INGHILTERRA (XIX, p. 231; App. I, p. 728; II, 11, p. 36; III, 1, p. 878)
Per l'aggiornamento dei dati geografici, economici e storici, v. gran bretagna, in questa Appendice.
Letteratura. - Poesia. - Intorno al 1950 parve che i poeti inglesi tendessero a tornare verso precedenti convenzioni tanto nella tecnica quanto nei contenuti. La manifestazione più nota di codesta tendenza conservatrice fu il gruppo che prese il nome di The movement, costituitosi alla metà degli anni Cinquanta, come reazione contro la letteratura di guerra, considerata istericamente emotiva. Ad essa si volle contrapporre la presenza, nella poesia, di un elemento intellettuale e il ritorno alle forme tradizionali della metrica inglese. Tra i più notevoli aderenti a The movement furono i poeti P. Larkin, K. Amis e J. Wain i quali ultimi due ritroveremo nella narrativa. The movement pubblicò nel 1956 una sua antologia intitolata New lines in cui erano rappresentati, oltre ai tre poeti nominati qui sopra, T. Gunn, D. Davie e altri. Visto in prospettiva, questo movimento si mostra frammentario quanto a risultati poetici e contraddittorio quanto a posizioni teoriche. Se da un lato i poeti più adulti, quelli del cosiddetto gruppo di Auden - C. Day Lewis, L. McNeice, S. Spender - hanno continuato per la loro strada, da un altro lato tra i più giovani si sono moltiplicate diverse tendenze che vogliono contrapporsi al conservatorismo di The movement e hanno trovato espressione in altrettante antologie di gruppi. Ai primi del Novecento, E. Pound, durante il suo soggiorno in G. B., agì anche come redattore distaccato della rivista americana Poetry e svolse una fertile opera di mediazione tra la letteratura inglese e l'americana, facendo conoscere i nuovi poeti inglesi in America e i nuovi poeti americani in Inghilterra. Quella mediazione non ha ancora cessato di produrre i suoi effetti. Quando A. Alvarez volle reagire contro il conservatorismo pubblicando nel 1962 l'antologia The new poetry, vi accolse T. Hughes, P. Redgrove e anche Larkin e Gunn già ricordati, ma oltre a poeti quali C. Tomlinson e C. Middleton, che risentivano in modo palese l'influsso della poesia americana, irrobustì maggiormente la raccolta includendovi opere di due poeti americani, R. Lowell e J. Berryman. Queste e altre antologie minori formarono in quegli anni ciò che si vorrebbe chiamare una guerra di antologie. Alle varie correnti che esse espressero è da aggiungere il Concretist movement, il cui maggiore esponente, I. Hamilton Finley, cercando di disporre le parole in modo da formare figure, sembra richiamarsi a metodi usati dal dadaismo, dal futurismo e dal poeta americano E. E. Cummings. Senonché esso è fuori delle attuali direzioni prevalenti della poesia inglese. Poeti di maggiore interesse tra quelli citati rimangono R. Fuller, T. Hughes, P. Larkin, C. Tomlinson, T. Gunn, C. Middleton. La diversità di tendenze e direzioni, spesso in polemica tra loro, rende la situazione attuale della poesia inglese confusa, sebbene sia possibile interpretare codesta molteplicità di concezioni del fatto creativo come un segno di vitalità; nondimeno, non è finora emersa alcuna personalità paragonabile non diciamo alla triade Yeats, Eliot, Pound, ma neanche al citato "gruppo di Auden".
Narrativa. - Da uno sguardo panoramico, sia pure molto dall'alto, della narrativa inglese degli ultimi quindici anni, si riceve l'impressione di una situazione confusa e scarsamente vitale. In ogni tempo si è verificata la sovrapposizione di due - e qualche volta anche più - generazioni di scrittori. Nel 1960 A. Huxley ed E. Waugh, appartenenti alla generazione tra le due guerre, continuavano a scrivere e pubblicare, e G. Greene della medesima generazione pubblica ancora. Nello stesso tempo, scrittori di età matura, appartenenti alla generazione successiva, hanno conosciuto le loro prime affermazioni. Effetto di questa successione rapida è il disorientamento prodotto dai mutamenti altrettanto rapidi del gusto, su cui possono avere influito, seppure in misura limitata, scrittori stranieri, quali Sartre e Camus, Ionesco, Kafka, Brecht e, anche più, Proust. Del resto, è ancora recente e vivo nel ricordo di molti lettori il periodo di più acuto sperimentalismo che si può ritenere, grosso modo, chiuso nel 1941 con la morte, avvenuta in quell'anno, di Joyce e della Woolf, sebbene ad essi sia sopravvissuta fino al 1957 quella pioniera dello sperimentalismo che fu D. Richardson. Ma gli scrittori sperimentali hanno influito, semmai, sulla lingua e sullo stile: si pensi, per es., a un confronto tra la prosa di E. Bowen e la prosa della Woolf. Quanto alle innovazioni tecniche vere e proprie - flusso della coscienza, monologo interiore, ecc. - c'è da dire che si sono dimostrate di durata effimera: i molti romanzi che continuano a essere pubblicati in G. B. segnano un ritorno alle tecniche tradizionali.
Se si eccettuano alcuni romanzieri di solida fama come I. Compton-Burnett, rimasta attiva fino quasi alla morte, la nuova generazione si attiene a una rappresentazione più o meno realistica della mediocrità e della quotidianità. In questo quadro fanno eccezione alcuni angry young men, quali J. Wain già citato per la poesia, J. Braine e alcuni altri romanzieri minori. Nondimeno, è difficile assegnare un qualche scopo preciso alla loro rivolta, né le loro opere narrative fanno spicco in modo particolare.
È in voga la sequenza di romanzi, voga su cui può avere influito più l'esempio di Proust che non della Forsyte saga di Galsworthy, autore oggi sentito come appartenente a una generazione superata. Dopo la Richardson, che si è già nominata, sequenze di romanzi hanno dato E. Waugh, A. Powell, L. Durrell e J. R. R. Tolkien. Altri romanzieri, che pur non modificando i caratteri della scena letteraria meritano a vario titolo considerazione a parte, si trovano, come molti tra quelli sopra nominati, in questa Appendice.
Teatro. - Indipendentemente da particolari valutazioni più propriamente estetiche, il teatro è il terreno che, nell'ultimo ventennio, ha dimostrato maggiore vitalità. Nel secondo dopoguerra, la G. B. ha conosciuto in campo nazionale e internazionale vicende poco felici: un notevole crollo di valori spirituali e lo sbriciolamento dell'Impero, per accennarne due sole, tra altre, all'interno; la nota vicenda di Suez, la supremazia americana e l'intervento russo che hanno messo in forse il predominio nel Mediterraneo, di vitale importanza per la nazione. Non si vuole dire che questi fatti abbiano trovato riflesso diretto nel teatro; ma è lo stato d'animo più o meno conscio e certamente diffuso che, generato dalla situazione, ha trovato espressione nel teatro più che nella poesia e nella narrativa. Già un drammaturgo di generazione precedente quale C. Fry, nato nel 1907, dopo aver fatto teatro di poesia caratterizzato da un linguaggio fin troppo abile e ingegnoso, nonostante il carattere religioso di alcune delle sue opere, ha pubblicato nel 1961 una tragedia storica, Curtmantle, che riprende i rapporti tra Enrico II e il suo cancelliere S. Tommaso Becket per mostrare il contrasto tra legge divina e legge umana, pur se questa afferma la giustizia sociale uguale per tutti (Enrico II fu il fondatore del Commonlaw), e tra esse e le altre leggi, morale ed estetica. Assai più spinto è l'irlandese B. Behan, ribelle con violenza contro tutta la società civile. E si arriva infine al nichilismo dell'altro irlandese S. Beckett. Autori come questi ultimi nominati si possono considerare il preannunzio di un teatro nuovo, non di evasione ma di contestazione, che si vale di tutte le correnti di pensiero, dalla psicoanalisi al marxismo e all'esistenzialismo per esprimere una visione dell'umanità che è tragica, in cui anche il comico e il grottesco, quando ci sono, hanno funzione di rafforzare il fondo tragico. L'inizio di questo nuovo teatro si può fissare agli anni 1956-57 in cui avvennero le prime rappresentazioni di Look back in anger di J. Osborne e delle opere di A. Wesker, di N. F. Simpson, di J. Arden e di H. Pinter. Dal titolo dell'opera di Osborne, questi drammaturghi sono stati chiamati gli angry young men, sebbene Pinter, uno dei più notevoli, abbia una sua posizione personale che lo distingue dagli altri e può awicinarlo a quel che, per influsso del drammaturgo francese A. Artaud, è stato chiamato "teatro dell'assurdo", di cui è uno dei più noti rappresentanti il Beckett già nominato. Ciò che accomuna queste tendenze e questi autori, è una visione, nel suo insieme, pessimistica: dalla protesta contro il moralismo ipocrita nella famiglia e nella società post-belliche degli angry young men e dalla messa a nudo del male che si annida nell'animo umano, tema di fondo del "teatro della crudeltà", al carattere irrazionale della condizione umana recato in luce dal "teatro dell'assurdo" che si vale sia della struttura formale sia del linguaggio per rappresentare l'assurdità dal punto di vista psicologico e, qualche volta, anche dal punto di vista filosofico. La distinzione, peraltro, non è così netta come qui si prospetta per necessità di esposizione: spesso i temi della protesta e della contestazione, del male insito nell'animo e dell'assurda condizione umana si trovano nei diversi autori e talora confluiscono in una medesima opera.
Il rischio di questo teatro è di creare non veri personaggi ma portavoce delle tesi degli autori. Se a questo pericolo, e all'altro pericolo di cadere nell'astratto, si sottrae Pinter, orientato verso situazioni psicologiche, non sempre vi si sottraggono Osbome, Wesker e Arden. È da notare che parecchi degli autori fin qui nominati sono, o sono stati, anche attori o registi, insomma persone vissute a stretto contatto col teatro e perciò hanno un possesso del "mestiere" che consente loro di attuare innovazioni tecniche per quanto si riferisce a palcoscenico e scenografia. Nondimeno, può avere influito su di essi anche lo sperimentalismo americano, sia nella formazione di gruppi d'avanguardia quali il Living theatre, il Round house, l'Open theatre, il Workshop theatre fondato da J. Littlewood e altri, che possono ricordare le analoghe formazioni del teatro americano off-Broadway, sia nella tecnica scenica che in vari casi è tornata al palcoscenico aperto, a contatto diretto col pubblico, simile al palcoscenico elisabettiano.
Va tenuto presente che T. S. Eliot, facendo per primo rivivere il teatro di poesia, cercò un linguaggio che fosse poetico e, a un tempo, vicino al parlato e che in Murder in the cathedral ha usato con più successo che in altre opere un linguaggio vicino a quello della liturgia cristiana. A questo elemento sono da aggiungere, per quanto riguarda il linguaggio, gli apporti del Fry di A boy with a cart e di Sleep of prisoners e di poeti quali W. H. Auden e L. McNeice, D. Thomas, S. Spender e, molto sensibile, l'apporto di S. Beckett, oltre alle risorse del monologo interiore. Forse Pinter, per il carattere della sua opera, è il drammaturgo contemporaneo più vicino al linguaggio di Beckett, senza voler con questo parlare d'imitazione.
I drammaturghi inglesi dell'ultimo ventennio, considerati nel loro insieme, si mostrano accomunati, come si è detto, da una visione pessimistica della società e della vita in generale, ma hanno effettivamente apportato novità nella struttura drammatica, nel linguaggio e nell'immediata aderenza, sia pure in senso negativo, ai problemi sociali e spirituali del loro tempo e alla sua carenza di valori. Nuove reclute non mancano: si possono citare i nomi di F. Marcus, C. Taylor, B. Macllwraith, D. Halliwell, J. McGrath, D. Cregan, Heathcote Williams, ecc. Ma tra essi non vi è nulla in comune. Non è perciò possibile individuare una qualche tendenza che sia destinata a prevalere.
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Archeologia. - L'attività archeologica in G. B. si è concentrata in particolare intorno ai problemi topografici e architettonici delle città militari e civili, dei castella e del vallum e alla scultura provinciale, che ebbe qui una fioritura originale. Le nuove ricerche che hanno avuto per oggetto i castra più importanti (Eburacum, Isca Silurum, Deva, ecc.) sedi delle legioni stanziate nell'isola dopo la sua conquista, hanno portato a una conoscenza più approfondita delle costruzioni interne, in particolare degli edifici degli acquartieramenti, e talvolta a una revisione cronologica dell'impianto (la fortezza di Isca Silurum, secondo quanto è emerso da scavi recenti, è databile al 1° secolo d.C. e la data della sua fondazione è associabile alle campagne di Frontino nel 74-75 d.C.). Numerosissimi i castella esplorati negli ultimi decenni e che si collocano cronologicamente a partire dall'età di Claudio (Hod Hill, Dorset; Water Newton; Great Casterton, rivelati dalla fotografia aerea, tutti di pianta rettangolare con angoli arrotondati; a Newstead, in Scozia, sono stati trovati quattro castelli sovrapposti, il più antico di età flavia, l'ultimo della tarda età antonina) fino agli ultimi decenni del 3° secolo (castellum di Richborough nel Kent).
Negli ultimi decenni si sono ampliate le conoscenze archeologiche sui maggiori centri della Britannia; ad Aquae Sulis (Bath) scavi sono stati effettuati nella zona del tempio, nelle terme, ecc., volti a definire le caratteristiche dell'impianto urbano di età romana come centro religioso e commerciale. Gli scavi ripresi a Verulamium (Saint Albans) sono concentrati sull'insula XIV con la definizione di tre periodi costruttivi: livello di età pre-Budicca; post-Budicca fino all'età antonina; botteghe del tardo 3° secolo. Stabilita la data degli edifici del primo periodo al 49/50 d.C., si presume che Verulamium, probabilmente municipium di Claudio, sia stata allora fondata, contemporaneamente alla colonia di Camulodunum. Entrambe le città furono fondate per motivi militari e civili. Fra le più antiche costruzioni di Camulodunum conosciamo, oltre al tempio di Claudio, solo i resti di alcune case distrutte da un incendio nel 61 d. Cristo. Anche delle costruzioni posteriori poco si conosce: ad O del tempio di Claudio è stata rintracciata la pianta frammentaria di un teatro. Mancano indizi di edifici pubblici come foro, curia e terme.
Scavi recenti in alcune insulae hanno permesso di riconoscere alcuni edifici di carattere privato; in particolare alcuni mosaici pavimentali datati alla seconda metà del 2° secolo mostrano grande affinità coi mosaici di età antonina di Verulamium, tanto da suggerire l'ipotesi che una scuola di mosaicisti possa essere individuata per la prima volta in Britannia. A Gloucester (Glevum), fortezza prima e colonia poi (nel 96-98 d.C. circa), vari settori della città sono stati esplorati in vari tempi; il vecchio aggere di terra che, assieme al fossato della fortezza, difendeva la città fu trasformato intorno al 200 d.C. nel suo lato esterno da un muro in pietra. All'interno dell'aggere sono stati rinvenuti edifici con strutture in argilla, identificabili probabilmente con caserme appartenenti alla fortezza.
Il ritrovamento più notevole di questi anni è costituito indubbiamente dal palazzo romano di Fishbourne (Chichester), forse sede del governatore della provincia, messo in luce da scavi iniziati negli anni Sessanta. Il complesso presenta varie fasi costruttive e rimaneggiamenti successivi fino al 280 d.C. circa; sul proto-palazzo di età claudia s'insediò intorno al 75 d.C. il palazzo flavio, con quattro ali residenziali disposte intorno a un ampio giardino centrale; a questa fase costruttiva sono da datare alcune pitture parietali e mosaici in bianco e nero e policromi, i più antichi trovati finora in Inghilterra. Altri mosaici policromi appartengono alla successiva fase edilizia.
Per quanto riguarda l'architettura privata resti, alcuni anche imponenti, di ville sono stati messi in luce da scavi recenti (ville di Eccles, Chilten Hills, Halstock, ecc.). A Cohham Park (Rochester) gli scavi hanno rivelato il corridoio di una villa databile dal 1° al 4° secolo d. Cristo. Al 250-300 deve risalire invece l'occupazione di una bella villa rinvenuta a Wraxall. Relativamente rari sono i templi di tipo ellenistico-romano (si ricordino i templi rinvenuti nei fora di Cirencester, Caerwent e Saint Albans), mentre numerosissimi esemplari del tipo celto-romano, a cella quadrata o rettangolare e portico circostante, sono venuti alla luce negli ultimi decenni. Sono documentati sia nell'impianto urbano delle città, sia nelle campagne. A Verulamium ne sono stati rintracciati due, oltre a quelli già noti di Silchester, di Caister by Norwich, ecc. L'esempio più notevole di tempio rurale è a Sosbecks presso Colchester dove l'edificio, eccentrico e in una corte porticata, occupa il posto di un santuario preromano ed è associato a un teatro. La maggior parte dei templi rurali occupa luoghi con insediamenti preesistenti; questa continuità di tradizioni religiose si riscontra per es. a Bow Hill (Sussex), a Cold Kitschen Hill (Brixton-Deverill) e nell'impianto di Springhead (Kent). Mitrei militari sono stati rinvenuti presso quattro forti (uno a Segontium, gli altri lungo il vallum adrianeo); più ampio e ricco il mitreo di Londinium, nella valle del Walbrooks, con santuario orientato ad ovest, parzialmente interrato.
Vedi tav. f. t.
Bibl.: B. Cunliffe, Roman Bath discovered, Londra 1971; id., Fishbourne, A Roman palace and its garden, ivi 1971; S. Frere, Verulanium Excvations, ivi 1972; J. Hoakes, A guide to the prehistoric and Roman monuments, ivi 1973; A. Rainey, Mosaics in Roman Britain, ivi 1973; J. Wacher, The towns of Roman Britain, ivi 1975; W. Rodwell-T. Rowley, Small towns of Roman Britain, Oxford 1975.
Arti figurative. - Nell'ultimo ventennio nella cultura inglese si è andata affermando la tendenza a distinguere i caratteri nazionali delle varie componenti dell'area britannica (gallese, scozzese, irlandese) con la conseguenza di dare all'aggettivo "inglese" un valore più limitativo che avesse in passato. Più ancora che nella letteratura questo indirizzo è avvertito nelle altre arti, dove il termine English è di solito evitato nel designare le iniziative collettive che riguardano artisti britannici. Tuttavia, dato lo stretto legame fra arte e letteratura e, oggi, fra certe manifestazioni artistiche (si pensi al movimento Art and language) e la lingua inglese, ci è parso opportuno trattare sotto questo esponente le arti in Gran Bretagna.
La mostra della pittura americana alla Tate Gallery, nel 1956, dove era ben rappresentata la action painting, ebbe l'effetto di scuotere sensibilmente il mondo artistico britannico e contribuì ad accentuare le differenze e gli orientamenti contrastanti di quella che era stata la "scuola di Cornovaglia" (la finezza quasi orientale di W. Scott, i grafismi di R. Hilton, la pittura gestuale di A. Davie). Da N. de Staël furono influenzati diversi pittori britannici (fra i quali H. Fraser), specialmente dopo la mostra allestita nel 1956 dall'Institute of contemporary art, influente istituzione pubblica fondata nel 1947. S. Blow, P. Bower, R. Moynihan, F. Auerbach, H. e B. Cohen, H. Mundy, T. Osborne, G. Ayres, I. Stephenson, D. Portway, A. Wilson, Alva, sono tutti rappresentativi della particolare impronta britannica di astrazione lirica. Si può dire che alla loro tendenza partecipi, in quegli anni, anche W. Hayter, benché lavori a Parigi. A. Heath e Lee Martin, già astratti geometrici, si convertirono anch'essi all'informale, benché differenziandosi in quella che fu definita l'"astrazione fredda", opposta all'"astrazione calda" degli astratti lirici. Negli stessi anni V. Pasmore, già legato a B. Nicholson, poi figurativo e risolutamente astratto dal 1947, s'impone come capo dell'"astrazione fredda". L'uscita dall'informale assumeva così in Gran Bretagna, presso gli artisti astratti, la fisionomia di una ripresa vigorosa dell'astrattismo geometrico, con le opere tridimensionali dei costruttivisti K. Martin, M. Martin, A. Hill e G. Wise. Nell'ambito dell'arte ottica-cinetica lavora B. Riley (grande premio della pittura alla Biennale di Venezia del 1968) e opere cinetiche hanno prodotto anche K. Martin, P. Hodgetts e P. Lowe. Altri artisti si volgevano intorno al 1967 verso lo studio delle forme primarie: i cerchi di P. Sedgley, le monocromie di J. Plumb, le forme elementari di M. Vaux, i vuoti di J. Moon.
Nonostante il profondo retroterra e la varietà di tendenze, l'arte astratta non esaurisce il panorama dell'arte britannica, dove la presenza di due grandi maestri figurativi, fra loro così antitetici, come F. Bacon e G. Sutherland, non può non esercitare un'attrazione profonda, sia in patria che fuori.
La Gran Bretagna è stata anche, accanto agli Stati Uniti, uno dei centri maggiori dell'arte Pop, anzi la stessa espressione Pop art è dovuta a un critico anglosassone (L. Alloway, nell'inverno 1954-55). In vari modi l'arte Pop britannica ha riconosciuto fra i propri antenati lo stesso F. Bacon, soprattutto per il suo ricorso esplicito a fotografie famose, dalla Corazzata Potëmkin all'Animal locomotion di E. Muybridge. Dalla mostra Parallel of life and art, allestita da E. Paolozzi con la collaborazione del fotografo N. Henderson e degli architetti A. e P. Smithson, presso l'Institute of contemporary art, prese le mosse l'Independmt Group (IG) che nel 1954-55 incominciò a occuparsi di cultura popolare e dei mass-media. E. Paolozzi, W. Turnbull, T. Crosby, T. del Renzio erano fra i personaggi di punta in questa riesplorazione dell'arte e della cultura urbana di massa con R. Hamilton e R. Banham. Nel 1956 R. Hamilton presentava una delle opere più îamose della Pop art: Just what is that makes today's homes so different, so appealing. R. Smith, P. Blake, R. Denny, P. Caulfield, R. Tilson, R. Kitaj, P. Phillips, D. Boshier, A. Jones sono fra i protagonisti della seconda fase del Pop britannico (intorno al 1960), che rimproverano una certa sociologia all'IG, mentre si abbandonano con più fiducia al gioco dei segni entro soglie diverse di percezione e significato. Infine l'ultima fase del Pop britannico è più figurativa, presenta i simboli della Pop culture in modo più crudo (Phillips), è carica di erotismo (Jones).
La cultura britannica era dunque in grado di vivere consapevolmente l'esaurirsi dei riti dell'informale e di scoprire nell'apparente sicurezza della Pop art problemi di significato. È appunto in Gran Bretagna che nasce, nel 1967, uno dei movimenti più conseguenti di arte concettuale (v. conceptual art, in questa App.), l'Art and language, secondo il nome del gruppo fondato da T. Atkinson, M. Baldwin, J. Kosuth, M. Ramsden, la cui rivista esce nel maggio dello stesso anno. Contemporaneamente si affermano con accenti tipicamente britannici i nuovi movimenti naturalistici, con artisti che lavorano con materiali naturali (R. Long, H. Fulton), spesso con densi riferimenti alla storia e alla geologia delle isole Britanniche. Fulton e Long sono collegati per nuovi aspetti alla ricerca di Art and language sulla struttura e sul destino dell'arte, e in ciò si differenziano dalla Land art americana. Interessati a una ricerca sull'identificazione dell'arte, in senso concettuale, sono anche l'argentino D. Lamelas, che risiede a Londra, autore di libri, films e video-tapes, U. Arnatt che tende a presentare in forma paradossale teorie matematiche e linguistiche, M. Harvey, ora trasferito negli Stati Uniti, il cui White papers è un libro di carte stampate secondo un ordine affidato esclusivamente al significato visivo dei segni tipografici e che può ricomporsi in ordini diversi. Al mondo trasognato del non-sense, alla letteratura e alla poesia infantili si rifanno Gilbert e George con le loro limericks, componimenti che verificano l'aura che si suppone circondi le "opere d'arte".
La scultura britannica era stata dominata dalle grandi personalità di H. Moore e B. Hepworth. Benché fra loro assai diversi, entrambi erano assertori di una scultura evocativa del corpo umano e di altri temi privilegiati, ed erano entrambi rivolti a ricercare la ( [verità dei materiali". In certo modo non si distaccano completamente da loro neanche gli scultori più vicini, nel quinto decennio, all'informale: K. Armitage, L. Chadwick, R. Brown, R. Butler, E. Frink, B. Meadows. Un orientamento del tutto diverso è quello introdotto da A. Caro intorno al 1960 con il ricorso a elementi di fattura anonima, che non richiedono alcun riferimento di contenuto. La mostra alla Royal Academy di ventiquattro scultori britannici, nel 1972, ha così presentato una grande maggioranza di artisti impegnati a lavorare su rapporti semplici, spesso su elementi lineari che definiscono tensioni di linee forza. Sono le variazioni sul prisma di W. Tucker, la definizione spaziale di B. Kneale con complessi che assomigliano a strumenti di precisione; J. Panting e N. Hall ottengono la creazione di entità spaziali con un uso limitatissimo di materiali, ormai lontani da ogni associazione tradizionale della scultura. Processo mentale e presenza concreta dell'oggetto s'integrano nella loro creazione. Una scultura di volume è invece quella di W. Pye, con acciai inossidabili che trasmettono il senso di un'organicità snaturata, quasi al limite del pop e della fantascienza, di H. Dalwood, che lavora sui simboli, di M. Sandle, che forma riunioni di oggetti con una forte carica surrealista, mentre ricerche sul colore caratterizzano l'attività di C. Sanderson.
La riflessione sulle forme primarie doveva avere un effetto decisivo sulla scultura, sino allora dominata da H. Moore, e si collegava agli studi su forme astratto-geometriche che avevano caratterizzato l'attività di A. Caro, A. Hill, S. Gilbert (già pittore nel gruppo Cobra), F. King, C. Sanderson, J. Tilson, J. Chewett, D. Woodham e P. Stroud. Dopo la loro rivelazione alla Biennale veneziana del 1952, gli scultori K. Armitage, R. Butler, L. Chadwick, B. Meadows, E. Paolozzi, R. Adams, G. Clarke, W. Turnbull hanno seguito strade diverse. Soltanto R. Adams è rimasto fedele alla sua forma astratta, mentre W. Turnbull si è interessato alla ricerca sugli elementi primari. Vedi tav. f. t.
Bibl.: R.L. Lippard e altri, Pop art (tra. it.), Milano 1967; A.M. Hammacher, Modern English sculpture, Londra 1967; C. Finch, Pop art, ivi 1968; Autori vari, in Art and langauge (dal maggio 1969); P. Gilardi, Da Londra, in Flash art, n. 6, 1969; C. Finch, Image as language. Aspects of British art 1950-1968, Harmondsworth 1969; Catalogo della mostra British painting and sculpture 1960-1970 (a cura di E. Lucie-Smith), Londra 1970; Autori vari, in L'art vivant, n. 29, marzo 1972; M. Ragon, M. Seuphor, L'art abstrait, Parigi 1974, vol. III, pp. 125-36; F. Bacon, Catalogo della mostra al Metropolitan Museum, New York 1975; G. Celant, Precronistoria 1966-69, Firenze 1976.
Architettura e urbanistica. - L'applicazione dei piani urbanistici trentennali stilati nell'immediato dopoguerra, già nei due scorsi decenni ha trasformato profondamente l'assetto territoriale della Gran Bretagna, e in questi ultimi anni Settanta è in via di ultimazione. Le grandi linee programmatiche non hanno subito modificazioni di fondo e il territorio si è andato arricchendo di nuove architetture, nei centri di sviluppo delle new towns già previsti nel dopoguerra. La volontà politica di ritmi costruttivi accelerati costantemente e l'ampiezza dei programmi edilizi hanno creato in questi ultimi anm le premesse per un profondo rinnovamento del dibattito architettonico in I.; se nel periodo delle prime impostazioni teoriche del movimento moderno la Gran Bretagna, ancorata alla ricca tradizione di architettura come confort, aveva avuto un ruolo in sordina rispetto al vivo del discorso europeo, in questi ultimi quindici anni si può parlare di un vero rilancio in senso internazionale. Nella pratica professionale vengono applicati oggi diffusamente, e in continuo approfondimento, quegli stessi princìpi urbanistici formulati dal razionalismo, oggi negletti per la maggior parte negli altri paesi europei. Nel settore dell'urbanistica, sostenuto da una rigorosa pianificazione e da una felice gestione pubblica delle aree fabbricabili, lo sviluppo anche teorico dei princìpi informatori è awenuto senza soluzione di continuità, mentre nel campo più tipicamente architettonico intorno agli anni Sessanta si è creata una vera frattura con la tradizione di utopia ottocentesca alla Howard ancora presente. Sono gli anni in cui si sviluppa una forte polemica verso la riproposizione in atto di quartieri residenziali fondati sull'idea di casa unifamiliare cui viene data la critica definizione di "subtopia". Si tentano nuove formulazioni dell'idea stessa di città. Nel 1965 Th. Crosby pubblica il suo libro manifesto Architecture: City Sense, in cui cerca di definire le nuove funzioni e necessità metropolitane. A Londra il gruppo Archigram (P. Cook, W. Chalk, R. Herron, D. Crompton, M. Webb, D. Green) introduce il concetto di città macchina come un "tutto meccamco" con caratteristiche di mobilità e movimento intese come categorie architettoniche. E l'ipotesi di un volto urbano continuamente definito dalle comunicazioni visivo pubblicitarie in trasformazione (Plug in City, 1964; Plug in Tower, 1964; Plug in University Node, 1965; Walking Cities, 1964; Instant City at the Seaside, 1969-70). Il lavoro di questo gruppo, pur apprezzato e seguito anche oltre i confini nazionali, resta un episodio piuttosto isolato nel panorama inglese, scettico nei confronti di una ricerca puramente teorica, mentre nell'intero settore professionale si sono delineate numerosissime figure di grande interesse: J. Stirling, D. Lasdun, J. Gowan, C. Price, C. Powell and Bon, B. Spence, A. e P. Smithson.
Uno dei maggiori impegni realizzativi di questi anni è stato rivolto all'edilizia scolastica. A partire dalla fine degli anni Cinquanta nel mondo della scuola è iniziato un processo imponente di trasformazione che ha coinvolto la stessa struttura didattica ai fini di una maggiore specializzazione nelle aree scientifiche, e quasi tutti gl'istituti universitari hanno subito un processo di rinnovamento edilizio e in molti casi di rifondazione ex novo. A Oxford è stato costruito nel 1960 il St. Catherine's college di A. Jacobsen, mentre il grande college Churchill a Cambridge è degli architetti R. Shepheard, Robson and Partners (1958). Sono anche da ricordare l'università di East Anglia a Norwich (1966) di D. Lasdun, e la bellissima università di York di R. Matthew, Johnson-Marshall (1965), in cui il grande lago è inglobato nell'architettura che si svolge lungo le rive con affacci, terrazze, percorsi pedonali, piazze che appaiono galleggianti. Altri grandi complessi universitari sono quelli di Sussex di B. Spence, Bonnington and Collins, di Essex della Architects Co-Partnership; di Warwick di Grey, Goodman and Partners; di Lancaster Shepheard and Epstein; la Bath University of Technology di R. Matthew, JohnsonMarshall and Partners; uffici e Centro di ricerche della Dorman Long di J. Stirling; laboratori della facoltà d'ingegneria di Leicester di J. Stirling e Gowan; la famosa facoltà di storia dell'università di Cambridge di J. Stirling.
La qualificazione degli spazi pubblici esterni agli edifici è una costante di queste città universitarie. La percorribilità dei complessi è studiata secondo un'ampia classificazione dei traffici e frequenti piazze solo pedonali definiscono una nuova tipologia urbana. Sono state fatte molte critiche alla localizzazione di questi istituti che nelle previsioni dovevano sorgere nelle regioni più depresse dell'isola con la precisa funzione di determinarne uno sviluppo economico-culturale, mentre nella maggior parte dei casi sono in effetti situati nelle fasce d'influenza delle grandi città. Ciò non ne toglie comunque il grande valore di modello sia per il felice rapporto architettura-natura, sia per la nuova risposta fornita al problema di ritrovare una scala umana dell'architettura.
In questa stessa problematica s'inseriscono i Civic Centres, cioè le nuove sedi polifunzionali realizzate in gran quantità sia nelle new towns che nelle grandi città. Il centro di Cumbernauld (progettato nel 1955 da H. Wilson) in questo senso costituisce un esempio di particolare complessità. Si tratta di una macrostruttura a più livelli che comprende al suo interno uffici amministrativi, banche, cinema, spazi ricreativi, attrezzature per lo sport e la stessa residenza. La compresenza di tecnologie diverse adeguate alle varie funzioni qualifica l'insieme come frammento metropolitano con effetti suggestivi dovuti ai ponti sospesi e alla complessità dei percorsi. La rete viaria è differenziata in cinque categorie: strade regionali; radiali che collegano le prime alle aree centrali della città; di distribuzione primaria (dalle radiali alle aree di sviluppo); di distribuzione interna alle aree di sviluppo; pedonali dagli estremi limiti fino all'area centrale. Accanto a Cumbernauld sono da ricordare il Civic Centre Gravesend 1964 di H. T. Cadbury-Brown and Partners; il Civic Centre di Sunderland 1968 di B. Spence, Bonnington e Collins; il Civic Centre Newceste 1969; il Lancs City Centre della Building Design Partnership 1970.
Il grande dibattito nazionale degli anni Sessanta ha investito in pieno anche l'edilizia residenziale e proprio intorno a quel periodo sono cominciati gli esperimenti pubblici di una nuova dimensione d'intervento. Resta esemplare in questo senso la ristrutturazione di Sheffield nelle zone che hanno preso il nome di Park Hill e Hyde Park. Già la dimensione dei corpi di fabbrica (7-12 piani a Park Hill e 20 piani circa a Hyde Park) introduce con chiarezza il tema dell'industrializzazione edilizia su vasta scala. È interessante inoltre una verifica in una dimensione così dilatata della nuova qualificazione degli spazi urbani che si affermava negli altri settori edilizi. Gli edifici sono ricchi di percorsi interni e larghe strade pedonali sovrapposte ogni tre piani innervano con continuità tutti i fabbricati. In altri casi, come a Roehampton Alton West, Londra, L.C.C., 1964, la struttura urbanistica è impostata sull'accostamento di tipologie variate (torri, case in linea, case unifamiliari) intervallate da ampi spazi verdi. La realizzazione di questi schemi, resa possibile dalla politica non privatistica riguardante la proprietà dei suoli, appare come una felice applicazione della Ville Radieuse di Le Corbusier.
È da ricordare infine il grande impegno edilizio rivolto alle attrezzature ospedaliere in tutto il paese. Come negli altri settori, i programmi di pianificazione in questo campo sono stati preceduti da vasti studi e ricerche (Northwich Park nel Middlesex, Oxford, ecc.). Vedi tav. f. t.
Bibl.: H. Bruckmann, D. L. Lewis, Esempi di pianificazione edilizia in Inghilterra, Milano 1962; M. Teodori, Architettura e città in Gran Bretagna, Bologna 1967; M. Webb, Architecture in Britain today, Feltham 1969; R. Landau, Orientamenti nuovi nell'architettura inglese, Milano 1969; C. Wards, British school Buildings: 1964-1974, Londra 1976; R. Maxwell, New British architecture, ivi 1972.