macrofagi sono molto importanti nella fase di risoluzione dell'infiammazione e di guarigione. Tuttavia, un'azione troppo prolungata dei macrofagi può danneggiare ulteriormente il tessuto e alimentare l'infiammazione cronica.
Nel corso dell'infiammazione entrano in gioco i mediatori chimici dell'infiammazione, presenti nel plasma o prodotti dai leucociti o da particolari cellule presenti nel tessuto (mastociti). Queste sostanze hanno compiti complessi: agiscono direttamente sui leucociti, attirandoli nel luogo della lesione e attivando la loro capacità di fagocitare gli agenti estranei; contribuiscono a uccidere e a eliminare i microrganismi invasori; favoriscono il rilascio di altri mediatori dell'infiammazione, amplificando la risposta difensiva dell'organismo. Molte di queste sostanze sono attive solo per un breve periodo di tempo. Questa caratteristica è molto importante perché consente di limitare il rischio di una risposta infiammatoria troppo prolungata.